Schema della relazione al Seminario Astrid sulla ammissibilità dei referendum elettorali

SCHEMA RELAZIONE  AL

SEMINARIO ASTRID 11 GIUGNO 2007

DI 

Fulco  Lanchester

 

Nel   seminario  del  24    maggio a “La Sapienza”     ho  evidenziato  in  maniera  succinta   gli  elementi  di  contrapposizione  tra  i  sostenitori  dei  quesiti     e  chi  parla   .


Riprendo,  in  maniera  sintetica,   alcuni  degli  argomenti esposti in  quell’occasione , lasciando  alle  spalle    contesto   storico  e  sua  evoluzione . Segnalo  però  la  gravità  estrema  della  situazione politica    , con  la  prospettazione   per  la  seconda  volta  in  quindici  anni    della  categoria  crisi   di  regime . Di   questo  ambito   , di  cui  sono  espressione  sintomatica  i  due  editoriali  di  Sergio  Romano del  20  maggio  e  del  10  giugno, discuterò  alla  fine ,anche  perché  è  in  uno  specifico   contesto di senso    che  le  decisioni  dei  soggetti  politicamente  e  costituzionalmente   rilevanti  vengono  prese.    
Articolo   il  mio  ragionamento   in  tre  parti (una generale,una tecnico-politica,una tecnico giuridica) ed  una    breve  conclusione.


A-In  generale  sostengo   che  :


1. Lo  strumento   referendario     è  un’ascia     incapace  di  innovare    razionalmente le  istituzioni   ed  in  particolare    su  argomenti   così  complessi  come  il  tema  elettorale.  Non  ripropongo   il tema  della  ricostruzione storica   dell’art. 75 , comma 2  della  Cost.  e  le  ragioni  per  cui  le  ipotesi  Mortati prospettate in commissione  dei  75     vennero   ridotte, né  la  vicenda  della   “parola  scomparsa” , né   ricordo   i  motivi   della  ritardata   istituzione    dell’istituto  nel  nostro    ordinamento . Sottolineo , piuttosto, che      lo  sviluppo  del referendum  abrogativo in Italia      non  soltanto  diverge  dal  disegno  originario   prospettato  dal  Costituente   ,  ma  appare  anche  eccentrico     rispetto    all’uso  che  ne  viene  fatto   nelle  grandi  democrazie.   Per  quanto  riguarda  il  tema   specifico dei  referendum  in  materia  elettorale ,ricordo :          -a] la  natura    speciale del  sistema   elettorale  in  senso  stretto ,  al  di  là  della  sua  copertura   all’interno  del  sistema  delle  fonti           ( la definisco  come   norma  di  regime) ; b] il  modo  attraverso  cui  il  Corpo elettorale  viene  coinvolto   nel  procedimento  di  modificazione   del  sistema  elettorale   in  altri  ordinamenti  ,che  non  raggiunge  i  livelli  di  manipolatività  e  di  confusione  italiani .[  I  casi   irlandese (art.  16 ,2-5° della  Cost. , che  costituzionalizza    il  STV, richiedendo  una  procedura  aggravata ed  i referendum costituzionali  respinti del  1959 e  del 1968 ) e  neozelandese (la  riforma  del bicameralismo  nel 1951,;la  legge  elettorale   del  1956;l’art.10 del  Constitution Act  1986 e i due   referendum  del  1992/1993)evidenziano    i  caratteri  eccezionali della  situazione  italiana ] ;  
c] il senso   della   consultazione   in  materia    è   ( per  contenuto  e  momento di effettuazione )  incontrollato  e   contrario  al  regime ( v.  per  questo  Mads Qvortrup, A Comparative Study of Referendums: Government by the People ,Manchester,U.P.20052)   
2. Non  sembra   realistico  che il  “pistolone” referendario  possa   convincere  i  partner   alla  riforma  generale  del   sistema  istituzionale   (perché   è  di  questo    che    si  sta  parlando)  :  i  precedenti     italiani  evidenziano  , infatti , che  – per  quanto  riguarda  i  rami  inferiori  delle istituzioni-   lo  strumento  referendario   può  superare  i  veti  contrapposti (v. l. n.81/1993) ,  ma  non  riesce-invece-   ad  evitare  l’autodistruzione   causata dall’immobilismo  dei  veti  contrapposti   quando        è  direttamente  in   gioco  il  livello  nazionale .   [Il  caso   del 1993   insegna: le  parti  si  misero  d’accordo  per  il  livello  comunale  e  provinciale  ma non  riuscirono  ad  evitare il  referendum    nazionale sul  Senato,  portando  al  collasso  il sistema . Qui  non si  tratta   di applicare  una  strategia  innovatrice incrementale, ma  piuttosto  si  rischia  la   destrutturazione  progressiva  dell’ordinamento].  
3. Ne  consegue   che   non  si  può  prendere   sottogamba   il  meccanismo   proposto  dal  comitato   promotore   , sostenendo   “tanto   non   verrà  mai  utilizzato” , perché – in  determinate  condizioni  di  sfarinamento  del  sistema    politico – costituzionale – esiste  il rischio concreto  che   lo  strumento  di risulta  divenga  un’arma  capace  di   uccidere  sia  il malato  che  gli    aspiranti  stregoni.  
4. Un  simile  giudizio  si   connette   con  la  valutazione  del  senso  che   il   referendum  assume   in  ordinamenti   instabili  e  a “basso rendimento”  .  
5. Più  in    particolare,  sono   convinto  della  inesistenza  delle    condizioni  socio-politiche    che  giustifichino   l´utilizzazione   di  meccanismi  così  brutali  quali  quello  di  un  premio  nazionale e  senza  previsione di  quota  limite  inferiore .    [Il  presupposto indispensabile   dell’omogeneizzazione     del  ceto  politico e  della  società  civile    ,  che  ha  giustificato  l’adozione   catartica   del   meccanismo maggioritario  negli  anni Novanta,   è  stato   falsificato     dagli  avvenimenti.Non  ripeto   ciò  che  ho   già  affermato  sulla  centrifugazione  del ceto  politico  e  sulla  mancanza  di  fiducia  reciproca].    
B- Sul   piano tecnico -politico  sono   convinto   che  :


