La legislazione italiana e il voto ai non cittadini

LA  LEGISLAZIONE  ELETTORALE  ITALIANA  E  IL  VOTO  AI  NON  CITTADINI[1]


di


Fulco Lanchester[2]


 


 


Sommario :1-Premessa. 2-Alle  radici della  questione 3-Il δεμοσ   tra   popolazione  residente  , popolo e  cittadini  politicamente  attivi (corpo  elettorale) –4-Il quadro costituzionale -5- Дεμοσ ed evoluzione  della   legge  sulla  cittadinanza    in  Italia-6-Cittadinanza   e   voto   agli  immigrati  residenti  in  Italia.7-Conclusioni


 


 


1-Premessa – Quasi  sessanta  anni  fa Thomas  Humphrey   Marshall      nel  suo  volume  Citizenship and social class [3]      aveva   evidenziato   l’importanza   per  la  persona  umana  dei  diritti  di  cittadinanza, che    in  differenti       contesti   storico-sociali  si erano  sostanziati   nei   diritti  civili, politici  e  sociali . Il  tempo  ha  indotto   ad  articolare   quell’analisi   in  modo  meno  meccanico ,secondo  sequenze  diversificate , e ad  approfondirla    sulla  base  di  nuove esigenze  e   nuove   richieste   di  inclusione   . Mentre   sono    comparsi   sulla  scena  i  cosiddetti   “nuovi diritti” , i  fenomeni  di  internazionalizzazione  e  di  globalizzazione   hanno proposto      – di  fronte  all’incremento   degli  spostamenti  di  popolazione- la  richiesta   di  assicurare anche  ai  migranti   quelli   tradizionali   assicurati   ai  componenti   della  comunità  politica  e  tra  questi  la  possibilità  di      partecipazione alle  decisioni  collettive   di  tipo  elettivo  o  deliberativo  effettuate  nei  paesi  ospitanti .


In  queste  pagine  , dopo  essermi   brevemente  soffermato  sul tema  generale    della cittadinanza  e   della   concessione   dei  diritti  di  partecipazione a  livello  politico  , affronterò il  tema  dell’ estensione  del  diritto  di  voto  ai  non   cittadini  residenti  in  Italia    , prendendo  in  considerazione ,da  un  lato,  il  quadro  costituzionale  e  legislativo ;dall’altro     le  prospettive   di  soluzione  del  problema  coordinate  con  quelle nell’’Unione  europea  ed in altri  ordinamenti  .


Nel  corso  dell’analisi  sosterrò     :  


·         che dal  punto di  vista teorico l’argomento     ha  alla  sua  base differenti  concezioni  del   δεμοσ  , che  hanno  trovato  radicamento  nella  realtà   dei   singoli  contesti  storico    sociali, al  di    delle   tradizioni  costituzionali  delle   specifiche aree;


·         che  il  dibattito    italiano   è  stato   fortemente  influenzato  da  una  interpretazione    peculiare  della  natura della  Costituzione , su  cui  influisce  molto  l’esperienza   di  flessibilità    statutaria  rispetto alla  rigidità  della   Costituzione repubblicana;


·         che  la  specifica dinamica    normativa italiana   è, inoltre,  frutto     di una  reazione    strabica   ai  fenomeni   di   immigrazione  derivanti  dalla cosiddetta globalizzazione, capace   di  allargare   il δεμοσ  politico  secondo  prospettive  tradizionali dello    jus sanguinis  ed  erigere ,invece,   barriere  alla   sua  integrazione   dall’esterno   . In sostanza   ,mentre  l’ordinamento   italiano  mantiene    una  prospettiva   arcaica   per  quanto  riguarda  il rapporto  con  la  propria   emigrazione   ,  destra  e sinistra – nell’ambito  della  destrutturazione  delle  tradizionali  posizioni  ideologiche – hanno  provveduto negli  ultimi anni   ad  erigere-in  questo  settore –   barriere     formali  sempre  maggiori    verso  l’integrazione    dei  soggetti  immigrati, accompagnandole   a  sanatorie   frutto  dell’impotenza  .


 L’impossibilità   politica di  utilizzare  in questo  campo  lo  strumento   della  revisione  costituzionale  e la  necessità   di  mantenere   un’omogeneità  sostanziale  del  trattamento  dei  cittadini  stranieri  non  comunitari  su  tutto  il  territorio  nazionale    hanno – dunque –  comportato   un  sostanziale  immobilismo   , con  il ricorso    a  strumentazioni   succedanee  sul  piano  consultivo  o  in  ambito  circoscrizionale.  


 


 


2-Alle  radici della  questione“Storicamente     il  termine 'cittadinanza'  tende    ad  esprimere lo  status   caratteristico  di  coloro    che  costituiscono  il  nucleo   individuatore    di  ogni  comunità   politica”[4].Quest’affermazione     riassume in  maniera  sintetica    un  dibattito che risale    alle  radici  del   pensiero   politico-giuridico  occidentale. Non  ho  intenzione  di  addentrarmi  in  maniera  sistematica   nell’argomento .Faccio  ,in  questa  sede , solo riferimento a  tre    temi  fondamentali   per  lo  stesso  diritto   positivo (individuo  e  persona; appartenenza ; autodeterminazione)  attraverso   la  testimonianza  di alcuni     classici del  pensiero   politico, capaci     di  illuminare   alcune  delle  questioni  sul  tappeto     .


 


 


a) In  primo  luogo   l’individuo  e  la  persona . Nel De constantia jurisprudentis Giambattista Vico[5]  come  il  concetto  di  persona  sia  nato  in  ambito  giuridico,  mentre  quello  di uomo (come essere umano) scaturisca dalla natura stessa. L’essere umano è infatti il tipico soggetto dello stato di natura, mentre la persona è un essere umano provvisto di  status, ossia un soggetto di  imputazione  di  rapporti  giuridici  che  rilevano  in  uno  specifico    ordinamento costituito.


 


b) In  secondo  luogo, l’appartenenza al  gruppo  con  il  riconoscimento  dello status  di   cittadinanza  in   senso  proprio . All'inizio  del  libro  III  de   La  politica  Aristotele   afferma   la necessità di   determinare   innanzitutto  che    cosa sia  la  πόλισ , ma    che    questa      è  composta   da  cittadini   ed  è per  questo   che   bisogna  chiedersi  ancor  prima   “chi  sia cittadino”  [6].


c)Infine ,ed  in  maniera  più  specifica   per  gli  ordinamenti   liberal-democratici ,   l’importanza   dell’autodeterminazione del singolo e  del   gruppo Nel  L'ésprit  de  lois    Montesquieu afferma       che  , poiché   nella     democrazia    il  popolo    è  per  certi  aspetti   il  monarca  e  per  altri    il  suddito   e  poiché    il  popolo  non  può   essere    monarca   che  attraverso  i  suoi  suffragi    che  sono  la  sua  volontà  ,la   volontà  del  sovrano     è  il  sovrano  stesso” .Le  leggi  che    stabiliscono   il  diritto di  suffragio     sono   dunque  fondamentali  in  questo   tipo   di  governo .In  effetti   ,[continua  Montesquieu] in esso è  tanto    importante    di  regolare   come ,attraverso  chi ,su chi ,su cosa i  suffragi  devono  essere  espressi   come  in  una  monarchia   di  sapere    chi  è  il  monarca  e  in  che  maniera   deve  governare [7]  .


