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Seminario su “Referendum e reviviscenza”


22-9-2011

Sala delle Lauree –Facoltà di Scienze politiche-Università “La Sapienza”

A cura di

A. Gigliotti – V. Iacovissi
– Master in Istituzioni parlamentari europee per consulenti di assemblea


Scheda tecnica referendum elettorali 2011



Indice


A. Quesiti referendari predisposti dal Prof. Andrea Morrone:


A.1-Quesito n.1 – Abrogazione totale della legge elettorale proporzionale con liste bloccate per il ripristino dei collegi uninominali

A.2-Quesito n.2 – Abrogazione parziale della legge elettorale proporzionale con liste bloccate per il ripristino dei collegi uninominali

A.3-Normativa di risulta a seguito dell’eventuale effetto abrogativo

B. Quesiti referendari predisposti dal Prof. Stefano Passigli:


B.1-Quesito n.1


B.2-Quesito n. 2


B.3-Normativa di risulta a seguito dell’eventuale effetto abrogativo


B.4-Quesito n. 3


B.5-Normativa di risulta a seguito dell’eventuale effetto abrogativo

C. Alcune recenti pronunce della CorteCorteCorteCorte costituzionale sul tema della reviviscenza:

C.1-Corte costituzionale, sentenza 10 febbraio 1997, n. 40 (redattore Mirabelli);


C.2-Corte costituzionale, sentenza 7 febbraio 2000, n. 31 (redattore Guizzi);


C.3-Corte costituzionale, sentenza 26 gennaio 2011, n. 24 (redattore Gallo);

D. Bibliografia essenziale

E. Due contributi recenti in materia di reviviscenza e referendum abrogativo:


E.1Il concetto di abrogazione parziale. Raffronto tra l´abrogazione legislativa e l´abrogazione referendaria, di Valeria G.F. Marcenò;


E.2 La via referendaria per tornare alla legge Mattarella, di Enzo Palumbo






A. Quesiti referendari predisposti dal Prof. Andrea Morrone

A.1-Quesito n. 1
Abrogazione totale della legge elettorale proporzionale con liste bloccate per il ripristino dei collegi uninominali

«Volete voi che sia abrogata la legge 21 dicembre 2005, n. 270, Modifiche alle norme per l’elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, come modificata dal decreto legge 8 marzo 2006, n. 75, convertito in legge 21 marzo 2006, n. 121?»

A.2-Quesito n. 2
Abrogazione parziale della legge elettorale proporzionale con liste bloccate per il ripristino dei collegi uninominali

«Volete voi che sia abrogata la legge 21 dicembre 2005, n. 270, Modifiche alle norme per l’elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, limitatamente alle seguenti parti:
art. 1, comma 1, limitatamente alle parole: “1. L’articolo 1 del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, e successive modificazioni, di seguito denominato «decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957», è sostituito dal seguente:”;
art. 1, comma 2, limitatamente alle parole: “2. L’articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957 è sostituito dal seguente:”;
art. 1, comma 3, limitatamente alle parole: “3. All’articolo 7, settimo comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957, le parole: «In caso di scioglimento anticipato della Camera dei deputati» sono sostituite dalle seguenti:”;
art. 1, comma 4, limitatamente alle parole: “4. All’articolo 14 del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957, sono apportate le seguenti modificazioni:”;
art. 1, comma 5, limitatamente alle parole: “5. Dopo l’articolo 14 del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957, è inserito il seguente:”;
art. 1, comma 6, limitatamente alle parole: “6. L’articolo 18-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957 è sostituito dal seguente:”;
art. 1, comma 7, limitatamente alle parole: “7. All’articolo 19, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957, il secondo periodo è sostituito dal seguente:”;
art. 1, comma 8, limitatamente alle parole: “8. L’articolo 31 del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957 è sostituito dal seguente:”;
art. 1, comma 9: “9. Al decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957, dopo la tabella A, sono inserite le tabelle A-bis e A-ter di cui all’allegato 1 alla presente legge.”;
art. 1, comma 10, limitatamente alle parole: “10. All’articolo 58 del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957 sono apportate le seguenti modificazioni:”;
art. 1, comma 11, limitatamente alle parole: “11. L’articolo 77 del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957 è sostituito dal seguente:”;
art. 1, comma 12, limitatamente alle parole: “12. L’articolo 83 del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957 è sostituito dal seguente:”;
art. 1, comma 13, limitatamente alle parole: “13. L’articolo 84 del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957 è sostituito dal seguente:”;
art. 1, comma 14, limitatamente alle parole: “14. L’articolo 86 del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957 è sostituito dal seguente:”;
art. 2;
art. 4, comma 1, limitatamente alle parole: “1. L’articolo 1 del testo unico delle leggi recanti norme per l’elezione del Senato della Repubblica, di cui al decreto legislativo 20 dicembre 1993, n. 533, e successive modificazioni, di seguito denominato «decreto legislativo n. 533 del 1993», è sostituito dal seguente:”;
art. 4, comma 2, limitatamente alle parole: “2. L’articolo 8 del decreto legislativo n. 533 del 1993 è sostituito dal seguente:”;
art. 4, comma 3, limitatamente alle parole: “3. L’articolo 9 del decreto legislativo n. 533 del 1993 è sostituito dal seguente:”;
art. 4, comma 4, limitatamente alle parole: “4. All’articolo 11 del decreto legislativo n. 533 del 1993 sono apportate le seguenti modificazioni:”;
art. 4, comma 5: “5. Le tabelle A e B allegate al decreto legislativo n. 533 del 1993 sono sostituite dalle tabelle A e B di cui all’allegato 2 alla presente legge.”;
art. 4, comma 6, limitatamente alle parole: “6. L’articolo 14 del decreto legislativo n. 533 del 1993 è sostituito dal seguente:”;
art. 4, comma 7, limitatamente alle parole: “7. L’articolo 16 del decreto legislativo n. 533 del 1993 è sostituito dal seguente:”;
art. 4, comma 8, limitatamente alle parole: “8. L’articolo 17 del decreto legislativo n. 533 del 1993 è sostituito dal seguente:”;
art. 4, comma 9, limitatamente alle parole: “9. Dopo l’articolo 17 del decreto legislativo n. 533 del 1993 è inserito il seguente:”;
art. 4, comma 10, limitatamente alle parole: “10. L’articolo 19 del decreto legislativo n. 533 del 1993 è sostituito dal seguente:”;
art. 5, comma 1, limitatamente alle parole: “1. Il Titolo VII del decreto legislativo 20 dicembre 1993, n. 533, è sostituito dal seguente:”;
art. 6, comma 1, limitatamente alle parole: “1. All’articolo 15, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957, le parole: «di cui all’articolo precedente» sono sostituite dalle seguenti:”;
art. 6, comma 2: “2. All’articolo 16, quarto comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957, le parole: «delle candidature e», ovunque ricorrono, sono soppresse.”;
art. 6, comma 3: “3. All’articolo 17, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957, le parole: «delle candidature nei collegi uninominali e» sono soppresse.”;
art. 6, comma 4: “4. L’articolo 18 del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957 è abrogato.”;
art. 6, comma 5, limitatamente alle parole: “5. All’articolo 20 del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957 sono apportate le seguenti modificazioni:”;
art. 6, comma 6: “6. All’articolo 21, secondo comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957, le parole: «delle candidature nei collegi uninominali e» e: «a ciascuna candidatura nei collegi uninominali e» sono soppresse.”;
art. 6, comma 7, limitatamente alle parole: “7. All’articolo 22 del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957 sono apportate le seguenti modificazioni:”;
art. 6, comma 8: “8. All’articolo 23, primo e secondo comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957 le parole: «dei candidati nei collegi uninominali e» sono soppresse.”;
art. 6, comma 9, limitatamente alle parole: “9. All’articolo 24, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957 sono apportate le seguenti modificazioni:”;
art. 6, comma 10, limitatamente alle parole: “10. All’articolo 25 del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957 sono apportate le seguenti modificazioni:”;
art. 6, comma 11: “11. All’articolo 26, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957 le parole: «di ogni candidato nel collegio uninominale e» sono soppresse.”;
art. 6, comma 12, limitatamente alle parole: “12. All’articolo 30, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957 sono apportate le seguenti modificazioni:”;
art. 6, comma 13: “13. All’articolo 40, terzo comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957, le parole: «dei candidati nei collegi uninominali e» sono soppresse.”;
art. 6, comma 14: “14. All’articolo 41, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957, le parole: «dei candidati nei collegi uninominali e» sono soppresse.”;
art. 6, comma 15, limitatamente alle parole: “15. All’articolo 42 del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957 sono apportate le seguenti modificazioni:”;
art. 6, comma 16, limitatamente alle parole: “16. All’articolo 45 del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957, l’ottavo comma è abrogato.”;
art. 6, comma 17, limitatamente alle parole: “17. All’articolo 48, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957, le parole: «e dei candidati nei collegi uninominali» e: «del collegio uninominale o» sono soppresse; le parole: «del collegio» sono sostituite dalle seguenti:”;
art. 6, comma 18: “18. All’articolo 53, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957, le parole: «e dei candidati» sono soppresse.”;
art. 6, comma 19: “19. All’articolo 59 del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957, il secondo periodo è soppresso.”;
art. 6, comma 20, limitatamente alle parole: “20. All’articolo 62 del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957, le parole: «le schede» sono sostituite dalle seguenti:”;
art. 6, comma 21, limitatamente alle parole: “21. All’articolo 63, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957, le parole: «una scheda» sono sostituite dalle seguenti:”;
art. 6, comma 22, limitatamente alle parole: “22. All’articolo 64, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957, le parole: «le urne e le scatole» sono sostituite dalle seguenti:”;
art. 6, comma 23, limitatamente alle parole: “23. All’articolo 64-bis, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957, le parole «delle urne» sono sostituite dalle seguenti:”;
art. 6, comma 24, limitatamente alle parole: “24. All’articolo 67, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957, sono apportate le seguenti modificazioni:”;
art. 6, comma 25, limitatamente alle parole: “25. All’articolo 68 del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957 sono apportate le seguenti modificazioni:”;
art. 6, comma 26, limitatamente alle parole: “26. All’articolo 71 del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957 sono apportate le seguenti modificazioni:”;
art. 6, comma 27, limitatamente alle parole: “27. All’articolo 72 del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957 sono apportate le seguenti modificazioni:”;
art. 6, comma 28, limitatamente alle parole: “28. All’articolo 73, terzo comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957, le parole: «del Collegio» sono sostituite dalle seguenti:”, e alle parole “e le parole: «dei candidati nel collegio uninominale e» sono soppresse.”;
art. 6, comma 29, limitatamente alle parole: “29. All’articolo 74 del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957 sono apportate le seguenti modificazioni:”;
art. 6, comma 30, limitatamente alle parole: “30. All’articolo 75 del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957 sono apportate le seguenti modificazioni:”;
art. 6, comma 31, limitatamente alle parole: “31. All’articolo 79 del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957 sono apportate le seguenti modificazioni:”;
art. 6, comma 32, limitatamente alle parole: “32. All’articolo 81, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957, le parole: «dei candidati nei collegi uninominali e» sono soppresse.”;
art. 6, comma 33, limitatamente alle parole: “33. All’articolo 104, sesto comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957, le parole: «dei candidati nei collegi uninominali e» sono soppresse.”;
art. 6, comma 34, limitatamente alle parole: “34. All’articolo 112, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957, le parole: «dei candidati nei collegi uninominali e» sono soppresse.”;
art. 6, comma 35, limitatamente alle parole: “35. Il decreto legislativo 20 dicembre 1993, n. 536, recante «Determinazione dei collegi uninominali della Camera dei deputati» è abrogato.”;
art. 8, comma 1, limitatamente alle parole: “1. All’articolo 2 del decreto legislativo n. 533 del 1993 sono apportate le seguenti modificazioni”;
art. 8, comma 2: “2. Alla rubrica del Titolo II del decreto legislativo n. 533 del 1993 le parole: «circoscrizionali e» sono soppresse.”;
art. 8, comma 3: “3. L’articolo 6 del decreto legislativo n. 533 del 1993 è abrogato.”;
art. 8, comma 4, limitatamente alle parole: “4. La rubrica del Titolo III del decreto legislativo n. 533 del 1993 è sostituita dalla seguente:”;
art. 8, comma 5, limitatamente alle parole: “5. All’articolo 10 del decreto legislativo n. 533 del 1993 sono apportate le seguenti modificazioni:”;
art. 8, comma 6, limitatamente alle parole: “6. All’articolo 12 del decreto legislativo n. 533 del 1993 sono apportate le seguenti modificazioni:”;
art. 8, comma 7, limitatamente alle parole: “7. All’articolo 13 del decreto legislativo n. 533 del 1993 sono apportate le seguenti modificazioni:”;
art. 8, comma 8: “8. L’articolo 15 del decreto legislativo n. 533 del 1993 è abrogato”;
art. 8, comma 9: “9. L’articolo 16 del decreto legislativo n. 533 del 1993, come sostituito dall’articolo 4, comma 7, della presente legge, è incluso nel Titolo VI e il Titolo V è conseguentemente abrogato”;
art. 8, comma 10, limitatamente alle parole: “10. All’articolo 18 del decreto legislativo n. 533 del 1993, al comma 1 è premesso il seguente:”;
art. 8, comma 11: “11. Il decreto legislativo 20 dicembre 1993, n. 535, recante «Determinazione dei collegi uninominali del Senato della Repubblica» è abrogato.”?»


A.3-Normativa di risulta a seguito dell’eventuale effetto abrogativo

LEGGE 21 dicembre 2005, n. 270
Modifiche alle norme per l´elezione della Camera dei deputati e del
Senato della Repubblica.

La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno approvato;
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Promulga
la seguente legge:


Art. 1.
(Modifiche al sistema di elezione della Camera dei deputati)
1. L´articolo 1 del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, e successive modificazioni, di seguito denominato “decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957”, e´ sostituito dal seguente:
“Art. 1.

