Articolo su Federalismi.it 18 aprile 2007

 
IL  CAMBIAMENTO   DIFFICILE   E   LA   “BOMBA AD  OROLOGERIA”  DEL   REFERENDUM


DI
FULCO LANCHESTER•


 



1-Premessa-2-I sistemi  elettorali e  la   loro  duplice natura   nell'ambito  del  quadro  costituzionale  -3-La  situazione  italiana-4-La  difficoltà  del  cambiamento -5-La  strada   stretta  dell'innovazione e  i  pericoli del  referendum –
 
1-Premessa- Chi  analizzi  il  dibattito  istituzionale delle  ultime  settimane   è   investito  dalla  sensazione   di   trovarsi  in     situazioni  già  vissute. Déjà vu  , confusione   e   riferimento a  vecchi  modelli  derivano  dallo stallo  dell'intera   questione  istituzionale  in  Italia   , dopo  anni  di  discussioni ,con  alle  spalle     avvenimenti  di   estrema   rilevanza    e   soluzioni   insufficienti  ,  mentre  si  prospetta   il  ripetersi   della  strategia  referendaria .
Una  simile  realtà deriva anche   dalla  dimensione   schiacciata  o  sul  tema meramente   teorico  o  su  quello  dell'attualità cangiante    ,  con  il  rischio di  perdere    la  profondità  e   la  complessità  del  problema.  E'  dunque  indispensabile   tenere  sempre    presente     la    prospettiva  storica,poichè solo  prendendo  in  debito  conto   una  simile  variabile   risulta   possibile  capire  cosa  sia  successo  e   perché, quali  siano le  forze   a  disposizione   e le  opportunità    di  intervento.
Per  rispondere  alle  domande   dell'oggi  bisogna,quindi, affrontare   il  percorso   attraverso  cui   si   è  giunti  all'attuale  situazione,tenendo  conto   in  maniera  opportuna   della variabile  tecnica  e  delle  sue  interconnessioni  con  quella   politica  e  costituzionale  .
 