 


Questa  breve  rassegna  di   posizioni   chiarisce    come  il  problema  dell'inclusione e  della  partecipazione  nella  comunità     politica  costituisca   elemento  fondamentale     per tutti    gli  ordinamenti    ed  in  particolare  per  quelli  democratici  basati   sull’espressione  della  volontà  del  singolo  all’interno del   gruppo .


 


3-Il δεμοσ   tra popolazione  residente ,  popolo e  cittadini  politicamente  attivi (corpo  elettorale) .


 


Rimane    sullo  sfondo  la fondamentale  questione   di quali  siano le   basi attraverso cui  si  viene     individuati  come  appartenenti  del  gruppo e con  quali  poteri    e  quali  conseguenze  ne  scaturiscano   . La   regolazione   della   appartenenza  all’ordinamento     e   l’ effettiva partecipazione   alla  gestione  del  politico   derivano da   differenti  concezioni     del   rapporto    individuo  società  e  le   stesse   ,anche  in  epoca   contemporanea,  sono  il   prodotto  della  stratificazione – sedimentazione  di  differenti   forme  di  Stato  . 


Se  si  parte        dal  tema  del  diritto  alla  autodeterminazione  di  ciascun   individuo    (ed  in  particolare    dei  diritti  di  partecipazione    politica    ,  dove  il  politico  è  un  livello   che  si  connette   alla  distribuzione  autoritativa  dei  valori), chi   formi  la   comunità  politica   è  riconosciuto  come   partecipe  dell’  identità  di  un  gruppo   , mentre    gli  “altri”  sono  persone  umane  cui   possono  essere   normativamente  attribuiti  tutti  i  diritti  ed  i  doveri   dei  componenti dell’ordinamento  salvo  quelli   connessi  alla  determinazione   del  politico   .


I  diritti   della  persona  e  i  diritti   del  cittadino   risultano  “marcati”  da  una  simile  differenziazione. La  giuspubblicistica     tradizionale     ha  sempre  ritenuto       parte    essenziale  del    δεμοσ   i  cittadini  politicamente   attivi    , ovvero  il  corpo  elettorale  considerato   come la  parte  attiva  dell’elemento personale   dello  Stato ,  a cui  per  diritto  o concessione   l’ordinamento   attribuisce     l’incarico    di   gestire     in  modo  diretto  o  indiretto  la  cosa  pubblica [8].  Una  simile  concezione del δεμοσ  ha  alle  sue  spalle  una  parte  della  tradizione  classica, ma    copre  altre  alternative che  sempre  in  quella                                      tradizione  sono  recuperabili  per  contrasto. Non  soltanto   esiste  un  δεμοσ    sociale (popolazione residente  in  un  determinato territorio)  che  si  contrappone   a  quello  politico (popolo costituito da  cittadini) ,ma    nello  stesso δεμοσ  politico-  come  si  osservava  prima- possono  essere  rilevati   membri  considerati  politicamente  attivi    sulla  base  di  specifici  parametri  e   componenti   “passivi” ,rappresentati  dai  primi (Corpo elettorale) [9] .  


La  comunità  politica    è ,in  sostanza, una associazione  di persone ,   che  ,teoricamente in  modo   volontario,     si  riuniscono  e  stabiliscono     i  parametri     di unità   , rinnovandoli  con  il  consenso  medio .  In  particolare , l’autodeterminazione    dei  componenti  del  δεμοσ     effettivo (popolo   meno   incapaci  per  età o  altri   motivi,che    sono  rappresentati    dal δεμοσ     effettivo) si  pone  alla  base    della  democrazia  liberale  contemporanea   . L’inclusione    è  quindi    il  principio  che unifica    le   democrazie contemporanee  attraverso il duplice  parametro  della  cittadinanza e l’attribuzione  della  activae  civitatis.


Il  riconoscimento  di  membro  del  δεμοσ  politico     è , in  ogni  caso, operato      attraverso  la  distinzione    dall’altro ( lo  straniero  ovvero   l’exstraneus  latino    o il  βάρβαρος  greco) ,che    oggi -a  differenza  del  passato-   è    riconosciuto  persona  (in  alcuni  casi   limite   gli è – purtroppo – negato  quando  non  sia   straniero  regolare    )  e  cui  sono   attribuiti   i   diritti   del  cittadino  in  senso  lato   , ma   non   quelli  di  activae  civitatis. In  particolare, il  voto  politico   ,ovvero  l’espressione    di  volontà  capace    di  incidere  sul  piano  dell’allocazione  autoritativa  dei  valori  ,  risulta   generalmente   attribuita sulla   base  del  requisito  della  cittadinanza    , se  si  esclude   le  situazioni  giustificate  da   una     comune   derivazione  nazionale   (mi  riferisco   ovviamente   in  maniera   generale  al  caso   britannico  e  del  Commonwealth)   . 


Gli  esempi  di   attribuzione  del diritto di voto     sul    parametro     integrativo  del δεμοσ  sociale  (popolazione)   sono ,invece,   quelli (anche  se  per  ispirazione  differenti) tipicamente  rappresentati   dalla      costituzione  giacobina  del  1793 [10]  e ,soprattutto, da  quella   russa   del  1918 [11] ,  che   si  basavano  -soprattutto  in  questo  ultimo  caso-   sul   censo  del  lavoro  . La  giustificazione fondamentale    di  una  simile  torsione  del  criterio  base     deriva  dal  fatto    che  il  soggetto  cui  si  attribuisce  il diritto , pur  non  essendo cittadino ,  produce   (lavora)   in  un  determinato  ordinamento   e  quindi   possiede   il  diritto  di  essere  coinvolto  nelle  decisioni  dello  stesso .   E’  questa    una   giustificazione     che  si  contrappone  drasticamente    a  quella  medievale      della fedeltà (allegiance) al  sovrano o dello  jus   sanguinis  ,  che- invece – tende  a   mantenere  il  legame    con  i  discendenti  dei  cittadini  allontanatisi  dal  territorio  dell’ordinamento, o-infine-   alla  giustificazione  nazionale  che  ritroveremo  nella  peculiare  previsione  degli italiani non  regnicoli .


Ad  una  simile     dicotomia   verticale  tra    cittadini  e  non  cittadini    nelle  democrazie  pluraliste    si  accompagna  ora     in  misura  sempre  maggiore    una  dicotomia    orizzontale    tra   livello  politico  e  livello  amministrativo  ,  dove     ai  non  cittadini   viene  riconosciuto  in  maniera  sempre  maggiore      l’autodeterminazione    nei  settori  che  non  siano  strettamente  coinvolti  con  la  politicità . In  sostanza    il  riconoscimento     dei  diritti  delle  persone   cerca  di  integrarsi     il  più  possibile    con  i  diritti  del  cittadino   fino  ai  limiti  del  politico,ma   -a  questo   punto – si  scontra   con  i fenomeni  di  devoluzione    tipici  della  trasformazione  dello  Stato  nazionale  che   politicizzano  anche  l’amministrativo  . 


 


4-Il quadro costituzionale italiano . In  maniera  coerente   con  le  proprie  radici  politico-filosofiche     la  Costituzione  italiana  vigente   tratta   i cosiddetti      diritti  politici, ovvero   i diritti  di  partecipazione alla   vita  politica  ed   alla   formazione  delle  decisioni  pubbliche , sulla  duplice base    della dignità  umana  e  della  sovranità  popolare ,  ma  li  lega   in  modo  esplicito  alla  cittadinanza ovvero  all’appartenenza   al   δεμοσ  politico, mentre  l’art. 10  Cost.,dopo  aver  ricordato   che “la condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali”,evidenzia   una  serie  di  garanzie  per   i  non  cittadini    che  nel  paese  di  origine  siano  perseguitati  per  ragioni  politiche .


