Il sistema politico italiano tra riformattazione e riavvio





 

Sommario:1-Premessa.2-“Abbiamo resettato il sistema”.3-Perché le elezioni del 2008 sono da considerarsi elezioni critiche.4- E’ dunque conclusa la transizione infinita del sistema politico italiano?. 5-Un sistema di democrazia a basso rendimento senza strumenti di partecipazione. 6.Il grande disperso:l’art.49 e le votazioni pubblicistiche. 7-Ricapitolando.

1-Premessa- Ho accettato volentieri l´invito a partecipare a quest´assemblea sia per il tempismo della convocazione , sia per il luogo ameno ed evocativo dove viene tenuta. “A Chianciano fegato sano ” recitava uno slogan pubblicitario di più di cinquanta anni fa e, a mio avviso, delle cure termali risultano più che appropriate per la sinistra italiana dopo i recenti avvenimenti politico-elettorali . Ma non c´è solo bisogno di molta acqua capace di depurare e di ridurre i problemi epato-biliari di una sconfitta , che non è solo frutto del destino “cinico e baro”, ma sembra invece essere il prodotto di forte superficialità, insipienza e distacco sia dai valori forti tipici della sinistra democratica che dai movimenti reali . Al fondo di questa riunione ritengo ci sia anche la necessità di situarsi e comprendere cosa sia successo ed il mio intervento cercherà di contribuirvi, riflettendo in maniera sintetica sui recenti avvenimenti in una prospettiva storico-critica .

2-“Abbiamo resettato il sistema” – Parto da un episodio personale . Martedì 15 aprile un neosenatore del Pd molto vicino a Veltroni è capitato nella Facoltà, che presiedo, e, commentando i dati elettorali, con aria sorniona e soddisfatta mi ha detto che lui e i suoi amici avevano “resettato” il sistema politico italiano. Al di là di ogni altro commento, quando gli ho fatto notare che comunemente in informatica resettare significa formattare il disco rigido, perdendo memoria e dati, mi ha risposto che per lui pigiare il tasto di “reset” significava solo riavviare la macchina senza ulteriori conseguenze. In verità, una simile replica risulta controversa e non coincide nemmeno con l´interpretazione data dal leader dell’antipolitica d’avanspettacolo Beppe Grillo, che nel suo Blog ( http://www.resetnews.it/ ) auspicava l´opportunità di un bel “reset” sistemico, prospettando di mandare “tutti a casa” gli esponenti del ceto politico e ricominciare “da capo” .
In queste due differenti interpretazioni (e nei plurimi auspici connessi ) trovo stia il nucleo della problematica attuale e degli interrogativi che ne discendono. Alcuni ritengono che ciò che è capitato in aprile sia solo un momento di normalizzazione della situazione italiana, con la semplificazione del sistema politico , la sostanziale fine della transizione e la trasformazione di questo ordinamento in un Paese normale. Altri, invece, ritengono che ciò che è avvenuto individui una cesura forte con il passato, il consolidamento di un nuovo blocco storico moderato e nello stesso tempo un pericoloso incentivo alla centrifugazione non solo del regime , ma della stessa comunità politica .
In questa sede vorrei ,dunque, chiedermi (anche se in maniera estremamente sintetica) :
1. se le elezioni del 2008 possano essere definite come elezioni critiche ,ovvero consultazioni in cui si è operato un riallineamento intenso dei soggetti politicamente rilevanti ed individuato un nuovo blocco di forze posto alla base delle istituzioni,che possono interpretare in modo originale le norme vigenti secondo un taglio loro congeniale,ma anche innovarle autonomamente ;
2. se con le stesse elezioni possa dirsi conclusa la grande transizione che dal 1968 ad oggi ha caratterizzato il sistema politico italiano ;
3. se le condizioni in cui è avvenuta la ristrutturazione non evidenzino,tuttavia, forti deficit di democraticità,capaci di inficiare anche la soddisfazione di coloro che hanno collaborato alla drastica semplificazione del sistema ;
4. se, infine, le forme in cui si esprime la rappresentanza politica ed in particolare quella politico-partitica siano adeguate ai valori degli ordinamenti democratici e alla concreta situazione politica.