– 1. La Camera dei deputati e´ eletta a suffragio universale, con voto diretto ed uguale, libero e segreto, attribuito a liste di candidati concorrenti.
2. Il territorio nazionale e´ diviso nelle circoscrizioni  elettorali indicate nella tabella A allegata al presente testo unico. Salvo i seggi assegnati alla circoscrizione Estero, la ripartizione dei seggi e´ effettuata in ragione proporzionale, con l´eventuale attribuzione di un premio di maggioranza, a norma degli articoli 77, 83 e 84, e si effettua in sede di Ufficio centrale nazionale”.
2. L´articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957 e´ sostituito dal seguente:
“Art. 4. – 1. Il voto e´ un dovere civico e un diritto di tutti i cittadini, il cui libero esercizio deve essere garantito e promosso dalla Repubblica. 2. Ogni elettore dispone di un voto per la scelta della lista ai fini dell´attribuzione dei seggi in ragione proporzionale, da esprimere su un´unica scheda recante il contrassegno di ciascuna lista”.
3. All´articolo 7, settimo comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957, le parole: “In caso di scioglimento anticipato della Camera dei deputati” sono sostituite dalle seguenti: “In caso di scioglimento della Camera dei deputati, che ne anticipi
la scadenza di oltre centoventi giorni”.
4. All´articolo 14 del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957, sono apportate le seguenti modificazioni: a) al primo comma, le parole: “candidature nei collegi uninominali o” e: “le candidature nei collegi uninominali o” sono soppresse; b) al terzo comma, le parole: “, sia che si riferiscano a candidature nei collegi uninominali sia che si riferiscano a liste,” sono soppresse e dopo le parole: “con quelli riproducenti simboli” sono inserite le seguenti: “, elementi e diciture, o solo alcuni di essi,”; c) al quarto comma sono aggiunte, in fine, le parole: “anche se in diversa composizione o rappresentazione grafica”.
5. Dopo l´articolo 14 del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957, e´ inserito il seguente: “Art. 14-bis. – 1. I partiti o i gruppi politici organizzati possono effettuare il collegamento in una coalizione delle liste da essi rispettivamente presentate. Le dichiarazioni di collegamento debbono essere reciproche.
2. La dichiarazione di collegamento e´ effettuata contestualmente al deposito del contrassegno di cui all´articolo 14. Le dichiarazioni di collegamento hanno effetto per tutte le liste aventi lo stesso contrassegno.
3. Contestualmente al deposito del contrassegno di cui all´articolo 14, i partiti o i gruppi politici organizzati che si candidano a governare depositano il programma elettorale nel quale dichiarano il nome e cognome della persona da loro indicata come capo della forza politica. I partiti o i gruppi politici organizzati tra loro collegati in coalizione che si candidano a governare depositano un unico programma elettorale nel quale dichiarano il nome e cognome della persona da loro indicata come unico capo della coalizione. Restano ferme le prerogative spettanti al Presidente della Repubblica previste dall´articolo 92, secondo comma, della Costituzione.
4. Gli adempimenti di cui ai commi 1, 2 e 3 sono effettuati dai soggetti di cui all´articolo 15, primo comma.
5. Entro il trentesimo giorno antecedente quello della votazione, gli Uffici centrali circoscrizionali comunicano l´elenco delle liste ammesse, con un esemplare del relativo contrassegno, all´Ufficio centrale nazionale che, accertata la regolarita´ delle dichiarazioni,
provvede, entro il ventesimo giorno precedente quello della votazione, alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dell´elenco dei collegamenti ammessi”.
6. L´articolo 18-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957 e´ sostituito dal seguente: “Art. 18-bis. – 1. La presentazione delle liste di candidati per l´attribuzione dei seggi con metodo proporzionale deve essere sottoscritta: da almeno 1.500 e da non piu´ di 2.000 elettori iscritti nelle liste elettorali di comuni compresi nelle
circoscrizioni fino a 500.000 abitanti; da almeno 2.500 e da non piu´ di 3.000 elettori iscritti nelle liste elettorali di comuni compresi nelle circoscrizioni con piu´ di 500.000 abitanti e fino a 1.000.000 di abitanti; da almeno 4.000 e da non piu´ di 4.500 elettori iscritti nelle liste elettorali di comuni compresi nelle circoscrizioni con piu´ di 1.000.000 di abitanti. In caso di scioglimento della Camera dei deputati che ne anticipi la scadenza di oltre centoventi giorni, il numero delle sottoscrizioni e´ ridotto alla meta´. Le sottoscrizioni devono essere autenticate da uno dei soggetti di cui all´articolo 14 della legge 21 marzo 1990, n. 53. La candidatura deve essere accettata con dichiarazione firmata ed autenticata da un sindaco, da un notaio o da uno dei soggetti di cui all´articolo 14 della legge 21 marzo 1990, n. 53. Per i cittadini residenti all´estero l´autenticazione della firma deve essere richiesta ad un ufficio diplomatico o consolare.
2. Nessuna sottoscrizione e´ richiesta per i partiti o gruppi politici costituiti in gruppo parlamentare in entrambe le Camere all´inizio della legislatura in corso al momento della convocazione dei comizi. Nessuna sottoscrizione e´ altresi´ richiesta per i partiti o gruppi politici che abbiano effettuato le dichiarazioni di collegamento ai sensi dell´articolo 14-bis, comma 1, con almeno due partiti o gruppi politici di cui al primo periodo e abbiano conseguito almeno un seggio in occasione delle ultime elezioni per il Parlamento europeo, con contrassegno identico a quello depositato ai sensi dell´articolo 14. In tali casi, la presentazione della lista deve essere sottoscritta dal presidente o dal segretario del partito o gruppo politico ovvero da uno dei rappresentanti di cui all´articolo 17, primo comma. Il Ministero dell´interno provvede a comunicare a ciascun Ufficio elettorale circoscrizionale che la designazione dei rappresentanti comprende anche il mandato di sottoscrivere la dichiarazione di presentazione delle liste. La firma del sottoscrittore deve essere autenticata da un notaio o da un cancelliere di tribunale. Nessuna sottoscrizione e´ altresi´ richiesta per i partiti o gruppi politici rappresentativi di minoranze linguistiche che abbiano conseguito almeno un seggio in occasione delle ultime elezioni per la Camera dei deputati o per il Senato della Repubblica.
3. Ogni lista, all´atto della presentazione, e´ composta da un elenco di candidati, presentati secondo un determinato ordine. La lista e´ formata complessivamente da un numero di candidati non inferiore a un terzo e non superiore ai seggi assegnati alla circoscrizione”.
7. All´articolo 19, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957, il secondo periodo e´ sostituito dal seguente: “A pena di nullita´ dell´elezione, nessun candidato puo´ accettare la candidatura contestuale alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica”.
8. L´articolo 31 del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957 e´ sostituito dal seguente: “Art. 31. – 1. Le schede sono di carta consistente, sono fornite a cura del Ministero dell´interno con le caratteristiche essenziali del modello descritto nelle tabelle A-bis e A-ter allegate al presente testo unico e riproducono in fac-simile i contrassegni di tutte le liste regolarmente presentate nella circoscrizione, secondo le disposizioni di cui all´articolo 24. 2. Sulle schede i contrassegni delle liste collegate appartenenti alla stessa coalizione sono riprodotti di seguito, in linea verticale, uno sotto l´altro, su un´unica colonna. L´ordine delle coalizioni e delle singole liste non collegate, nonche´ l´ordine dei contrassegni delle liste di ciascuna coalizione sono stabiliti con sorteggio secondo le disposizioni di cui all´articolo 24. I contrassegni devono essere riprodotti sulle schede con il diametro di centimetri tre”.
9. Al decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957, dopo la tabella A, sono inserite le tabelle A-bis e A-ter di cui all´allegato 1 alla presente legge.
10. All´articolo 58 del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957 sono apportate le seguenti modificazioni: a) il primo comma e´ sostituito dal seguente: “Riconosciuta l´identita´ personale dell´elettore, il presidente estrae dalla cassetta o scatola una scheda e la consegna all´elettore opportunamente piegata insieme alla matita copiativa”; b) al secondo comma, il primo periodo e´ sostituito dal seguente: “L´elettore, senza che sia avvicinato da alcuno, esprime il voto tracciando, con la matita, sulla scheda un solo segno, comunque apposto, nel rettangolo contenente il contrassegno della lista prescelta”; al terzo periodo, le parole: “le schede secondo le linee in esse tracciate e chiuderle” sono sostituite dalle seguenti: “la scheda secondo le linee in essa tracciate e chiuderla”; c) il sesto comma e´ abrogato.
11. L´articolo 77 del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957 e´ sostituito dal seguente: “Art. 77. – 1. L´Ufficio centrale circoscrizionale, compiute le operazioni di cui all´articolo 76, facendosi assistere, ove lo ritenga opportuno, da uno o piu´ esperti scelti dal presidente: 1) determina la cifra elettorale circoscrizionale di ogni lista. Tale cifra e´ data dalla somma dei voti conseguiti dalla lista stessa nelle singole sezioni elettorali della circoscrizione; 2) comunica all´Ufficio centrale nazionale, a mezzo di estratto del verbale, la cifra elettorale circoscrizionale di ciascuna lista nonche´, ai fini di cui all´articolo 83, comma 1, numero 3), il totale dei voti validi della circoscrizione”.
12. L´articolo 83 del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957 e´ sostituito dal seguente: “Art. 83. – 1. L´Ufficio centrale nazionale, ricevuti gli estratti dei verbali da tutti gli Uffici centrali circoscrizionali, facendosi assistere, ove lo ritenga opportuno, da uno o piu´ esperti scelti dal presidente: 1) determina la cifra elettorale nazionale di ciascuna lista. Tale cifra e´ data dalla somma delle cifre elettorali circoscrizionali conseguite nelle singole circoscrizioni dalle liste aventi il medesimo contrassegno; 2) determina poi la cifra elettorale nazionale di ciascuna coalizione di liste collegate, data dalla somma delle cifre
elettorali nazionali di tutte le liste che compongono la coalizione stessa, nonche´ la cifra elettorale nazionale delle liste non collegate ed individua quindi la coalizione di liste o la lista non collegata che ha ottenuto il maggior numero di voti validi espressi; 3) individua quindi:
a) le coalizioni di liste che abbiano conseguito sul piano nazionale almeno il 10 per cento dei voti validi espressi e che contengano almeno una lista collegata che abbia conseguito sul piano nazionale almeno il 2 per cento dei voti validi espressi ovvero una lista collegata rappresentativa di minoranze linguistiche riconosciute, presentata esclusivamente in una delle circoscrizioni comprese in regioni il cui statuto speciale prevede una particolare tutela di tali minoranze linguistiche, che abbia conseguito almeno il 20 per cento dei voti validi espressi nella circoscrizione; b) le singole liste non collegate che abbiano conseguito sul piano nazionale almeno il 4 per cento dei voti validi espressi e le singole liste non collegate rappresentative di minoranze linguistiche riconosciute, presentate esclusivamente in una delle circoscrizioni comprese in regioni il cui statuto speciale prevede una particolare tutela di tali minoranze linguistiche, che abbiano conseguito almeno il 20 per cento dei voti validi espressi nella circoscrizione, nonche´ le liste delle coalizioni che non hanno superato la percentuale di cui alla lettera a) ma che abbiano conseguito sul piano nazionale almeno il 4 per cento dei voti validi espressi ovvero che siano rappresentative di minoranze linguistiche riconosciute, presentate esclusivamente in una delle circoscrizioni comprese in regioni il cui statuto speciale prevede una particolare tutela di tali minoranze linguistiche, che abbiano conseguito almeno il 20 per cento dei voti validi espressi nella circoscrizione;
4) tra le coalizioni di liste di cui al numero 3), lettera a), e le liste di cui al numero 3), lettera b), procede al riparto dei seggi in base alla cifra elettorale nazionale di ciascuna di esse. A
tale fine divide il totale delle cifre elettorali nazionali di ciascuna coalizione di liste o singola lista di cui al numero 3) per il numero dei seggi da attribuire, ottenendo cosi´ il quoziente
elettorale nazionale. Nell´effettuare tale divisione non tiene conto dell´eventuale parte frazionaria del quoziente. Divide poi la cifra elettorale nazionale di ciascuna coalizione di liste o singola lista per tale quoziente. La parte intera del quoziente cosi´ ottenuta rappresenta il numero dei seggi da assegnare a ciascuna coalizione di liste o singola lista. I seggi che rimangono ancora da attribuire sono rispettivamente assegnati alle coalizioni di liste o singole liste per le quali queste ultime divisioni hanno dato i maggiori resti e, in caso di parita´ di resti, a quelle che abbiano conseguito la maggiore cifra elettorale nazionale; a parita´ di quest´ultima si procede a sorteggio;
5) verifica poi se la coalizione di liste o la singola lista che ha ottenuto il maggior numero di voti validi espressi abbia conseguito almeno 340 seggi;
6) individua quindi, nell´ambito di ciascuna coalizione di liste collegate di cui al numero 3), lettera a), le liste che abbiano conseguito sul piano nazionale almeno il 2 per cento dei voti validi espressi e le liste rappresentative di minoranze linguistiche riconosciute, presentate esclusivamente in una delle circoscrizioni comprese in regioni il cui statuto speciale prevede una particolare tutela di tali minoranze linguistiche, che abbiano conseguito almeno il 20 per cento dei voti validi espressi nella circoscrizione, nonche´ la lista che abbia ottenuto la maggiore cifra elettorale nazionale tra quelle che non hanno conseguito sul piano nazionale
almeno il 2 per cento dei voti validi espressi;
7) qualora la verifica di cui al numero 5) abbia dato esito positivo, procede, per ciascuna coalizione di liste, al riparto dei seggi in base alla cifra elettorale nazionale di ciascuna lista di cui al numero 6). A tale fine, per ciascuna coalizione di liste, divide la somma delle cifre elettorali nazionali delle liste ammesse al riparto di cui al numero 6) per il numero di seggi gia´ individuato ai sensi del numero 4). Nell´effettuare tale divisione non tiene conto dell´eventuale parte frazionaria del quoziente cosi´ ottenuto. Divide poi la cifra elettorale nazionale di ciascuna lista ammessa al riparto per tale quoziente. La parte intera del quoziente cosi´ ottenuta rappresenta il numero dei seggi da assegnare a ciascuna lista. I seggi che rimangono ancora da attribuire sono rispettivamente assegnati alle liste per le quali queste ultime divisioni hanno dato i maggiori resti e, in caso di parita´ di resti, alle liste che abbiano conseguito la maggiore cifra elettorale nazionale; a parita´ di quest´ultima si procede a sorteggio. A ciascuna lista di cui al numero 3), lettera b), sono attribuiti i seggi gia´ determinati ai sensi del numero 4);
8) salvo quanto disposto dal comma 2, procede quindi alla distribuzione nelle singole circoscrizioni dei seggi assegnati alle varie coalizioni di liste o singole liste di cui al numero 3). A tale fine, per ciascuna coalizione di liste, divide il totale delle cifre elettorali circoscrizionali di tutte le liste che la compongono per il quoziente elettorale nazionale di cui al numero 4), ottenendo cosi´ l´indice relativo ai seggi da attribuire nella circoscrizione
alle liste della coalizione medesima. Analogamente, per ciascuna lista di cui al numero 3), lettera b), divide la cifra elettorale circoscrizionale per il quoziente elettorale nazionale, ottenendo cosi´ l´indice relativo ai seggi da attribuire nella circoscrizione alla lista medesima. Quindi, moltiplica ciascuno degli indici suddetti per il numero dei seggi assegnati alla circoscrizione e divide il prodotto per la somma di tutti gli indici. La parte intera dei quozienti di attribuzione cosi´ ottenuti rappresenta il numero dei seggi da attribuire nella circoscrizione a ciascuna coalizione di liste o lista di cui al numero 3). I seggi che rimangono ancora da attribuire sono rispettivamente assegnati alle coalizioni di liste o singole liste per le quali le parti decimali dei quozienti di attribuzione siano maggiori e, in caso di parita´, alle coalizioni di liste o singole liste che abbiano conseguito la maggiore cifra elettorale circoscrizionale; a parita´ di quest´ultima si procede a sorteggio. Successivamente l´Ufficio accerta se il numero dei seggi assegnati in tutte le circoscrizioni a ciascuna coalizione di liste o singola lista corrisponda al numero dei seggi determinato ai sensi del numero 4). In caso negativo, procede alle seguenti operazioni, iniziando dalla coalizione di liste o singola lista che abbia il maggior numero di seggi eccedenti, e in caso di parita´ di seggi eccedenti da parte di piu´ coalizioni o singole liste, da quella che abbia ottenuto la maggiore cifra elettorale nazionale, proseguendo poi con le altre coalizioni di liste o liste singole, in ordine decrescente di seggi eccedenti: sottrae i seggi eccedenti alla
coalizione di liste o singola lista in quelle circoscrizioni nelle quali essa li ha ottenuti con le parti decimali dei quozienti di attribuzione, secondo il loro ordine crescente e nelle quali inoltre le coalizioni di liste o singole liste, che non abbiano ottenuto il numero di seggi spettanti, abbiano parti decimali dei quozienti non utilizzate. Conseguentemente, assegna i seggi a tali coalizioni di liste o singole liste. Qualora nella medesima circoscrizione due o
piu´ coalizioni di liste o singole liste abbiano le parti decimali dei quozienti non utilizzate, il seggio e´ attribuito alla coalizione di liste o alla singola lista con la piu´ alta parte decimale del quoziente non utilizzata. Nel caso in cui non sia possibile fare riferimento alla medesima circoscrizione ai fini del completamento delle operazioni precedenti, fino a concorrenza dei seggi ancora da cedere, alla coalizione di liste o lista singola eccedentaria vengono sottratti i seggi in quelle circoscrizioni nelle quali li ha ottenuti con le minori parti decimali del quoziente di attribuzione e alla coalizione di liste o lista singola deficitaria sono conseguentemente attribuiti seggi in quelle altre circoscrizioni nelle quali abbiano le maggiori parti decimali del quoziente di attribuzione non utilizzate;
9) salvo quanto disposto dal comma 2, l´Ufficio procede quindi all´attribuzione nelle singole circoscrizioni dei seggi spettanti alle liste di ciascuna coalizione. A tale fine, determina il quoziente circoscrizionale di ciascuna coalizione di liste dividendo il totale delle cifre elettorali circoscrizionali delle liste di cui al numero 6) per il numero di seggi assegnati alla coalizione nella circoscrizione ai sensi del numero 8). Nell´effettuare tale divisione non tiene conto dell´eventuale parte frazionaria del quoziente. Divide quindi la cifra elettorale circoscrizionale di ciascuna lista della coalizione per tale quoziente circoscrizionale. La parte intera del quoziente cosi´ ottenuta rappresenta il numero dei seggi da assegnare a ciascuna lista. I seggi che rimangono ancora da attribuire sono assegnati alle liste seguendo la graduatoria decrescente delle parti decimali dei quozienti cosi´ ottenuti; in caso di parita´, sono attribuiti alle liste con la maggiore cifra elettorale circoscrizionale; a parita´ di quest´ultima, si procede a sorteggio. Successivamente l´Ufficio accerta se il numero dei seggi assegnati in tutte le circoscrizioni a ciascuna lista corrisponda al numero dei seggi ad essa attribuito ai sensi del numero 7). In caso negativo, procede alle seguenti operazioni, iniziando dalla lista che abbia il maggior numero di seggi eccedenti, e, in caso di parita´ di
seggi eccedenti da parte di piu´ liste, da quella che abbia ottenuto la maggiore cifra elettorale nazionale, proseguendo poi con le altre liste, in ordine decrescente di seggi eccedenti: sottrae i seggi eccedenti alla lista in quelle circoscrizioni nelle quali essa li ha ottenuti con le parti decimali dei quozienti, secondo il loro ordine crescente e nelle quali inoltre le liste, che non abbiano ottenuto il numero di seggi spettanti, abbiano parti decimali dei quozienti non utilizzate. Conseguentemente, assegna i seggi a tali liste. Qualora nella medesima circoscrizione due o piu´ liste abbiano le parti decimali dei quozienti non utilizzate, il seggio e´ attribuito alla lista con la piu´ alta parte decimale del quoziente non utilizzata. Nel caso in cui non sia possibile fare riferimento alla medesima circoscrizione ai fini del completamento delle operazioni precedenti, fino a concorrenza dei seggi ancora da cedere, alla lista eccedentaria vengono sottratti i seggi in quelle circoscrizioni nelle quali li ha ottenuti con le minori parti decimali del quoziente di attribuzione e alle liste deficitarie sono conseguentemente attribuiti seggi in quelle altre circoscrizioni nelle quali abbiano
le maggiori parti decimali del quoziente di attribuzione non utilizzate.
2. Qualora la coalizione di liste o la singola lista che ha ottenuto il maggior numero di voti validi espressi ai sensi del comma 1 non abbia gia´ conseguito almeno 340 seggi, ad essa viene ulteriormente attribuito il numero di seggi necessario per raggiungere tale consistenza. In tale caso l´Ufficio assegna 340 seggi alla suddetta coalizione di liste o singola lista. Divide quindi il totale delle cifre elettorali nazionali di tutte le liste della coalizione o della singola lista per 340, ottenendo cosi´ il quoziente elettorale nazionale di maggioranza.
3. L´Ufficio procede poi a ripartire proporzionalmente i restanti 277 seggi tra le altre coalizioni di liste e liste di cui al comma 1, numero 3). A tale fine divide il totale delle loro cifre elettorali nazionali per 277, ottenendo il quoziente elettorale nazionale di minoranza. Nell´effettuare tale divisione non tiene conto dell´eventuale parte frazionaria del quoziente. Divide poi la cifra elettorale di ciascuna coalizione di liste o singola lista per tale quoziente. La parte intera del quoziente cosi´ ottenuta rappresenta il numero di seggi da assegnare a ciascuna coalizione di liste o singola lista. I seggi che rimangono ancora da attribuire sono
rispettivamente assegnati alle coalizioni di liste o singole liste per le quali queste ultime divisioni hanno dato i maggiori resti e, in caso di parita´ di resti, a quelle che abbiano conseguito la maggiore cifra elettorale nazionale; a parita´ di quest´ultima si procede a sorteggio.
4. L´Ufficio procede poi, per ciascuna coalizione di liste, al riparto dei seggi ad essa spettanti tra le relative liste ammesse al riparto. A tale fine procede ai sensi del comma 1, numero 7), periodi secondo, terzo, quarto, quinto, sesto e settimo.
5. Ai fini della distribuzione nelle singole circoscrizioni dei seggi assegnati alle liste ammesse al riparto ai sensi del comma 1, numero 6), l´Ufficio procede infine ai sensi del comma 1, numeri 8) e 9). A tale fine, in luogo del quoziente elettorale nazionale, utilizza il quoziente elettorale nazionale di maggioranza per la coalizione di liste o singola lista che ha ottenuto il maggior numero di voti validi e il quoziente elettorale nazionale di minoranza per le altre coalizioni di liste o singole liste.
6. L´Ufficio centrale nazionale provvede a comunicare ai singoli Uffici centrali circoscrizionali il numero dei seggi assegnati a ciascuna lista.
7. Di tutte le operazioni dell´Ufficio centrale nazionale viene redatto, in duplice esemplare, apposito verbale: un esemplare e´ rimesso alla Segreteria generale della Camera dei deputati la quale ne rilascia ricevuta, un altro esemplare e´ depositato presso la cancelleria della Corte di cassazione”.
13. L´articolo 84 del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957 e´ sostituito dal seguente: “Art. 84. – 1. Il presidente dell´Ufficio centrale circoscrizionale, ricevute da parte dell´Ufficio centrale nazionale le comunicazioni di cui all´articolo 83, comma 6, proclama eletti, nei limiti dei seggi ai quali ciascuna lista ha diritto, i candidati compresi nella lista medesima, secondo l´ordine di presentazione. 2. Qualora una lista abbia esaurito il numero dei candidati presentati in una circoscrizione e non sia quindi possibile attribuire tutti i seggi ad essa spettanti in quella medesima circoscrizione, l´Ufficio centrale nazionale assegna i seggi alla lista nelle altre circoscrizioni in cui la stessa lista abbia la maggiore parte decimale del quoziente non utilizzata, procedendo secondo un ordine decrescente. Qualora al termine di detta operazione residuino ancora seggi da assegnare alla lista, questi le sono
attribuiti nelle altre circoscrizioni in cui la stessa lista abbia la maggiore parte decimale del quoziente gia´ utilizzata, procedendo secondo un ordine decrescente.
3. Qualora al termine delle operazioni di cui al comma 2, residuino ancora seggi da assegnare alla lista in una circoscrizione, questi sono attribuiti, nell´ambito della circoscrizione originaria, alla lista facente parte della medesima coalizione della lista deficitaria che abbia la maggiore parte decimale del quoziente non utilizzata, procedendo secondo un ordine decrescente. Qualora al termine di detta operazione residuino ancora seggi da assegnare alla lista, questi sono attribuiti, nelle altre circoscrizioni, alla lista facente parte della medesima coalizione della lista deficitaria che abbia la maggiore parte decimale del quoziente gia´ utilizzata, procedendo secondo un ordine decrescente.
4. Se nell´effettuare le operazioni di cui ai commi 2 e 3 due o piu´ liste abbiano una uguale parte decimale del quoziente, si procede mediante sorteggio.
5. L´Ufficio centrale nazionale comunica gli esiti delle operazioni effettuate ai sensi dei commi 2 e 3 agli Uffici elettorali circoscrizionali ai fini delle relative proclamazioni.
6. Dell´avvenuta proclamazione il presidente dell´Ufficio centrale circoscrizionale invia attestato ai deputati proclamati e ne da´ immediata notizia alla Segreteria generale della Camera dei deputati nonche´ alle singole prefetture – uffici territoriali del Governo,
che la portano a conoscenza del pubblico”. 14. L´articolo 86 del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957 e´ sostituito dal seguente: “Art. 86. – 1. Il seggio che rimanga vacante per qualsiasi causa, anche sopravvenuta, e´ attribuito, nell´ambito della medesima circoscrizione, al candidato che nella lista segue immediatamente l´ultimo degli eletti nell´ordine progressivo di lista.
2. Nel caso in cui una lista abbia gia´ esaurito i propri candidati si procede con le modalita´ di cui all´articolo 84, commi 2, 3 e 4.
3. Nel caso in cui rimanga vacante il seggio della circoscrizione Valle d´Aosta si procede ad elezioni suppletive.
4. Alle elezioni suppletive si procede ai sensi dei commi da 1 a 6 dell´articolo 21-ter del testo unico delle leggi recanti norme per l´elezione del Senato della Repubblica, di cui al decreto legislativo 20 dicembre 1993, n. 533, in quanto applicabili”.

Art. 2.
(Presentazione delle liste)
1. Le disposizioni di cui all´articolo 18-bis, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957, come sostituito dall´articolo 1, comma 6, della presente legge, si applicano anche con riferimento alla presentazione delle liste di cui all´articolo 8 della legge 27 dicembre 2001, n. 459.

Art. 3.
(Disposizioni transitorie)
1. Con riferimento alle prime elezioni politiche successive alla data di entrata in vigore della presente legge, in caso di scioglimento anticipato della Camera dei deputati che ne anticipi la scadenza di non piu´ di centoventi giorni, le cause di ineleggibilita´ di cui all´articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957, come modificato dall´articolo 1, comma 3, della presente legge, non hanno effetto se le funzioni esercitate siano cessate entro i sette giorni successivi alla data di entrata in vigore della presente legge.

Art. 4.
(Modifiche al sistema di elezione del Senato della Repubblica)
1. L´articolo 1 del testo unico delle leggi recanti norme per l´elezione del Senato della Repubblica, di cui al decreto legislativo 20 dicembre 1993, n. 533, e successive modificazioni, di seguito denominato “decreto legislativo n. 533 del 1993”, e´ sostituito dal
seguente: “Art. 1. – 1. Il Senato della Repubblica e´ eletto su base regionale. Salvo i seggi assegnati alla circoscrizione Estero, i seggi sono ripartiti tra le regioni a norma dell´articolo 57 della Costituzione sulla base dei risultati dell´ultimo censimento generale della popolazione, riportati dalla piu´ recente pubblicazione ufficiale dell´Istituto nazionale di statistica, con decreto del Presidente della Repubblica, da emanare, su proposta del Ministro dell´interno, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, contemporaneamente al decreto di convocazione dei comizi.
2. L´assegnazione dei seggi tra le liste concorrenti e´ effettuata in ragione proporzionale, con l´eventuale attribuzione del premio di coalizione regionale.
3. La regione Valle d´Aosta e´ costituita in unico collegio uninominale.
4. La regione Trentino-Alto Adige e´ costituita in sei collegi uninominali definiti ai sensi della legge 30 dicembre 1991, n. 422. La restante quota di seggi spettanti alla regione e´ attribuita con metodo del recupero proporzionale”.
2. L´articolo 8 del decreto legislativo n. 533 del 1993 e´ sostituito dal seguente: “Art. 8. – 1. I partiti o gruppi politici organizzati che intendono presentare candidature per l´elezione del Senato della Repubblica debbono depositare presso il Ministero dell´interno il contrassegno con il quale dichiarano di volere distinguere le candidature medesime, con l´osservanza delle norme di cui agli articoli 14, 14-bis, 15, 16 e 17 del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, e successive modificazioni”.
3. L´articolo 9 del decreto legislativo n. 533 del 1993 e´ sostituito dal seguente: “Art. 9. – 1. La dichiarazione di presentazione delle liste dei candidati deve contenere l´indicazione dei nominativi di due delegati effettivi e di due supplenti.
2. La dichiarazione di cui al comma 1 deve essere sottoscritta: a) da almeno 1.000 e da non piu´ di 1.500 elettori iscritti nelle liste elettorali di comuni compresi nelle regioni fino a 500.000 abitanti; b) da almeno 1.750 e da non piu´ di 2.500 elettori iscritti nelle liste elettorali di comuni compresi nelle regioni con piu´ di 500.000 abitanti e fino a 1.000.000 di abitanti; c) da almeno 3.500 e da non piu´ di 5.000 elettori iscritti nelle liste elettorali di comuni compresi nelle regioni con piu´ di 1.000.000 di abitanti. In caso di scioglimento del Senato della Repubblica che ne anticipi la scadenza di oltre centoventi giorni, il numero delle sottoscrizioni di cui alle lettere a), b) e c) e´ ridotto alla meta´.
3. Nessuna sottoscrizione e´ richiesta per i partiti o gruppi politici costituiti in gruppo parlamentare in entrambe le Camere all´inizio della legislatura in corso al momento della convocazione dei comizi. Nessuna sottoscrizione e´ altresi´ richiesta per i partiti o gruppi politici che abbiano effettuato le dichiarazioni di collegamento ai sensi dell´articolo 14-bis, comma 1, del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, conalmeno due partiti o gruppi politici di cui al primo periodo del presente comma e abbiano conseguito almeno un seggio in occasione delle ultime elezioni per il Parlamento europeo, con contrassegno identico a quello depositato ai sensi dell´articolo 14 del citato
testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957. In tali casi, la presentazione della lista deve essere sottoscritta dal presidente o dal segretario del partito o gruppo politico ovvero da uno dei rappresentanti di cui all´articolo 17, primo comma, del medesimo testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957. Il Ministero dell´interno provvede a comunicare a ciascun ufficio elettorale regionale che la designazione dei rappresentanti comprende anche il mandato di sottoscrivere la dichiarazione di presentazione delle liste. La firma del sottoscrittore deve essere autenticata da un notaio o da un cancelliere di tribunale. Nessuna sottoscrizione e´ altresi´ richiesta per i partiti o gruppi politici rappresentativi di minoranze linguistiche che abbiano conseguito almeno un seggio in occasione delle ultime elezioni per la Camera dei deputati o per il
Senato della Repubblica.
4. Ogni lista, all´atto della presentazione, e´ composta da un elenco di candidati, presentati secondo un determinato ordine. La lista e´ formata complessivamente da un numero di candidati non inferiore a un terzo e non superiore ai seggi assegnati alla circoscrizione.
5. Le liste dei candidati e la relativa documentazione sono presentate per ciascuna regione alla cancelleria della corte d´appello o del tribunale sede dell´ufficio elettorale regionale, con l´osservanza delle norme di cui agli articoli 18-bis, 19, 20 e 21 del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361″.
4. All´articolo 11 del decreto legislativo n. 533 del 1993 sono apportate le seguenti modificazioni: a) i commi 1 e 2 sono sostituiti dal seguente: “1. L´ufficio elettorale regionale, appena scaduto il termine stabilito per la presentazione dei ricorsi o, nel caso in cui sia
stato presentato ricorso, appena ricevuta la comunicazione della decisione dell´Ufficio centrale nazionale, compie le seguenti operazioni: a) stabilisce mediante sorteggio, da effettuare alla presenza dei delegati di lista, il numero d´ordine da assegnare alle coalizioni e
alle liste non collegate e ai relativi contrassegni di lista, nonche´, per ciascuna coalizione, l´ordine dei contrassegni delle liste della coalizione. I contrassegni di ciascuna lista sono
riportati sulle schede di votazione e sui manifesti secondo l´ordine progressivo risultato dal suddetto sorteggio; b) comunica ai delegati le definitive decisioni adottate; c) procede, per mezzo delle prefetture – uffici territoriali del Governo: 1) alla stampa delle schede di votazione, recanti i contrassegni delle liste, i quali devono essere riprodotti sulle schede medesime con i colori depositati presso il Ministero dell´interno ai sensi dell´articolo 8; 2)alla stampa del manifesto con le liste dei candidati, con i relativi contrassegni e numero d´ordine, e all´invio del manifesto ai sindaci dei comuni della circoscrizione, i quali ne curano l´affissione nell´albo pretorio e in altri luoghi pubblici entro il quindicesimo giorno antecedente quello della votazione”; b) il comma 3 e´ sostituito dal seguente: “3. Le schede sono di carta consistente, sono fornite a cura del Ministero dell´interno, hanno le caratteristiche essenziali del modello descritto nelle tabelle A e B allegate al presente testo
unico e riproducono in fac-simile i contrassegni di tutte le liste regolarmente presentate nella circoscrizione. Sulle schede i contrassegni delle liste collegate appartenenti alla stessa coalizione sono riprodotti di seguito, in linea verticale, uno sotto l´altro, su un´unica colonna. L´ordine delle coalizioni e delle singole liste non collegate, nonche´ l´ordine dei contrassegni delle liste di ciascuna coalizione sono stabiliti con sorteggio secondo le disposizioni di cui al comma 1, lettera a). I contrassegni devono essere riprodotti sulle schede con il diametro di centimetri tre”.
5. Le tabelle A e B allegate al decreto legislativo n. 533 del 1993 sono sostituite dalle tabelle A e B di cui all´allegato 2 alla presente legge.
6. L´articolo 14 del decreto legislativo n. 533 del 1993 e´ sostituito dal seguente: “Art. 14. – 1. Il voto si esprime tracciando, con la matita, sulla scheda un solo segno, comunque apposto, nel rettangolo contenente il contrassegno della lista prescelta”.
7. L´articolo 16 del decreto legislativo n. 533 del 1993 e´ sostituito dal seguente: “Art. 16 – 1. L´ufficio elettorale regionale, compiute le operazioni di cui all´articolo 76 del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto
del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361: a) determina la cifra elettorale circoscrizionale di ogni lista. Tale cifra e´ data dalla somma dei voti conseguiti dalla lista stessa nelle singole sezioni elettorali della circoscrizione. Determina inoltre la cifra elettorale circoscrizionale di ciascuna coalizione di liste, data dalla somma delle cifre elettorali circoscrizionali di tutte le liste che la compongono; b) individua quindi: 1) le coalizioni di liste che abbiano conseguito sul piano regionale almeno il 20 per cento dei voti validi espressi e che contengano almeno una lista collegata che abbia conseguito sul piano regionale almeno il 3 per cento dei voti validi espressi; 2) le singole liste non collegate che abbiano conseguito sul piano regionale almeno l´8 per cento dei voti validi espressi nonche´
le liste che, pur appartenendo a coalizioni che non hanno superato la percentuale di cui al numero 1), abbiano conseguito sul piano regionale almeno l´8 per cento dei voti validi espressi”. 8. L´articolo 17 del decreto legislativo n. 533 del 1993 e´
sostituito dal seguente: “Art. 17. – 1. L´ufficio elettorale regionale procede ad una prima
attribuzione provvisoria dei seggi tra le coalizioni di liste e le liste di cui all´articolo 16, comma 1, lettera b), in base alla cifra elettorale circoscrizionale di ciascuna di esse. A tale fine divide il totale delle cifre elettorali circoscrizionali di ciascuna coalizione di liste o singola lista di cui all´articolo 16, comma 1, lettera b), per il numero dei seggi da attribuire nella regione, ottenendo cosi´ il quoziente elettorale circoscrizionale. Nell´effettuare tale divisione non tiene conto dell´eventuale parte frazionaria del quoziente. Divide poi la cifra elettorale circoscrizionale di ciascuna coalizione di liste o singola lista per il quoziente elettorale circoscrizionale. La parte intera del quoziente cosi´ ottenuto rappresenta il numero dei seggi da assegnare a ciascuna coalizione di liste o singola lista. I seggi che rimangono ancora da attribuire sono rispettivamente assegnati alle coalizioni di liste o singole liste per le quali queste ultime divisioni hanno dato i maggiori resti e, in caso di parita´ di resti, a quelle che abbiano conseguito la maggiore cifra elettorale circoscrizionale; a parita´ di quest´ultima si procede a sorteggio.
2. L´ufficio elettorale regionale verifica quindi se la coalizione di liste o la singola lista che ha ottenuto il maggior numero di voti validi espressi nell´ambito della circoscrizione abbia conseguito almeno il 55 per cento dei seggi assegnati alla regione, con arrotondamento all´unita´ superiore.
3. Nel caso in cui la verifica di cui al comma 2 abbia dato esito positivo, l´ufficio elettorale regionale individua, nell´ambito di ciascuna coalizione di liste collegate di cui all´articolo 16, comma 1, lettera b), numero 1), le liste che abbiano conseguito sul piano circoscrizionale almeno il 3 per cento dei voti validi espressi. Procede quindi, per ciascuna coalizione di liste, al riparto, tra le liste ammesse, dei seggi determinati ai sensi del comma 1. A tale fine, per ciascuna coalizione di liste, divide la somma delle cifre elettorali circoscrizionali delle liste ammesse al riparto per il numero di seggi gia´ individuato ai sensi del comma 1, ottenendo cosi´ il relativo quoziente elettorale di coalizione. Nell´effettuare tale divisione non tiene conto dell´eventuale parte frazionaria del quoziente. Divide poi la cifra elettorale circoscrizionale di ciascuna lista ammessa al riparto per il quoziente elettorale di coalizione. La parte intera del quoziente cosi´ ottenuta rappresenta il numero dei seggi da assegnare a ciascuna lista. I seggi che rimangono ancora da attribuire sono rispettivamente assegnati alle liste per le quali queste ultime divisioni hanno dato i maggiori resti e, in caso di parita´ di resti, alle liste che abbiano conseguito la maggiore cifra elettorale circoscrizionale; a parita´ di quest´ultima si procede a sorteggio. A ciascuna lista di cui all´articolo 16, comma 1, lettera b), numero 2), sono attribuiti i seggi gia´ determinati ai sensi del comma 1. 4. Nel caso in cui la verifica di cui al comma 2 abbia dato esito negativo, l´ufficio elettorale regionale assegna alla coalizione di liste o alla singola lista che abbia ottenuto il maggior numero di voti un numero di seggi ulteriore necessario per raggiungere il 55 per cento dei seggi assegnati alla regione, con arrotondamento all´unita´ superiore.
5. I restanti seggi sono ripartiti tra le altre coalizioni di liste o singole liste. A tale fine, l´ufficio elettorale regionale divide il totale delle cifre elettorali di tali coalizioni di liste o
singole liste per il numero dei seggi restanti. Nell´effettuare tale divisione non tiene conto dell´eventuale parte frazionaria del quoziente cosi´ ottenuto. Divide poi la cifra elettorale di ciascuna coalizione di liste o singola lista per tale quoziente. La parte intera del risultato cosi´ ottenuto rappresenta il numero dei seggi da assegnare a ciascuna coalizione di liste o lista singola. I seggi che rimangono ancora da attribuire sono rispettivamente assegnati
alle coalizioni di liste e alle singole liste per le quali queste ultime divisioni abbiano dato i maggiori resti e, in caso di parita´ di resti, a quelle che abbiano conseguito la maggiore cifra
elettorale circoscrizionale.
6. Per ciascuna coalizione l´ufficio procede al riparto dei seggi ad essa spettanti ai sensi dei commi 4 e 5. A tale fine, per ciascuna coalizione di liste, divide il totale delle cifre elettorali
circoscrizionali delle liste ammesse al riparto ai sensi dell´articolo 16, comma 1, lettera b), numero 1), per il numero dei seggi ad essa spettanti. Nell´effettuare tale divisione non tiene
conto dell´eventuale parte frazionaria del quoziente cosi´ ottenuto. Divide poi la cifra elettorale circoscrizionale di ciascuna lista per quest´ultimo quoziente. La parte intera del risultato cosi´ ottenuto rappresenta il numero dei seggi da attribuire a ciascuna lista. I
seggi che rimangono ancora da attribuire sono rispettivamente assegnati alla lista per la quale queste ultime divisioni abbiano dato i maggiori resti e, in caso di parita´ di resti, a quelle che abbiano conseguito la maggiore cifra elettorale circoscrizionale.
7. Il presidente dell´ufficio elettorale regionale proclama eletti, nei limiti dei seggi ai quali ciascuna lista ha diritto, i candidati compresi nella lista medesima, secondo l´ordine di presentazione.
8. Qualora una lista abbia esaurito il numero dei candidati presentati nella circoscrizione regionale e non sia quindi possibile attribuire tutti i seggi ad essa spettanti, l´ufficio elettorale
regionale assegna i seggi alla lista facente parte della medesima coalizione della lista deficitaria che abbia la maggiore parte decimale del quoziente non utilizzata, procedendo secondo un ordine decrescente. Qualora due o piu´ liste abbiano una uguale parte decimale del quoziente, si procede mediante sorteggio”.
9. Dopo l´articolo 17 del decreto legislativo n. 533 del 1993 e´ inserito il seguente: “Art. 17-bis. – 1. Per l´attribuzione dei seggi spettanti alla regione Molise l´ufficio elettorale regionale procede ai sensi dell´articolo 17, commi 1 e 3. Non si applicano le disposizioni di
cui all´articolo 17, commi 2, 4, 5 e 6″.
10. L´articolo 19 del decreto legislativo n. 533 del 1993 e´ sostituito dal seguente: “Art. 19. – 1. Il seggio che rimanga vacante per qualsiasi causa, anche sopravvenuta, e´ attribuito, nell´ambito della medesima circoscrizione, al candidato che nella lista segue immediatamente l´ultimo degli eletti nell´ordine progressivo di lista. 2. Qualora la lista abbia esaurito il numero dei candidati presentati in una circoscrizione e non sia quindi possibile
attribuirle il seggio rimasto vacante, questo e´ attribuito, nell´ambito della stessa circoscrizione, ai sensi dell´articolo 17, comma 8″.