I   rapporti   politici    , descritti nella  parte I  ,titolo   IV  della   Costituzione   , rilevano   le  relazioni  che   intercorrono     tra  le  azioni   degli appartenenti  ad  un  determinato  ordinamento (cittadini) in  relazione   alla distribuzione  autoritativa  di   valori . I   diritti  di  partecipazione  politica  (contrapposti   tradizionalmente   ai diritti   civili )   identificano  quella serie  di relazioni    relative   alla  partecipazione  alla  vita   collettiva  pubblica  , da  cui  scaturiscono   il  diritto   all’elettorato   attivo  e  passivo  ,il  diritto   di associarsi  in  partiti  ,il  diritto  di  petizione,il  diritto    all’occupazione   di  uffici  e  cariche   pubbliche.  Ad essi    corrispondono   specularmente   una serie  di  doveri  come  la difesa della  Patria ,il  concorso  alle  spese  pubbliche  e  la  fedeltà  alla  Repubblica.


La  Costituzione  italiana   individua  ,dunque, vari tipi     di rapporti  con    una scansione  dall’individuale  al  collettivo  , dal  privato  al  pubblico  estremamente  significativa . Com’è  noto , si  parte   dai   rapporti  civili , per  proseguire   con  quelli  etico-sociali , economici    ed  terminare  con  quelli  politici. I  dati  normativi  evidenziano , sia  in ambito  internazionale  che  interno  , l’indiscutibilità  della  presenza  dei   diritti  di  partecipazione   come  elemento  fondante   degli  ordinamenti  democratici  . [12]  E  tuttavia     il  dato  normativo  italiano  sembra  non  permettere    di    estendere  i  diritti  di  partecipazione  politica  ai  non  cittadini   ,  riservandoli      in  maniera    specifica   a  chi   abbia   questo  titolo  di   omogeneità  riconosciuta [13] . 


In  campo  politico  l’attitudine  ad essere  titolare  di rapporti    giuridici  (capacità  giuridica )  si sovrappone   tendenzialmente  all’ idoneità   ad esercitare    direttamente  i  diritti  ed     doveri   inerenti  ai  rapporti  stessi(capacità  di  agire) e   supera  il  senso   liberal – borghese  dei  cosiddetti  diritti  di  funzione . L’appartenenza   all’ordinamento    certifica  necessariamente  il  diritto  alla  titolarietà  e  all’esercizio  di attribuzioni  derivanti  dalla  partecipazione  all’ordinamento  stesso.   In  questa  prospettiva   la  partecipazione  diretta  o  indiretta  alle  decisioni     elettive  o  deliberative  attraverso  il  procedimento  di   votazione  costituisce  l’elemento  essenziale   dei  moderni  diritti  politici,mentre   le  tecniche applicative    possono  essere  condizionate  da differenti  concezioni     della  democrazia [14]. 


Capacità  di  partecipazione attiva e  passiva   al  procedimento  e  tutela  della  veridicità  procedimentale    delle   votazioni   costituiscono  l’area di  analisi   , mentre      questione controversa     è  proprio  quella   relativa   a   quali siano  gli  standard  di  applicazione  dei  principi  affermati  e  delle  regole   previste. Un  simile  argomento      si connette  con  quello  del  controllo    dell’effettività  delle  norme   vigenti ,   che     per  la  categoria  in  questione  soprattutto-  diviene  costitutiva   sia  della  forma  di Stato  che  del  regime.


Lo  schema   concettuale  utile  alla  analisi  delle    modificazioni  che  nel  tempo  sono  avvenute  in  questo  campo unisce   il  diritto  di partecipazione   alla  propria   determinazione  e  a  quella  del collegio      con  l’esistenza di  procedure  che   diano  la  possibilità  di   perseguire  questi   fini.    Le   procedure    in  questione    vengono    a  sostanziarsi   nelle  votazioni  pubblicistiche   di tipo  elettivo  e  deliberativo  ,che   permettono    la presa di  decisioni  pubbliche . Le  votazioni   identificano  l’espressione  della  volontà  elettiva  e  deliberativa   del singolo  o dei  gruppi  nell’ambito  di  un  procedimento  minimamente strutturato  ,sulla  base  dell’adozione  del  principio  maggioritario .[15]


Nell’ambito    del  procedimento  di  votazione   possono  essere  identificati   vari  piani ,capaci  di  fare  riferimento   ad  ambiti   concettuali  differenti.  Il  tema  della   capacità attiva  e  passiva   di  partecipare ( come  avente   diritto  al  voto  ,come  candidato  a  cariche   pubbliche  o  come   promotore  di  quesiti  referendari  ) si  sposa  strettamente  con  il  piano  della  forma  di Stato   e  di  regime, così  come   quello  della   regolarità   procedurale  della  contesa .L’argomento  del  sistema  elettorale  in  senso  stretto  attiene  ,  invece ,  al  piano     della  forma  di   governo  ed  alla  concezione    della stessa  all’interno  della  forma  di Stato   e   di regime.


 


 


5- Дεμοσ ed  evoluzione  della   normativa  sulla  cittadinanza La   normativa     sulla  cittadinanza    costituisce, dunque ,   il  cuore  del  riconoscimento    della comunità  politica  ed è evidente  che      nell’ordinamento italiano   i  parametri   sono  comparabili  con  quelli  di  altri  ordinamenti  europei.  Tuttavia   l’esperienza  risorgimentale   e  le   specifiche  caratteristiche  di   paese  di  emigrazione  hanno      influito  sulla normativa  in  materia   ,  evidenziando – come  osservato  in precedenza-   una  tendenza    all’allargamento   dell’ombrello  della  stessa  sulla  base  del  principio  dello   jus  sanguinis   nei  confronti   dei  discendenti  dei   cittadini  emigrati    ed  una relativa  prudenza  per  quanto  riguarda  gli  stranieri   residenti,  che    -tuttavia     non  avevano  mai  costituito  un  vero  problema  sino  agli  ultimi  due  decenni  .


L’esame  comparatistico   evidenzia  come    gli  alti  principi  debbano  piegarsi  alle  esigenze    reali    e   -se  non  si  vuole  risalire all’esempio  romano –  basterebbe   considerare   la  vicenda  della    cittadinanza   britannica  (penso  alle   leggi  del 1914 ,del  1948  e  del  1981) e  quelle  degli  ordinamenti  del  Commonwealth per  averne  una  conferma . La  cittadinanza    è  infatti ,al pari degli altri, un istituto   storicamente  situato.   Mentre  già  nel  1914  gli  ordinamenti   del  Commonwealth   avevano  posto     regole  restrittive    per  quanto  riguarda   la   normativa  sulla  cittadinanza   e   l’immigrazione   ,la Gran Bretagna   ha   affrontato  la  decolonizzazione  e   i  problemi  della  globalizzazione    con   una  serie   sempre  più  restrittiva  di   leggi,volte  a   tutelare  il  δεμοσ     sociale   e  quello  politico .