2-I sistemi  elettorali e  la   loro duplice   natura     nell'ambito  del  quadro  costituzionale  -In  questa  prospettiva  è, dunque,  indispensabile  ricordare    a  tutti   noi   che  cosa  siano   i  sistemi  elettorali, come  nascano, quando  mutino  e  perché.
In  estrema sintesi , i  sistemi  elettorali    in  senso stretto    sono parte    della  legislazione   elettorale  generale    ;   trasformano   la  volontà  dei  singoli  aventi  diritto  al  voto   in  seggi   autoritativi; rappresentano  strumenti   tecnici ad   alta  valenza  politica,strettamente  legati  con  la  forma  di  Stato e  con  il  regime; sono    capaci  di  influenzare  la  dinamica  della  forma  di  governo.
In  primo  luogo,i  sistemi  elettorali  si  connettono  alla  forma  di  Stato  , perchè  incidono  sul  rapporto   individuo  –  autorità ( ovvero  su  quello  tra  Stato  comunità  – Stato  apparato)  e  sono  condizionati   da  parametri     specifici  ed  indefettibili   di   libertà  ed  eguaglianza   . All'interno  di  un  simile  contesto   ci  si  può  muovere    in  maniera  opportuna  al  fine  di  raggiungere   obiettivi  specifici  di  stabilità  ed  efficienza . In  una  visione   descrittiva   i  sistemi  elettorali  possono dunque  favorire   ,in  determinate  circostanze, che   l'atto   elettivo   non  si  limiti  ad  essere  la  preposizione  di  individui  a  cariche    autoritative,  ma   esplichi  la   funzione   complessa   di  scelta  di  un  candidato,  di  un  partito, di  un  programma  e  di  un  leader.La  possibilità  che   ciò  possa  essere    effettuato  in  maniera  prescrittiva non   è  automatica ,ma risulta  vincolata  dalla realtà  effettiva  della   società  politica  e  della  retroazione   con  gli  strumenti  tecnici   utilizzati.
In  secondo  luogo,  i sistemi  elettorali   in  senso  stretto    sono  fortemente   collegati  con  il  regime   politico  e   la  loro  adozione    è  collegata   alla  nascita   degli  stessi.  Essi  si  connettono, dunque,  in  modo  intenso       con   gli  attori  politicamente  rilevanti   all'interno  dell'ordinamento  e  la   loro   modifica incisiva  individua la  crisi  dell'assetto  portante  delle  forze   che    l'hanno  fondato. Qualunque  sia  la   loro  copertura  nell'ambito  della  gerarchia  delle  fonti ,       la  loro  modifica  risulta  dunque    difficile   e  polemica .  Il   mutamento   della    regola   di  trasformazione     dei  voti  in  seggi    può  rappresentare    in  alcuni  casi      un  mero  adeguamento   delle  forme  al  fatto, oppure  significare   l'inclusione  o  l'esclusione    di  soggetti  dalla  rappresentanza.
Dalla   esperienza  comparatistica  risulta  che   l'adozione   di  uno  strumento   tecnico   volto   all'allargamento   – inclusione      risulta  meno  polemico  di  uno   caratterizzato   dal  restringimento-esclusione .  D'altro  canto     negli  ordinamenti  democratici stabilizzati    il  mutamento  della  ragione  di   trasformazione    dei  voti  in  seggi  in  senso  selettivo    dopo  l'estensione   del  suffragio è  stato   estremamente raro   ed  ha  corrisposto    alla   crisi    del   regime   politico,ossia    delle  norme,dei  valori    ,delle  regole  del  gioco  e  delle  sturtture  di  autorità  in  cui   agiscono  i  soggetti  politicamente  rilevanti. In  Francia(1958)  ed  in  Italia (1993) con  il  passaggio  da  sistemi  proiettivi  basati   su  formula     proporzionalistica  e  sistemi  maggioritari  o  tendenzialmente   maggioritari  ha  comportato  una   crisi  di   regime  politico ;  nell'ultimo  quindicennio, in   Giappone  e  Nuova  Zelanda ,  il  passaggio   verso  l'allargamento -inclusione    è  stato  invece  più  souple    .
Da  questi   pochi  accenni  risulta   evidente  come   sia, dunque , impossibile   un'analisi  astratta   del  tema, che  invece  richiede    un'attenta  analisi   dei  rapporti  di  forza   e  degli  interessi  presenti   all'interno  dei  parametri  forniti  dalla   forma  di  Stato  e  di  regime.
La  grande   assunzione  degli  studi  e  della  prassi  in  materia  elettorale  durante  gli  anni  Settanta    è  stata   che   la  tradizionale  divisione  tra  sistemi  basati  su   formula    proporzionale    e  quelli  fondati    su  formula   maggioritaria   poteva  essere   superata    sulla  base  del  parametro  della  selettività  derivante  dalla  differente   combinazione    degli  elementi  costitutivi   del  meccanismo .  In  più  si  è  evidenziato       che  gli  strumenti  retroagiscono      in  maniera  differente    con  l'ambiente  di  riferimento, fornendo  risultati  differenti  in  contesti   diversi .
Sulla  base  dell'esperienza   del  ventennio  precedente (e  sopratutto  del  dibattito   tedesco  e  francese),negli  anni  Settanta  vennero   costruiti    in  Spagna  ed  in  Portogallo   meccanismi  elettorali   basati  su  formule  proporzionalistiche    ma  su  piccoli  collegi  ,capaci   di   apportare  effetti   selettivi  sulla  rappresentanza  e, nello  stesso  tempo,   di  assicurare  legittimazione  del  sistema  stesso  attraverso  l'applicazione  della  formula.
Negli  anni  Novanta   la  tecnica  elettorale, collegata    ad  opportune    scelte  istituzionali   della  forma  di  governo,  ha  portato   ad  un'intensa    azione  in  questo  campo   negli  ordinamenti    dell'Europa  centrale  ed  orientale  ,mentre  anche  alcune    democrazie    stabilizzate  –  come  prima  si  osservava-  provvedevano  a  modificare  il  sistema    elettorale   .