Art. 5.
(Disposizioni speciali per le regioni  Valle d´Aosta e Trentino-Alto Adige)                                                                                                                                  1. Il Titolo VII del decreto legislativo 20 dicembre 1993, n. 533, e´ sostituito dal seguente:
“TITOLO VII – DISPOSIZIONI SPECIALI PER LE REGIONI VALLE D´AOSTA E
TRENTINO-ALTO ADIGE.
“Art. 20. – 1. L´elezione uninominale nel collegio della Valle d´Aosta e nei collegi uninominali della regione Trentino-Alto Adige e´ regolata dalle disposizioni dei precedenti articoli, in quanto applicabili, e dalle norme seguenti: a) nella regione Valle d´Aosta la candidatura deve essere proposta con dichiarazione sottoscritta da non meno di 300 e da non piu´ di 600 elettori del collegio. In caso di scioglimento del Senato della Repubblica che ne anticipi la scadenza di oltre centoventi giorni, il numero delle sottoscrizioni della candidatura e´ ridotto della meta´. La dichiarazione di candidatura e´ effettuata, insieme al deposito del relativo contrassegno, presso la cancelleria del tribunale di Aosta; b) nella regione Trentino-Alto Adige la dichiarazione di presentazione del gruppo di candidati deve essere sottoscritta da almeno 1.750 e da non piu´ di 2.500 elettori iscritti nelle liste  elettorali dei comuni compresi nella regione. Ciascun gruppo deve comprendere un numero di candidati non inferiore a tre e non superiore al numero dei collegi della regione. In caso di scioglimento del Senato della Repubblica che ne anticipi la scadenza di oltre centoventi giorni, il numero delle sottoscrizioni della candidatura e´ ridotto della meta´. Per le candidature individuali la dichiarazione di presentazione deve essere sottoscritta da almeno
1.000 e da non piu´ di 1.500 elettori iscritti nelle liste elettorali del collegio. La presentazione dei gruppi di candidati e delle candidature individuali e´ effettuata, insieme al deposito del relativo contrassegno, presso la cancelleria della corte d´appello di Trento;
c) i modelli di scheda per l´elezione nei collegi uninominali delle due regioni sono quelli previsti dalle tabelle F e G allegate alla legge 13 marzo 1980, n. 70, e successive modificazioni; d) il tribunale di Aosta, costituito in ufficio elettorale regionale ai sensi dell´articolo 7, esercita le sue funzioni con l´intervento di tre magistrati. Art. 20-bis. – 1. A pena di nullita´ dell´elezione, nessun candidato puo´ accettare la candidatura in piu´ di un collegio uninominale.
Art. 21. – 1. L´ufficio elettorale regionale procede, con l´assistenza del cancelliere, alle seguenti operazioni:
a) effettua lo spoglio delle schede eventualmente inviate dalle sezioni;
b) somma i voti ottenuti da ciascun candidato nelle singole sezioni, come risultano dai verbali. 2. Il presidente dell´ufficio elettorale regionale, in conformita´ ai risultati accertati, proclama eletto per ciascun collegio il candidato che ha ottenuto il maggior numero di voti validi. In caso di parita´ di voti, e´ proclamato eletto il candidato piu´ anziano di eta´.
Art. 21-bis. – 1. Per l´assegnazione dei seggi spettanti alla regione Trentino-Alto Adige non assegnati nei collegi uninominali, l´ufficio elettorale regionale procede alla determinazione della cifra elettorale di ciascun gruppo di candidati e della cifra individuale dei singoli candidati di ciascun gruppo non risultati eletti ai sensi dell´articolo 21.
2. La cifra elettorale dei gruppi di candidati e´ data dalla somma dei voti ottenuti dai candidati presenti nei collegi uninominali della regione con il medesimo contrassegno, sottratti i voti dei candidati gia´ proclamati eletti ai sensi dell´articolo 21. La cifra individuale dei singoli candidati viene determinata moltiplicando per cento il numero dei voti validi ottenuti da ciascun candidato non risultato eletto ai sensi dell´articolo 21, e dividendo il prodotto per il totale dei voti validi espressi nel collegio.
3. Per l´assegnazione dei seggi, l´ufficio elettorale regionale divide la cifra elettorale di ciascun gruppo successivamente per uno, due, … sino alla concorrenza del numero dei senatori da eleggere, scegliendo quindi, fra i quozienti cosi´ ottenuti, i piu´ alti in numero eguale ai senatori da eleggere, disponendoli in una graduatoria decrescente. I seggi sono assegnati ai gruppi in corrispondenza ai quozienti compresi in questa graduatoria. A parita´
di quoziente il seggio e´ attribuito al gruppo che ha ottenuto la minore cifra elettorale. Se ad un gruppo spettano piu´ seggi di quanti sono i suoi candidati, i seggi esuberanti sono distribuiti secondo l´ordine della graduatoria di quoziente.
4. L´ufficio elettorale regionale proclama quindi eletti, in corrispondenza ai seggi attribuiti ad ogni gruppo, i candidati del gruppo medesimo che abbiano ottenuto la piu´ alta cifra individuale, esclusi i candidati eletti ai sensi dell´articolo 21.
Art. 21-ter. – 1. Quando, per qualsiasi causa, resti vacante il seggio di senatore nel collegio uninominale della Valle d´Aosta o in uno dei collegi uninominali del Trentino-Alto Adige, il presidente del Senato della Repubblica ne da´ immediata comunicazione al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro dell´interno perche´ si proceda ad elezione suppletiva nel collegio interessato. 2. I comizi sono convocati con decreto del Presidente della Repubblica, su deliberazione del Consiglio dei ministri, purche´ intercorra almeno un anno fra la data della vacanza e la scadenza normale della legislatura. 3. Le elezioni suppletive sono indette entro novanta giorni dalla data della vacanza dichiarata dalla Giunta delle elezioni. 4. Qualora il termine di novanta giorni di cui al comma 3 cada in un periodo compreso tra il 1° agosto e il 15 settembre, il Governo e´ autorizzato a prorogare tale termine di non oltre quarantacinque giorni; qualora il termine suddetto cada in un periodo compreso tra il 15 dicembre e il 15 gennaio, il Governo puo´ disporre la proroga per non oltre trenta giorni. 5. Il senatore eletto con elezione suppletiva cessa dal mandato con la scadenza costituzionale o l´anticipato scioglimento del Senato della Repubblica. 6. Nel caso in cui si proceda ad elezioni suppletive, le cause di ineleggibilita´ previste dall´articolo 7 del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, e successive modificazioni, non hanno effetto se le funzioni esercitate siano cessate entro i sette giorni successivi alla data di pubblicazione del decreto di indizione delle elezioni. 7. Quando, per qualsiasi causa, resti vacante un seggio di senatore attribuito con calcolo proporzionale nella circoscrizione regionale del Trentino-Alto Adige, l´ufficio elettorale regionale proclama eletto il candidato del medesimo gruppo con la piu´ alta cifra individuale”.

Art. 6.
(Ulteriori modifiche al decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957)
1. All´articolo 15, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957, le parole: “di cui all´articolo precedente” sono sostituite dalle seguenti: “di cui all´articolo 14”. 2. All´articolo 16, quarto comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957, le parole: “delle candidature e”, ovunque ricorrono, sono soppresse. 3. All´articolo 17, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957, le parole: “delle candidature nei collegi uninominali e” sono soppresse.
4. L´articolo 18 del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957 e´ abrogato.
5. All´articolo 20 del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957 sonoapportate le seguenti modificazioni: a) al primo comma, le parole: “o le candidature nei collegi uninominali” sono soppresse; b) al secondo comma, le parole: “o le candidature nei collegi uninominali”, “delle candidature nei collegi uninominali e” e “; alle candidature nei collegi uninominali deve essere allegata la dichiarazione di collegamento e la relativa accettazione di cui all´articolo 18” sono soppresse; c) al terzo comma, le parole: “, e, per le candidature nei collegi uninominali, la iscrizione nelle liste elettorali di comuni del collegio o, in caso di collegi ricompresi in un unico comune, di sezioni elettorali di tali collegi” sono soppresse; d) al quinto comma, il terzo periodo e´ soppresso; e) al sesto comma, le parole: “ne´ piu´ di una candidatura di collegio uninominale” sono soppresse; f) al settimo comma, le parole: “o della candidatura nei collegi uninominali” e: “o la candidatura nei collegi uninominali” sono soppresse.
6. All´articolo 21, secondo comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957, le parole: “delle candidature nei collegi uninominali e” e: “a ciascuna candidatura nei collegi uninominali e” sono soppresse.
7. All´articolo 22 del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957 sono apportate le seguenti modificazioni: a) al primo comma, alinea, le parole: “delle candidature nei collegi uninominali e” sono soppresse; b) al primo comma, numero 1), le parole: “le candidature nei collegi uninominali e” sono soppresse; c) al primo comma, numero 2), le parole: “le candidature nei collegi uninominali e” sono soppresse; d) al primo comma, numero 3), le parole: “le candidature nei collegi uninominali e” sono soppresse e sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: “e dichiara non valide le liste contenenti un numero
di candidati inferiore a quello stabilito al comma 3 dell´articolo 18-bis”; e) al primo comma, numero 4), le parole: “dichiara non valide le candidature nei collegi uninominali e” sono soppresse; f) al primo comma, numero 5), le parole: “dichiara non valide le candidature nei collegi uninominali e” sono soppresse; g) al primo comma, il numero 7) e´ abrogato;
h) al secondo comma, le parole: “di ciascun candidato nei collegi uninominali e” sono soppresse; i) al terzo comma, le parole: “dei candidati nei collegi uninominali e” sono soppresse. 8. All´articolo 23, primo e secondo comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957 le parole: “dei candidati nei collegi uninominali e” sono soppresse. 9. All´articolo 24, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957 sono apportate le seguenti modificazioni: a) il numero 1) e´ abrogato;
b) il numero 2) e´ sostituito dal seguente: “2) stabilisce, mediante sorteggio da effettuare alla presenza dei delegati di lista, il numero d´ordine da assegnare alle coalizioni e alle liste non collegate e ai relativi contrassegni di lista, nonche´, per ciascuna coalizione, l´ordine dei contrassegni delle liste della coalizione. I contrassegni di ciascuna lista sono riportati sulle schede di votazione e sui manifesti secondo l´ordine progressivo risultato dal suddetto sorteggio”; c) al numero 3), le parole: “e di candidato nei collegi uninominali” sono soppresse; d) al numero 4), le parole: “i nominativi dei candidati nei collegi uninominali e le liste ammessi” sono sostituite dalle seguenti: “le liste ammesse”; e) al numero 5), la parola: “distinti” e le parole: “dei nominativi dei candidati nei singoli collegi uninominali e” sono soppresse e le parole: “alla trasmissione di essi ai sindaci dei comuni del collegio” sono sostituite dalle seguenti: “alla trasmissione di esse ai sindaci dei comuni della circoscrizione”.
10. All´articolo 25 del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957 sono apportate le seguenti modificazioni: a) al primo comma, le parole: “all´art. 18 e” e: “del candidato nel collegio uninominale o” sono soppresse; b) all´ultimo comma, primo e secondo periodo, ovunque ricorrano, le parole: “dei candidati nei collegi uninominali e” e: “delle candidature nei collegi uninominali e” sono soppresse. 11. All´articolo 26, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957 le parole: “di ogni candidato nel collegio uninominale e” sono soppresse.
12. All´articolo 30, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957 sono apportate le seguenti modificazioni: a) al numero 4), le parole: “tre copie del manifesto contenente i nominativi dei candidati nel collegio uninominale e” sono soppresse;
b) al numero 6), le parole: “dei candidati nel collegio uninominale e” sono soppresse; c) al numero 8), le parole: “due urne” sono sostituite dalle seguenti: “un´urna”; d) al numero 9), le parole: “due cassette o scatole” sono sostituite dalle seguenti: “una cassetta o scatola”.
13. All´articolo 40, terzo comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957, le parole: “dei candidati nei collegi uninominali e” sono soppresse.
14. All´articolo 41, primo comma, del decreto del Presidente della
Repubblica n. 361 del 1957, le parole: “dei candidati nei collegi uninominali e” sono soppresse.
15. All´articolo 42 del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957 sono apportate le seguenti modificazioni: a) al quarto comma, le parole: “dei candidati nei collegi
uninominali e” sono soppresse e le parole: “Le urne devono essere fissate sul tavolo stesso e sempre visibili” sono sostituite dalle seguenti: “L´urna deve essere fissata sul tavolo stesso e sempre visibile”; b) al settimo comma, le parole: “, nonche´ due copie del manifesto contenente i candidati nei collegi uninominali” sono soppresse.
16. All´articolo 45 del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957, l´ottavo comma e´ abrogato.
17. All´articolo 48, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957, le parole: “e dei candidati nei collegi uninominali” e: “del collegio uninominale o” sono soppresse; le parole: “del collegio” sono sostituite dalle seguenti: “della circoscrizione”.
18. All´articolo 53, primo comma, del decreto del Presidente della
Repubblica n. 361 del 1957, le parole: “e dei candidati” sono soppresse.
19. All´articolo 59 del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957, il secondo periodo e´ soppresso.
20. All´articolo 62 del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957, le parole: “le schede” sono sostituite dalle seguenti: “la scheda”.
21. All´articolo 63, primo comma, del decreto del Presidente della
Repubblica n. 361 del 1957, le parole: “una scheda” sono sostituite dalle seguenti: “la scheda”.
22. All´articolo 64, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957, le parole: “le urne e le scatole” sono sostituite dalle seguenti: “l´urna e la scatola”.
23. All´articolo 64-bis, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957, le parole “delle urne” sono sostituite alle seguenti: “dell´urna”.
24. All´articolo 67, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957, sono apportate le seguenti modificazioni: a) al numero 2), terzo periodo, le parole: “dei candidati nei collegi uninominali e” sono soppresse; b) al numero 3), le parole: “nelle rispettive cassette” sono sostituite dalle seguenti: “nella cassetta”.
25. All´articolo 68 del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957 sono apportate le seguenti modificazioni: a) i commi 1 e 2 sono abrogati; b) al comma 3, le parole: “Compiute le operazioni di scrutinio delle schede per l´elezione dei candidati nei collegi uninominali” sono sostituite dalle seguenti: “Compiute le operazioni di cui all´articolo 67”; le parole: “per l´attribuzione dei seggi in ragione proporzionale” e: “contenente le schede per l´attribuzione dei seggi in ragione proporzionale” sono soppresse; c) al comma 7, l´ultimo periodo e´ soppresso. 26. All´articolo 71 del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957 sono apportate le seguenti modificazioni: a) al primo comma, numero 2), le parole: “e dei voti per i candidati nel collegio uninominale” sono soppresse;
b) al secondo comma, le parole: “per i singoli candidati nei collegi uninominali o per le singole liste per l´attribuzione dei seggi in ragione proporzionale” sono sostituite dalle seguenti: “per le singole liste”.
27. All´articolo 72 del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957 sono apportate le seguenti modificazioni: a) il secondo comma e´ abrogato; b) al terzo comma, le parole: “dei candidati nel collegio uninominale e” sono soppresse.
28. All´articolo 73, terzo comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957, le parole: “del Collegio” sono sostituite dalle seguenti: “della circoscrizione” e le parole: “dei candidati nel collegio uninominale e” sono soppresse.
29. All´articolo 74 del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957 sono apportate le seguenti modificazioni: a) al primo comma, le parole: “dei candidati nel collegio
uninominale e” sono soppresse; b) al secondo comma, le parole: “o ai candidati” sono soppresse.
30. All´articolo 75 del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957 sono apportate le seguenti modificazioni: a) al primo comma, secondo periodo, le parole: “dei candidati nel collegio uninominale e” sono soppresse; b) al terzo comma, le parole: “delle cassette, delle urne” sono sostituite dalle seguenti: “della cassetta, dell´urna”.
31. All´articolo 79 del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957 sono apportate le seguenti modificazioni: a) al terzo comma, le parole: “del Collegio” sono sostituite dalle seguenti: “della circoscrizione”; b) al quinto e al sesto comma, le parole: “dei candidati nei collegi uninominali e” sono soppresse.
32. All´articolo 81, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957, le parole: “dei candidati nei collegi uninominali e” sono soppresse.
33. All´articolo 104, sesto comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957, le parole: “dei candidati nei collegi uninominali e” sono soppresse.
34. All´articolo 112, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957, le parole: “dei candidati nei collegi uninominali e” sono soppresse.
35. Il decreto legislativo 20 dicembre 1993, n. 536, recante “Determinazione dei collegi uninominali della Camera dei deputati” e´ abrogato.

Art. 7.
(Adeguamento del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1994, n. 14).
1. Il Governo e´ autorizzato ad apportare, entro quarantacinque giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, al regolamento di attuazione della legge 4 agosto 1993, n. 277, per l´elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1994, n. 14, le modificazioni strettamente necessarie al fine di coordinarne le disposizioni con quelle introdotte dalla presente legge. A tale fine, il Governo procede anche in deroga ai termini previsti dall´articolo 17, comma
1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e dall´articolo 3, comma 2, della legge 14 gennaio 1994, n. 20.
2. Qualora alla data di indizione dei comizi elettorali il Governo non abbia ancora provveduto ai sensi del comma 1, si applicano le disposizioni del citato regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1994, n. 14, in quanto compatibili.

Art. 8.
(Ulteriori modifiche al decreto legislativo n. 533 del 1993)
1. All´articolo 2 del decreto legislativo n. 533 del 1993 sono apportate le seguenti modificazioni: a) al comma 1, primo periodo, le parole: “nei collegi uninominali”
sono sostituite dalle seguenti: “nelle circoscrizioni regionali”; b) al medesimo comma 1, il secondo e il terzo periodo sono soppressi.
2. Alla rubrica del Titolo II del decreto legislativo n. 533 del 1993 le parole: “circoscrizionali e” sono soppresse.
3. L´articolo 6 del decreto legislativo n. 533 del 1993 e´ abrogato.
4. La rubrica del Titolo III del decreto legislativo n. 533 del 1993 e´ sostituita dalla seguente: “Della presentazione delle candidature”.
5. All´articolo 10 del decreto legislativo n. 533 del 1993 sono apportate le seguenti modificazioni: a) al comma 2, le parole: “di ciascun gruppo” sono sostituite dalle seguenti: “delle liste”; b) il comma 3 e´ abrogato; c) al comma 5, le parole: “dei gruppi di candidati e delle candidature individuali” sono sostituite dalle seguenti: “delle liste di candidati”; d) al comma 6, le parole: “dei gruppi di candidati o delle candidature” sono sostituite dalle seguenti: “di liste o di candidati”.
6. All´articolo 12 del decreto legislativo n. 533 del 1993 sono apportate le seguenti modificazioni: a) al comma 1, le parole da: “dei gruppi di candidati” fino a: “le singole sezioni” sono sostituite dalle seguenti: “delle liste di candidati presso gli uffici elettorali regionali”; b) al comma 2, le parole da: “; i rappresentanti dei candidati” fino alla fine del comma sono soppresse. 7. All´articolo 13 del decreto legislativo n. 533 del 1993 sono
apportate le seguenti modificazioni: a) al comma 3, dopo le parole: “I rappresentanti” sono inserite le seguenti: “delle liste” e le parole: “del collegio” sono sostituite dalle seguenti: “della circoscrizione regionale”; b) al comma 4, le parole: “dei candidati nei collegi uninominali e” sono soppresse e le parole: “del collegio senatoriale” sono sostituite dalle seguenti: “della circoscrizione regionale”.
8. L´articolo 15 del decreto legislativo n. 533 del 1993 e´ abrogato.
9. L´articolo 16 del decreto legislativo n. 533 del 1993, come sostituito dall´articolo 4, comma 7, della presente legge, e´ incluso nel Titolo VI e il Titolo V e´ conseguentemente abrogato.
10. All´articolo 18 del decreto legislativo n. 533 del 1993, al comma 1 e´ premesso il seguente: “01. Dell´avvenuta proclamazione il presidente dell´ufficio elettorale regionale invia attestato al senatore proclamato e da´ immediata notizia alla segreteria del Senato, nonche´ alla prefettura o alle prefetture – uffici territoriali del Governo della regione, perche´ a mezzo dei sindaci sia portata a conoscenza degli elettori”.
11. Il decreto legislativo 20 dicembre 1993, n. 535, recante “Determinazione dei collegi uninominali del Senato della Repubblica” e´ abrogato.