La  legislazione  elettorale  del periodo  statutario    prevedeva,come  le  altre  coeve   ,  che      il  diritto  elettorale    fosse  attribuito  ai  cittadini      sulla base  di    precisi   parametri    censitari o  capacitari  .  Tuttavia    il  principio  della   cittadinanza  veniva    edulcorato    con  quello  della  nazionalità  . Ai  sensi  dell’art. 1  del   R. editto  sulla  legge  elettorale  n.680  del  1848   “(a)d essere elettore [era  infatti ] richiesto il concorso delle seguenti condizioni:1.° Di godere per nascita, o per origine dei diritti civili e politici nei Regii Stati. Quelli che né per l’uno, né per l’altro degli accennati titoli appartengono ai Regii Stati, se tuttavia Italiani, parteciperanno anch’essi alla qualità di elettori, sol che adempiano quanto si ricerca dall’art. 26 del Codice civile per acquistare il suo godimento dei diritti civili.//I non Italiani potranno solo entrare nel novero degli elettori, ottenendo la naturalità per legge.”  In  realtà, il  riferimento   al     Codice  civile   per  gli  Stati   di  S.M.  il  Re  di  Sardegna   evidenziava anche  l’antinomia  tra  un  Codice   civile   nato  nell’ambito  di  una   monarchia  di  tipo  “consultivo”  ed  un  ordinamento  caratterizzato  dalla  presenza  di una  camera elettiva,che  rapidamente  transitò  dalla  forma  monarchico  costituzionale  pura  a  quella   parlamentare    . L’interpretazione     dell’art.  26  ,sulla   base    di quanto  disposto   dall’art.24  dello  Statuto  sugli   italiani  non regnicoli faceva risaltare  un  rapporto  tra   cittadinanza  come  appartenenza  allo  Stato  ovvero  al  Regno  di  Sardegna    e  nazionalità italiana tipico  del  periodo  risorgimentale [16].


 La  categoria   dell’ italiano  non  regnicolo   mantenne  la  sua  importanza     nel  tempo ,   dando  la    possibilità  di  concedere   per decreto reale la cittadinanza comprendente il pieno godimento dei diritti politici agli italiani che non appartenessero  al  regno  (v.  art. 17  legge 13 giugno 1912, n. 555 ,preceduto  da   art.1 legge 17 maggio 1906, n. 2175),che  prevedeva  -coerentemente     con  la  natura  censitaria  del   sistema – la possibilità  di  cittadinanza    senza   godimento  dei  diritti  politici. Una  simile  possibilità  scompare   con  la  legge  del  1912  ,  coeva   in  sostanza   della  normativa   che   introduceva  il  suffragio  universale  maschile( legge del 30 giugno 1912, n. 666).  La  nuova  normativa  sulla  cittadinanza     del   1992 (l. 5  febbraio  1992,n.91 )raddoppia  i  tempi    per  l’acquisizione   della  cittadinanza  da  parte  dello     straniero  che  risieda     “legalmente”  (dai  cinque  anni  dell’art. 4  della  legge   del  1912  ai   dieci   della   legge  del  1992)  ,  mentre    estende  in  maniera      singolare   il  legame    con    i  discendenti  dei  cittadini italiani   emigrati  all’estero     . E’   questo  il  sintomo  più  evidente    del citato    strabismo    cui  si accennava  in  precedenza  , per  cui  ,proprio  mentre il fenomeno  immigratorio  aumenta   in  maniera  significativa  ,  ci  si  difende  dallo  straniero e  si   rafforzano  i  collegamenti  con  le  comunità  italiane  emigrate  all’estero.


Nell’ultimo  quarto  di  secolo la  tradizionale    dicotomia  destra-sinistra   sul  tema   dell’esercizio  del  voto  da  parte  degli  italiani  stabilmente  residenti  all’estero  si è ridotta  sino  a scomparire (favorendo  obbrobri giuridici), mentre    la  contrapposizione   sull’integrazione  degli  stranieri  residenti  in Italia  ha  assunto    caratteri  complessi. D’altro  canto   la  sterilizzazione  del problema  sulla  base  del  criterio  della  cittadinanza (popolo)  ed  in  particolare   sul  parametro  della  cittadinanza    attiva (   δεμοσ  politico  o  Corpo  elettorale )   risulta  difficile , se  si  pensa     che   il  δεμοσ  sociale  rappresentato    dalla  popolazione(δεμοσ  sociale)  ricompare  implacabile   nella  stessa    ripartizione   dei   seggi   operata  ai  sensi  dell’art. 56 , 4°  comma Cost. operata  dividendo il numero degli abitanti della Repubblica, quale risulta dall'ultimo censimento generale della popolazione, per seicentodiciotto e distribuendo i seggi in proporzione alla popolazione di ogni circoscrizione, sulla base dei quozienti interi e dei più alti resti”[17]. Non  soltanto  i  cittadini  non  attivi  ,  ma  anche  gli  immigrati  residenti      pesano  nella   ripartizione dei   seggi  e  , quindi,  rientrano  nel  calcolo  della  rappresentanza  politica   dei  collegi  di  residenza .  La  finzione   della   omogeneità  e  della rappresentanza   si  riproduce   ,dunque,  anche  a  questo   livello e  viene  ancor  più  articolata  in  considerazione  della   novella  costituzionale  23  gennaio 2001 ,n.1  degli  artt. 56 e 57  che  ha  istituito  la  circoscrizione  estero  per  la  rappresentanza dei  cittadini   emigrati  non residenti in  Italia[18] . 


 


 


 


6-Cittadinanza   e   voto   agli  immigrati residenti .


Oggi,ai  due  estremi     dell’arengo  dottrinario   si  pongono , da  un  lato,  coloro  che    interpretano  in  maniera  tradizionale    la  possibilità  di   estensione  dei  diritti  politici  ai  soli  cittadini , richiedendo   per  eventuali  variazioni   l’intervento   di  normative  di  rango  o costituzionale  o  legislativo ; dall’altro    coloro  che    attribuiscono    la  possibilità  di  intervenire   in  materia   sulla  base    dell’art.11  della  Cost. oppure   derubricano  dall’art. 48  Cost.  il  voto  per  le  amministrazioni  comunali ,provinciali  e  regionali  , perché  non  politico  .Alcuni  interpretano ,dunque, in  maniera  restrittiva    la  possibilità  di     inserire  i  diritti     politici  tra  i  diritti   fondamentali  estensibili  alla  persona  umana[19]; altri  invece    si  basano   sulla  natura   aperta   dell’art.2 Cost.  per   intervenire  nel  settore[20] .


Per  risolvere  la  questione  risulta   dirimente non   soltanto  il  dato  testuale   ,ma  anche  quello  sistematico.