Dalla risposta a questi quattro interrogativi deriva il giudizio sulle conseguenze che una simile situazione può avere sia sulla rappresentanza politica e le sue forme di espressione , sia sul futuro delle istituzioni .

3-Perché le elezioni del 2008 sono da considerarsi elezioni critiche –Nel 1955 Valdimer Orlando Key sul Journal of Politics scrisse un saggio su A theory of critical elections, in cui sosteneva che alcune elezioni, per il carattere innovativo dei risultati e dei blocchi sociali evidenziati, modificano il passato e condizionano il futuro del sistema di riferimento . Le elezioni italiane del 2008 mi sembrano essere state di tipo critico : non soltanto hanno sfoltito la rappresentanza in maniera incisiva eliminando i piccoli partiti dalle aule parlamentari, ma hanno individuato trasferimenti di scelte di importanti settori dell’elettorato. Aiutati dalla selettività degli strumenti istituzionali utilizzati, nella attuale legislatura alla Camera dei deputati vi saranno solo 5 gruppi rilevanti rispetto ai 14 esistenti a fine XV legislatura (senza gruppo misto) , mentre al Senato 5 rispetto ai 10 precedenti (il gruppo misto di Palazzo Madama comprendeva nell’ultimo periodo circa il 10% dei senatori). L’operazione di sfoltimento è stata sostanzialmente concordata dai due maggiori partners del sistema, che- sulla base della legge elettorale 270/2005- non hanno acconsentito a coalizioni se non in casi particolari, ma è l’elettorato che – seppur forza dal cosiddetto voto utile derivante dalle citate regole elettorali – ha funzionato da vera e propria ghigliottina.
Di più. Il fronte moderato condotto da Berlusconi,che nel 2006 aveva contenuto la sconfitta in una sorta di pareggio instabile al Senato, nel 2008 è riuscito ad articolare un blocco sociale che unisce singolarmente il Nord produttivo ed il Sud assistito, allargando i consensi anche nei settori tradizionalmente di sinistra, mentre il PD ha soltanto soffocato i concorrenti d’area. La linea adottata da Veltroni, sostanzialmente alternativa al Governo condotto dal Presidente del suo stesso partito, pare aver cercato con incisività solo la pulizia del proprio settore ed in questo modo è riuscita di limitare i danni formali nelle elezioni politiche, sfruttando l’eliminazione dei cosiddetti “cespugli”. Gli effetti concreti e simbolici di questa operazione si sono visti nelle elezioni comunali di Roma, con il sostanziale compattamento dei moderati sulla candidatura Alemanno e la perdita della amministrazione della Capitale dopo circa trent’anni di governo di sindaci di sinistra (se si esclude il periodo 1985-1989).
Veltroni, che non è l’unico responsabile della sconfitta, mi sembra abbia ripetuto la prestazione tenuta tra il 1998 e il 2001 quale segretario DS, preoccupandosi più di operare una cesura con il passato (sulla base di un confuso modello ideale) che di operare una strategia di trasformazione attenta alle alleanze. Egli ha in sostanza agito per liquidare il passato, ma è probabile che , nella sconfitta , con quel passato dovrà fare i conti.

La conseguenza eclatante della consultazione dell’ aprile scorso è che sono letteralmente scomparsi quasi tutti i residui della cosiddetta prima Repubblica, ma soprattutto che- se si esclude l’UCD- nell’attuale Parlamento non siede ufficialmente più nessun rappresentate delle principali e tradizionali famiglie politiche europee. Per la prima volta nella storia repubblicana non sarà presente in Parlamento alcun deputato o senatore di gruppi collegati al PSE, mentre solo l’UCD rappresenterà per adesso il PPE in sede nazionale . La questione dell’afferenza del PdL al Ppe verrà risolta – a mio avviso – velocemente nella prospettiva delle prossime elezioni europee, mentre è il PD che nell’ansia dell’azzeramento rischia di ritrovarsi come l’asino di Buridano, non sapendo se scegliere a destra o a sinistra a causa delle due componenti che lo animano . E’ vero che vi saranno deputati e senatori collegati a titolo personale per esempio all’ADLE(Alleanza dei democratici e dei liberali per l’Europa) o all’UEN (Unione per l’Europa delle Nazioni ), ma la scomparsa dal panorama nazionale soprattutto la componente Verde e della sinistra unitaria costituisce la vera novità della consultazione, assieme all’avanzata della Lega nelle regioni settentrionali e viciniori.