Art. 9.
(Nomina degli scrutatori)
1. All´articolo 3, comma 4, della legge 8 marzo 1989, n. 95, e successive modificazioni, sono premesse le seguenti parole: “Entro il 15 gennaio di ciascun anno,”.
2. All´articolo 4, comma 1, della legge 8 marzo 1989, n. 95, e successive modificazioni, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: “entro il mese di febbraio”.
3. All´articolo 5 della legge 8 marzo 1989, n. 95, e successive modificazioni, il comma 4 e´ sostituito dal seguente: “4. Compiute le operazioni di cui ai commi precedenti, la Commissione elettorale comunale provvede, con le modalita´ di cui all´articolo 6, alla sostituzione delle persone cancellate. Della nomina cosi´ effettuata e´ data comunicazione agli interessati con invito ad esprimere per iscritto il loro gradimento per l´incarico di scrutatore entro quindici giorni dalla ricezione della notizia”.
4. L´articolo 6 della legge 8 marzo 1989, n. 95, e successive modificazioni, e´ sostituito dal seguente: “Art. 6. – 1. Tra il venticinquesimo e il ventesimo giorno antecedenti la data stabilita per la votazione, la Commissione elettorale comunale di cui all´articolo 4-bis del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 1967, n. 223, e successive modificazioni, in pubblica adunanza, preannunziata due giorni prima con manifesto affisso nell´albo pretorio del comune, alla presenza dei rappresentanti di lista della prima sezione del comune, se designati, procede: a) alla nomina degli scrutatori, per ogni sezione elettorale del comune, scegliendoli tra i nominativi compresi nell´albo degli
scrutatori in numero pari a quello occorrente; b) alla formazione di una graduatoria di ulteriori nominativi, compresi nel predetto albo, per sostituire gli scrutatori nominati a norma della lettera a) in caso di eventuale rinuncia o impedimento; qualora la successione degli scrutatori nella graduatoria non sia determinata all´unanimita´ dai componenti la Commissione elettorale, alla formazione della graduatoria si procede tramite sorteggio; c) alla nomina degli ulteriori scrutatori, scegliendoli fra gli iscritti nelle liste elettorali del comune stesso, qualora il numero dei nominativi compresi nell´albo degli scrutatori non sia
sufficiente per gli adempimenti di cui alle lettere a) e b).
2. Alle nomine di cui alle lettere a), b) e c) del comma 1 si procede all´unanimita´. Qualora la nomina non sia fatta all´unanimita´, ciascun membro della Commissione elettorale vota per due nomi e sono proclamati eletti coloro che hanno ottenuto il maggior numero di voti. A parita´ di voti e´ proclamato eletto il piu´ anziano di eta´.
3. Il sindaco o il commissario, nel piu´ breve tempo, e comunque non oltre il quindicesimo giorno precedente le elezioni, notifica agli scrutatori l´avvenuta nomina. L´eventuale grave impedimento ad assolvere l´incarico deve essere comunicato, entro quarantotto ore dalla notifica della nomina, al sindaco o al commissario che provvede a sostituire i soggetti impediti con gli elettori compresi nella graduatoria di cui alla lettera b) del comma 1. 4. La nomina e´ notificata agli interessati non oltre il terzo giorno precedente le elezioni”.

Art. 10.
(Costituzione della Commissione elettorale comunale nei comuni con popolazione inferiore a 15.000 abitanti).
1. L´articolo 4-bis del testo unico delle leggi per la disciplina dell´elettorato attivo e per la tenuta e la revisione delle liste elettorali, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 1967, n. 223, e successive modificazioni, e´ sostituito dal seguente: “Art. 4-bis. – 1. Alla tenuta e all´aggiornamento delle liste elettorali provvede l´Ufficio elettorale, secondo le norme del presente testo unico.
2. In ciascun comune l´Ufficiale elettorale e´ la Commissione elettorale prevista dagli articoli 12, 13, 14 e 15 del presente testo unico.
3. Nei comuni con popolazione inferiore a 15.000 abitanti la Commissione elettorale puo´ delegare e revocare le funzioni di Ufficiale elettorale al segretario comunale o a un funzionario del comune. Ogni delegazione e revoca di funzioni di Ufficiale elettorale deve essere approvata dal prefetto”.
2. All´articolo 12, primo comma, del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 1967, n. 223, e successive modificazioni, le parole: “nei comuni con popolazione pari o superiore a 15.000 abitanti,” sono soppresse. Il secondo comma del medesimo articolo 12 e´ sostituito dal seguente: “La Commissione e´ composta dal sindaco e da quattro componenti effettivi e quattro supplenti nei comuni al cui consiglio sono assegnati fino a cinquanta consiglieri, da otto componenti effettivi e otto supplenti negli altri comuni”.
3. Nei comuni con popolazione inferiore a 15.000 abitanti la Commissione elettorale comunale prevista dagli articoli 12, 13, 14 e 15 del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 1967, n. 223, e successive modificazioni, e´ costituita non oltre il trentesimo giorno dalla data di entrata in vigore della presente legge.

Art. 11.
(Entrata in vigore)
1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sara´ inserita nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E´ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato.

Data a Roma, addi´ 21 dicembre 2005

CIAMPI
Berlusconi, Presidente del Consiglio dei Ministri
Visto, il Guardasigilli: Castelli



B. Quesiti referendari predisposti dal Prof. Stefano Passigli


B.1-Quesito n. 1

«Volete Voi che sia abrogato il Decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n.361, nel testo risultante per effetto di modificazioni ed integrazioni successive, titolato “Approvazione del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei Deputati”, limitatamente alle seguenti parti?:

Art. 1 comma 2 limitatamente alle parole “con l´eventuale attribuzione di un premio di maggioranza, a norma degli articoli 77, 83 e 84”
Art. 14 bis comma 1
Art. 14 bis comma 2
Art. 14 bis comma 3 limitatamente alle parole “nel quale dichiarano il nome e cognome della persona da loro indicata come capo della forza politica. I partiti o i gruppi politici organizzati tra loro collegati in coalizione che si candidano a governare depositano un unico programma elettorale nel quale dichiarano il nome e cognome della persona da loro indicata come unico capo della coalizione.”
Art. 14 bis comma 5 limitatamente alle parole “dei collegamenti ammessi”
Art. 18 bis comma 2limitatamente alle parole “abbiano effettuato le dichiarazioni di collegamento ai sensi dell´articolo 14-bis, comma 1, con almeno due partiti o gruppi politici di cui al primo periodo e”
Art. 24 comma l numero 2) limitatamente alle parole “alle coalizioni e”
Art. 24 comma 1 numero 2) limitatamente alle parole “non collegate”
Art. 24 comma 1 numero 2) limitatamente alle parole “nonché, per ciascuna coalizione, l´ordine dei contrassegni delle liste della coalizione”
Art. 31 comma 2 limitatamente alle parole “delle liste collegate appartenenti alla stessa coalizione”
Art. 31 comma 2 limitatamente alle parole “delle coalizioni e”
Art. 31 comma 2 limitatamente alle parole “non collegate”
Art. 31 comma 2 limitatamente alle parole “delle liste di ciascuna coalizione”
Art. 83 comma 1 numero 2)
Art. 83 comma 1 numero 3) lettera a)
Art. 83 comma 1 numero 3) lettera b) limitatamente alle parole” non collegate” poste tra le parole “singole liste” e le parole “che abbiano”
Art. 83 comma 1 numero 3) lettera b) limitatamente alle parole “non collegate” poste tra le parole “singole liste” e le parole “rappresentative di minoranze”
Art. 83 comma 1 numero 3) lettera b) limitatamente alle parole “nonché le liste delle coalizioni che non hanno superato la percentuale di cui alla lettera a) ma che abbiano conseguito sul piano nazionale almeno il 4 per cento dei voti validi espressi ovvero che siano rappresentative di minoranze linguistiche riconosciute, presentate esclusivamente in una delle circoscrizioni comprese in regioni il cui statuto speciale prevede una particolare tutela di tali minoranze linguistiche, che abbiano conseguito almeno il 20 per cento dei voti validi espressi nella circoscrizione”
Art. 83 comma 1 numero 4) limitatamente alle parole “le coalizioni di liste di cui al numero 3), lettera a), e”
Art. 83 comma 1 numero 4) limitatamente alle parole “coalizione di liste o singola” poste tra le parole “di ciascuna” e le parole “lista di cui”
Art. 83 comma 1 numero 4) limitatamente alle parole “coalizione di liste o singola” poste tra le parole “di ciascuna” e le parole “lista per tale quoziente”
Art. 83 comma 1 numero 4) limitatamente alle parole “coalizione di liste o singola” poste tra le parole “a ciascuna” e le parole “lista. I seggi”
Art. 83 comma 1 numero 4) limitatamente alle parole “coalizione di liste o singole”
Art. 83 comma 1 numero 5)
Art. 83 comma 1 numero 6)
Art. 83 comma 1 numero 7)
Art. 83 comma 1 numero 8) limitatamente alle parole “salvo quanto disposto dal comma 2,”
Art. 83 comma 1 numero 8) limitatamente alle parole “coalizioni di liste o singole” poste tra le parole “assegnati alle varie” e le parole “liste di cui”
Art. 83 comma 1 numero 8) limitatamente alle parole “per ciascuna coalizione di liste, divide il totale delle cifre elettorali circoscrizionali di tutte le liste che la compongono per il quoziente elettorale nazionale di cui al numero 4), ottenendo così l´indice relativo ai seggi da attribuire nella circoscrizione alle liste della coalizione medesima. Analogamente,”
Art. 83 comma 1 numero 8) limitatamente alle parole “lettera b),”
Art. 83 comma 1 numero 8) limitatamente alle parole “coalizione di liste o” poste tra le parole “a ciascuna” e le parole “lista di cui”
Art. 83 comma 1 numero 8) limitatamente alle parole “coalizione di liste o singole” poste tra le parole “assegnati alle” e le parole “liste per le quali”
Art. 83 comma 1 numero 8) limitatamente alle parole “coalizione di liste o singole” poste tra le parole “in caso di parità, alle” e le parole “liste che abbiano”
Art. 83 comma 1 numero 8) limitatamente alle parole “coalizione di lista o singola” poste tra le parole “a ciascuna” e le parole “lista corrisponda”
Art. 83 comma 1 numero 8) limitatamente alle parole “coalizione di lista o singola” poste tra le parole “iniziando dalla” e le parole “lista che abbia”
Art. 83 comma 1 numero 8) limitatamente alle parole “coalizioni o singole” poste tra le parole “da parte di più” e le parole” liste, da quella”
Art. 83 comma 1 numero 8) limitatamente alle parole “coalizioni di liste o liste singole”
Art. 83 comma 1 numero 8) limitatamente alle parole “coalizione di liste o singola” poste tra le parole “seggi eccedenti alla” e le parole “lista in quelle”
Art. 83 comma 1 numero 8) limitatamente alle parole “coalizioni di liste o singole” poste tra le parole “inoltre le” e le parole “liste, che non abbiano”
Art. 83 comma 1 numero 8) limitatamente alle parole “coalizioni di liste o singole” poste tra le parole “seggi a tali” e le parole “liste. Qualora”
Art. 83 comma 1 numero 8) limitatamente alle parole “coalizioni di liste o singole” poste tra le parole “due o più” e le parole “liste abbiano”
Art. 83 comma 1 numero 8) limitatamente alle parole “coalizione di liste o alla singola”
Art. 83 comma 1 numero 8) limitatamente alle parole “coalizioni di liste o” poste tra le parole “cedere, alla” e le parole “lista singola eccedentaria”
Art. 83 comma 1 numero 8) limitatamente alla parola “singola” posta tra la parola “lista” e la parola “eccedentaria”
Art. 83 comma 1 numero 8) limitatamente alle parole “coalizione di liste o” poste tra le parole “attribuzione e alla” e le parole “lista singola deficitaria”
Art. 83 comma 1 numero 8) limitatamente alla parola “singola” tra la parola “lista” e la parola “deficitaria”
Art. 83 comma 1 numero 9)
Art. 83 comma 2
Art. 83 comma 3
Art. 83 comma 4
Art. 83 comma 5
Art. 84 comma 3»

B.2-Quesito n. 2

«Volete Voi che sia abrogato il Decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, nel testo risultante per effetto di modificazioni ed integrazioni successive, titolato “Approvazione del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei Deputati”, limitatamente alle seguenti parti?:

Art. 18 bis comma 3 limitatamente alle parole “presentati secondo un determinato ordine”
Art. 19 comma 1 limitatamente alle parole “nella stessa”
Art. 58 comma 2 limitatamente alle parole “tracciando, con la matita, sulla scheda un solo segno, comunque apposto, nel rettangolo contenente il contrassegno della lista prescelta. Sono vietati altri segni o indicazioni”
Art. 84 comma 1 limitatamente alle parole “secondo l´ordine di presentazione”
Art. 85
Art. 86 comma 1 limitatamente alle parole “nella lista”
Art. 86 comma 1 limitatamente alle parole “nell´ordine progressivo di lista”»


B.3-Normativa di risulta a seguito dell’eventuale effetto abrogativo
DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 30 marzo 1957, n. 361
Approvazione del testo unico delle leggi recanti norme per la
elezione della Camera del deputati.

TITOLO I
DISPOSIZIONI GENERALI

Art. 1.
(T. U. 5 febbraio 1948, n. 26, art. 1, e L. 16 maggio 1956, n. 493, art. 1)
1. La Camera dei deputati e´ eletta a suffragio universale, con voto diretto ed uguale, libero e segreto, attribuito a liste di candidati concorrenti.
2. Il territorio nazionale e´ diviso nelle circoscrizioni elettorali indicate nella tabella A allegata al presente testo unico. Salvo i seggi assegnati alla circoscrizione Estero, la ripartizione dei seggi e´ effettuata in ragione proporzionale, con l´eventuale attribuzione di un premio di maggioranza, a norma degli articoli 77, 83 e 84, e si effettua in sede di Ufficio centrale nazionale.

Art. 2.
(T. U. 5 febbraio 1948, n. 26, art. 2, e L. 16 maggio 1956, n. 493, art. 4)
1. La elezione nel collegio “Valle d´Aosta”, che e´ circoscrizione elettorale, e´ regolata dalle norme contenute nel titolo VI del presente testo unico.

Art. 3.
(L. 16 maggio 1956, n. 493, art. 5)
L´assegnazione del numero dei seggi alle singole circoscrizioni, di cui alla tabella A allegata al presente testo unico, e´ effettuata – sulla base dei risultati dell´ultimo censimento generale della popolazione, riportati dalla piu´ recente pubblicazione ufficiale dell´Istituto Centrale di Statistica – con decreto del Presidente della Repubblica, promosso dal Ministro per l´interno, da emanarsi contemporaneamente al decreto di convocazione dei comizi.

Art. 4.
(T. U. 5 febbraio 1948, n. 26, art. 3)
1. Il voto e´ un dovere civico e un diritto di tutti i cittadini, il cui libero esercizio deve essere garantito e promosso dalla Repubblica.
2. Ogni elettore dispone di un voto per la scelta della lista ai fini dell´attribuzione dei seggi in ragione proporzionale, da esprimere su un´unica scheda recante il contrassegno di ciascuna lista.

TITOLO II
ELETTORATO

CAPO I
Elettorato attivo

Art. 5.
(T. U. 5 febbraio 1948, n. 26, art. 4)
L´elettorato attivo, la tenuta e la revisione annuale delle liste elettorali, la ripartizione dei Comuni in sezioni elettorali e la scelta dei luoghi di riunione per la elezione sono disciplinate dalle disposizioni della legge 7 ottobre 1947, n. 1058, e successive modificazioni.

CAPO II
Eleggibilita´

Art. 6.
(T. U. 5 febbraio 1948, n. 26, art. 5)
Sono eleggibili a deputati gli elettori che abbiano compiuto il venticinquesimo anno di eta´ entro il giorno delle elezioni.

Art. 7.
(T. U. 5 febbraio 1948, n. 26, art. 6, e L. 16 maggio 1956, n. 493, art. 2)
Non sono eleggibili: a) i deputati regionali o consiglieri regionali; (18) b) i presidenti delle Giunte provinciali; c) i sindaci dei Comuni con popolazione superiore ai 20.000 abitanti; d) il capo e vice capo della polizia e gli ispettori generali di pubblica sicurezza; e) i capi di Gabinetto dei Ministri; f) il Rappresentante del Governo presso la Regione autonoma della Sardegna, il Commissario dello Stato nella Regione siciliana, i commissari del Governo per le regioni a statuto ordinario, il commissario del Governo per la regione Friuli-Venezia Giulia, il presidente della Commissione di coordinamento per la regione Valle d´Aosta, i commissari del Governo per le province di Trento e Bolzano, i prefetti e coloro che fanno le veci nelle predette cariche; g) i viceprefetti e i funzionari di pubblica sicurezza; h) ((LETTERA ABROGATA DAL D.LGS. 15 MARZO 2010, N. 66)). Le cause di ineleggibilita´ di cui al primo comma sono riferite anche alla titolarita´ di analoghe cariche, ove esistenti, rivestite presso corrispondenti organi in Stati esteri. Le cause di ineleggibilita´, di cui al primo e al secondo comma, non hanno effetto se le funzioni esercitate siano cessate almeno centottanta giorni prima della data di scadenza del quinquennio di durata della Camera dei deputati. Per cessazione dalle funzioni si intende l´effettiva astensione
da ogni atto inerente all´ufficio rivestito, preceduta, nei casi previsti alle lettere a), b) e c) del primo comma e nei corrispondenti casi disciplinati dal secondo comma, dalla formale
presentazione delle dimissioni e, negli altri casi, dal trasferimento, dalla revoca dell´incarico o del comando ovvero dal collocamento in aspettativa. L´accettazione della candidatura comporta in ogni caso la decadenza dalle cariche di cui alle predette lettere a), b) e c).
Il quinquennio decorre dalla data della prima riunione dell´Assemblea, di cui ai secondo comma del successivo art. 11. In caso di scioglimento della Camera dei deputati, che ne
anticipi la scadenza di oltre centoventi giorni, le cause di ineleggibilita´ anzidette non hanno effetto se le funzioni esercitate siano cessate entro i sette giorni successivi alla data di pubblicazione del decreto di scioglimento nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

Art. 8.
(T. U. 5 febbraio 1948, n. 26, art. 6, lett. g), e L. 16 maggio 1956, n. 493, art. 3)
I magistrati – esclusi quelli in servizio presso le giurisdizioni superiori -, anche in caso di scioglimento anticipato della Camera dei deputati e di elezioni suppletive, non sono eleggibili nelle circoscrizioni sottoposte, in tutto o in parte, alla giurisdizione degli uffici ai quali si sono trovati assegnati o presso i quali hanno esercitato le loro funzioni in un periodo compreso nei sei mesi antecedenti la data di accettazione della candidatura. Non sono in ogni caso eleggibili se, all´atto dell´accettazione della candidatura, non si trovino in aspettativa. I magistrati che sono stati candidati e non sono stati eletti non possono esercitare per un periodo di cinque anni le loro funzioni nella circoscrizione nel cui ambito si sono svolte le elezioni.

Art. 9.
(T. U. 5 febbraio 1948, n. 26, art. 7)
I diplomatici, i consoli, i vice-consoli, eccettuati gli onorari, ed in generale gli ufficiali, retribuiti o no, addetti alle ambasciate, legazioni e consolati esteri, tanto residenti in Italia
quanto all´estero, non possono essere eletti alla Camera dei deputati sebbene abbiano ottenuto il permesso dal Governo nazionale di accettare l´ufficio senza perdere la nazionalita´. Questa causa di ineleggibilita´ si estende a tutti coloro che abbiano impiego da
Governi esteri.

Art. 10.
(T. U. 5 febbraio 1948, n. 26, art. 8)
Non sono eleggibili inoltre:
1) coloro che in proprio o in qualita´ di rappresentanti legali di societa´ o di imprese private risultino vincolati con lo Stato per contratti di opere o di somministrazioni, oppure per concessioni o autorizzazioni amministrative di notevole entita´ economica, che importino l´obbligo di adempimenti specifici, l´osservanza di norme generali o particolari protettive del pubblico interesse, alle quali la concessione o la autorizzazione e´ sottoposta;
2) i rappresentanti, amministratori e dirigenti di societa´ e imprese volte al profitto di privati e sussidiate dallo Stato con sovvenzioni continuative o con garanzia di assegnazioni o di
interessi, quando questi sussidi non siano concessi in forza di una legge generale dello Stato;
3) i consulenti legali e amministrativi che prestino in modo permanente l´opera loro alle persone, societa´ e imprese di cui ai nn. 1 e 2, vincolate allo Stato nei modi di cui sopra.
Dalla ineleggibilita´ sono esclusi i dirigenti di cooperative e di consorzi di cooperative, iscritte regolarmente nei registri di Prefettura.

TITOLO III
DEL PROCEDIMENTO ELETTORALE PREPARATORIO

Art. 11.
(T. U. 5 febbraio 1948, n. 26, art. 9)
I comizi elettorali sono convocati con decreto del Presidente della Repubblica, su deliberazione del Consiglio dei Ministri. Lo stesso decreto fissa il giorno della prima riunione della Camera nei limiti dell´art. 61 della Costituzione. Il decreto e´ pubblicato nella Gazzetta Ufficiale non oltre il 45° giorno antecedente quello della votazione. I Sindaci di tutti i Comuni della Repubblica danno notizia al pubblico del decreto di convocazione dei comizi con speciali avvisi.

Art. 12.
(T. U. 5 febbraio 1948, n. 26, artt. 13, comma 1° e 15, prima parte)
Presso la Corte di Cassazione e´ costituito, entro tre giorni dalla pubblicazione del decreto di convocazione dei comizi, l´Ufficio elettorale centrale nazionale, composto da un Presidente di sezione e quattro consiglieri scelti dal Primo Presidente.

Art. 13.
(T. U. 5 febbraio 1948, n. 26, art. 14, primo periodo)
Presso la Corte d´appello o il Tribunale nella cui giurisdizione e´ il Comune capoluogo della circoscrizione e´ costituito, entro tre giorni dalla pubblicazione del decreto di convocazione dei comizi, l´Ufficio centrale circoscrizionale, composto da tre magistrati, dei quali uno con funzioni di presidente, scelti dal Presidente della Corte d´appello o del Tribunale.

Art.14.                                                                                                                              (T. U. 5 febbraio 1948, n. 26, art. 16, comma 1°, e L. 16 maggio 1956, n. 493, art. 6)
I partiti o i gruppi politici organizzati, che intendono presentare liste di candidati, debbono depositare presso il Ministero dell´interno il contrassegno col quale dichiarano di voler distinguere le liste medesime nelle singole circoscrizioni. All´atto del deposito del contrassegno deve essere indicata la denominazione del partito o del gruppo politico organizzato. I partiti che notoriamente fanno uso di un determinato simbolo sono tenuti a presentare le loro liste con un contrassegno che riproduca tale simbolo. Non e´ ammessa la presentazione di contrassegni, identici o confondibili con quelli presentati in precedenza ovvero con quelli riproducenti simboli, elementi e diciture, o solo alcuni di essi, usati tradizionalmente da altri partiti. Ai fini di cui al terzo comma costituiscono elementi di confondibilita´, congiuntamente od isolatamente considerati, oltre alla rappresentazione grafica e cromatica generale, i simboli riprodotti, i singoli dati grafici, le espressioni letterali,
nonche´ le parole o le effigi costituenti elementi di qualificazione degli orientamenti o finalita´ politiche connesse al partito o alla forza politica di riferimento anche se in diversa composizione o rappresentazione grafica. Non e´ ammessa, altresi´, la presentazione di contrassegni effettuata con il solo scopo di preculderne surrettiziamente l´uso ad altri soggetti politici interessati a farvi ricorso. Non e´ ammessa inoltre la presentazione da parte di altri partiti o gruppi politici di contrassegni riproducenti simboli o elementi caratterizzanti simboli che per essere usati tradizionalmente da partiti presenti in Parlamento possono trarre in errore l´elettore. Non e´ neppure ammessa la presentazione di contrassegni riproducenti immagini o soggetti religiosi.

Art. 14-bis.
1. I partiti o i gruppi politici organizzati possono effettuare il collegamento in una coalizione delle liste da essi rispettivamente presentate. Le dichiarazioni di collegamento debbono essere reciproche.
2. La dichiarazione di collegamento e´ effettuata contestualmente al deposito del contrassegno di cui all´articolo 14. Le dichiarazioni di collegamento hanno effetto per tutte le liste aventi lo stesso contrassegno.
3. Contestualmente al deposito del contrassegno di cui all´articolo 14, i partiti o i gruppi politici organizzati che si candidano a governare depositano il programma elettorale nel quale dichiarano il nome e cognome della persona da loro indicata come capo della forza
politica. I partiti o i gruppi politici organizzati tra loro collegati in coalizione che si candidano a governare depositano un unico programma elettorale nel quale dichiarano il nome e cognome della persona da loro indicata come unico capo della coalizione. Restano ferme le prerogative spettanti al Presidente della Repubblica previste dall´articolo 92, secondo comma, della Costituzione.
4. Gli adempimenti di cui ai commi 1, 2 e 3 sono effettuati dai soggetti di cui all´articolo 15, primo comma.
5. Entro il trentesimo giorno antecedente quello della votazione, gli Uffici centrali circoscrizionali comunicano l´elenco delle liste ammesse, con un esemplare del relativo contrassegno, all´Ufficio centrale nazionale che, accertata la regolarita´ delle dichiarazioni,
provvede, entro il ventesimo giorno precedente quello della votazione, alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dell´elenco dei collegamenti ammessi.


Art. 15.
(T. U. 5 febbraio 1948, n. 26, art. 16, comma 1°, 2° e 3°, e L. 16 maggio 1956, n. 493, art. 7)
Il deposito del contrassegno di cui all´articolo 14 deve essere effettuato non prima delle ore 8 del 44° e non oltre le ore 16 del 42° giorno antecedente quello della votazione, da persona munita di mandato, autenticato da notaio, da parte del presidente o del segretario del partito o del gruppo politico organizzato. Agli effetti del deposito, l´apposito Ufficio del Ministero dell´interno rimane aperto, anche nei giorni festivi, dalle ore 8 alle ore 20. Il contrassegno deve essere depositato in triplice esemplare.