1. Lo     strumento  proposto  dalla  normativa  di  risulta sia    inadeguato   al  raggiungimento  delle  finalità  proposte    e  più  che   essere  sistemico    si  dimostri  solo   un tentativo insufficiente  di  riaggregazione  delle  aree . [Alla   base  dello  stesso  si  pone – da  parte  di  alcuni-  un’analisi  del  rapporto   sistema  politico – strumenti  istituzionali   decisamente   primitiva .  Si  tratta  di  un  “duvergismo  talebano”, recuperabile da  anni    negli  scritti   di  Barbera   ed  altri  :un  simile  archeoistituzionalismo   è  stato  superato  dalla   scienza  istituzionalistica    contemporanea   da  almeno  quaranta  anni.  La  polemica   contro   le  cosiddette  leggi  di  Duverger   era  stata    dimenticata      da  almeno   quaranta  anni , così  come  le   affermazioni   di   Maranini e  di  Hermens  del  ventennio 1948-1967   e  il  ritrovare     sulla  stampa    quotidiana  ,  ma    anche     su  riviste  specializzate  ,   affermazioni  apodittiche  “ senza  se   e  senza   ma”   finisce   per  preoccupare   forse  più  degli  stesso   strumenti   ipotizzati .]   
2. La  riaggregazione prospettata  dai  promotori  sarebbe  in sostanza  apparente   ed  avverrebbe   solo  a  livello  elettorale  ,  mentre  la  frammentazione   non  potrebbe  essere  evitata    in  ambito  parlamentare  , poiché  la   semplificazione ,    avvenuta      sul  piano  delle liste   e    sulla  base    di  contrattazioni  esplicite  , sarebbe  estremamente  volatile.   
C- Dal  punto  di  vista  tecnico – giuridico  ,infine, ritengo  che :