4-E’ dunque conclusa la transizione infinita del sistema politico italiano? Passo al secondo interrogativo e mi chiedo se sia veramente conclusa la transizione infinita che da circa quaranta anni condiziona l´ordinamento italiano ,o se ci si trovi di fronte ad un nuovo capitolo della stessa .Parto dal presupposto, che non sviluppo in maniera analitica in questa sede, che dal 1968 (e non dal 1976) l’ordinamento politico-costituzionale è in transizione e che in nessun altro ordinamento democratico stabile l’incertezza sugli assetti politici duraturi è durata tanto ed ha inciso in maniera così profonda, con processi di ristrutturazione che durante gli anni Novanta hanno fatto pensare alle convulsioni subite dai paesi già di socialismo reale. La crisi del centro-sinistra organico ha aperto un lungo periodo quarantennale, caratterizzato prima dal tema dell’integrazione mancata del Pci, poi- dopo la crisi che ha portato alla scomparsa formale di tutti i soggetti politicamente rilevanti del primo periodo della vita repubblicana – dall’esigenza di un riallineamento stabile tra forze che si legittimavano reciprocamente . L’adozione di meccanismi tendenzialmente maggioritari nel 1993 si era basato sulla premessa di una omogeneizzazione dell’elettorato e del ceto politico. Negli ultimi quindici anni queste premesse sono state parzialmente smentite da una conflittualità e da una sfiducia reciproca,che ha portato alla persistenza di regole istituzionali contraddittorie (lasciate tali “pour cause”), e da un sostanziale rafforzamento di comportamenti oligarchici all’interno di partiti cartello o personali .
Confesso che sono meno sicuro nel formulare una risposta positiva sul superamento della transizione, perché il fenomeno della semplificazione non implica la fine della transizione, così come elezioni critiche non escludono ulteriori scossoni . Si, è vero il sistema si è fortemente semplificato, ma la sconfitta rischia di dividere di nuovo la sinistra, mentre nel settore moderato la presenza sempre più determinante della Lega prospetta possibili contraddizioni .
I discorsi di insediamento dei nuovi presidenti delle Camere hanno ruotano sulla necessità che la XVI sia una legislatura costituente, termine che potrebbe implicare anche il “resettaggio della Costituzione” repubblicana non solo nella parte dell’organizzazione, ma soprattutto in quella dei valori. Il grande problema dello Stato sociale nato dal dopoguerra potrebbe venire affrontato, in maniera unilaterale e non condivisa, sulla base della parola d’ordine del federalismo fiscale. E, poi, mi chiedo : cosa succederà in un ordinamento dove i partiti con tendenze antisistema sono parte determinante sia nel lato progressista(Italia dei valori ) che in quello conservatore(Lega Nord)? Mi chiedo anche : quali saranno le conseguenze di una ablazione della funzione tribunizia in Parlamento di forze estreme in un periodo che richiederà sacrifici incisivi per arrestare ed invertire la tendenza al declino ?
Osservo che ceto politico e classe dirigente italiana hanno accompagnato, nel corso dell’intero quarantennio e più in particolare negli ultimi quindici anni, la crisi del sistema politico-costituzionale italiano senza la capacità di decidere, come invece sono riusciti a fare in altri ordinamenti (penso alla Francia e alla Spagna),e questa incapacità ha convinto molti che fosse necessario pervenire ad una svolta . La riaggregazione dei poli effettuata l’anno scorso in maniera confusa, sotto il ricatto dei referendum elettorali e nella sostanziale coerenza con gli stessi , evidenzia una necessità cui stanno lavorando parecchi pontieri ,ma che-probabilmente – verrà effettuato alle condizioni del vincitore.
Se completare la transizione era il fine, normalizzando il Paese, a me sembra che questo sia un ordinamento in cui la maggioranza che ha vinto le elezioni è riuscita a porne le premesse perfezionando la grande operazione berlusconiana del 1994 di articolare con i mezzi comunicazione di massa ed il partito azienda da un lato la Lega al Nord e dall’altro AN e il Movimento autonomista siciliano al Sud . Il polo moderato, sulla cui composizione non mi soffermo, sembra aver imparato la lezione dell’ultimo quindicennio soprattutto completando la depurazione di AN, mentre –invece- sembra ancora lontana la stabilizzazione nell’area di sinistra, dove la sconfitta comporterà una dolorosa resa dei conti fra le varie componenti del PD.
La transizione non è dunque conclusa ,ma le premesse sembrano impostate per un dominio moderato che non risolve i problemi di democraticità ed efficienza del sistema,ma anzi l’aggrava nella misura in cui il conflitto di interessi non appare risolto in alcuna maniera .