Art. 16.
(T. U. 5 febbraio 1948, n. 26, art. 16, comma 3° e 4°, e L. 16 maggio 1956, n. 493, art. 8)
Il Ministero dell´interno, nei due giorni successivi alla scadenza del termine stabilito per il deposito restituisce un esemplare del contrassegno al depositante, con l´attestazione della
regolarita´ dell´avvenuto deposito. Qualora i partiti o gruppi politici presentino un contrassegno che non sia conforme alle norme di cui all´art. 14, il Ministero dell´interno invita il depositante a sostituirlo nel termine di 48 ore dalla notifica dell´avviso. Sono sottoposte all´Ufficio centrale nazionale le opposizioni presentate dal depositante avverso l´invito del Ministero a sostituire il proprio contrassegno o dai depositanti di altro contrassegno avverso l´accettazione di contrassegno che ritengano facilmente confondibile: a quest´ultimo effetto, tutti i contrassegni depositati possono essere in qualsiasi momento presi in visione da chi abbia presentato un contrassegno a norma degli articoli precedenti.
Le opposizioni devono essere presentate al Ministero dell´interno entro 48 ore dalla sua decisione e, nello stesso termine, devono essere notificate ai depositanti delle liste che vi abbiano interesse. Il Ministero trasmette gli atti all´Ufficio centrale nazionale, che decide entro le successive 48 ore, dopo aver sentito i depositanti delle liste che vi abbiano interesse.

Art. 17.
(L. 16 maggio 1956, n. 493, art. 9)
All´atto del deposito del contrassegno presso il Ministero dell´interno i partiti o i gruppi politici organizzati debbono presentare la designazione, per ciascuna circoscrizione, di un
rappresentante effettivo e di uno supplente del partito o del gruppo incaricati di effettuare il deposito, al rispettivo Ufficio centrale circoscrizionale, della lista dei candidati e dei relativi documenti. La designazione e´ fatta con un unico atto, autenticato da notaio. Il Ministero dell´interno comunica a ciascun Ufficio centrale circoscrizionale le designazioni suddette entro il 36° giorno antecedente quello della votazione. Con le stesse modalita´ possono essere indicati, entro il 33° giorno antecedente quello della votazione, altri rappresentanti
supplenti, in numero non superiore a due, incaricati di effettuare il deposito di cui al precedente comma, qualora i rappresentanti precedentemente designati siano entrambi impediti di provvedervi, per fatto sopravvenuto. Il Ministero dell´interno ne da´ immediata
comunicazione all´Ufficio centrale circoscrizionale cui la nuova designazione si riferisce.

Art. 18.
ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 21 DICEMBRE 2005, N. 270

Art. 18-bis.
1. La presentazione delle liste di candidati per l´attribuzione dei seggi con metodo proporzionale deve essere sottoscritta: da almeno 1.500 e da non piu´ di 2.000 elettori iscritti nelle liste elettorali di comuni compresi nelle circoscrizioni fino a 500.000 abitanti; da
almeno 2.500 e da non piu´ di 3.000 elettori iscritti nelle liste elettorali di comuni compresi nelle circoscrizioni con piu´ di 500.000 abitanti e fino a 1.000.000 di abitanti; da almeno 4.000 e da non piu´ di 4.500 elettori iscritti nelle liste elettorali di comuni compresi nelle circoscrizioni con piu´ di 1.000.000 di abitanti. In caso di scioglimento della Camera dei deputati che ne anticipi la scadenza di oltre centoventi giorni, il numero delle sottoscrizioni
e´ ridotto alla meta´. Le sottoscrizioni devono essere autenticate da uno dei soggetti di cui all´articolo 14 della legge 21 marzo 1990, n. 53. La candidatura deve essere accettata con dichiarazione firmata ed autenticata da un sindaco, da un notaio o da uno dei soggetti di cui
all´articolo 14 della legge 21 marzo 1990, n. 53. Per i cittadini residenti all´estero l´autenticazione della firma deve essere richiesta ad un ufficio diplomatico o consolare.
2. Nessuna sottoscrizione e´ richiesta per i partiti o gruppi politici costituiti in gruppo parlamentare in entrambe le Camere all´inizio della legislatura in corso al momento della convocazione dei comizi. Nessuna sottoscrizione e´ altresi´ richiesta per i partiti o gruppi politici che abbiano effettuato le dichiarazioni di collegamento ai sensi dell´articolo 14-bis, comma 1, con almeno due partiti o gruppi politici di cui al primo periodo e abbiano conseguito almeno un seggio in occasione delle ultime elezioni per il Parlamento europeo, con contrassegno identico a quello depositato ai sensi dell´articolo 14. In tali casi, la presentazione della lista deve essere sottoscritta dal presidente o dal segretario del partito
o gruppo politico ovvero da uno dei rappresentanti di cui all´articolo 17, primo comma. Il Ministero dell´interno provvede a comunicare a ciascun Ufficio elettorale circoscrizionale che la designazione dei rappresentanti comprende anche il mandato di sottoscrivere la dichiarazione di presentazione delle liste. La firma del sottoscrittore deve essere autenticata da un notaio o da un cancelliere di tribunale. Nessuna sottoscrizione e´ altresi´ richiesta per i partiti o gruppi politici rappresentativi di minoranze linguistiche che abbiano conseguito almeno un seggio in occasione delle ultime elezioni per la Camera dei deputati o per il Senato della Repubblica.
3. Ogni lista, all´atto della presentazione, e´ composta da un elenco di candidati, presentati secondo un determinato ordine. La lista e´ formata complessivamente da un numero di candidati non inferiore a un terzo e non superiore ai seggi assegnati alla
circoscrizione.


Art. 19.
(T. U. 5 febbraio 1948, n. 26, art. 11, comma 4°, e L. 16 maggio 1956, n. 493, art. 36)
1. Nessun candidato puo´ essere incluso in liste con diversi contrassegni nella stessa o in altra circoscrizione, pena la nullita´ dell´elezione. A pena di nullita´ dell´elezione, nessun candidato puo´ accettare la candidatura contestuale alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica.


Art. 20.
(T. U. 5 febbraio 1948, n. 26, art. 12, comma 1°, 2°, 3°, 4°, 5°, 6° e 7°, L. 16 maggio 1956, n. 493, artt. 10, comma 1° e 2°, e 36 e L. 31 ottobre 1955, n. 1064, artt. 2 e 3)
Le liste dei candidati devono essere presentate, per ciascuna Circoscrizione, alla Cancelleria della Corte di appello o del Tribunale indicati nella Tabella A, allegata al presente testo unico, dalle ore 8 del trentacinquesimo giorno alle ore 20 del trentaquattresimo giorno antecedenti quello della votazione; a tale scopo, per il periodo suddetto, la Cancelleria della Corte di appello o del Tribunale rimane aperta quotidianamente, compresi i giorni festivi, dalle ore 8 alle ore 20. Insieme con le liste dei candidati devono essere presentati gli atti di accettazione delle candidature, i certificati di iscrizione nelle liste elettorali dei candidati e la dichiarazione di presentazione della lista dei
candidati firmata, anche in atti separati, dal prescritto numero di elettori.
Tale dichiarazione deve essere corredata dei certificati, anche collettivi, dei Sindaci dei singoli Comuni, ai quali appartengono i sottoscrittori, che ne attestino l´iscrizione nelle liste elettorali della circoscrizione. I Sindaci devono, nel termine improrogabile di ventiquattro ore dalla richiesta, rilasciare tali certificati. La firma degli elettori deve avvenire su appositi moduli riportanti il contrassegno di lista, il nome, cognome, data e luogo di nascita dei candidati, nonche´ il nome, cognome, data e luogo di nascita dei sottoscrittori e deve essere autenticata da uno dei soggetti di cui all´articolo 14 della legge 21 marzo 1990, n. 53; deve essere indicato il comune nelle cui liste l´elettore dichiara di essere iscritto. Per tale prestazione e´ dovuto al notaio o al cancelliere l´onorario di lire 100 per ogni sottoscrizione autenticata. PERIODO SOPPRESSO DALLA L. 21 DICEMBRE 2005, N. 270. Nessun elettore puo´ sottoscrivere piu´ di una lista di candidati. Nella dichiarazioni di presentazione della lista dei candidati deve essere specificato con quale contrassegno depositato presso il Ministero dell´Interno la lista intenda distinguersi. La dichiarazione di presentazione della lista dei candidati deve contenere, infine, la indicazione di due delegati effettivi e di due supplenti, autorizzati a fare le designazioni previste dall´art. 25.

Art. 21.
(T. U. 5 febbraio 1948, n. 26, art. 12, ultimo comma, e L. 16 febbraio 1956, n. 493, art. 10, ultimo comma)
La Cancelleria della Corte di appello o del Tribunale circoscrizionale accerta l´identita´ personale del depositante e, nel caso in cui si tratti di persona diversa da quelle designate ai sensi dell´art. 17, ne fa esplicita menzione nel verbale di ricevuta degli atti, di cui una copia e´ consegnata immediatamente al presentatore. Nel medesimo verbale, oltre alla indicazione della lista dei candidati presentata e delle designazioni del contrassegno e dei delegati, e´ annotato il numero d´ordine progressivo attribuito dalla Cancelleria stessa a ciascuna lista secondo l´ordine di presentazione.

Art. 22.
(T. U. 5 febbraio 1948, n. 26, art. 14, secondo periodo, nn. 1, 2, 3 e 4, e L. 16 maggio 1956, n. 493, art. 11)
L´Ufficio centrale circoscrizionale, entro il giorno successivo alla scadenza del termine stabilito per la presentazione delle liste dei candidati:
1) ricusa le liste presentate da persone diverse da quelle designate all´atto del deposito del contrassegno ai sensi dell´art. 17;
2) ricusa le liste contraddistinte con contrassegno non depositato presso il Ministero dell´interno, ai termini degli articoli 14, 15 e 16;
3) verifica se le liste siano state presentate in termine e siano sottoscritte dal numero di elettori prescritto, dichiarandole non valide se non corrispondono a queste condizioni; riduce al limite prescritto le liste contenenti un numero di candidati superiore a quello stabilito al comma 2 dell´art. 18- bis, cancellando gli ultimi nomi e dichiara non valide le liste contenenti un numero di candidati inferiore a quello stabilito al comma 3 dell´articolo 18-bis;
4) cancella dalle liste i nomi dei candidati, per i quali manca la prescritta accettazione;
5) cancella dalle liste i nomi dei candidati che non abbiano compiuto o che non compiano il 25° anno di eta´ al giorno delle elezioni, di quelli per i quali non Sia stato presentato
il certificato di nascita, o documento equipollente, o il certificato di iscrizione nelle liste elettorali di un Comune della Repubblica;
6) cancella i nomi dei candidati compresi in altra lista gia´ presentata nella circoscrizione.
7) NUMERO ABROGATO DALLA L. 21 DICEMBRE 2005, N. 270.
I delegati di ciascuna lista possono prendere cognizione, entro la stessa giornata, delle contestazioni fatte dall´ufficio centrale circoscrizionale e delle modificazioni da questo apportate alla lista. L´ufficio centrale circoscrizionale si riunisce nuova mente il giorno successivo alle ore 12 per udire eventualmente i delegati delle liste contestate o modificate ed ammettere nuovi documenti nonche´ correzioni formali e deliberare in merito.

Art. 23.
(L. 16 maggio 1956, n. 493, art. 12)
Le decisioni dell´Ufficio centrale circoscrizionale, di cui all´articolo precedente, sono comunicate, nella stessa giornata, ai delegati di lista. Contro le decisioni di eliminazione di liste o di candidati, i delegati di lista possono, entro 48 ore dalla comunicazione, ricorrere all´Ufficio centrale nazionale. Il ricorso deve essere depositato entro detto termine, a pena di decadenza, nella Cancelleria dell´Ufficio centrale circoscrizionale. Il predetto Ufficio, nella stessa giornata, trasmette, a mezzo di corriere speciale, all´Ufficio centrale nazionale, il ricorso con le proprie deduzioni. Ove il numero dei ricorsi presentati lo renda necessario, il Primo presidente della Corte di Cassazione, a richiesta del Presidente dell´Ufficio centrale nazionale, aggrega all´Ufficio stesso, per le operazioni di cui al presente articolo, altri consiglieri. L´Ufficio centrale nazionale decide nei due giorni successivi. Le decisioni dell´Ufficio centrale nazionale sono comunicate nelle 24 ore ai ricorrenti ed agli Uffici centrali circoscrizionali.

Art. 24.
(T. U. 5 febbraio 1948, n. 26, art. 14, nn. 5, 6, 7 e 8, e L. 16 maggio 1956, n. 493, art. 13)
L´ufficio centrale circoscrizionale, non appena scaduto il termine stabilito per la presentazione dei ricorsi, o, nel caso in cui sia stato presentato reclamo, non appena ricevuta la comunicazione della decisione dell´ufficio centrale nazionale, compie le seguenti
operazioni:
1) NUMERO ABROGATO DALLA L. 21 DICEMBRE 2005, N. 270;
2) stabilisce, mediante sorteggio da effettuare alla presenza dei delegati di lista, il numero d´ordine da assegnare alle coalizioni e alle liste non collegate e ai relativi contrassegni di lista, nonche´, per ciascuna coalizione, l´ordine dei contrassegni delle liste della coalizione. I contrassegni di ciascuna lista sono riportati sulle schede di votazione e sui manifesti secondo l´ordine progressivo risultato dal suddetto sorteggio;
3) comunica ai delegati di lista le definitive determinazioni adottate;
4) trasmette immediatamente alla prefettura capoluogo della circoscrizione le liste ammesse, con i relativi contrassegni, i quali devono essere riprodotti sulle schede di votazione con i colori del contrassegno depositato presso il Ministero dell´interno ai sensi dell´articolo 14, per la stampa delle schede medesime e per l´adempimento di cui al numero 5);
5) provvede, per mezzo della prefettura capoluogo della circoscrizione, alla stampa – su manifesti riproducenti i rispettivi contrassegni – delle liste nonche´ alla trasmissione di esse ai sindaci dei comuni della circoscrizione per la pubblicazione nell´albo pretorio ed in altri luoghi pubblici entro il quindicesimo giorno precedente la data delle elezioni. Tre copie di ciascun manifesto devono essere consegnate ai presidenti dei singoli uffici elettorali di sezione; una a disposizione dell´ufficio e le altre per l´affissione nella sala della votazione.

Art. 25.
(T. U. 5 febbraio 1948, n. 26, art. 17, comma 1°, 2° e 3°, e L. 16 maggio 1956, n. 493, art. 14)
Con dichiarazione scritta su carta libera e autenticata da un notaio o da un Sindaco della circoscrizione, i delegati di cui all´articolo 20, o persone da essi autorizzate in forma
autentica, hanno diritto di designare, all´Ufficio di ciascuna sezione ed all´Ufficio centrale circoscrizionale, due rappresentanti della lista: uno effettivo e l´altro supplente, scegliandoli
fra gli elettori della circoscrizionale che sappiano leggere e scrivere. L´atto di designazione dei rappresentanti presso gli uffici elettorali di sezione e´ presentato entro il venerdi precedente l´elezione, al segretario del comune che ne dovra´ curare la trasmissione ai presidenti delle sezioni elettorali o e´ presentato direttamente ai singoli presidenti delle sezioni il sabato pomeriggio oppure la mattina stessa delle elezioni, purche´ prima dell´inizio della votazione.
COMMA ABROGATO DALLA L. 23 APRILE 1976, N. 136.
L´atto di designazione dei rappresentanti presso l´Ufficio centrale circoscrizionale e´ presentato, entro le ore 12 del giorno in cui avviene l´elezione, alla Cancelleria della Corte di appello o del Tribunale circoscrizionale, la quale ne rilascia ricevuta. Per lo svolgimento del loro compito i delegati di lista devono dimostrare la loro qualifica esibendo la ricevuta rilasciata dalla Cancelleria della Corte d´appello o del Tribunale all´atto del deposito delle liste dei candidati. Nel caso che alla designazione dei rappresentanti di lista provvedano delegati dei delegati, a norma del primo comma del presente articolo, il notaio, nell´autenticarne la firma, da´ atto dell´esibizione fattagli della ricevuta rilasciata all´atto del deposito delle liste.

Art. 26.
(T. U. 5 febbraio 1948, n. 26, art. 17, comma 4° e 5°)
Il rappresentante di ogni lista di candidati ha diritto di assistere a tutte le operazioni dell´Ufficio elettorale, sedendo al tavolo dell´Ufficio stesso o in prossimita´, ma sempre in luogo che gli permetta di seguire le operazioni elettorali, e puo´ fare inserire succintamente a verbale eventuali dichiarazioni. Il presidente, uditi gli scrutatori, puo´, con ordinanza motivata, fare allontanare dall´aula il rappresentante che eserciti violenza o che, richiamato due volte, continui a turbare gravemente il regolare procedimento delle operazioni elettorali.

Art. 27.
ARTICOLO ABROGATO DAL D.P.R. 8 SETTEMBRE 2000, N. 299

Art. 28.
ARTICOLO ABROGATO DAL D.P.R. 8 SETTEMBRE 2000, N. 299

Art. 29.
(T. U. 5 febbraio 1948, n. 26, art. 19)
La Commissione elettorale mandamentale trasmette al Sindaco le liste elettorali di sezione per la votazione almeno dieci giorni prima della data di convocazione dei comizi.

Art. 30.
(T. U. 5 febbraio 1948, n. 26, art. 20, e L. 16 maggio 1956, n. 493, artt. 22, comma 1° e 3°, lett. a), 13, n. 5, e 14, comma 2°)
Nelle ore antimeridiane del giorno che precede le elezioni, il Sindaco provvede a far consegnare al presidente di ogni Ufficio elettorale di sezione:
1) il plico sigillato contenente il bollo della sezione;
2) un esemplare della lista degli elettori della sezione, autenticata dalla Commissione elettorale mandamentale, e un estratto di tale lista, autenticato in ciascun foglio dal Sindaco e dal segretario comunale, per l´affissione nella sala della votazione;
3) l´elenco degli elettori della sezione che hanno dichiarato di voler votare nel luogo di cura dove sono degenti, a norma dell´art. 51;
4) tre copie del manifesto contenente le liste del candidati della circoscrizione: una copia rimane a disposizione dell´Ufficio elettorale e le altre devono essere affisse nella sala della votazione;
5) i verbali di nomina degli scrutatori;
6) le designazioni dei rappresentanti di lista, ricevute a norma dell´art. 25, secondo comma;
7) i pacchi delle schede che al sindaco sono stati trasmessi sigillati dalla Prefettura, con l´indicazione sull´involucro esterno del numero delle schede contenute;
8) un´urna del tipo descritto nell´art. 32;
9) una cassetta o scatola per la conservazione delle schede autenticate da consegnare agli elettori;
10) un congruo numero di matite copiative per la espressione del voto.

Art. 31.
(T. U. 5 febbraio 1948, n. 26, art. 21, e L. 16 maggio 1956, n. 493, art. 16)
1. Le schede sono di carta consistente, sono fornite a cura del Ministero dell´interno con le caratteristiche essenziali del modello descritto nelle tabelle A-bis e A-ter allegate al presente testo unico e riproducono in fac-simile i contrassegni di tutte le liste regolarmente presentate nella circoscrizione, secondo le disposizioni di cui all´articolo 24.
2. Sulle schede i contrassegni delle liste collegate appartenenti alla stessa coalizione sono riprodotti di seguito, in linea orizzontale, uno accanto all´altro, su un´unica riga. L´ordine delle coalizioni e delle singole liste non collegate, nonche´ l´ordine dei contrassegni delle liste di ciascuna coalizione sono stabiliti con sorteggio secondo le disposizioni di cui all´articolo 24. I contrassegni devono essere riprodotti sulle schede con il diametro di centimetri tre.

Art. 32.
(T. U. 5 febbraio 1948, n. 26, art. 22)
I bolli delle sezioni, di tipo identico, con numerazione unica progressiva conforme al modello descritto nella tabella D, allegata al presente testo unico, sono forniti dal Ministero dell´interno. Le urne per la votazione sono fornite dal Ministero dell´interno; le caratteristiche essenziali di esse sono stabilite con decreto del Ministro dell´interno. Il Ministro dell´interno stabilisce, altresi´ con proprio decreto, le caratteristiche essenziali e la materia delle cassettine per timbri di cui alla tabella D allegata al presente testo unico.

Art. 33.
(T. U. 5 febbraio 1948, n. 26, art. 23, e L. 16 maggio 1956, n. 493, art. 17)
Entro quindici giorni dalla pubblicazione del decreto di convocazione dei comizi, il Sindaco od un assessore da lui delegato, con l´assistenza del segretario comunale, accerta la esistenza e il buono stato delle urne, delle cabine e di tutto il materiale occorrente per l´arredamento delle varie sezioni. Trascorso inutilmente il termine di cui al comma precedente, ogni elettore puo´ ricorrere al Prefetto, perche´, ove ne sia il caso, provveda a fare eseguire, anche a mezzo di apposito commissario, le operazioni di cui al comma precedente. La Prefettura provvede ad inviare ai Sindaci, insieme con i pacchi delle schede di votazione, i plichi sigillati contenenti i bolli delle sezioni, non oltre il terzo giorno antecedente quello della elezione.

Art. 34.
(T. U. 5 febbraio 1948, n. 26, art. 24, comma 10, primo periodo, e L. 16 maggio 1956, n. 493, art. 18, comma 1°)
In ciascuna sezione e´ costituito un Ufficio elettorale composto di un presidente, di quattro scrutatori, di cui uno, a scelta del presidente, assume le funzioni di vicepresidente, e di un segretario.

Art. 35.
(T. U. 5 febbraio 1948, n. 26, art. 24, comma 1°, secondo periodo e comma 2°, 3°, 4° e 5°, e L. 16 maggio 1956, n. 493, art. 18, comma 2° e 3°)
La nomina dei presidenti di seggio deve essere effettuata dal Presidente della Corte d´appello competente per territorio entro il trentesimo giorno precedente quello della votazione fra i magistrati, gli avvocati e procuratori dell´Avvocatura dello Stato, che esercitano il loro ufficio nel distretto della Corte stessa e, occorrendo, tra gli impiegati civili a riposo, i funzionari appartenenti al personale delle cancellerie e segreterie giudiziarie, i notai e vice pretori onorari e quei cittadini che, a giudizio del Presidente medesimo, siano idonei all´ufficio, esclusi gli appartenenti alle categorie elencate nell´art. 38. L´enumerazione di queste categorie, salvo quella dei magistrati, non implica ordine di precedenza per la designazione. Presso la Cancelleria di ciascuna Corte di appello, e´ tenuto al corrente, con le norme da stabilirsi dal Ministero di grazia e giustizia d´accordo con quello dell´interno, un elenco di persone idonee all´ufficio di presidente di seggio elettorale. Entro il ventesimo giorno precedente quello della votazione, il Presidente della Corte d´appello trasmette ad ogni Comune l´elenco dei presidenti designati alle rispettive sezioni elettorali, con i relativi indirizzi, dando tempestiva notizia delle eventuali successive variazioni. In caso di impedimento del presidente, che sopravvenga in condizioni tali da non consentirne la surrogazione normale, assume la presidenza il Sindaco o un suo delegato. Delle designazioni e´ data notizia ai magistrati ed ai cancellieri, vice cancellieri e segretari degli Uffici giudiziari per mezzo dei rispettivi capi gerarchici; agli altri designati, mediante notificazione da eseguirsi dagli ufficiali giudiziari di Pretura o dagli uscieri degli Uffici di conciliazione o dai messi comunali.

Art. 36.
ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 8 MARZO 1989, N. 95

Art. 37
ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 8 MARZO 1989, N. 95

Art. 38.
(L. 16 maggio 1956, n. 493, art. 20)
Sono esclusi dalle funzioni di presidente di Ufficio elettorale di sezione, di scrutatore e di segretario: a) coloro che, alla data delle elezioni, abbiano superato il settantesimo anno di eta´; b) i dipendenti dei Ministeri dell´interno, delle poste e telecomunicazioni e dei trasporti; c) ((LETTERA ABROGATA DAL D.LGS. 15 MARZO 2010, N. 66)); d) i medici provinciali, gli ufficiali sanitari ed i medici condotti; e) i segretari comunali ed i dipendenti dei Comuni, addetti o comandati a prestare servizio presso gli Uffici elettorali comunali; f) i candidati alle elezioni per le quali si svolge la votazione.

Art. 39.
ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 22 MAGGIO 1970, N. 312

Art. 40.
(T. U. 5 febbraio 1948, n. 26, art. 2, e L. 16 maggio 1956, n. 493, art. 18, comma 1°)
L´ufficio di presidente, di scrutatore e di segretario e´ obbligatorio per le persone designate. Lo scrutatore che assume le funzioni di vice presidente coadiuva il presidente e ne fa le veci in caso di assenza o d´impedimento. Tutti i membri dell´Ufficio, compresi i rappresentanti di lista, sono considerati, per ogni effetto di legge, pubblici ufficiali durante l´esercizio delle loro funzioni.

Art. 41.
(T. U. 5 febbraio 1948, n. 26, art. 29, e L. 16 maggio 1956, n. 493, art. 19, comma 2°)
Alle ore sedici del giorno che precede le elezioni, il presidente costituisce l´Ufficio, chiamando a farne parte gli scrutatori e il segretario e invitando ad assistere alle operazioni elettorali i rappresentanti delle liste dei candidati. Se tutti o alcuno degli scrutatori non siano presenti o ne sia mancata la designazione, il presidente chiama in sostituzione alternativamente l´anziano e il piu´ giovane tra gli elettori presenti, che sappiano leggere e scrivere e non siano rappresentanti di liste di candidati, e per i quali non sussista alcuna delle cause di esclusione di cui all´art. 38.