Non  pone   problemi sostanziali  quanto  previsto    dal  Trattato  di  Maastricht  relativo all’attribuzione  del  diritto  di  voto   e  di  eleggibilità  per  i  cittadini   dell’Unione  europea  che  risiedono  in  uno  Stato  membro (su  cui   la  Direttiva 94/80/CE del Consiglio, del 19 dicembre 1994   e   il  Decreto  legislativo   12  aprile  1996 n.197  , anche  se   la   mancata  revisione   costituzionale  dell’art. 48 (preceduta  dallo  strappo  precedente   della   previsione   della   candidabilità di  cittadini  stranieri  della  Comunità) pare rappresentare  una  non  commendevole  conferma  di   come   venga  trattato  il  testo  costituzionale    nel  nostro   ordinamento  . Di fronte  alla   revisione costituzionale  che   ha  accompagnato – ad  es. –  la   recezione francese[21]   ,   spagnola [22]   delle  previsioni  di  Maastricht o  all’inserzione  belga della  possibilità    di  estendere  per  legge   il  voto anche  ai  non  cittadini  [23],  l’ordinamento    italiano  ha-invece-   fatto   ricorso   allo  strumento  dell’art.11  della  Cost. . Con  la  sent. 183/1973  la   Corte  costituzionale   riconobbe    infatti- a  suo  tempo   il  fondamento  di  legittimità   dei   trattati  istitutivi  CEE     nell’art. 11   , cosicché   venivano  giustificate   le  limitazioni  le  eventuali  limitazioni  dei  poteri  dello  Stato   ed  il  parziale   trasferimento    agli  organi  comunitari  dell’esercizio  della   funzione  legislativa  ,”in  base   ad  un  preciso  criterio    di  ripartizione  di  competenze   per le  materie  analiticamente    indicate”  .   Su  questa peculiare    elasticità  della  Costituzione, che  deriva  dalla  storia  costituzionale  italiana e  dal  peso  che  la  vicenda  statutaria  continua  ad  avere    sull’ordinamento,   non  vi   è  stata  una sufficiente    riflessione  da   parte   della giurisprudenza  e  della   dottrina  italiana  . La  rigidità    della  Costituzione     viene    -in  questo   modo-    messa    in  discussione   a  causa  dell’incapacità  di  prendere    decisioni  secondo   metodi   trasparenti   e   le  conseguenze  costituiscono  un  vulnus    per    l’ordinamento.


La  situazione      risulta  complicata  dal  processo  di   trasformazione  incrementale  del  rapporto  centro  periferia che   si   è  prodotto  in Italia  con   la   revisione  costituzionale  del  Titolo  V  della  Costituzione.  La  devoluzione   delle  competenze  a  regioni  e   comuni     ha  rafforzato   la  tendenza  di  alcuni      a  cercare  di  sfruttare  l’ambito  locale  per  il  perseguimento  dell’integrazione   dei  non  cittadini  residenti nonostante    il  nuovo  art. 117  Cost . al  punto  b)   stabilisca in  maniera  chiara   la  competenza  esclusiva  dello  Stato   per  quanto  riguarda  la  materia   “immigrazione”  e al   punto  p) per  quanto   attiene  la   legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane” .


In  questa  prospettiva   regioni  e  comuni  si  sono  mossi in  vario  modo  per    affermare  la  possibilità  di  estendere il  diritto  di  voto  ai  non  cittadini.  Le  Regioni,nell’ambito  della  stagione  di  approvazione  dei  nuovi  Statuti ,hanno  cercato   di  introdurre   previsioni   “manifesto”,che   hanno scatenato  la  reazione  dello  Stato .Il Presidente del Consiglio dei ministri  ha sollevato  nel   2004  questione  di  legittimità  costituzionale   nei confronti  di  parti dei nuovi  statuti della Regione Toscana  e  della  Regione  Emilia  Romagna .  In  particolare   venne   impugnato   l'art. 3, comma 6, dello statuto della  Toscana l'art. 2, comma 1, lettera f), e l'art. 15, comma 1, della delibera statutaria  dell’Emilia  Romagna .In  entrambi  i  casi   si  stabiliva  che la Regione dovesse  promuovere   , “nel rispetto dei principi costituzionali”, l'estensione del diritto di voto agli immigrati.  Le  sent.nn. 372  e   379  del  2004   hanno  dichiarato  inammissibili  i  ricorsi  in  materia,  giudicando   le    enunciazioni   statutarie    di “carattere non prescrittivo e non vincolante” e  negando  loro  il  carattere    di  “norme  programmatiche”    ,  perché   fonti regionali “a competenza riservata e specializzata”, cioè di statuti di autonomi i quali, anche se costituzionalmente garantiti, debbono comunque “essere in armonia con i precetti ed i principi tutti ricavabili dalla Costituzione” (  v.  sent.n. 372/2004   che  cita  la     sent. n. 196 del 2003). La  Corte  costituzionale    nella sent.  n.379    è  stata  ancora   più  dura  sottolineando   che  da “enunciazioni statutarie di questo tipo deriva che esse esplicano una funzione, per così dire, di natura culturale o anche politica, ma certo non normativa”. La  successiva  sentenza  n.300 del   2005  sull’impugnativa governativa della legge n. 5 del 2004 della Regione Emilia Romagna, contenente “Norme per l'integrazione sociale dei cittadini stranieri immigrati”  sottolinea    come  “gli  artt. 6 e 7 della legge regionale, che disciplinano le forme partecipative degli stranieri nella Consulta regionale per l'integrazione sociale dei cittadini stranieri immigrati, lungi dall'invadere materie attribuite esclusivamente allo Stato, costituiscono anzi la attuazione, da parte della Regione Emilia-Romagna, delle disposizioni statali che….prevedono appunto forme di partecipazione dei cittadini stranieri soggiornanti regolarmente nel Paese alla vita pubblica locale”.[24]


In  questo   modo   la   Corte  ha    giustamente “despolettato”   una questione  che   avrebbe  potuto  divenire   fortemente  conflittuale  ,  anche    come    arma    polemica  nei  confronti  della   maggioranza  di  centro   destra, chiarendo  implicitamente  che   la  competenza  in  materia  di  elettorato   è  strettamente  connessa  allo  Stato  centrale  .  Il   nuovo  art.122  della   Cost.   attribuisce    , infatti,   alla   Regione    la   competenza   a  regolare  “il   sistema di elezione e i casi di ineleggibilità e di incompatibilità del Presidente e degli altri componenti della Giunta regionale nonchè dei consiglieri regionali ….. nei limiti dei principi fondamentali stabiliti con legge della Repubblica, che stabilisce anche la durata degli organi elettivi”,  certificando  che   con  sistema  di  elezione  ci  si  occupa  di  sistema   elettorale  in  senso  stretto  ovvero  del  meccanismo  di  trasformazione  dei  voti  in  seggi   e   non   di  attribuzione  del  diritto   di  voto  .


D’altro  canto      in  quello  stesso  periodo,caratterizzato  dal  Governo   Berlusconi,il  cui  vice-presidente   del  Consiglio on.Gianfranco  Fini   aveva dichiarato  di  essere  favorevole   al   voto  agli  immigrati [25] , il  Consiglio dei ministri aveva  dovuto  diffidare  il Comune di Genova in relazione  alla disposizione  dello Statuto comunale, con la quale si riconosceva  il diritto di voto agli immigrati dopo cinque anni di soggiorno in Italia[26]. Nell’agosto 2005  il  Consiglio  dei  ministri  deliberò l’annullamento della parte dello statuto del  Comune  di  Genova  in cui si garantiva  l’allargamento del suffragio “per illegittimità e a tutela dell’unità dell’ordinamento”. Il Consiglio di Stato, interpellato in proposito in luglio (parere n. 11074/05) stabilì , modificando un  precedente orientamento, che il diritto di elettorato per i cittadini stranieri può configurarsi solo se ne è garantito il riconoscimento a livello statale. Ma  la  questione  non  sembra avere   fondamento  nell’ orientamento  politico   delle  varie  formazioni di  governo , perché   nella  seconda  metà  del  2006    Giuliano  Amato, ministro   dell’Interno  del   nuovo  Governo  Prodi ,  ha  ribadito  la   richiesta  di  annullamento  dello  Statuto  di  Genova  e  di  altre  amministrazioni  su  questa  posizione .  Simili  posizioni   – a  mio avviso –  sono  convincenti  dal  punto  di  vista   testuale  e   necessarie dal  punto  di  vista    generale    , onde  evitare  che  l’attribuzione   del   diritto  di  elettorato  amministrativo  divenga    una  sorta   di  pelle  di  leopardo  che      ricopre    la   penisola   ,  differenziando   comune  da  comune in  maniera  non  accettabile .