3-La  situazione  italiana-Se  questi  sono  gli  elementi  di  fondo   ,  è  necessario    analizzare    la  situazione  italiana   , mettendo  in evidenza    che  il  meccanismo  speculare    adottato  dal  1946    al 1993    si  basava  sulla  piena accettazione   -soprattutto  dopo  il  fallimento  dell'ipotesi  del  premio  di  maggioranza  del  1953 –   della  convenzione  proporzionalistica.  Quest'ultima  da  un  lato-  certificava    la  natura  disomogenea     di  un ordinamento  caratterizzato   da  forze  antisistema  di  dimensioni  rilevanti    ,dall'altro  identificava   l'unica  strada    per  il  mantenimento   di  un dialogo  tra  i  partner   aperto  verso  la  piena  integrazione    degli  stessi.
La  degenerazione    sistemica   –  anche  dal  punto  di  vista  del  procedimento  elettorale-  derivante    dal  blocco  dell'integrazione   prospettato  nella  strategia   di  applicazione  della  Costituzione – ha  condotto  negli  anni  Novanta  alla  citata  crisi  di  regime    ,facilitata  dallo  strumento  referendario  .
Il  vecchio  ceto  politico    dei  partiti  di  massa  che  avevano  cooperato    alla  fondazione   della  Repubblica  (indebolito  dalla  crisi  del  deficit  pubblico ,dai mutati  rapporti    internazionali  e  dalla  nascita  di  formazioni  autonomiste) venne  spazzato  da  Tangentopoli  e  dai  referendum,  ma    cooperò  in modo  determinante  alla  redazione  del  nuovo  meccanismo   elettorale .Le  leggi   276   e  277  dell'agosto   1993 ,   a  prevalenza  maggioritaria   , si  inserirono   in  maniera  contraddittoria   nella  architettura  costituzionale    originaria  accentuando    il  rischio  della  non  coerenza   tra  le  maggioranze  delle  due  Camere    ,ma   sopratutto   si  immisero              in  un   contesto   in  cui  venne  falsificata  la premessa    fondamentale   della  riforma  istituzionale   ed  elettorale   :l'omogeneizzazione    della  società  e  del  ceto  politico  .
In  realtà  ,se  i  processi  di  deideologicizzazione   degli  anni  Sessanta  e  Settanta    ,il  crollo   del  socialismo  reale    e    la  crisi  dei  vecchi  partiti    di  massa     hanno  evidenziato  una  omogeneizzazione   della  società  politica, hanno  anche    prodotto   ceto   politico   quasi   più  centrifugo  ed  alternativco    di  quello  precedente.
Nel   1994  e  nel  1996  il nuovo   sistema   elettorale  ha  generato    maggioranze  bipolari incoerenti   nelle  due  Camere  ,ma  sopratutto  , anche  nel  2001 ,frammentate   e  centrifughe  al  loro  interno .Nel  2005  ,infine , il  centrodestra   ha certificato il  fallimento  del  maggioritario   all'italiana   ,con  una  riforma che  introduce   il  premio  di  maggioranza    per  ciascuna   delle  Camere  ,accompagnata    dal  sostanziale  abbandono  dell'elezione democratica   e  dalla  sua  sostituzione   dalla  designazione.  Il  sistema  in  questione   ,funzionale     ad  un  ordinamento    con  partiti  personali  o  a  cartello  quadro  ,in  sostanza  evidenzia     due  difetti  :uno  democratico   ,l'altro   istituzionale.  Sotto  il  primo  profilo     l'elettore    non  sceglie  più   il  rappresentante    che   viene  imposto     dalle  segreterie  nazionali   o  regionali  di  partito   ;sotto  quello  istituzionale    il  meccanismo      porta  all'impasse    perchè favorisce   la  produzione  di    maggioranze differenti   tra  le due  camere .