TITOLO IV
DELLA VOTAZIONE

Art. 42.
(T. U. 5 febbraio 1948, n. 26, artt. 30 e 36, comma 2, e L. 16 maggio 1956, n. 493, art. 13, n. 5)
La sala delle elezioni deve avere una sola porta di ingresso aperta al pubblico, salva la possibilita´ di assicurare un accesso separato alle donne. La sala dev´essere divisa in due compartimenti da un solido tramezzo, con un´apertura centrale per il passaggio. Il primo compartimento, in comunicazione diretta con la porta d´ingresso, e´ riservato agli elettori, i quali possono entrare in quello riservato all´Ufficio elettorale soltanto per votare,
trattenendovisi il tempo strettamente necessario. Il tavolo dell´Ufficio dev´essere collocato in modo che i rappresentanti di lista possano girarvi attorno, allorche´ sia stata chiusa la votazione. L´urna deve essere fissata sul tavolo stesso e sempre visibile a tutti. Ogni sala, salva comprovata impossibilita´ logistica, deve avere quattro cabine, di cui una destinata ai portatori di handicap. Le cabine sono collocate in maniera da rimanere isolate e sono munite di un riparo che assicura la segretezza del voto. Le porte e le finestre che siano nella parete adiacente ai tavoli, ad una distanza minore di due metri dal loro spigolo piu´ vicino,
devono essere chiuse in modo da impedire la vista ed ogni comunicazione dal di fuori. L´estratto delle liste degli elettori e due copie del manifesto contenente le liste dei candidati devono essere visibilmente affissi, durante il corso delle operazioni elettorali, in modo che
possano essere letti dagli intervenuti.

Art. 43.
(T. U. 5 febbraio 1948, n. 26, art. 32)
Salvo le eccezioni previste dagli artt. 44, 47, 48, 49, 50 e 51, possono entrare nella sala dell´elezione soltanto gli elettori che presentino il certificato d´iscrizione alla sezione rispettiva. E´ assolutamente vietato portare armi o strumenti atti ad offendere.

Art. 44.
(T. U. 5 febbraio 1948, n. 26, art. 33)
Il presidente della sezione e´ incaricato della polizia dell´adunanza. Puo´ disporre degli agenti della Forza pubblica e delle Forze armate per fare espellere od arrestare coloro che
disturbino il regolare procedimento delle operazioni elettorali o commettano reato. La Forza non puo´, senza la richiesta del presidente, entrare nella sala delle elezioni. Pero´, in caso di tumulti o di disordini nella sala o nelle immediate adiacenze, gli ufficiali di polizia giudiziaria, possono, anche senza richiesta del presidente, ma non contro la sua opposizione, entrare nella sala delle elezioni e farsi assistere dalla Forza. Hanno pure accesso nella sala gli ufficiali giudiziari per notificare al presidente proteste e reclami relativi alle operazioni della sezione. Il presidente puo´, in via eccezionale, di sua iniziativa, e deve, qualora tre scrutatori ne facciano richiesta, disporre che la Forza entri e resti nella sala dell´elezione, anche prima che comincino le operazioni elettorali. Le autorita´ civili ed i comandanti militari sono tenuti ad ottemperare alle richieste del presidente, anche per assicurare preventivamente il libero accesso degli elettori al locale in cui e´ la sezione, ed impedire gli assembramenti anche nelle strade adiacenti. Quando abbia giustificato timore che possa essere turbato il regolare procedimento delle operazioni elettorali, il presidente,
uditi gli scrutatori, puo´, con ordinanza motivata, disporre che gli elettori, i quali abbiano votato, escano dalla sala e non vi rientrino se non dopo la chiusura della votazione. Puo´ disporre altresi´ che gli elettori, i quali indugino artificiosamente nella votazione, o non rispondano all´invito di restituire la scheda riempita, siano allontanati dalle cabine, previa
restituzione della scheda, e siano riammessi a votare soltanto dopo che abbiano votato gli altri elettori presenti. Di cio´ e´ dato atto nel processo verbale.

Art. 45.
(T. U. 5 febbraio 1948, n. 26, art. 34, e L. 16 maggio 1956, n. 493, art. 22, comma 3°, lettera a) e 28, comma 1°)
Appena accertata la costituzione dell´Ufficio, il presidente, dopo aver preso nota sulla lista sezionale degli elettori compresi nell´elenco di cui all´art. 30, n. 3, estrae a sorte il numero
progressivo di ogni gruppo di 100 schede, le quali devono essere autenticate dagli scrutatori designati dal presidente. Il presidente apre il pacco delle schede e distribuisce agli scrutatori un numero di schede corrispondenti a quello degli elettori iscritti nella sezione. Lo scrutatore scrive il numero progressivo sull´appendice di ciascuna scheda ed appone la sua firma sulla faccia posteriore della scheda stessa. Il presidente, previa constatazione dell´integrita´ del sigillo che chiude il plico contenente il bollo della sezione, apre il plico stesso e nel verbale fa attestazione del numero indicato nel bollo. Subito topo il presidente imprime il bollo a tergo di ciascuna scheda. Durante le operazioni di cui al presente articolo, nessuno puo´ allontanarsi dalla sala. Nel processo verbale si fa menzione della serie di schede firmate da ciascun scrutatore. Il presidente depone le schede nell´apposita cassetta e, sotto la sua personale responsabilita´, provvede alla custodia delle schede rimaste nel pacco, di cui al n. 7 dell´art. 30.
COMMA ABROGATO DALLA L. 21 DICEMBRE 2005, N. 270.
Successivamente, il presidente rimanda le ulteriori operazioni alle ore otto del giorno seguente, affidando la custodia delle urne, della scatola contenente le schede firmate e dei documenti alla Forza pubblica.

Art. 46.
(T. U. 5 febbraio 1948, n. 26, art. 35, e L. 16 maggio 1956, n. 493, art. 23, ultimo comma, e 28, comma 1°)
1. Alle ore otto antimeridiane della domenica fissata per l´inizio della votazione il presidente riprende le operazioni elettorali.
2. Il presidente prende nota sulla lista sezionale, a fianco dei relativi nominativi, degli elettori compresi nell´elenco di cui all´articolo 50, ultimo comma.
3. Successivamente, il presidente dichiara aperta la votazione.

Art. 47.
(T. U. 5 febbraio 1948, n. 26, art. 36, comma 1° e 3°)
Ha diritto di votare chi e´ iscritto nelle liste degli elettori della sezione, salve le eccezioni previste agli articoli 48, 49, 50 e 51. Ha, inoltre, diritto di votare chi presenti una sentenza che lo dichiara elettore della circoscrizione.

Art. 48.
(T. U. 5 febbraio 1948, n. 26, art. 37)
Il presidente, gli scrutatori e il segretario del seggio votano, previa esibizione del certificato elettorale, nella sezione presso la quale esercitano il loro ufficio, anche se siano iscritti come elettori in altra sezione o in altro comune della circoscrizione. I rappresentanti delle liste votano nella sezione presso la quale esercitano le loro funzioni purche´ siano elettori della circoscrizione. I candidati possono votare in una qualsiasi delle sezioni della circoscrizione
dove sono proposti, presentando il certificato elettorale. Votano, inoltre, nella sezione presso la quale esercitano il loro ufficio, anche se risultino iscritti come elettori in altra sezione o in qualsiasi altro comune del territorio nazionale, gli ufficiali e gli agenti della forza pubblica in servizio di ordine pubblico. Essi sono ammessi al voto previa esibizione del certificato elettorale. Gli elettori di cui al comma precedente sono iscritti, a cura del presidente, in calce alla lista della sezione e di essi e´ presa nota nel verbale.

Art. 49.
(T. U. 5 febbraio 1948, n. 26, art. 38)
I militari delle Forze armate nonche´ gli appartenenti a corpi organizzati militarmente per il servizio dello Stato, alle forze di polizia ed al Corpo nazionale dei vigili del fuoco sono ammessi a votare nel comune in cui si trovano per causa di servizio. Essi possono esercitare il voto in qualsiasi sezione elettorale, in soprannumero agli elettori iscritti nella relativa lista e con precedenza, previa esibizione del certificato elettorale, e sono iscritti in una lista aggiunta. E´ vietato ad essi di recarsi inquadrati o armati nelle sezioni elettorali. La loro iscrizione nelle relative liste e´ fatta a cura del presidente.

Art. 50.
(L. 16 maggio 1956, n. 493, art. 23)
I naviganti fuori residenza per motivi di imbarco sono ammessi a votare nel Comune ove si trovano. Essi possono esercitare il voto in qualsiasi sezione elettorale del Comune stesso in soprannumero agli elettori iscritti nelle relative liste, previa esibizione del certificato elettorale, corredato dai seguenti documenti: a) certificato del comandante del porto o del direttore dell´aeroporto attestante che il marittimo o l´aviatore si trova nell´impossibilita´ di recarsi a votare nel comune di residenza per motivi di imbarco; limitatamente a questi fini il direttore dell´aeroporto viene considerato autorita´ certificante; b) certificato del Sindaco del Comune, di cui al primo comma, attestante l´avvenuta, notifica telegrafica, da parte del Comune stesso, non oltre il giorno antecedente la data della votazione, al Sindaco del Comune che ha rilasciato il certificato elettorale, della volonta´ espressa dall´elettore di votare nel Comune in cui si trova per causa di imbarco. I predetti elettori sono iscritti, a cura del presidente della sezione, nella stessa lista aggiunta di cui al secondo comma dell´articolo precedente. I Sindaci dei Comuni che hanno rilasciato i certificati elettorali, sulla base delle notifiche telegrafiche previste dal secondo comma, compileranno gli elenchi dei naviganti che hanno tempestivamente espresso la volonta´ di votare nel Comune ove si trovano per causa di imbarco e li consegneranno ai presidenti di seggio prima dell´inizio delle operazioni di voto. I presidenti di seggio ne prenderanno nota, a fianco dei relativi nominativi, nelle liste di sezione.

Art. 51.
(L. 16 maggio 1956, n. 493, art. 22, comma 1°, 2° e 3°)
I degenti in ospedali e case di cura sono ammessi a votare nel luogo di ricovero. A tale effetto gli interessati devono fare pervenire, non oltre il terzo giorno antecedente la data della votazione, al Sindaco del Comune nelle cui liste elettorali sono iscritti, una dichiarazione attestante la volonta´ di esprimere il voto nel luogo di cura. La dichiarazione, che deve espressamente indicare il numero della sezione alla quale l´elettore e´ assegnato e il suo numero di iscrizione nella lista elettorale di sezione, risultanti dai certificato elettorale, deve recare in calce l´attestazione del direttore sanitario del luogo di cura, comprovante il ricovero dell´elettore nell´Istituto, ed e´ inoltrata al Comune di destinazione per il tramite del direttore amministrativo o del segretario dell´Istituto stesso. Il Sindaco, appena ricevuta la dichiarazione, provvede: a) ad includere i nomi dei richiedenti in appositi elenchi distinti per sezioni: gli elenchi sono consegnati, nel termine previsto dall´art. 30, al presidente di ciascuna sezione, il quale, all´atto stesso della costituzione del seggio, provvede a prenderne nota sulla lista elettorale sezionale; b) a rilasciare immediatamente ai richiedenti, anche per telegramma, un´attestazione dell´avvenuta inclusione negli elenchi previsti dalla lettera a).

Art. 52.
(L. 16 maggio 1956, n. 493, art. 22, comma 40)
Negli ospedali e nelle case di cura con almeno 200 letti e´ istituita una sezione elettorale per ogni 500 letti o frazione di 500. Gli elettori che esercitano il loro voto nelle sezioni ospedaliere sono iscritti nelle liste di sezione all´atto della votazione, a cura del presidente del seggio: alle sezioni ospedaliere possono, tuttavia, essere assegnato, in sede di revisione annuale delle liste, gli elettori facenti parte del personale di assistenza dell´Istituto che ne facciano domanda. Nel caso di contemporaneita´ delle elezioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, il presidente prende nota, sulla lista, degli elettori che votano soltanto per una delle due elezioni.

Art. 53.
(L. 16 maggio 1956, n. 493, art. 22, comma 5° e 6°)
Negli ospedali e case di cura minori, il voto degli elettori ivi ricoverati viene raccolto, durante le ore in cui e´ aperta la votazione, dal presidente della sezione elettorale nella cui
circoscrizione e´ posto il luogo di cura, con l´assistenza di uno degli scrutatori del seggio, designato dalla sorte, e del segretario ed alla presenza dei rappresentanti di lista, se sono stati designati, che ne facciano richiesta. Il presidente cura che sia rispettata la liberta´ e la segretezza del voto. Dei nominativi di tali elettori viene presa nota, con le modalita´ di cui all´articolo precedente, dal presidente in apposita lista aggiunta da allegare a quella della sezione. Le schede votate sono raccolte e custodite dal presidente in un plico, o in due plichi distinti nel caso di elezioni della Camera dei deputati e del Senato contemporanee, e sono immediatamente portate alla sezione elettorale ed immesse nell´urna o nelle urne destinate alle votazioni, previo riscontro del loro numero con quello degli elettori che sono stati iscritti nell´apposita lista.

Art. 54.
ARTICOLO ABROGATO DAL D.P.R. 8 SETTEMBRE 2000, N. 299

Art. 55.
(T. U. 5 febbraio 1956, n. 26, art. 39)
Gli elettori non possono farsi rappresentare ne´, qualora votino in Italia, inviare il voto per iscritto. I ciechi, gli amputati delle mani, gli affetti da paralisi o da altro impedimento di analoga gravita´ esercitano il diritto elettorale con l´aiuto di un elettore della propria famiglia o, in mancanza, di un altro elettore, che sia stato volontariamente scelto come accompagnatore, purche´ l´uno o l´altro sia iscritto in un qualsiasi Comune della Repubblica. Nessun elettore puo´ esercitare la funzione di accompagnatore per piu´ di un invalido. Sul suo certificato elettorale e´ fatta apposita annotazione dal presidente del seggio, nel quale ha assolto tale compito. I presidenti di seggio devono richiedere agli accompagnatori il certificato elettorale, per constatare se hanno gia´ in precedenza esercitato la funzione predetta. L´accompagnatore consegna il certificato dell´elettore accompagnato; il presidente del seggio accerta, con apposita interpellazione, se l´elettore abbia scelto liberamente il suo accompagnatore e ne conosca il nome e cognome, e registra nel verbale, a parte, questo modo di votazione, indicando il motivo specifico di questa assistenza nella votazione, il nome dell´autorita´ sanitaria che abbia eventualmente accertato l´impedimento ed il nome e cognome dell´accompagnatore. Il certificato medico eventualmente esibito e´ allegato al verbale. L´annotazione del diritto al voto assistito, di cui al secondo comma, e´ inserita, su richiesta dell´interessato, corredata della relativa documentazione, a cura del Comune di iscrizione elettorale, mediante apposizione di un corrispondente simbolo o codice, nella tessera elettorale personale, nel rispetto delle disposizioni vigenti in materia di riservatezza personale ed in particolare della legge 31 dicembre 1996, n. 675, e successive modificazioni.

Art. 56.
(L. 16 maggio 1956, n. 493, art. 24)
1. I certificati medici eventualmente richiesti dagli elettori agli effetti dell´articolo 55 possono essere rilasciati soltanto dai funzionari medici disignati dai competenti organi dell´unita´ sanitaria locale; i designati non possono essere candidati ne´ parenti fino al quarto grado di candidati.
2. Detti certificati devono attestare che l´infermita´ fisica impedisce all´elettore di esprimere il voto senza l´aiuto di altro elettore; i certificati stessi devono essere rilasciati immediatamente e gratuitamente, nonche´ in esenzione da qualsiasi diritto od applicazione di marche.

Art. 57.
(T. U. 5 febbraio 1948, n. 26, art. 40, e L. 16 maggio 1956, n. 493, art. 25)
Dichiarata aperta la votazione, gli elettori sono ammessi a votare nell´ordine di presentazione. Essi devono esibire la carta d´identita´ o altro documento d´identificazione rilasciato dalla pubblica Amministrazione, purche´ munito di fotografia. In tal caso, nell´apposita colonna d´identificazione, sulla lista autenticata dalla Commissione elettorale mandamentale, sono indicati gli estremi del documento. Ai fini della identificazione degli elettori sono validi anche: a) le carte di identita´ e gli altri documenti di identificazione, indicati nel comma precedente, scaduti, purche´ i documenti stessi risultino sotto ogni altro aspetto regolari e possano assicurare la precisa identificazione del votante; b) le tessere di riconoscimento rilasciate dall´Unione nazionale ufficiali in congedo d´Italia, purche´ munite di fotografia e convalidate da un Comando militare; c) le tessere di riconoscimento rilasciate dagli Ordini professionali, purche´ munite di fotografia. In mancanza d´idoneo documento d´identificazione, uno dei membri dell´Ufficio che conosca personalmente l´elettore ne attesta l´identita´, apponendo la propria firma nella colonna di identificazione.
Se nessuno dei membri dell´Ufficio e´ in grado di accertare sotto la sua responsabilita´ l´identita´ dell´elettore, questi puo´ presentare un altro elettore del Comune, noto all´Ufficio, che ne attesti l´identita´. Il presidente avverte l´elettore che, se afferma il falso, sara´ punito con le pene stabilite dall´art. 104. L´elettore che attesta l´identita´ deve apporre la sua firma nella colonna di identificazione. In caso di dubbi sulla identita´ degli elettori, decide il presidente a norma dell´art. 66.

Art. 58.
(T. U. 5 febbraio 1948, n. 26, art. 41)
Riconosciuta l´identita´ personale dell´elettore, il presidente estrae dalla cassetta o scatola una scheda e la consegna all´elettore opportunamente piegata insieme alla matita copiativa.
L´elettore, senza che sia avvicinato da alcuno, esprime il voto tracciando, con la matita, sulla scheda un solo segno, comunque apposto, sul rettangolo contenente il contrassegno
della lista prescelta. Sono vietati altri segni o indicazioni. L´elettore deve poi piegare la scheda secondo le linee in essa tracciate e chiuderla inumidendone la parte gommata. Di queste operazioni il presidente gli da´ preventive istruzioni, astenendosi da ogni esemplificazione. Compiuta l´operazione di voto, l´elettore consegna al presidente la scheda chiusa e la matita. Il presidente constata la chiusura della scheda e, ove questa non sia chiusa, invita l´elettore a chiuderla, facendolo rientrare in cabina; ne verifica l´identita´ esaminando la firma e il bollo, e confrontando il numero scritto sull´appendice con quello scritto sulla lista; ne distacca l´appendice seguendo la linea tratteggiata e pone la scheda stessa nell´urna. Uno dei membri dell´Ufficio accerta che l´elettore ha votato, apponendo la propria firma accanto al nome di lui nella apposita colonna della lista sopraindicata. Le schede mancanti dell´appendice o prive di numero, di bollo o della firma dello scrutatore non sono poste nell´urna, e gli elettori che le abbiano presentate non possono piu´ votare. Esse sono vidimate immediatamente dal presidente e da almeno due scrutatori ed allegate
al processo verbale, il quale fa anche menzione speciale degli elettori che, dopo ricevuta la scheda, non l´abbiano riconsegnata.
COMMA ABROGATO DALLA L. 21 DICEMBRE 2005, N. 270.

Art. 59.
(T. U. 5 febbraio 1948, n. 26, art. 42, comma 1°, 2°, 8° e 11°)
Una scheda valida per la scelta della lista rappresenta un voto di lista. PERIODO SOPPRESSO DALLA L. 21 DICEMBRE 2005, N. 270.

Art. 60.
ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 4 AGOSTO 1993, N. 277

Art. 60-bis.
ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 4 AGOSTO 1993, N. 277

Art. 61.
ARTICOLO ABROGATO DAL D.P.R. 3 LUGLIO 1991, N. 200

Art. 62.
(T. U. 5 febbraio 1948, n. 26, art. 43)
Se l´elettore non vota entro la cabina, il presidente dell´Ufficio deve ritirare la scheda, dichiarandone la nullita´ e l´elettore non e´ piu´ ammesso al voto.

Art. 63.
(T. U. 5 febbraio 1948, n. 26, art. 44)
Se un elettore riscontra che la scheda consegnatagli e´ deteriorata, ovvero egli stesso, per negligenza o ignoranza, l´abbia deteriorata, puo´ richiederne al presidente una seconda, restituendo pero´ la prima, la quale e´ messa in un plico, dopo che il presidente vi abbia scritto “scheda deteriorata”, aggiungendo la sua firma. Il presidente deve immediatamente sostituire nella cassetta la seconda scheda consegnata all´elettore con un´altra, che viene prelevata dal pacco delle schede residue e contrassegnata con lo stesso numero di quella deteriorata, nonche´ col bollo e con la firma dello scrutatore. Nella colonna della lista indicata nel primo comma dell´art. 58, e´ annotata la consegna della nuova scheda.

Art. 64.
(T. U. 5 febbraio 1948, n. 26, art. 45 e 48, L. 6 febbraio 1948, n. 29, art. 26, comma 5° e 6°, e L. 16 maggio 1956, n. 493, art. 28, comma 1°, 2° e 3°).
1. Le operazioni di votazione proseguono fino alle ore 22 in tutte le sezioni elettorali; gli elettori che a tale ora si trovano ancora nei locali del seggio sono ammessi a votare anche oltre il termine predetto.
2. Il presidente rinvia quindi la votazione alle ore 7 del giorno successivo e, dopo aver provveduto a sigillare l´urna e la scatola recanti le schede ed a chiudere il plico contenente tutte le carte, i verbali ed il timbro della sezione, scioglie l´adunanza.
3. Successivamente, fatti uscire dalla sala tutti gli estranei all´Ufficio, il presidente provvede alla chiusura e alla custodia di essa in modo che nessuno possa entrarvi. A tal fine, coadiuvato dagli scrutatori, si assicura che tutte le finestre e gli accessi della sala, esclusa la porta o le porte d´ingresso, siano chiusi dall´interno, vi applica opportuni mezzi di segnalazione di ogni apertura e provvede, quindi, a chiudere saldamente dall´esterno la porta o le porte d´ingresso, applicandovi gli stessi mezzi precauzionali.
4. Il presidente, infine, affida alla Forza pubblica la custodia esterna della sala alla quale nessuno puo´ avvicinarsi.
5. E´ tuttavia consentito ai rappresentanti di lista di trattenersi all´esterno della sala durante il tempo in cui questa rimane chiusa.

Art. 64-bis.
1. Alle ore 7 del giorno successivo, il presidente, ricostituito l´Ufficio e constatata l´integrita´ dei mezzi precauzionali apposti agli accessi della sala e dei sigilli dell´urna e dei plichi, dichiara riaperta la votazione che prosegue fino alle ore 15; gli elettori che a tale ora si trovano ancora nei locali del seggio sono ammessi a votare anche oltre il termine predetto.

Art. 65.
ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 4 AGOSTO 1993, N. 277

Art. 66.
(T. U. 5 febbraio 1948, n. 26, art. 46)
Il presidente, udito il parere degli scrutatori, pronunzia in via provvisoria, facendolo risultare dal verbale, salvo il disposto dell´art. 87, sopra i reclami anche orali, le difficolta´ e gli incidenti intorno alle operazioni della sezione. Tre membri almeno dell´Ufficio, fra i quali il presidente o il vice presidente, devono trovarsi sempre presenti a tutte le operazioni elettorali.

TITOLO V
DELLO SCRUTINIO

Art. 67.
(T. U. 5 febbraio 1948, n. 26, art. 47, L. 6 febbraio 1948, n. 29, art. 26, comma 8°, e L. 16 maggio 1956, n. 493, art. 28, ultimo comma)
Dopo che gli elettori abbiano votato, ai sensi degli articoli 64 e 64-bis, il presidente, sgombrato il tavolo dalle carte e dagli oggetti non necessari per lo scrutinio:
1) dichiara chiusa la votazione;
2) accerta il numero dei votanti risultanti dalla lista elettorale autenticata dalla Commissione elettorale mandamentale, dalle liste di cui agli articoli 49, 50 e 53, dalla lista di cui all´art. 52 e dai tagliandi dei certificati elettorali. Le liste devono essere firmate in ciascun foglio da due scrutatori, nonche´ dal presidente, e devono essere chiuse in un plico sigillato con lo
stesso bollo dell´Ufficio. Sul plico appongono la firma il presidente ed almeno due scrutatori, nonche´ i rappresentanti delle liste dei candidati che lo vogliano, ed il plico stesso e´ immediatamente consegnato o trasmesso al Pretore del mandamento, il quale ne rilascia ricevuta;
3) estrae e conta le schede rimaste nella cassetta e riscontra se, calcolati come votanti gli elettori che, dopo aver ricevuto la scheda, non l´abbiano restituita o ne abbiano consegnata una senza appendice o senza il numero o il bollo o la firma dello scrutatore, corrispondano al numero degli elettori iscritti che non hanno votato. Tali schede, nonche´ quelle rimaste nel pacco consegnato al presidente dal Sindaco, ed i tagliandi dei certificati elettorali vengono, con le stesse norme indicate nel n. 2, consegnati o trasmessi al Pretore del mandamento.
Queste operazioni devono essere eseguite nell´ordine indicato. Di esse e del loro risultato si fa menzione nel processo verbale.