Le  amministrazioni  comunali   hanno  cercato  ,  di  conseguenza,  di  intervenire   sul  livello  più  basso  della  partecipazione   (quello  circoscrizionale)  ,oppure    hanno  costituito  organi  consultivi   per   la  rappresentanza  degli  immigrati   extracomunitari.


Per  quanto     riguarda  le  circoscrizioni ,però,  esse  rischiano  di  essere   assorbite   dalla  controversia      per  i  livelli  superiori  , essendo   queste  da trattare     allo stesso  modo    delle  elezioni  provinciali  e  comunali ai  sensi  dell’art- 117  Cost.  (  ma  anche   della   l. 7  giugno 1991,n.182 e  dal  citato  decreto  legislativo 197/1996).


 Non  rimane  ai  comuni     che  la  strada    degli  organi  consultivi  di  rappresentanza    e  questa  via    è  stata     percorsa  da   molte amministrazioni   con  la   istituzione  di  Consulte  o  di  Consiglieri  aggiuntivi .   I  consiglieri  aggiunti  (penso  alla  normativa  del  Comune  di   Roma   nei  Municipi ovvero  nelle  circoscrizioni    in  cui  è  divisa  la  capitale)  sono   eletti  dai  cittadini  extra comunitari   che  abbiano  raggiunto  il 18 °  anno  di  età  e  siano  regolarmente   residenti .


L’autonomia   associativa  dei  partiti  ha , invece,  dato  la  possibilità – ad esempio- al   neo costituito  partito  democratico  di     attribuire  il  diritto  di  voto  nelle  recenti  consultazioni  interne  per  l’elezione  degli  organi  dirigenti  della  nuova  formazione  non  soltanto  ai  cittadini  sedicenni  , ma  anche  agli  immigrati  extracomunitari  residenti.


Le  stesse   proposte  di  legge    presentate    alle   Camere  durante  l’attuale   legislatura (la XV)   riproducono , d’altro  canto  ,    il  raffreddarsi     del  dibattito  sul  tema  in  relazione allo scorrere del tempo   ed  al  modificarsi  delle  maggioranze   ,mentre    gli  stessi  presentatori   hanno  finito    per      supportare   differenti  posizioni. In  primo  luogo   ,mentre   durante  la  XIV  legislatura   (2001-2006l’opposizione   ha    presentato   molti  progetti  di  legge   in  argomento ,con  il  nuovo  Governo  Prodi  l’entusiasmo  sembra  fortemente  scemati.   Sono  stati  in  sostanza  recuperati   i  progetti  della  legislatura  precedente , ma   gli  stessi  sono   stati   messi  nell’ombra   rispetto  ad  altre  esigenze. 


 


Persiste   ,in  ogni  caso ,    la  mancanza  di  chiarezza   in  materia  da  parte  del   ceto  politico , volto  da  un  lato  a  riaffermare  principi  basati  sul δεμοσ  sociale  in  modo  astratto  , timoroso dall’altro      di   dover  fare  i  conti   con  la   realtà  di  un  elettorato  sempre  più  preoccupato   della  difficoltà  di  controllare   il  fenomeno   migratorio . Anche  dopo  le   prese  di  posizione  della  Corte  costituzionale si   è  mantenuta   la  tendenza      alle   proposte   “manifesto”.      Ad  esempio  l’on.  Boato  (Verdi) nel  PDL  n. 261   [27]  ha   previsto  che ,senza  alcuna  modifica  dell’art.48 Cost. ,“Il diritto di elettorato attivo e passivo [sia] garantito …..anche a chi non [sia] cittadino italiano, a condizione che abbia maturato cinque anni di regolare soggiorno in Italia” nelle elezioni comunali, provinciali ,concernenti le città metropolitane  ed  in  quelle  regionali . Il  progetto ,frutto  di  un  documento  dell’ANCI,  oltre   a  recepire  la  convenzione  di  Strasburgo , vorrebbe  porsi   come  principio  fondamentale   ai  sensi  dell’art.  122  della   Costituzione  per  quanto  riguarda   la   competenza   relativa  al  sistema  elettorale   a  livello  regionale. [28]   Pare  che  simili  proposte   siano  essenzialmente  un  “grato”  servizio   ai  gruppi  di  pressione presenti   nella  società  civile   ed  affastellino   richieste   che  si  sono  sedimentate   nel  tempo .Altri  percorrono , invece , la  strada  della  revisione  costituzionale   degli  artt. 48  e  51 [29], ma  si  scontrano  con  il  mutamento  di  sensibilità dell’opinione pubblica   in  relazione  all’oggetto  e  con    altre  urgenze   politiche   .


 


 


7-Conclusioni.   Da  questa  breve  rassegna   si   conferma  come   la  reazione  italiana  ,  al deflagrare   del   problema   dell’immigrazione  , non  sia  stata in  alcun  modo      efficace.  Dal  punto di  vista  generale   l’incremento  repentino  dei  flussi  di  immigrazione     nell’ultimo quindicennio[30]  sono  stati  affrontati    in  maniera  non  coerente , con  approcci  alternativi  come  dimostrano  le  due   maggiori  leggi  in  materia (la Turco – Napolitano e  la  Bossi – Fini), la  prima  più  orientata     all’integrazione  dell’immigrato nel δεμοσ , la  seconda   indirizzata   alla   regolazione  dell’aspetto   lavorativo, entrambe  insufficienti  a  reggere  l’urto  del  fenomeno  concreto[31]   .  


Per  quanto  riguarda  la  questione   specifica dell’attribuzione  di  diritti  di  partecipazione   ai  cittadini  extra-comunitari  residenti attraverso  il  voto   , essa    è    stata  influenzata – invece-   dalla  persistenza   nell’ordinamento  della  tradizione    emigratoria    , da  una  concezione  della  rigidità  costituzionale  non  presa  sul  serio  e  dalle   concrete difficoltà  dei  soggetti  politici   nell’  intervenire  su  un  settore   sensibile  e  polemico  come  quello  del diritto  di  voto, soprattutto  in  una  situazione   difficile  di  riallineamento  incompiuto  del  sistema  partitico[32].