4-La  difficoltà  del  cambiamento -Su  questa  base    appare   evidente  l'esigenza  cambiare   ed   anche  chiaro  che  farlo   risulta  difficile    per  l'eterogeneità  degli  interessi    dei  partner   e   la  loro  numerosità. La   questione   è  resa    più  urgente    e  grave    dal  pericolo  del  referendum . In  effetti   il sistema  potrebbe  sopravvivere   a  stento (come  ha  fatto  la  III   Repubblica  francese  )  ,  nonostante  l'emergenza   democratica, se  non    fosse   pendente  la    proposta    di  referendum   abrogativo, considerato  da  alcuni   come    strumento    demiurgico  per  rompere il  circuito  vizioso  dell'innovazione .
I  termini  della  questione    sono  dunque  questi .Da  un  lato  pende   la  spada  di  Damocle  del  referendum  ,dall'altro    gli  interessi    dei  partner   paiono impedire qualsiasi  innovazione  razionale,  che  coinvolga  il  ceto  politico nazionale  . Nel  1993   la  minaccia   del  referendum    fece  agire  in  maniera  positiva  il  Parlamento  solo   nei  confronti  dei  livelli  inferiori  a  quello  parlamentare. La  l. n. 81 /1993,  che   ancora  oggi  viene  evocata   come   un  esempio  virtuoso, venne   approvata   per   evitare   il  voto  popolare   , mentre   per   il  Senato    scattò  la  tagliola  referendaria.
 Non  è  un  caso ,dunque, che  quell'esempio -ripreso   per  il  livello regionale  nel  1995- venga sostanzialmente   riproposto   dalle  bozze       del  Ministro  Chiti  e  della  CdL ,anche  se   il  complesso  dei  meccanismi  non risulta  ancora  conosciuto    perchè  sugli  stessi  si  possa esprimere  un completo  giudizio    .  Con  queste   avvertenze  si  può  affermare  che    simili   meccanismi  possono   essere  considerati  adeguati  a  risolvere  i  problemi  di   governabilità    di  un  ordinamento    regionale,  ma   risultano   insufficienti  per   un complesso   istituzionale   come  quello  disegnato    dalla  Costituzione  vigente   e  per  le  forze  che  agiscono   al  suo  interno.
L'unico  dato   sicuro   ,per  adesso, è  che  ci   si  muove  molto   per   inventare    nuovi  schemi  e  sistemi , ma   non  si     vede  ancora   chiaro   nè  nelle  prospettive   proposte, nè  nelle  alleanze. 
I  risultati  di  quindici  anni circa  di   convulsioni  sono   quelli  di  un  bipolarismo  imperfetto  polarizzato,  che  si  scontra con  il  vincolo costituzionale  del  bicameralismo e  con  la  natura  eterogenea   dei  poli  e  dei  partiti  presenti  all'interno dei   poli.  Cosa  abbiano  a  che  fare  Mastella   e  Follini  con    Giordano  o  Diliberto  e  quali  possano  essere  i  rapporti  tra  la  Mussolini  e  Casini   risulta    un  enigma  che  solo  “ammucchiate”  poco  commendevoli  possono  giustificare .
 Sulla  base     di  una  simile   impasse   risulta  ovvio   che  ,    in  maniera  esterna  o  trasversale  al  sistema  partitico,  incomba   il  referendum  “Guzzetta-Segni” ,che    dovrebbe  assicurare  una  semplificazione   bipartitica  e/o  bipolare  al   sistema ,ma  che   in  realtà  minaccia solo di   far saltare     i  tentativi    di   riallineamento     partitico    e , sopratutto,   prospetta   problemi    di  sostenibilità  in  un   ordinamento   in  cui  i  partner  non  si  fidano  ancora  uno  dell'altro.
      