Art.68.                                                                                                                                 (T. U. 5 febbraio 1948, n. 26, art. 50, comma 1° e 2°, e L. 16 maggio 1956, n. 493, artt. 28, ultimo comma, e 31, ultimo comma)
1. COMMA ABROGATO DALLA L. 21 DICEMBRE 2005, N. 270.
2. COMMA ABROGATO DALLA L. 21 DICEMBRE 2005, N. 270.
3. Compiute le operazioni di cui all´articolo 67, il presidente procede alle operazioni di spoglio delle schede. Uno scrutatore designato mediante sorteggio estrae successivamente
ciascuna scheda dall´urna e la consegna al presidente. Questi enuncia ad alta voce il contrassegno della lista a cui e´ stato attributo il voto. Passa quindi la scheda ad altro scrutatore il quale, insieme con il segretario, prende nota dei voti di ciascuna lista
3-bis. Il segretario proclama ad alta voce i voti di lista. Un terzo scrutatore pone le schede, i cui voti sono stati spogliati, nella cassetta o scatola dalla quale sono state tolte le schede non utilizzate. Quando la scheda non contiene alcuna espressione di voto, sul retro della scheta stessa viene subito impresso il timbro della sezione.
4. E´ vietato estrarre dall´urna una scheda se quella precedentemente estratta non sia stata posta nella cassetta o scatola, dopo spogliato il voto.
5. COMMA ABROGATO DAL D.LGS. 20 DICEMBRE 1993, N. 534.
6. Le schede possono essere toccate soltanto dai componenti del seggio. PERIODO ABROGATO DAL D.LGS. 20 DICEMBRE 1993, N. 534.
7. Il numero totale delle schede scrutinate deve corrispondere al numero degli elettori che hanno votato. Il presidente accerta personalmente la corrispondenza numerica delle cifre segnate nelle varie colonne del verbale col numero degli iscritti, dei votanti dei voti validi assegnati, delle schede nulle, delle schede bianche, delle schede contenenti voti nulli e delle schede contenenti voti contestati, verificando la congruita´ dei dati e dandone pubblica lettura ed espressa attestazione nei verbali. PERIODO SOPPRESSO DALLA L. 21 DICEMBRE 2005, N. 270.
8. Tutte queste operazioni devono essere compiute nell´ordine indicato; del compimento e del risultato di ciascuna di esse deve farsi menzione nel verbale.

Art. 69.
(L. 16 maggio 1956, n. 493, art. 29)
La validita´ dei voti contenuti nella scheda deve essere ammessa ogni qualvolta possa desumersi la volonta´ effettiva dell´elettore, salvo il disposto di cui all´articolo seguente. Quando un unico segno sia tracciato su piu´ rettangoli, il voto si intende riferito al contrassegno su cui insiste la parte prevalente del segno stesso.

Art. 70.
(T. U. 5 febbraio 1948, n. 26, art. 51, e L. 16 maggio 1956, n. 493, art. 30)
Salve le disposizioni di cui agli articoli 58, 59, , 61 e 62, sono nulli i voti contenuti in schede che presentino scritture o segni tali da far ritenere, in modo inoppugnabile, che l´elettore abbia voluto far riconoscere il proprio voto. Sono, altresi´, nulli i voti contenuti in schede che non siano quelle prescritte dall´art. 31, o che non portino la firma o il bollo richiesti dagli articoli 45 e 46.


Art. 71.
(T. U. 5 febbraio 1948, n. 26, artt. 46, comma 1° e 50, comma 3° prima parte, e L. 16 maggio 1956, n. 493, art. 31, comma 1° e 2°)
Il presidente, udito il parere degli scrutatori:
1) pronunzia in via provvisoria, facendolo risultare dal verbale, salvo il disposto dell´art. 87, sopra i reclami anche orali, le difficolta´ e gli incidenti intorno alle operazioni della sezione, nonche´ sulla nullita´ dei voti;
2) decide, in via provvisoria, sull´assegnazione o meno dei voti contestati per qualsiasi causa e, nel dichiarare il risultato dello scrutinio, da´ atto del numero dei voti di lista contestati ed assegnati provvisoriamente e di quello dei voti contestati e provvisoriamente non assegnati, ai fini dell´ulteriore esame da compiersi dall´Ufficio centrale circoscrizionale ai sensi del n. 2) dell´art. 76. I voti contestati debbono essere raggruppati, per le singole
liste, a seconda dei motivi di contestazione che debbono essere dettagliatamente descritti.
Le schede corrispondenti ai voti nulli o contestati a qualsiasi effetto e per qualsiasi causa, siano stati questi ultimi provvisoriamente assegnati o non assegnati, e le carte relative ai reclami ed alle proteste devono essere immediatamente vidimate da presidente e da almeno due scrutatori.

Art. 72.
(T. U. 5 febbraio 1948, n. 26, art. 50, comma 3 e 4, e L. 16 maggio 1956, n. 493, art. 32)
Alla fine delle operazioni di scrutinio, il presidente del seggio procede alla formazione:
a) del plico contenente le schede corrispondenti a voti contestati per qualsiasi effetto e per qualsiasi causa e le carte relative ai reclami ed alle proteste; b) del plico contenente le schede corrispondenti a voti nulli; c) del plico contenente le schede deteriorate e le schede
consegnate senza appendice o numero o bollo o firma, dello scrutatore; d) del plico contenente le schede corrispondenti a voti validi ed una copia delle tabelle di scrutinio.
COMMA ABROGATO DALLA L. 21 DICEMBRE 2005, N. 270.                                                                                                                                 I predetti plichi debbono recare l´indicazione della sezione, il sigillo col bollo dell´Ufficio, le firme dei rappresentanti di lista, presenti e quelle del presidente e di almeno due scrutatori.
I plichi di cui alle lettere a), b) e c) devono essere allegati, con una copia delle tabelle di scrutinio, al verbale destinato all´Ufficio centrale circoscrizionale. Il plico di cui alla lettera d) deve essere depositato nella Cancelleria, della Pretura, ai sensi del quinto comma dell´art. 75, e conservato per le esigenze inerenti alla verifica dei poteri.

Art. 73.
(T. U. 5 febbraio 1248, n. 26, artt. 50, ultimo comma, 52, 49 e 47, n. 4, e L. 16 maggio 1956, n. 493, art. 28, ultimo comma)
Le operazioni di cui all´art. 67 e, successivamente, quelle di scrutinio devono essere iniziate subito dopo la chiusura della votazione, proseguite senza interruzione ed ultimate entro
le ore 14 del giorno seguente. Se per causa di forza maggiore l´Ufficio non possa ultimare le anzidette operazioni nel termine prescritto, il presidente deve, alle ore 14 del martedi´ successivo al giorno delle elezioni, chiudere la, cassetta contenente, secondo i casi, le schede non distribuite o le schede gia´ spogliate, l´urna contenente le schede non spogliate, e chiudere in un plico le schede residue, quelle che si trovassero fuori della cassetta o dell´urna, le liste indicate nel n. 2 dell´art. 67 e tutte le altre carte relative alle operazioni elettorali. Alla cassetta, all´urna, ed al plico devono apporsi le indicazioni della circoscrizione e della sezione, il sigillo col bollo dell´Ufficio e quello dei rappresentanti di lista che vogliano aggiungere il proprio, nonche´ le firme del presidente e di almeno due scrutatori. La cassetta, l´urna ed il plico, insieme col verbale e con le carte annesse, vengono subito portati nella Cancelleria, del Tribunale nella cui circoscrizione ha sede la sezione e consegnate al Cancelliere il quale ne diviene personalmente responsabile. In caso di inadempimento, si applica la disposizione del penultimo comma, dell´art. 75.

Art. 74.
(T. U. 5 febbraio 1948, n. 26, artt. 26, ultimo comma, 47, ultimo comma, 49, ultimo comma, 50, comma 5°, e 53, primo comma)
Il verbale delle operazioni dell´Ufficio elettorale di sezione e´ redatto dal segretario in doppio esemplare, firmato in ciascun foglio e sottoscritto, seduta stante, da tutti i membri dell´Ufficio e dai rappresentanti delle liste presenti. Nel verbale dev´essere presa nota di tutte le operazioni prescritte dal presente testo unico e deve farsi menzione di tutti i reclami
presentati, delle proteste fatte, dei voti contestati (siano stati o non attribuiti provvisoriamente alle liste) e delle decisioni del presidente, nonche´ delle firme e dei sigilli.
Il verbale e´ atto pubblico.

Art. 75.
(T. U. 5 febbraio 1948, n. 26, art. 53, e L. 16 maggio 1956, n. 493, art. 33)
Il presidente dichiara il risultato dello scrutinio e ne fa certificazione nel verbale, del quale fa compilare un estratto, contenente i risultati della votazione e dello scrutinio, che provvede a rimettere subito alla Prefettura, tramite il Comune. Il verbale e´ poi immediatamente chiuso in un plico, che dev´essere sigillato col bollo dell´Ufficio e firmato dal presidente, da almeno due scrutatori e dai rappresentanti delle liste presenti. L´adunanza e´ poi sciolta immediatamente. Il presidente o, per sua delegazione scritta, due scrutatori, recano immediatamente il plico chiuso e sigillato contenente un esemplare del verbale con le schede e tutti i plichi e i documenti di cui al 3° comma dell´art. 72 alla Cancelleria del Tribunale nella cui circoscrizione ha sede la sezione. La Cancelleria del Tribunale provvede all´immediato inoltro alla Cancelleria della Corte d´appello o del Tribunale del capoluogo della circoscrizione dei plichi e dei documenti previsti dal comma precedente, nonche´ della cassetta, dell´urna, dei plichi e degli altri documenti di cui all´art. 73. L´altro esemplare del suddetto verbale e´ depositato, nella stessa giornata, nella Segreteria del Comune dove ha sede la sezione, ed ogni elettore della circoscrizione ha diritto di prenderne conoscenza. Le persone incaricate del trasferimento degli atti e documenti di cui ai commi secondo, terzo, quarto e quinto sono personalmente responsabili del recapito di essi; e´ vietato ogni stanziamento o tramite non previsto dalle citate disposizioni.
COMMA ABROGATO DAL D.LGS. 20 DICEMBRE 1993, N. 534.
COMMA ABROGATO DAL D.LGS. 20 DICEMBRE 1993, N. 534.
COMMA ABROGATO DAL D.LGS. 20 DICEMBRE 1993, N. 534.
L´estratto e´ trasmesso, non oltre il sessantesimo giorno successivo a quello della votazione, al Sindaco del Comune dove ha avuto sede la sezione, il quale ne cura il deposito, per quindici giorni, nella Segreteria, dandone pubblico avviso mediante manifesto. Ogni elettore della circoscrizione ha diritto di prendere conoscenza dell´estratto. Qualora non siasi adempiuto a quanto prescritto nel 2°, 3° e 4° comma del presente articolo, il Presidente della Corte di appello o del Tribunale puo´ far sequestrare i verbali, le urne, le schede e le carte ovunque si trovino. Le spese tutte per le operazioni indicate in questo e negli articoli precedenti sono anticipate dal Comune e rimborsate dallo Stato.

Art. 76.
(T. U. 5 febbraio 1948, n. 26, art. 54, comma 1, n. 1, e L. 16 maggio 1956, n. 493, art. 34)
L´Ufficio centrale circoscrizionale, costituito ai termini dell´art. 13, procede, entro quarantotto ore dal ricevimento degli atti, con l´assistenza del cancelliere, alle operazioni seguenti:
1) fa lo spoglio delle schede eventualmente inviate dalle sezioni in conformita´ dell´art. 73, osservando, in quanto siano applicabili, le disposizioni degli articoli 59, , , 67, 68, 69, 70, 71, 72, 74 e 75;
2) procede, per ogni sezione, ai riesame delle schede contenenti voti contestati e provvisoriamente non assegnati e, tenendo presenti le annotazioni riportate a verbale e le proteste e reclami presentati in proposito, decide, ai fini della proclamazione, sull´assegnazione o meno dei voti relativi. Un estratto del verbale concernente tali operazioni deve essere rimesso alla Segreteria del Comune dove ha sede la sezione. Ove il numero delle schede contestate lo renda necessario, il Presidente della Corte d´appello o del Tribunale, a richiesta del presidente dell´Ufficio centrale circoscrizionale, aggrega, ai fini delle operazioni del presente numero, all´Ufficio stesso altri magistrati, nel numero necessario per il piu´ sollecito espletamento delle operazioni. Ultimato il riesame, il presidente dell´Ufficio centrale circoscrizionale fara´ chiudere per ogni sezione le schede riesaminate, assegnate e non assegnate, in unico plico che suggellato e firmato dai componenti dell´Ufficio medesimo – verra´ allegato all´esemplare del verbale di cui al comma quarto dell´art. 81. Un estratto del verbale contenente tali operazioni deve essere rimesso alla Segreteria del Comune dove ha sede la sezione.

Art. 77.
(T. U. 5 febbraio 1948, n. 26, artt. 54, comma 10, n. 2, e seguenti, e 58, ultimo comma, e L. 16 maggio 1956, n. 493, art. 35)
1. L´Ufficio centrale circoscrizionale, compiute le operazioni di cui all´articolo 76, facendosi assistere, ove lo ritenga opportuno, da uno o piu´ esperti scelti dal presidente: 1) determina la cifra elettorale circoscrizionale di ogni lista. Tale cifra e´ data dalla somma dei voti conseguiti dalla lista stessa nelle singole sezioni elettorali della circoscrizione; 2) comunica all´Ufficio centrale nazionale, a mezzo di estratto del verbale, la cifra elettorale circoscrizionale di ciascuna lista nonche´, ai fini di cui all´articolo 83, comma 1, numero 3), il totale dei voti validi della circoscrizione.

Art. 78.
(T. U. 5 febbraio 1948, n. 26, art. 55)
ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 4 AGOSTO 1993, N. 277

Art. 79.
(T. U. 5 febbraio 1948, n. 26, art. 56, e L. 16 maggio 1956, n. 493, art. 34, comma 1°, n. 2)
L´Ufficio centrale circoscrizionale pronuncia provvisoriamente sopra qualunque incidente relativo alle operazioni ad esso affidate, salvo il giudizio definitivo degli organi di verifica dei poteri. Ad eccezione di quanto previsto dal n. 2) dell´art. 76, circa il riesame dei voti contestati e provvisoriamente non assegnati, e´ vietato all´Ufficio centrale circoscrizionale di deliberare, o anche di discutere, sulla valutazione dei voti, sui reclami, le proteste e gli incidenti avvenuti nelle sezioni, di variare i risultati dei verbali e di occuparsi di qualsiasi altro oggetto che non sia di sua competenza. Non puo´ essere ammesso nell´aula dove siede l´Ufficio centrale circoscrizionale l´elettore che non presenti ogni volta il certificato d´iscrizione nelle liste della circoscrizione. Nessun elettore puo´ entrare armato. L´aula dev´essere divisa in due compartimenti da un solido tramezzo: il compartimento in comunicazione immediata con la porta d´ingresso e´ riservato agli elettori; l´altro e´ esclusivamente riservato all´Ufficio centrale circoscrizionale ed ai rappresentanti delle liste dei candidati. Il presidente ha tutti i poteri spettanti ai presidenti delle sezioni. Per ragioni di ordine pubblico egli puo´, inoltre, disporre che si proceda a porte chiuse: anche in tal caso, ferme le disposizioni del secondo comma dell´art. 26, hanno diritto di entrare e di rimanere nell´aula i rappresentanti delle liste dei candidati.

Art. 80.
(T. U. 5 febbraio 1948, n. 26, art. 57)
ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 4 AGOSTO 1993, N. 277

Art. 81.
(T. U. 5 febbraio 1948, n. 26, art. 58, e L. 16 maggio 1955, n. 493, artt. 6, comma 1, e 35, n. 4)
Di tutte le operazioni dell´Ufficio centrale circoscrizionale si deve redigere in duplice esemplare il processo verbale che, seduta stante, dev´essere firmato in ciascun foglio e sottoscritto dal presidente, dagli altri magistrati, dal cancelliere e dai rappresentanti di lista presenti.
IL D.LGS. 20 DICEMBRE 1993, N. 534 HA CONFERMATO L´ABROGAZIONE
DEL PRESENTE COMMA.
Nel verbale debbono essere inoltre indicati, in appositi elenchi, i nomi dei candidati di ciascuna lista non eletti nell´ordine determinato in conformita´ del numero 6) dell´art. 77.
COMMA ABROGATO DAL D.LGS. 20 DICEMBRE 1993, N. 534.
L´organo di verifica dei poteri accerta anche, agli effetti dell´art. 86, l´ordine di precedenza dei candidati non eletti e pronuncia sui relativi reclami. Il secondo esemplare del verbale e´ depositato nella Cancelleria della Corte di appello o del Tribunale.

Art. 82.
(L. 16 maggio 1956, n. 493, art. 40)
Il presidente dell´Ufficio centrale circoscrizionale provvede a rimettere subito copia integrale del verbale di cui all´articolo precedente alla Prefettura della Provincia nel cui territorio ha sede l´Ufficio centrale circoscrizionale.

Art. 83.
(T. U. 5 febbraio 1948, n. 26, art. 59, comma 1°, 2° e 3°, e L. 16 maggio 1956, n. 493, art. 36)
1. L´Ufficio centrale nazionale, ricevuti gli estratti dei verbali da tutti gli Uffici centrali circoscrizionali, facendosi assistere, ove lo ritenga opportuno, da uno o piu´ esperti scelti dal presidente: 1) determina la cifra elettorale nazionale di ciascuna lista. Tale cifra e´ data dalla somma delle cifre elettorali circoscrizionali conseguite nelle singole circoscrizioni dalle liste aventi il medesimo contrassegno; 2) determina poi la cifra elettorale nazionale di ciascuna coalizione di liste collegate, data dalla somma delle cifre elettorali nazionali di tutte le liste che compongono la coalizione stessa, nonche´ la cifra elettorale nazionale delle liste non collegate ed individua quindi la coalizione di liste o la lista non collegata che ha ottenuto il maggior numero di voti validi espressi; 3) individua quindi: a) le coalizioni di liste che abbiano conseguito sul piano nazionale almeno il 10 per cento dei voti validi espressi e che
contengano almeno una lista collegata che abbia conseguito sul piano nazionale almeno il 2 per cento dei voti validi espressi ovvero una lista collegata rappresentativa di minoranze linguistiche riconosciute, presentata esclusivamente in una delle circoscrizioni comprese in regioni il cui statuto speciale prevede una particolare tutela di tali minoranze linguistiche, che abbia conseguito almeno il 20 per cento dei voti validi espressi nella circoscrizione; b) le singole liste non collegate che abbiano conseguito sul piano nazionale almeno il 4 per cento dei voti validi espressi e le singole liste non collegate rappresentative di minoranze linguistiche riconosciute, presentate esclusivamente in una delle circoscrizioni comprese in regioni il cui statuto speciale prevede una particolare tutela di tali minoranze linguistiche, che abbiano conseguito almeno il 20 per cento dei voti validi espressi nella circoscrizione, nonche´ le liste delle coalizioni che non hanno superato la percentuale di cui alla lettera a) ma che abbiano conseguito sul piano nazionale almeno il 4 per cento dei voti validi espressi ovvero che siano rappresentative di minoranze linguistiche riconosciute, presentate esclusivamente in una delle circoscrizioni comprese in regioni il cui statuto speciale prevede una particolare tutela di tali minoranze linguistiche, che abbiano conseguito almeno il 20 per
cento dei voti validi espressi nella circoscrizione; 4) tra le coalizioni di liste di cui al numero 3), lettera a), e le liste di cui al numero 3), lettera b), procede al riparto dei seggi in base alla cifra elettorale nazionale di ciascuna di esse. A tale fine divide il totale delle cifre elettorali nazionali di ciascuna coalizione di liste o singola lista di cui al numero 3) per il numero dei seggi da attribuire, ottenendo cosi´ il quoziente elettorale nazionale. Nell´effettuare tale divisione non tiene conto dell´eventuale parte frazionaria del quoziente. Divide poi la cifra elettorale nazionale di ciascuna coalizione di liste o singola lista per tale quoziente. La parte intera del quoziente cosi´ ottenuta rappresenta il numero dei seggi da assegnare a ciascuna coalizione di liste o singola lista. I seggi che rimangono ancora da attribuire sono rispettivamente assegnati alle coalizioni di liste o singole liste per le quali queste ultime divisioni hanno dato i maggiori resti e, in caso di parita´ di resti, a quelle che abbiano conseguito la maggiore cifra elettorale nazionale; a parita´ di quest´ultima si procede a sorteggio; 5) verifica poi se la coalizione di liste o la singola lista che ha ottenuto il maggior numero di voti validi espressi abbia conseguito almeno 340 seggi; 6) individua quindi, nell´ambito di ciascuna coalizione di liste collegate di cui al numero 3), lettera a), le liste che abbiano conseguito sul piano nazionale almeno il 2 per cento dei voti validi espressi e le liste rappresentative di minoranze linguistiche riconosciute, presentate esclusivamente in una delle circoscrizioni comprese in regioni il cui statuto speciale prevede una particolare tutela di tali minoranze linguistiche, che abbiano conseguito almeno il 20 per cento dei voti validi espressi nella circoscrizione, nonche´ la lista che abbia ottenuto la maggiore cifra elettorale nazionale tra quelle che non hanno conseguito sul piano nazionale
almeno il 2 per cento dei voti validi espressi; 7) qualora la verifica di cui al numero 5) abbia dato esito positivo, procede, per ciascuna coalizione di liste, al riparto dei seggi in base alla cifra elettorale nazionale di ciascuna lista di cui al numero 6). A tale fine, per ciascuna coalizione di liste, divide la somma delle cifre elettorali nazionali delle liste ammesse al riparto di cui al numero 6) per il numero di seggi gia´ individuato ai sensi del numero 4). Nell´effettuare tale divisione non tiene conto dell´eventuale parte frazionaria del quoziente cosi´ ottenuto. Divide poi la cifra elettorale nazionale di ciascuna lista ammessa al riparto per tale quoziente. La parte intera del quoziente cosi´ ottenuta rappresenta il numero dei seggi da assegnare a ciascuna lista. I seggi che rimangono ancora da attribuire sono rispettivamente assegnati alle liste per le quali queste ultime divisioni hanno dato i maggiori resti e, in caso di parita´ di resti, alle liste che abbiano conseguito la maggiore cifra elettorale nazionale; a parita´ di quest´ultima si procede a sorteggio. A ciascuna lista di cui al numero 3), lettera b), sono attribuiti i seggi gia´ determinati ai sensi del numero 4); 8) salvo quanto disposto dal comma 2, procede quindi alla distribuzione nelle singole circoscrizioni dei seggi assegnati alle varie coalizioni di liste o singole liste di cui al numero 3). A tale fine, per ciascuna coalizione di liste, divide il totale delle cifre elettorali circoscrizionali di tutte le liste che la compongono per il quoziente elettorale nazionale di cui al numero 4), ottenendo cosi´ l´indice relativo ai seggi da attribuire nella circoscrizione alle liste della coalizione medesima. Analogamente, per ciascuna lista di cui al numero 3), lettera b), divide la cifra elettorale circoscrizionale per il quoziente elettorale nazionale, ottenendo cosi´ l´indice relativo ai seggi da attribuire nella circoscrizione alla lista medesima. Quindi, moltiplica ciascuno degli indici suddetti per il numero dei seggi assegnati alla circoscrizione e divide il prodotto per la somma di tutti gli indici. La parte intera dei quozienti di attribuzione cosi´ ottenuti rappresenta il numero dei seggi da attribuire nella circoscrizione a ciascuna coalizione di liste o lista di cui al numero 3). I seggi che rimangono ancora da attribuire sono rispettivamente assegnati alle coalizioni di liste o singole liste per le quali le parti decimali dei quozienti di attribuzione siano maggiori e, in caso di parita´, alle coalizioni di liste o singole liste che abbiano conseguito la maggiore cifra elettorale circoscrizionale; a parita´ di quest´ultima si procede a sorteggio. Successivamente l´Ufficio accerta se il numero dei seggi assegnati in tutte le circoscrizioni a ciascuna coalizione di liste o singola lista corrisponda al numero dei seggi determinato ai sensi del numero 4). In caso negativo, procede alle seguenti operazioni, iniziando dalla coalizione di liste o singola lista che abbia il maggior numero di seggi eccedenti, e in caso di parita´ di seggi eccedenti da parte di piu´ coalizioni o singole liste, da quella che abbia ottenuto la maggiore cifra elettorale nazionale, proseguendo poi con le altre coalizioni di liste o liste singole, in ordine decrescente di seggi eccedenti: sottrae i seggi eccedenti alla
coalizione di liste o singola lista in quelle circoscrizioni nelle quali essa li ha ottenuti con le parti decimali dei quozienti di attribuzione, secondo il loro ordine crescente e nelle quali inoltre le coalizioni di liste o singole liste, che non abbiano ottenuto il numero di seggi spettanti, abbiano parti decimali dei quozienti non utilizzate. Conseguentemente, assegna i seggi a tali coalizioni di liste o singole liste. Qualora nella medesima circoscrizione due o
piu´ coalizioni di liste o singole liste abbiano le parti decimali dei quozienti non utilizzate, il seggio e´ attribuito alla coalizione di liste o alla singola lista con la piu´ alta parte decimale del quoziente non utilizzata. Nel caso in cui non sia possibile fare riferimento alla medesima circoscrizione ai fini del completamento delle operazioni precedenti, fino a concorrenza dei seggi ancora da cedere, alla coalizione di liste o lista singola eccedentaria vengono sottratti i seggi in quelle circoscrizioni nelle quali li ha ottenuti con le minori parti decimali del quoziente di attribuzione e alla coalizione di liste o lista singola deficitaria sono conseguentemente attribuiti seggi in quelle altre circoscrizioni nelle quali abbiano le maggiori parti decimali del quoziente di attribuzione non utilizzate; 9) salvo quanto disposto dal comma 2, l´Ufficio procede quindi all´attribuzione nelle singole circoscrizioni dei seggi spettanti alle liste di ciascuna coalizione. A tale fine, determina il quoziente circoscrizionale di ciascuna coalizione di liste dividendo il totale delle cifre elettorali circoscrizionali delle liste di cui al numero 6) per il numero di seggi assegnati alla coalizione nella circoscrizione ai sensi del numero 8). Nell´effettuare tale divisione non tiene conto dell´eventuale parte frazionaria del quoziente. Divide quindi la cifra elettorale circoscrizionale di ciascuna lista
della coalizione per tale quoziente circoscrizionale. La parte intera del quoziente cosi´ ottenuta rappresenta il numero dei seggi da assegnare a ciascuna lista. I seggi che rimangono ancora da attribuire sono assegnati alle liste seguendo la graduatoria decrescente delle parti decimali dei quozienti cosi´ ottenuti; in caso di parita´, sono attribuiti alle liste con la maggiore cifra elettorale circoscrizionale; a parita´ di quest´ultima, si procede a sorteggio. Successivamente l´Ufficio accerta se il numero dei seggi assegnati in tutte le circoscrizioni a ciascuna lista corrisponda al numero dei seggi ad essa attribuito ai sensi del numero 7). In caso negativo, procede alle seguenti operazioni, iniziando dalla lista che abbia il maggior numero di seggi eccedenti, e, in caso di parita´ di seggi eccedenti da parte di piu´ liste, da quella che abbia ottenuto la maggiore cifra elettorale nazionale, proseguendo poi con le altre liste, in ordine decrescente di seggi eccedenti: sottrae i seggi
eccedenti alla lista in quelle circoscrizioni nelle quali essa li ha ottenuti con le parti decimali dei quozienti, secondo il loro ordine crescente e nelle quali inoltre le liste, che non abbiano ottenuto il numero di seggi spettanti, abbiano parti decimali dei quozienti non utilizzate. Conseguentemente, assegna i seggi a tali liste. Qualora nella medesima circoscrizione due o piu´ liste abbiano le parti decimali dei quozienti non utilizzate, il seggio e´ attribuito alla lista con la piu´ alta parte decimale del quoziente non utilizzata. Nel caso in cui non sia possibile fare riferimento alla medesima circoscrizione ai fini del completamento delle operazioni precedenti, fino a concorrenza dei seggi ancora da cedere, alla lista eccedentaria vengono sottratti i seggi in quelle circoscrizioni nelle quali li ha ottenuti con le minori parti decimali del quoziente di attribuzione e alle liste deficitarie sono conseguentemente attribuiti seggi in quelle altre circoscrizioni nelle quali abbiano le maggiori parti decimali del quoziente di attribuzione non utilizzate.
2. Qualora la coalizione di liste o la singola lista che ha ottenuto il maggior numero di voti validi espressi ai sensi del comma 1 non abbia gia´ conseguito almeno 340 seggi, ad essa viene ulteriormente attribuito il numero di seggi necessario per raggiungere tale consistenza. In tale caso l´Ufficio assegna 340 seggi alla suddetta coalizione di liste o singola lista. Divide quindi il totale delle cifre elettorali nazionali di tutte le liste della coalizione o della singola lista per 340, ottenendo cosi´ il quoziente elettorale nazionale di maggioranza.
3. L´Ufficio procede poi a ripartire proporzionalmente i restanti 277 seggi tra le altre coalizioni di liste e liste di cui al comma 1, numero 3). A tale fine divide il totale delle loro cifre elettorali nazionali per 277, ottenendo il quoziente elettorale nazionale di minoranza. Nell´effettuare tale divisione non tiene conto dell´eventuale parte frazionaria del quoziente. Divide poi la cifra elettorale di ciascuna coalizione di liste o singola lista per tale quoziente. La parte intera del quoziente cosi´ ottenuta rappresenta il numero di seggi da assegnare a ciascuna coalizione di liste o singola lista. I seggi che rimangono ancora da attribuire sono
rispettivamente assegnati alle coalizioni di liste o singole liste per le quali queste ultime divisioni hanno dato i maggiori resti e, in caso di parita´ di resti, a quelle che abbiano conseguito la maggiore cifra elettorale nazionale; a parita´ di quest´ultima si procede a sorteggio.
4. L´Ufficio procede poi, per ciascuna coalizione di liste, al riparto dei seggi ad essa spettanti tra le relative liste ammesse al riparto. A tale fine procede ai sensi del comma 1, numero 7), periodi secondo, terzo, quarto, quinto, sesto e settimo.
5. Ai fini della distribuzione nelle singole circoscrizioni dei seggi assegnati alle liste ammesse al riparto ai sensi del comma 1, numero 6), l´Ufficio procede infine ai sensi del comma 1, numeri 8) e 9). A tale fine, in luogo del quoziente elettorale nazionale, utilizza il quoziente elettorale nazionale di maggioranza per la coalizione di liste o singola lista che ha ottenuto il maggior numero di voti validi e il quoziente elettorale nazionale di minoranza per le altre coalizioni di liste o singole liste.
6. L´Ufficio centrale nazionale provvede a comunicare ai singoli Uffici centrali circoscrizionali il numero dei seggi assegnati a ciascuna lista.
7. Di tutte le operazioni dell´Ufficio centrale nazionale viene redatto, in duplice esemplare, apposito verbale: un esemplare e´ rimesso alla Segreteria generale della Camera dei deputati la quale ne rilascia ricevuta, un altro esemplare e´ depositato presso la cancelleria della Corte di cassazione.