Molte  delle  soluzioni   prospettate  sono  pasticciate   e  frutto  di  profili    non  coerenti  del   δεμοσ  e  della  suo  futuro.  La   visione   integrazionista       propende     in  via  principale   per  l’introduzione   di  una    normativa  sulla  cittadinanza  capace  di  recepire   gli  immigrati  regolari  .Negli  ultimi  venti  anni un  simile  indirizzo  ,alla  prova  dei  fatti,  appare  sempre  meno  aperto  rispetto  alla   persistente  retorica ed  alla  pratica   del   mantenimento  dei  legami  con  i  cittadini   emigrati   stabilmente  all’estero . La  vicenda   della modifica  dell’art. 48  Cost.   esplicita      in  proposito      la cautela   con  cui  si  muovono  le  forze  politiche   prevalenti , al  di    delle  frange  più  orientate  in  favore  del   δεμοσ  sociale   ,  che  fanno  riferimento alle  convezioni  internazionali   integrazioniste. I  progetti   di  legge  che  sono  stati  presentati  alle  Camere (e  che  sono  stati   riassunti  in  nota)       modulano  le  differenti  possibilità  di  soluzione  del  problema  ,  ma  nessuno  di  questi   è  stato  ancora  discusso ,mentre   si  tratta   in queste  settimane  di  riforma  del  voto  degli  italiani  residenti  all’estero  e    di    modifiche  del  numero  dei  parlamentari  e  della  capacità  elettorale attiva (con  l’estensione  del  voto   ai  sedicenni)  e   passiva (con  l’esclusione  ad  esempio  ,  degli  ultra – sessantottenni).   Le  prospettive  di  soluzione  organica  del  problema  sembrano  , dunque,  non  favorevoli , anche  in  relazione  ai  fenomeni    di  difesa   xenofoba   che   si  registrano  in  alcune  aree  calde del  paese.  Ne  viene  fuori   un  quadro   che  non   fa  ben  sperare  ,  ma  che  soprattutto  invita  a  non  operare   solo  con  il cuore  o  con  la  pancia ,  ma  con  la  ragione   orientata  dai valori  recuperabili  nel  testo  costituzionale .






[1] Relazione   al  Convegno  Participación        política e        integración presente y         futuro del voto extranjero en españa, Malaga , Facultad  de  Derecho ,26 de Octubre,2007.


 



[2] Ordinario  di  diritto  costituzionale italiano  e  comparato  nella  Facoltà  di  Scienze  politiche  dell’Università  di  Roma   “La  Sapienza”



[3]v. T. H.   Marshall      ,  Citizenship and social class, and other essays ,Cambridge, U.P. ,1950.



[4]v. R. Quadri,voce  Cittadinanza ,in  Nvmo Dig, III,pp.306  ss.



[5] ‘‘Certe  ‘persona  iuris  vocabulum  est,  ut  ‘homo  vocabulum est  naturae’  (Caput  XX,  69) tratto  da   G.B.  Vico ,Opere  2 :il  diritto  universale ,Pt.2:De constantia jurisprudentis liber 2,a  cura   di  F.  Nicolini ,Bari,Laterza,1936.



[6] V.Aristotle,  The  Politics  of  Aristotle, trans.  into  English  with introduction,  marginal  analysis,  essays,  notes  and indices  by  B.  Jow ett ,  Oxford, Clarendon  Press,  1885,  2  vols,  p. 31.  



[7]Livre II : des lois qui dérivent directement de la nature du gouvernement. Chapitre II – Du gouvernement républicain et des lois relatives à la démocratie.  Aggiungo   che  anche      Rousseau   nel  Contrat  social”(1762) sottolinea  – nel  capitolo  dedicato   al  “patto    sociale ” (1.6)    la  duplicità   dell’atto  di  associazione in  cui  gli  individui     “assumono  collettivamente  il   nome  di  popolo   e, come    partecipanti   all’autorità  sovrana,   sono  denominati      cittadini, mentre  risultano  come  sudditi, quando   sottomessi   alle  leggi  dello  Stato” .


 



[8] v.  F.  Lanchester,Gli  strumenti  della  democrazia ,Milano ,Giuffrè,2004.



[9] Per   l’individuazione   di   due  tipi  di  δεμοσ (quello   politico, che  dava  vita  al  cittadino, e  quello   sociale ,che individuava  invece  la  popolazione  ,connesso   però  con  la  famiglia ) v. M. H. Hansen, La democrazia ateniese nel IV secolo A.C., LED, Edizioni Universitarie di lettere, Economia e Diritto, Milano 2003  . 


 



[10] Article 4. – Tout homme né et domicilié en France, âgé de vingt et un ans accomplis ; – Tout étranger âgé de vingt et un ans accomplis, qui, domicilié en France depuis une année – Y vit de son travail – Ou acquiert une propriété – Ou épouse une Française – Ou adopte un enfant – Ou nourrit un vieillard ; – Tout étranger enfin, qui sera jugé par le Corps législatif avoir bien mérité de l'humanité – Est admis à l'exercice des Droits de citoyen français.



[11] Art.20. In consequence of the solidarity of the workers of all nations, the Russian Socialist Federated Soviet Republic grants all political rights of Russian citizens to foreigners who live in the territory of the Russian Republic and are engaged in work and who belong to the working class. The Russian Socialist Federated Soviet Republic also recognizes the right of local soviets to grant citizenship to such foreigners without complicated formality.


 



[12] Si fa  riferimento  , ad es. , al  preambolo  e  all’art. 21  della   Dichiarazione  universale    dei  diritti   dell’uomo approvata    dall’Assemblea    generale  delle  nazioni  unite  il  10 dicembre  1948; alla    Convenzione   europea  per  la salvaguardia  dei  diritti  dell’uomo  e  delle  libertà  fondamentali ,firmata  a Roma  il 4  novembre 1950   e del Protocollo addizionale  alla Convenzione  stessa,firmato  a Parigi   il  20  marzo 1952  (v. L. 848/1955);al Patto    internazionale   relativo  ai diritti   economici,sociali e  culturali  e  al Patto   internazionale  relativo    ai  diritti  civili  e  politici (v. L.  881/1977).



[13] V. per  questo ora  E. Grosso , art.48,in  “Commentario alla Costituzione”, a cura di Raffaele Bifulco, Alfonso Celotto, Marco Olivetti,Torino ,Utet,2006,pp.966 ss..



[14] v. su  questo  S.  Goyard -Fabre ,Le  principes   philosophiques  du  droit  politique  moderne, Paris, Puf,1997.



[15] Sul  concetto  di  votazione   e  sulla  sua  costitutività  per   gli  ordinamenti   democratici v. F.Lanchester,Gli  strumenti  della  democrazia,cit.,pp.121 ss..



[16] V. P.S.Mancini, Della nazionalità come fondamento del dritto delle genti : prelezione al corso di dritto internazionale e marittimo,Torino,Botta,1851



[17] V. anche   per  il  Senato   art.54,4° comma. D’altro  canto  l’affermazione  di  cui      all’art. 1   della    Cost.   che  “la   sovranità  appartiene  al  popolo   ,che  la   esercita  nelle  forme  e  nei  limiti  della  costituzione” evidenzia le  caratteristiche  necessariamente  rappresentative     della   costruzione  ordina mentale. Il  popolo  è  in  effetti   costituito  dai  cittadini     ed  è  rappresentato  dal       δεμοσ  politico  – Corpo  elettorale(su  cui  v.  gli  artt. 48,1° comma,58 ,1° e 2°  comma , 71,2° comma,75,1° comma,123,3° comma,138 ,2°  comma.La  stessa   iniziativa  delle  leggi      di  cui  all’art.71,2°  comma    è  esercitata  dagli  elettori ,mentre  l’art. 101,1°  comma prevede  che   “la  giustizia[sia] amministrata  dal  popolo”    e  il  102,3°  comma   che  “la  legge  regoli  “le  forme  di  partecipazione   diretta  del   popolo  all’amministrazione  della  giustizia”.