5-La  strada   stretta  dell'innovazione e  i  pericoli del  referendum -Quale  la  soluzione   all'enigma istituzionale   italiano ?  Prima  di  tutto  non    credere   che     l'intervento  istituzionale  risolva  tutto ; in  secondo  luogo   utilizzarlo  in  maniera   che    lo  stesso    sia  compatibile  con  gli  obiettivi  di  ristrutturazione  e  non  contrasti   con  i  vincoli  della  forma  di  Stato  e    con  la   Costituzione.
Due  sono ,quindi,   gli  obiettivi   che  mi  paiono  prioritari. Il  primo  concerne  la  forma  di  Stato ,il  secondo  la   forma  di  governo.  L'urgenza  democratica  a  favore  di  un   cambiamento   dell'attuale    sistema  elettorale   è  rappresentata  dalla  già  ricordata  sostituzione che    è  stata  operata   nel  2005  del  principio  dell'elezione  con  quello  della  designazione   da  parte  dei   segretari  nazionali  delle  varie  forze  politiche    alla  Camera    e  regionali  al  Senato.Aggiungo  che   vi  sono  aree   come  quelle   delle  circoscrizioni  estere  dove  gli  standard  di  democraticità  nella  stessa  espressione  del  suffragio  sono  vulnerati  in  maniera  drammatica. Le  procedure  generali   per  l'effettuazione  dell'atto   elettivo   si  sono  deteriorate  in  maniera   preoccupante ,tanto   da   andare  al  di  sotto  della    stessa  definizione  di  democrazia  a  basso  rendimento,che    dodici  anni  fà  attribuii  a   questo  ordinamento .
 L'urgenza  istituzionale   è  rappresentata  invece  dal  presentarsi   ripetuto  di  difformità  di  maggioranza  tra  le  due  Camere ,mentre   appare  sempre  presente   la  necessità  di  una  semplificazione    – riaggregazione  del  panorama  partitico  .
Le  suddette  questioni   non  possono  essere  risolte  senza    un contributo  fattivo  dei  due  poli   ed  in  particolare  delle    forze  politiche  centrali  .  Si  contrappongono,   allo  stato  dei  fatti , due  posizioni  : quella   per  il  rafforzamento meccanico  del  bipolarismo  e  quella    per  un   suo  addolcimento   sostanziale, attraverso  la  centripetazione  delle  ali    centrali  dello  stesso . In  una  situazione  siffatta  gli  strumenti  istituzionali   non  possono  che  divergere  ,  così  come  le  posizioni  delle   élites.  Chi  richiede  il  premio  di  maggioranza    tenta  di  blindare  i  poli  sul  piano  elettorale  ,ma  poi  non  assicura    che  gli  stessi  siano   coesi  ed efficienti   sul  piano  parlamentare.  Quando  Amato       tenta , invece, di  ricostruire   un  pluripolarismo  centripeto   lo  fa   proponendo     meccanismi    elettorali   basati  sulla  soglia  di   rappresentanza  o    utilizzazione    di  collegi  elettorali  opportunamente  ridotti. Egli – mi  sembra    – respinga   gli  strumenti   ortopedici ,   proponendo  di  ripartire  dal  sistema  uninominale e  non  richiede   certo  l'adozione  del  sistema  maggioritario  ,  ma  di  qualcosa  che  assomigli  al   meccanismo  tedesco .  Egli  ha  in  mente    uno  sviluppo      istituzionale  preciso    e  vuole  rispondere  ad  una  emergenza    democratica.   Ma  è  anche  vero  che  non   è  detto  che    gli  interessi  delle  dirigenze  di  partito         e  la liquidità  dell'elettorato    gli  permettano  di  raggiungere  lo  scopo.  La    confusione    delle    posizioni   e  delle  proposte    impongono    di  aspettare    formulazioni  più  stabilizzate    nel  corso  del  prossimo  dibatitto  parlamentare .
Chiudo  ribadendo  la  mia  contrarietà(già  espressa  su   questa  Rivista  nel  giugno  scorso )  per  il  referendum   elettorale    proposto  da  Guzzetta .  Lo  considero    la  ripetizione   di  errori  già  fatti , incapace  di  raggiungere  risultati   positivi , inadatto  a  strutturare   un  sistema  partitico   oramai  liquido, sostanzialmente   incostituzionale, perchè  vulneratore  dei  “principi supremi”  dell'ordinamento  .  Le  tensioni  contro  il  quesito   evidenziano  che    il “pistolone”  è  carico   e  pericoloso  e capace  di   far  ancora  più  danni  di  quanto  non   abbia  combinato  il  referendum  di  quindici  anni  fa.
I  promotori    hanno  dalla  loro  parte    il  mito  della  spallata    e  della    palingenesi   sistemica .  La  realtà invece   è – a  mio  avviso – molto  più  prosaica   e  preoccupante  .Chi  analizzi con  attenzione   le  risultanze  del  quesito  referendario  proposto      non  può ,infatti, che  rabbrividire, ove   lo  stesso  dovesse   entrare  in   opera . Gli  effetti    del  referendum  sul   comportamento  dei  partner    e  dell'elettorato    non   portano   al   bipolarismo   ,nè  al  bipartitismo  ,ma  all'alternativa tra   frullatore    senza  controllo e  maggioranza   monopartitica senza  rete .
Cercare  di  reagire  contro  un   “mito” non   è  facile ,  sia  per  la  disattenzione    generale  al  profilo  strettamente  giuridico  ,  sia    per  la  mancanza  di   linea   e  di  intesa   propositiva  fra  gli  oppositori . La  via   di  soluzione  per  evitare  una   vera  e  propria  emergenza  democratica   si  svolge -infatti- su  un  binario , che   da  un  lato   propone  l'innovazione  efficiente e  dall'altro   evidenzia  la  palese  inammissibilità  del   quesito  proposto  da  “Guzzetta- Segni”.  Invito   a  questo  proposito a  non  dare  per  scontata  l'ammissibilità  del  quesito  , ma  ad  esaminarlo  con  attenzione, evidenziando    le  conseguenze   di   una  sua  recezione  per   la   sopravvivenza  dei   “principi  supremi”   dell'ordinamento  costituzionale . Per  troppo  tempo  il  tema  dei  limiti  alla  manipolatività  del  referendum  è  stata  rinviata     sulla  base  di  una  interpretazione  formalistica   che  oramai   ha  superato   ogni  limite  di  sopportabilità .E'  doveroso  non   accodarsi    ed  esprimere  con  forza   la  propria  opposizione  ad  un    meccanismo  che  nei   risultati   farebbe  apparire  la  “legge  Acerbo”   uno  strumento    sostanzialmente  speculare .


 


 

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