5-Una democrazia a basso rendimento e senza strumenti di partecipazione – L’ordinamento costituzionale italiano non soltanto è a basso rendimento , ossia è incapace di rispondere in modo soddisfacente ai desiderata dei suoi componenti, ma non riesce a far partecipare i cittadini in maniera sufficiente. Non mi riferisco tanto all’astensionismo elettorale e alle polemiche sul partito di chi rifiuta la politica . L’Istituto Cattaneo ci dice che, se è vero che la partecipazione elettorale è diminuita nelle elezioni del 2008 al 80,5% (con un incremento delle astensioni del 3,5% delle astensioni rispetto al 2006), gli elettori italiani si astengono meno che in altri ordinamenti . Se in Francia hanno votato nelle ultime elezioni l’84% degli iscritti alle liste elettorali ,in Germania la percentuale è stata del 77,7 , in Spagna del 76, in Gran Bretagna del 61,8, mentre in Svizzera la % dell’anno scorso ammonta addirittura al 48,3. La partecipazione elettorale risulta mantenuta a livelli alti dalla competizione bipolare e dalla decisione di concentrare le consultazioni in un’unica giornata, mentre è la fiducia nel sistema e nel suo futuro da parte dell’elettorato e soprattutto della parte attiva dello stesso che appare sempre meno rilevante .
I dati delle indagini di Eurobarometre dell’anno scorso evidenziano livelli di soddisfazione e di previsione per il futuro dei cittadini italiani inferiori a quelli medi degli europei, così come la fiducia nelle istituzioni nazionali. Il problema maggiore è ,infatti, la qualità della partecipazione e quindi della natura degli strumenti di canalizzazione, riduzione, trasmissione della domanda politica rappresentati dai partiti .
Recenti analisi (penso a quella curata da Bardi , Ignazi e Massari) evidenziano come la trasformazione dei partiti italiani in partiti cartello ed in partiti personali abbia ridotto ai minimi termini il partito degli iscritti, con la prevalenza della struttura burocratico-centralizzata a livello nazionale (invero oramai estremamente leggera) e, in particolare, lo spostamento dell’asse fondamentale nelle mani dei rappresentanti nei collegi parlamentari. Al di là della classica legge ferrea dell’oligarchia, il definitivo superamento del partito di massa e dello stesso partito pigliatutto e la dipendenza delle formazioni di partito dal finanziamento pubblico e dai rimborsi elettorali fanno sì che gli iscritti vengano considerati dalle leadership di partito come dei noiosi impedimenti .Una simile situazione può essere sopportata da partiti con alto tasso di carismaticità (il caso della Lega è peculiare per la sua solida vetustà ), ma diviene esplosivo per formazioni come quelle di sinistra che debbono necessariamente vivere sulla discussione e sul controllo. Lasciamo perdere ciò che è capitato nella cosiddetta “sinistra radicale”(non si arrabbi Pannella per questo uso eterodosso del marchio), dove a fenomeni di familismo nelle candidature si sono accompagnati episodi quasi comici di recupero della rappresentanza operaia sostanzialmente oscurata . Per il Partito democratico qualcuno potrebbe affermare che lo stesso si è costituito l’anno scorso sulla partecipazione delle cosiddette primarie (che primarie non erano) . Rispondo che il processo di fusione dei DS e della Margherita mi è parso piuttosto come un episodio di mobilitazione pilotato, in cui la logica della designazione e della spartizione fra componenti molto ha influito. Lo stesso sforzo di costruzione e di adozione di regole condivise ha portato all’approvazione di documenti che poi non sono stati seguiti in alcuni modo . Il loft si è trasformato in un luogo mediatico di esternazione, sulle scalette dello stesso, di posizioni non partecipate ,mentre i soggetti che avevano dato vita alla nuova formazione sopravvivevano silenti nelle rispettive sedi ed i segretari amministrativi blindavano in opportune fondazioni “la roba” di verghiana memoria. In questa prospettiva è evidente che il plusvalore mediatico della componente moderata, unito alla presenza locale di strumenti organizzativi tradizionali, ha fatto la differenza, ma sarebbe cieco credere che sia stato l’unico fattore. Molto è derivato dalla prestazione insufficiente, caotica e al limite autolesionistica dell’ultimo biennio e dalla consapevolezza che ciascuno aveva di ciò, ma anche dell’impossibilità di cambiare.