[18] Dopo  la  l.cost. 17  gennaio 2000,n.1 Modifica  all’articolo  48   della  Costituzione concernente   l’istituzione  della   circoscrizione Estero  per  l’esercizio  del  diritto  di  voto  dei  cittadini  italiani  residenti  all’estero, la  l. cost.  n.  23  gennaio  2001 Modifiche   agli  articoli  56  e  57   della  Costituzione   concernenti  il  numero  dei  deputati   e  senatori   in  rappresentanza degli  italiani  all’estero    è  stata   seguita     l. 27  dicembre   2001,n. 459 Norme    per  l’esercizio  del   diritto  di  voto   dei  cittadini  italiani  residenti  all’estero  e    dal  DPR 2  aprile  2003 ,n.104  Regolamento    di  attuazione   della  l. 27  dicembre   2001,n.459,recante  disciplina   per  l’esercizio   del  diritto  di  voto    dei  cittadini italiani  residenti  all’estero.



[19] V. ad  es. T.Giupponi, Il voto agli stranieri extracomunitari: sì, no, forse…, in  “Quaderni  costituzionali”,2004,n.4,pp.849-850 e Il diritto di  voto agli stranieri extracomunitari.


Profili problematici, in A. Vignudelli (a cura di), “Istituzioni e dinamiche del diritto. Multiculturalismo, comunicazione,federalismo”, Torino, 2005, pp.107 ss.


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[20] V.  ad  es. E. Bettinelli, Cittadini extracomunitari ,  voto amministrativo e costituzione inclusiva, in Associazione per gli studi e le ricerche parlamentari, Quaderno n. 15, Torino, 2005, pag. 27 ss.



[21] V.Loi constitutionnelle n° 92-554 du 25 juin 1992 e   la Décision n° 98-400 DC du 20 mai 1998 relativa alla Loi organique déterminant les conditions d'application de l'article 88-3 de la Constitution relatif à l'exercice par les citoyens de l'Union européenne résidant en France, autres que les ressortissants français, du droit de vote et d'éligibilité aux élections municipales, et portant transposition de la directive 94/80/CE du 19 décembre 1994



[22] v. riforma  costituzionale  del  27  agosto  1992.



[23] V.  art.  8 Cost.  del  Belgio  (1994)  ,che  non  solo  prevede     il  caso   dei  cittadini   dell’Unione  residenti  nel  territorio   nazionale   ,  ma  anche  il caso  di  quelli  non  comunitari ;art. 38 GG,che  rinvia   alla  legge    federale.



[24] V. per  il    commento  T.Giupponi, Gli stranieri extracomunitari e la vita pubblica locale: c'è partecipazione e partecipazione ,nota  alla   sentenza in “Le regioni”, 2006, n. 1 , pp. 187 ss.



[25] V.Corriere della sera dell'8 ottobre 2003.



[26] Originata   da una mozione   presentata   dalla maggioranza  di  centrosinistra  di modifica dello statuto comunale( approvata dal consiglio comunale di Genova il 16 settembre 2003).


 



[27] Norme per la partecipazione politica e amministrativa e per il diritto di elettorato senza iscriminazioni di cittadinanza e di nazionalità. Ratifica ed esecuzione del capitolo C della Convenzione sulla partecipazione degli stranieri alla vita pubblica a livello locale, fatta a Strasburgo il 5 febbraio 1992 del 28 aprile 2006


 



[28] Sostanzialmente   simile  il  DDL – Senato n. 127 Malabarba (Rifondazione  comunista), Ratifica ed esecuzione della Convenzione sulla partecipazione degli stranieri alla vita pubblica a livello locale, fatta a Strasburgo il 5 febbraio 1992, limitatamente al capitolo C. e il  PDL –Camera  n. 1141 Zanella (Verdi),Ratifica ed esecuzione del capitolo C della Convenzione sulla partecipazione degli stranieri alla vita pubblica a livello locale, fatta a Strasburgo il 5 febbraio 1992,mentre  il PDL- Camera   n.620 Mazzoni (UDC (CCD-CDU))Ratifica ed esecuzione del capitolo C della Convenzione sulla partecipazione degli stranieri alla vita pubblica a livello locale, fatta a Strasburgo il 5 febbraio 1992  si  limita  ai  consigli   comunali ; il DDL -Senato n.871 Angius (Ulivo) e altri,Norme per la partecipazione politica ed amministrativa e per il diritto di elettorato degli stranieri,coinvolge  i  livelli comunale ,provinciale  e  metropolitano; DDL –Senato n. 946 Russo Spena (RC-SE) e altri, Norme per la partecipazione politica ed amministrativa e per il diritto di elettorato senza discriminazioni di cittadinanza e di nazionalita' e ratifica ed esecuzione della Convenzione sulla partecipazione degli stranieri alla vita pubblica a livello locale, fatta a Strasburgo il 5 febbraio 1992, limitatamente al Capitolo C  e DDL -Senato n.956 Ripamonti (IU-Verdi-Com)Ratifica ed esecuzione della Convenzione sulla partecipazione degli stranieri alla vita pubblica a livello locale, fatta a Strasburgo il 5 febbraio 1992, limitatamente al capitolo C ,   che  prevede  , addirittura   una    delega     generica      in  materia  elettorale   al  Governo         .



[29] V. PDL costituzionale -Camera  n. 937  Mascia (Rifondazione  comunista ) Modifiche agli articoli 48 e 51 della Costituzione in materia di riconoscimento allo straniero dell' elettorato attivo e passivo; v. DDL  cosituzionale . Senato n.516 Palermi (IU-Verdi-Com) e altri Modifica all' articolo 48 della Costituzione, in materia di riconoscimento dell' elettorato attivo e passivo agli stranieri,  in  cui    si   integra   l’art.  48  ,  ma  si  lasciano  le  modalità  alla  legge .Il DDL costituzionale – Senato n. 524  Bulgarelli (IU-Verdi-Com)Modifica all' articolo 48 della Costituzione in materia di estensione del diritto di voto per i consigli regionali, provinciali, comunali e circoscrizionali ai cittadini italiani ed agli stranieri che hanno compiuto il sedicesimo anno di eta',aggiunge  l’abbassamento  dell’età  per    la  capacità  elettorale  attiva  ; il PDL costituzionale Camera n. 1354 Bressa (Ulivo),Modifica all' articolo 48 della Costituzione in materia di riconoscimento allo straniero del diritto di elettorato attivo e passivo nelle elezioni amministrative   ; DDL costituzionale  Senato  n.872 Amati (Ulivo) e altri Diritti politici dello straniero in Italia,modifica   gli artt. 48 ,51 e 75  Cost.  per  dare  la  possibilità ai non  cittadini  di  partecipare  alle  elezioni  comunali  ,provinciali  e  regionali  così  come  in  sostanza   il PDL costituzionale Camera  n. 1520  Boato (Verdi)Modifica agli articoli 48 e 75 della Costituzione in materia di riconoscimento dell' elettorato attivo e passivo agli stranieri.



[30] V.   i  dati pubblicati    sull’  Eurostat Yearbook 2006-07,   che  evidenziano  come  nel  2004 i  due terzi  dell’immigrazione   legale  di   extracomunitari dell’intera  UE  si  sia   concentrata  in  Italia   ed  in  Spagna  con  un ingresso  di  circa  600 mila   persone  in  questo  solo  anno   in  ciascun  ordinamento .



[31] V. L. Einaudi,Le  politiche  dell’immigrazione in Italia dall’Unità ad  oggi, Roma – Bari,Laterza,2007.



[32] Per  questo  argomento  rinvio  a F.  Lanchester,La  rappresentanza  in  campo  politico  e  le  sue  trasformazioni,cit.,pp.190 ss..

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