1. I  tre quesiti     siano  passibili  di  un  esame  più  attento  di  quanto  non  sia   stato  fatto  finora  nella   interessata   previsione  dei  promotori   di  un   automatico  giudizio  di  ammissibilità  da  parte  della  Corte .   
2.  La  Corte  costituzionale  –  nell´ambito  del  giudizio  di ammissibilità –   debba  esaminare    gli  effetti  della    normativa  di  risulta   e   sanzionarla   facendo  riferimento    ai  principi  supremi  dell´ordinamento  costituzionale     che   verrebbero    violati  dalla   normativa  stessa  .  
3.  I  principi  costituzionali   messi   in  gioco   dalla  normativa  di  risulta   siano  evidentemente  quello  di  eguaglianza  e  quello  di ragionevolezza  all’interno  di  quello  più  ampio  di  democraticità . [    a)La  Corte  in  effetti    ha  in  alcune  sue  pronunce sottolineato  l’insofferenza  per    la   manipolatività  di  alcuni  referendum;d’altro  canto   c’è  da  chiedersi  se  la  Corte  possa  trattare    in  maniera  così  leggera   il  tema   della  trasformazione  della  rappresentanza   politica per via referendaria .        
           b) La   Corte   dovrebbe  chiedersi   se    nel  testo  costituzionale     vi  siano  parametri   che  si  pongano  a  limite   del    mutamento in  materia   . L’idea  di   un  giudice  di  costituzionalità   che  si  auto-costringe   ad  un  attività   meramente  cartolare    di  verifica  della  auto- applicabilità  del  meccanismo  di  risulta   e  che  non  possa (debba)  esaminare    la  eventuale  vulnerazione    di   principi  costituzionali   nella  stessa    mi  pare  contraddire   il  ruolo  della    stessa   Corte  nel  nostro  ordinamento . Nell’ambito  della  valutazione   della  costituzionalità  del  meccanismo  di  risulta    non  si  tratta  tanto  di  risalire  alle  idee  di  Lavagna (1953),che  rappresentano  una  estremizzazione    da  lui  stesso respinta  negli  anni  Settanta  ,  ma  di   proseguire    il  ragionamento  del   Verfassungsgericht    ,  che   ha  sostenuto   , sin  dagli  anni   Cinquanta, la  necessità  di  contemperare   stabilità  ed  efficienza.  
           c)   La   normativa   di  risulta , con  il  suo   attribuire     nel  caso   dei  primi  due  referendum  ,  un  premio  senza  limite  inferiore  alla  lista  di  partito   che  dovesse  conseguire  la  maggioranza  relativa  dei  voti  in  realtà  attribuisce  un  premio  di  portata  irragionevole  .  La  soglia  di  esclusione   e  quella di  rappresentanza   teorica a   livello  nazionale   in  una  competizione   maggioritaria  uninominale è  infatti  infinitamente  inferiore    rispetto  a  quella  del  premio  di  maggioranza   senza  soglia  .La  Corte    ha    in  questo  caso  la  possibilità  – sulla  base  dei  contributi  della  scienza  politica    ,  ma  anche  della   più  avvertita  dottrina  costituzionalistica-  di  differenziare  i   sistemi  elettorali  sulla   base  della  loro  selettività  e  non  soltanto  dall’utilizzazione   della  formula  . Dal  punto  di  vista  concettuale    l’uso  della  soglia  come  strumento  tecnico  di   misurazione   della  discorsività  del  sistema    evidenzia  la  costituzionalità    nel  nostro  ordinamento  di  un  meccanismo  elettorale     basato  su  formula  maggioritaria  in  collegio  uninominale   e    la  proibizione  di   meccanismi  e   che – ad  es.–  attribuiscano  al  vincitore   i  seggi  sulla  base  di  lista   maggioritaria    a  livello  nazionale.    L’esempio  di   ordinamenti   non  democratici    che  attribuiscono  tutti   i  seggi    su  base  maggioritaria   a    livello  nazionale  dovrebbe  far   pensare .]