6-Il grande disperso:l’art.49 e le votazioni pubblicistiche – Pannella ci chiede quali possano essere gli strumenti organizzativi e se quelli radicali possono servire alla bisogna. Rispondo che gli strumenti organizzativi sono conseguenza di una analisi della situazione e delle scelte adeguate al perseguimento dei fini. La sinistra non ha fornito risposte adeguate perché non ha idee chiare sulle finalità e sui gruppi sociali da investire . A me sembra che non sia riuscita ad aggregare e nello stesso tempo gestisca su posizioni di vertice le strutture di partito . In particolare, le regole del PD per la selezione dei candidati alle elezioni nazionali e locali sono state elaborate in modo minuzioso, ma sono rimaste lettera morta . Il blocco moderato sa dare speranze e distribuire meglio le spoglie, ma non può essere preso ad esempio in alcun modo , viste le caratteristiche verticistiche e plebiscitarie che la caratterizzano. La legge n.270/2005 evidenzia , per di più, il passaggio ufficiale dal sistema elettivo a quello della nomina .
Dal punto di vista organizzativo lo specifico modello radicale può essere utilizzato da specifici tipi di élites e può agire sul piano tematico , ma per settori più vasti della cittadinanza attiva molto deve essere fatto sul piano delle regole. In generale la mia opinione è che il grande disperso della discussione istituzionale italiana sia rappresentata dal partito politico e dalla democraticità dell’azione pubblicistica dello stesso ai vari livelli in cui viene espressa. Come retaggio del periodo della mancata integrazione , l’art. 49 della Cost. non prevede una regolazione pubblicistica dei partiti e le idee di Basso,di Mortati e di Sturzo fondate un organicismo giuridico potrebbero sembrare datate, a volte anche per la apparente mancanza dei soggetti da regolare . Ma l’esempio statunitense sulla regolazione delle funzioni pubblicistiche dei partiti risulta importante ed evidenzia la necessità che nei momenti di partecipazione decisionale vi sia la presenza di normative cogenti . Il settore delle votazioni pubblicistiche risulta quindi strategico e dovrebbe essere uno dei punti di convergenza per riforme condivise .

7-Ricapitolando – Concludo. In queste pagine ho sostenuto che:
• le elezioni del 2008 sono state – senza alcun dubbio- consultazioni critiche, perché hanno operato un riallineamento intenso e semplificatorio del panorama politico-nazionale;
• la transizione italiana sembra stia risolvendosi dopo 40 anni, ma la natura contraddittoria e centrifuga del blocco moderato e di quello riformatore getta ombre di dubbio sulla felice conclusione della stessa ;
• nell’ordinamento persistono forti ed evidenti deficit di democraticità, sia da punto di vista formale che sostanziale:la forma di espressione della rappresentanza non sono adeguate e richiedono un intervento per regolare le forme di partecipazione pubblicistica.
La nuova maggioranza ha i numeri per governare . Il suo compito non sarà agevole, perché gli indicatori economici dicono che il Paese è in sostanziale ritardo nei confronti dei partners europei. Alcune innovazioni istituzionali come quelle sulla democrazia infrapartitica e sulla legislazione elettorale di contorno sono incontroverse e si connettono con la natura della forma di Stato di democrazia pluralista. Se questo sia diventato un paese normale, si dovrebbe vedere dalla volontà comune di introdurre regole di trasparenza e di correttezza comuni .Ho i miei dubbi , ma tuttavia lo spero.

(*)Relazione  all´Assemblea  dei  mille-Chianciano 2-4  Maggio 2008


      Questa voce è stata pubblicata in: Parlalex, SCRITTI RECENTI il 08/08/2020 Contrassegna il Permalink.