  
4. Nella  frammentazione     elettorale  esiste il  rischio  teorico  che   il  premio  assuma  caratteri  irragionevoli  è  presente ,vulnerando   il  principio  di  uguaglianza .   
5. Risulta  inconsistente  l´affermazione    che  una  simile  eventualità   esiste    nella  legge  vigente   ,  poiché   la  Corte    ne  prenderebbe   atto    solo  nel  corso    del  giudizio  di ammissibilità .
6. Qualora  la  dichiarazione    di  inammissibilità  si     riferisse  al  problema  del   premio  ,  la  Corte    potrebbe    non  soltanto  esprimere  un  monito   per  la modifica  della  legge  ,  ma  anche  considerare  che    il  premio    possa  essere     ragionevole  dopo  una  determinata  soglia. Volendo  essere   consequenziale  la  Corte  potrebbe    pervenire   alla stessa ablazione  del  premio   , considerando    lo  stesso  incostituzionale.In  questo  modo   non  vi  sarebbe  alcun  vuoto   normativo   .  
7. Per  quanto  riguarda  il  tema  formale   ,  l´eventuale  sottoposizione   al  Corpo  elettorale   di  due   quesiti    omogenei  per  le  finalità    ,  ma  distinti      nella   votazione   potrebbe  comportare      il  teorico  pericolo  di  una  contraddizione  tra  gli  stessi con  l´approvazione  di  uno  e  la  reiezione  dell´altro .  
8. Per   quanto  riguarda  il  terzo  quesito , mi convincono  le   osservazioni    che  esso  contraddica     i  criteri    di  non  manipolatività  che  la  Corte   ha   a  suo  tempo    individuato .         


D-Conclusioni – 


Devo  una  risposta    finale  a  chi     ha  sostenuto   che      discutere di  ammissibilità significa   non  essere  rassegnati “ a  proiettare   i [personali] desideri    sulla realtà” ossia   significa  essere     dispiaciuti  “dalle precedenti sentenze di ammissibilità [sperando] oggi di vedere un rovesciamento di giurisprudenza, sia che [si] dichiari apertamente che di questo si tratti, sia che lo [si]neghi”.  L’osservazione     potrebbe    essere   ribaltata   , ma   ammetto  che     sono  indotto  a  parlare    dell’argomento , perché  convinto    che  la  Corte  possa   e  debba  approfondire  l’argomento  al  fine  di   esplicare    i    propri  compiti  in  modo  corretto .   Quanto  al  problema  dell’affidabilitò  dei  precedenti  ,ricordo    che   se   la  giurisprudenza  fosse   statica   la  sentenza   “separati , ma  eguali”  sarebbe  ancora un  dato   incontroverso e  non  modificato  dalla Brown vs. Board of Education of Topeka (1954).
Infine,  mi  preoccupa  il  contesto   in  cui   si  svolge   la  situazione  .  Già  nel  1993   il  movimento    referendario  non    è  riuscito  a   controllare  il  processo  innovativo    ,  che  gli   è  sfuggito  di  mano.   In  questo  momento ,e  gli articoli  di Romano  costituiscono un  indice  empirico significativo,ciò  che  viene    richiesto  non   è  la  rilegittimazione  del  patto  costituzionale    ,  ma    la  rifondazione   dello  stesso   anche   con  manovre  extra  ordinem . 
La  spallata  referendaria     volta  alla  dicotomizzazione      presenta  altissimi  rischi   per    l’assetto  costituzionale  vigente  . E’  il  frutto  di  un  progetto   “carsico”   che   riappare  nella  storia    costituzionale  repubblicana   nei  momenti   di  particolare  difficoltà .  Dire    che  costituisce    uno  stimolo  può  essere una  proiezione   di  desideri   sulla  realtà .  E’  più  probabile  invece  che  sia   la  prospettazione   di  un adeguamento   brusco  alla  realtà ,  ma con     l’archiviazione  di  un  certo  tipo  di  equilibrio  di  valori  che    non  potrebbero  essere  ribaditi, ma  mutati     senza  sconti .
Di fronte   ad  una  simile  alternativa    e   in  presenza   di  una  centrifugazione  dei   poli , sono  convinto      che  sarebbe  più  opportuno   assecondare    il  processo  riformatore  attraverso   la  naturale  centripetazione delle  ali  più  responsabili   presenti   nell’ordinamento,al  fine  di  pervenire   ai  necessari  interventi  istituzionali .


 


 

      Questa voce è stata pubblicata in: Parlalex, SCRITTI RECENTI il 08/08/2020 Contrassegna il Permalink.