Art. 84.
(T. U. 5 febbraio 1948, n. 26, art. 59, comma 4 e 5, e L. 16 maggio 1956, n. 493, art. 37)
1. Il presidente dell´Ufficio centrale circoscrizionale, ricevute da parte dell´Ufficio centrale nazionale le comunicazioni di cui all´articolo 83, comma 6, proclama eletti, nei limiti dei seggi ai quali ciascuna lista ha diritto, i candidati compresi nella lista medesima, secondo l´ordine di presentazione.
2. Qualora una lista abbia esaurito il numero dei candidati presentati in una circoscrizione e non sia quindi possibile attribuire tutti i seggi ad essa spettanti in quella medesima circoscrizione, l´Ufficio centrale nazionale assegna i seggi alla lista nelle altre circoscrizioni in cui la stessa lista abbia la maggiore parte decimale del quoziente non utilizzata, procedendo secondo un ordine decrescente. Qualora al termine di detta operazione residuino ancora seggi da assegnare alla lista, questi le sono attribuiti nelle altre circoscrizioni in cui la stessa lista abbia la maggiore parte decimale del quoziente gia´ utilizzata, procedendo secondo un ordine decrescente.
3. Qualora al termine delle operazioni di cui al comma 2, residuino ancora seggi da assegnare alla lista in una circoscrizione, questi sono attribuiti, nell´ambito della circoscrizione originaria, alla lista facente parte della medesima coalizione della lista deficitaria che abbia la maggiore parte decimale del quoziente non utilizzata, procedendo secondo un ordine decrescente. Qualora al termine di detta operazione residuino ancora seggi da assegnare alla lista, questi sono attribuiti, nelle altre circoscrizioni, alla lista facente parte della medesima coalizione della lista deficitaria che abbia la maggiore parte decimale del quoziente gia´ utilizzata, procedendo secondo un ordine decrescente.
4. Se nell´effettuare le operazioni di cui ai commi 2 e 3 due o piu´ liste abbiano una uguale parte decimale del quoziente, si procede mediante sorteggio.
5. L´Ufficio centrale nazionale comunica gli esiti delle operazioni effettuate ai sensi dei commi 2 e 3 agli Uffici elettorali circoscrizionali ai fini delle relative proclamazioni.
6. Dell´avvenuta proclamazione il presidente dell´Ufficio centrale circoscrizionale invia attestato ai deputati proclamati e ne da´ immediata notizia alla Segreteria generale della Camera dei deputati nonche´ alle singole prefetture – uffici territoriali del Governo,
che la portano a conoscenza del pubblico.

Art. 85.
(T. U. 5 febbraio 1948, n. 26, art. 60, e L. 16 maggio 1956, n. 493, art. 37)
1. Il deputato eletto in piu´ circoscrizioni deve dichiarare alla Presidenza della Camera dei deputati, entro otto giorni dalla data dell´ultima, proclamazione, quale circoscrizione prescelga. Mancando l´opzione, si procede al sorteggio. (25)

Art. 86.
(T. U. 5 febbraio 1948, n. 26, art. 61, e L. 16 maggio 1956, n. 493, art. 38)
1. Il seggio che rimanga vacante per qualsiasi causa, anche sopravvenuta, e´ attribuito, nell´ambito della medesima circoscrizione, al candidato che nella lista segue immediatamente l´ultimo degli eletti nell´ordine progressivo di lista.
2. Nel caso in cui una lista abbia gia´ esaurito i propri candidati si procede con le modalita´ di cui all´articolo 84, commi 2, 3 e 4.
3. Nel caso in cui rimanga vacante il seggio della circoscrizione Valle d´Aosta si procede ad elezioni suppletive.
4. Alle elezioni suppletive si procede ai sensi dei commi da 1 a 6 dell´articolo 21-ter del testo unico delle leggi recanti norme per l´elezione del Senato della Repubblica, di cui al decreto legislativo 20 dicembre 1993, n. 533, in quanto applicabili.


Art. 87.
(T. U. 5 febbraio 1948, n. 26, art. 62)
Alla Camera dei deputati e´ riservata la convalida della elezione dei propri componenti. Essa pronuncia giudizio definitivo sulle contestazioni, le proteste e, in generale, su tutti i reclami presentati agli Uffici delle singole sezioni elettorali o all´Ufficio centrale durante la loro attivita´ o posteriormente. I voti delle sezioni, le cui operazioni siano annullate, non hanno effetto. Le proteste e i reclami non presentati agli Uffici delle sezioni o all´Ufficio centrale devono essere trasmessi alla Segreteria della Camera dei deputati entro il termine di venti giorni dalla proclamazione fatta dall´Ufficio centrale. La Segreteria ne rilascia ricevuta. Nessuna elezione puo´ essere convalidata prima che siano trascorsi venti giorni dalla proclamazione.

Art. 88.
(T. U. 5 febbraio 1948, n. 26, art. 63, e L. 16 maggio 1956, n. 493, art. 41)
I dipendenti dello Stato e di altre pubbliche Amministrazioni nonche´ i dipendenti degli Enti ed istituiti di diritto pubblico sottoposti alla vigilanza dello Stato, che siano eletti deputati o senatori, sono collocati d´ufficio in aspettativa per tutta la durata del mandato parlamentare. Qualora il loro trattamento netto di attivita´, escluse le quote di aggiunta di famiglia, risulti superiore ai quattro decimi dell´ammontare dell´indennita´ parlamentare, detratti i contributi per la Cassa di previdenza per i parlamentari della Repubblica e detratte altresi´ l´imposta unica sostitutiva di quelle di ricchezza mobile, complementare e relative addizionali e l´imposta sostitutiva dell´imposta di famiglia, e´ loro corrisposta, a carico dell´Amministrazione presso cui erano in servizio al momento del collocamento in aspettativa, la parte eccedente. Sono comunque sempre corrisposte dall´Amministrazione le quote di aggiunta di famiglia. Il dipendente collocato in aspettativa per mandato parlamentare non puo´, per tutta la durata del mandato stesso, conseguire promozioni se non per anzianita´. Allo stesso sono regolarmente attribuiti, alla scadenza normale, gli aumenti periodici di stipendio. Nei confronti del parlamentare dipendente o pensionato che non ha potuto conseguire promozioni di merito a causa del divieto di cui al comma precedente, e´ adottato, all´atto della cessazione, per qualsiasi motivo, dal mandato parlamentare, provvedimento di ricostruzione di carriera con inquadramento anche in soprannumero. Il periodo trascorso in aspettativa per mandato parlamentare e´ considerato a tutti gli effetti periodo di attivita´ di servizio ed e´ computato per intero ai fini della progressione in carriera, dell´attribuzione degli aumenti periodici di stipendio e del
trattamento di quiescenza e di previdenza. Durante tale periodo il dipendente conserva inoltre, per se´ e per i propri familiari a carico, il diritto all´assistenza sanitaria e alle altre forme di assicurazione previdenziale di cui avrebbe fruito se avesse effettivamente prestato servizio. (2a) Le disposizioni dei precedenti commi si applicano ai professori universitari e ai direttori di istituti sperimentali equiparati solo a domanda degli interessati. I magistrati in aspettativa ai sensi dell´art. 8 conservano il trattamento di cui godevano.

Art. 89.
(T. U. 5 febbraio 1948, n. 26, art. 64)
E´ riservata alla Camera dei deputati la facolta´ di ricevere e accettare le dimissioni dei propri membri.

Art. 90.
(T. U. 5 febbraio 1948, n. 26, art. 65)
Qualora un deputato sia tratto in arresto perche´ colto nell´atto di commettere un delitto per il quale e´ obbligatorio il mandato o l´ordine di cattura, la Camera decide, entro dieci giorni, se l´arresto debba essere mantenuto.

Art. 91.
(T. U. 5 febbraio 1948, n. 26, art. 66)
Non e´ ammessa rinunzia o cessione dell´indennita´ spettante ai deputati a norma dell´art. 69 della Costituzione.

TITOLO VI
DISPOSIZIONI SPECIALI PER IL COLLEGIO “VALLE D´AOSTA”

Art. 92.
(T. U. 5 febbraio 1948, n. 26, art. 67, e L. 16 maggio 1956, n. 493, artt. 5 e 10, comma 1°)
L´elezione uninominale nel Collegio “Valle d´Aosta”, agli effetti dell´art. 22 del decreto legislativo 7 settembre 1945, n. 545, e´ regolata dalle disposizioni dei precedenti articoli, in quanto applicabili, e con le modificazioni seguenti: 1) alla “Valle d´Aosta” spetta un solo deputato; 2) la candidatura deve essere proposta con dichiarazione sottoscritta, anche in atti separati, da non meno di 300 e non piu´di 600 elettori del collegio. In caso di scioglimento della Camera dei deputati che ne anticipi la scadenza di oltre centoventi giorni,
il numero delle sottoscrizioni della dichiarazione e´ ridotto della meta´; 3) la´ dichiarazione di candidatura dev´essere depositata, dalle ore 8 del trentacinquesimo giorno alle ore 20 del trentaquattresimo giorno anteriore a quello dell´elezione, insieme con il contrassegno di ciascun candidato, presso la Cancelleria del Tribunale di Aosta; 4) la votazione ha luogo con scheda stampata a cura del Ministero dell´interno, secondo il modello stabilito dalla legge. L´elettore, per votare, traccia un segno, con la matita copiativa, sul contrassegno del candidato da lui prescelto o comunque nel rettangolo che lo contiene. Una scheda valida rappresenta un voto individuale.

Art. 93.
(T. U. 5 febbraio 1948, n. 26, art. 68, e L. 16 maggio 1956, n. 493, artt. 37, secondo periodo, e 39)
Il Tribunale di Aosta, costituito ai sensi dell´art. 13, con l´intervento di tre magistrati, ha le funzioni di Ufficio centrale elettorale. E´ proclamato eletto il candidato che ha ottenuto il maggior numero di voti validi. In caso di parita´ e´ proclamato eletto il candidato piu´ anziano di eta´.

TITOLO VII
DISPOSIZIONI PENALI
(Omissis)

TITOLO VIII
DISPOSIZIONI FINALI
(Omissis)

TITOLO IX
DISPOSIZIONI TRANSITORIA
(Omissis)

B.4-Quesito n. 3

«Volete Voi che sia abrogato il D. Lgs. 20 Dicembre 1993, n. 533 nel testo risultante per effetto di modificazioni ed integrazioni successive, titolato “Testo unico delle leggi recanti norme per l´elezione del Senato della Repubblica”, limitatamente alle seguenti parti?:

Art. 1 comma 2 limitatamente alle parole “, con l´eventuale attribuzione del premio di coalizione regionale”
Art. 1 comma 3
Art. 1 comma 4 limitatamente alle parole “La regione Trentino-Alto Adige e´ costituita”
Art. 1 comma 4 limitatamente alla parola “sei”
Art. 1 comma 4 limitatamente alle parole “definiti ai sensi della legge 30 dicembre 1991, n. 422. La restante quota di seggi spettanti alla regione e´ attribuita con metodo del recupero proporzionale”
Art. 8 comma 1 limitatamente alle parole “14-bis,”
Art. 9 comma 3 limitatamente alle parole “effettuato le dichiarazioni di collegamento ai sensi dell´articolo 14-bis, comma 1, del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, con almeno due partiti o gruppi politici di cui al primo periodo del presente comma e abbiano”,
Art. 9 comma 4 limitatamente alle parole “, presentati secondo un determinato ordine”
Art. 9 comma 5 limitatamente alle parole “18-bis,”
Art. 11 comma 3 limitatamente alle parole “hanno le caratteristiche essenziali del modello descritto nelle tabelle A e B allegate al presente testo unico”
Art. 11 comma 3 limitatamente alle parole “Sulle schede i contrassegni delle liste collegate appartenenti alla stessa coalizione sono riprodotti di seguito, in linea orizzontale, uno accanto all´altro, su un´unica riga”
Art. 11 comma 3 limitatamente alle parole “delle coalizioni e”
Art. 11 comma 3 limitatamente alle parole “non collegate”
Art. 11 comma 3 limitatamente alle parole “di ciascuna coalizione”
Art. 16
Art. 17
Art. 17 bis
Art. 19
Titolo VII limitatamente alle parole “TITOLO VII Disposizioni speciali per le regioni Valle d´Aosta e Trentino Alto Adige”
Art. 20 comma 1 limitatamente alle parole “uninominale nel collegio della Valle d´Aosta e”
Art. 20 comma 1 limitatamente alle parole “della regione Trentino-Alto Adige”
Art. 20 comma 1 lettera b) limitatamente alle parole “nella regione Trentino-Alto Adige la dichiarazione di presentazione del gruppo di candidati deve essere sottoscritta da almeno 1.750 e da non piu´ di 2.500 elettori iscritti nelle liste elettorali dei comuni compresi nella regione. Ciascun gruppo deve comprendere un numero di candidati non inferiore a tre e non superiore al numero dei collegi della regione. In caso di scioglimento del Senato della Repubblica che ne anticipi la scadenza di oltre centoventi giorni, il numero delle sottoscrizioni della candidatura e´ ridotto della meta´.”
Art. 20 comma 1 lettera e) limitatamente alle parole “delle due regioni”
Art. 20 comma 1 lettera e) limitatamente alle parole “F e G”
Art. 20 comma 1 lettera e) limitatamente alle parole “, e successive modificazioni”
Art. 21 comma 2
Art. 21 bis comma 1 limitatamente alle parole “spettanti alla regione Trentino-Alto Adige non assegnati nei collegi uninominali,”
Art. 21 bis comma 1 limitatamente alle parole “non risultati eletti ai sensi dell´art. 21”
Art. 21 bis comma 2 limitatamente alle parole “sottratti i voti dei candidati gia´ proclamati eletti ai sensi dell´articolo 21”
Art. 21 bis comma 2 limitatamente alle parole “non risultato eletto ai sensi dell´articolo 21”
Art. 21 bis comma 4 limitatamente alle parole “, esclusi i candidati eletti ai sensi dell´articolo 21”
Art.21 ter comma 1 limitatamente alle parole “nel collegio uninominale della Valle d´Aosta o”
Art.21 ter comma 1 limitatamente alle parole “del Trentino-Alto Adige”,
Art. 21 ter comma 7 limitatamente alle parole “nella circoscrizione regionale del Trentino-Alto Adige”
Allegate tabelle A e B»


B.5-Normativa di risulta a seguito dell’eventuale effetto abrogativo
DECRETO LEGISLATIVO 20 dicembre 1993, n. 533
Testo unico delle leggi recanti norme per l´elezione del Senato della Repubblica.

Titolo I
DISPOSIZIONl GENERALI

Art. 1
1. Il Senato della Repubblica e´ eletto su base regionale. Salvo i seggi assegnati alla circoscrizione Estero, i seggi sono ripartiti tra le regioni a norma dell´articolo 57 della Costituzione sulla base dei risultati dell´ultimo censimento generale della popolazione, riportati dalla piu´ recente pubblicazione ufficiale dell´Istituto nazionale di statistica, con decreto del Presidente della Repubblica, da emanare, su proposta del Ministro dell´interno, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, contemporaneamente al
decreto di convocazione dei comizi.
2. L´assegnazione dei seggi tra le liste concorrenti e´ effettuata in ragione proporzionale, con l´eventuale attribuzione del premio di coalizione regionale.
3. La regione Valle d´Aosta e´ costituita in unico collegio uninominale.
4. La regione Trentino-Alto Adige e´ costituita in sei collegi uninominali definiti ai sensi della legge 30 dicembre 1991, n. 422. La restante quota di seggi spettanti alla regione e´ attribuita con metodo del recupero proporzionale.

Art. 2
(Legge 4 agosto 1993, n. 276, art. 1)
1. Il Senato della Repubblica e´ eletto a suffragio universale, favorendo l´equilibrio della rappresentanza tra donne e uomini con voto diretto, libero e segreto, sulla base dei voti espressi nelle circoscrizioni regionali.

Art. 3
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 16 APRILE 2002, N. 62))

Art. 4
(Legge 6 febbraio 1948, n. 29, art. 4; legge 23 aprile 1976, n. 136, art. 2, lettera i)
1. I comizi elettorali sono convocati con decreto del Presidente della Repubblica, su deliberazione del Consiglio dei Ministri.
2. Il decreto di convocazione dei comizi per l´elezione dei senatori deve essere pubblicato nella Gazzetta Ufficiale non oltre il quarantacinquesimo giorno antecedente quello della votazione.

Art. 5
(Legge 6 febbraio 1948, n. 29, art. 5)
1. Sono eleggibili a senatori gli elettori che, al giorno delle elezioni, hanno compiuto il quarantesimo anno di eta´ e non si trovano in alcuna delle condizioni d´ineleggibilita´ previste dagli articoli 7, 8, 9 e 10 del testo unico delle leggi recanti norme per l´elezione della Camera dei deputati, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361.

Titolo II
DEGLI UFFICI ELETTORALI CIRCOSCRlZIONALI E REGIONALI

Art. 6
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 21 DICEMBRE 2005, N. 270))

Art. 7
(Legge 6 febbraio 1948, n. 29, art. 7; legge 23 aprile 1976, n. 136, art. 2, lettera a)
1. La corte d´appello o il tribunale del capoluogo della regione si costituisce in ufficio elettorale regionale con l´intervento di cinque magistrati, dei quali uno presiede, nonche´ di quattro esperti con attribuzioni esclusivamente tecniche, nominati dal primo presidente o dal presidente entro tre giorni dalla pubblicazione del decreto di convocazione dei comizi.

Titolo III
DELLE CANDIDATURE, DEI DELEGATI, DEI RAPPRESENTANTI DEI CANDIDATI E DEI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI DI CANDIDATI.

Art. 8
1. I partiti o gruppi politici organizzati che intendono presentare candidature per l´elezione del Senato della Repubblica debbono depositare presso il Ministero dell´interno il contrassegno con il quale dichiarano di volere distinguere le candidature medesime, con l´osservanza delle norme di cui agli articoli 14, 14-bis, 15, 16 e 17 del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, e successive modificazioni.

Art. 9
1. La dichiarazione di presentazione delle liste dei candidati deve contenere l´indicazione dei nominativi di due delegati effettivi e di due supplenti.
2. La dichiarazione di cui al comma 1 deve essere sottoscritta: a) da almeno 1.000 e da non piu´ di 1.500 elettori iscritti nelle liste elettorali di comuni compresi nelle regioni fino a 500.000 abitanti; b) da almeno 1.750 e da non piu´ di 2.500 elettori iscritti nelle liste elettorali di comuni compresi nelle regioni con piu´ di 500.000 abitanti e fino a 1.000.000 di abitanti; c) da almeno 3.500 e da non piu´ di 5.000 elettori iscritti nelle liste elettorali di comuni compresi nelle regioni con piu´ di 1.000.000 di abitanti. In caso di scioglimento del Senato della Repubblica che ne anticipi la scadenza di oltre centoventi giorni, il numero delle sottoscrizioni di cui alle lettere a), b) e c) e´ ridotto alla meta´.
3. Nessuna sottoscrizione e´ richiesta per i partiti o gruppi politici costituiti in gruppo parlamentare in entrambe le Camere all´inizio della legislatura in corso al momento della convocazione dei comizi. Nessuna sottoscrizione e´ altresi´ richiesta per i partiti o gruppi politici che abbiano effettuato le dichiarazioni di collegamento ai sensi dell´articolo 14-bis, comma 1, del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, con almeno due partiti o gruppi politici di cui al primo periodo del presente comma e abbiano conseguito almeno un seggio in occasione delle ultime elezioni per il Parlamento europeo, con contrassegno identico a quello depositato ai sensi dell´articolo 14 del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957. In tali casi, la presentazione della lista deve essere sottoscritta dal presidente o dal segretario del partito o gruppo politico ovvero da uno dei rappresentanti di cui all´articolo 17, primo comma, del medesimo testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957. Il Ministero dell´interno provvede a comunicare a ciascun ufficio elettorale regionale che la designazione dei rappresentanti comprende anche il mandato di sottoscrivere la dichiarazione di presentazione delle liste. La firma del sottoscrittore deve essere autenticata da un notaio o da un cancelliere di tribunale. Nessuna sottoscrizione e´ altresi´ richiesta per i partiti o gruppi politici rappresentativi di minoranze linguistiche che abbiano conseguito almeno un seggio in occasione delle ultime elezioni per la Camera dei deputati o per il Senato della Repubblica.
4. Ogni lista, all´atto della presentazione, e´ composta da un elenco di candidati, presentati secondo un determinato ordine. La lista e´ formata complessivamente da un numero di candidati non inferiore a un terzo e non superiore ai seggi assegnati alla circoscrizione.
5. Le liste dei candidati e la relativa documentazione sono presentate per ciascuna regione alla cancelleria della corte d´appello o del tribunale sede dell´ufficio elettorale regionale, con l´osservanza delle norme di cui agli articoli 18-bis, 19, 20 e 21 del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361.

Art. 10
(Legge 23 aprile 1976, n. 136, art. 2, lettera d)
1. L´ufficio elettorale regionale verifica se le candidature siano state presentate in termini e nelle forme prescritte.
2. I delegati delle liste di candidati possono prendere cognizione, entro la stessa giornata, delle contestazioni fatte dall´ufficio elettorale regionale e delle modificazioni da questo apportate.
3. ((COMMA ABROGATO DALLA L. 21 DICEMBRE 2005, N. 270)).
4. L´ufficio elettorale regionale si riunisce nuovamente il giorno successivo alle ore 12 per udire eventualmente i delegati ed ammettere nuovi documenti nonche´ correzioni formali e deliberare in merito.
5. Le decisioni dell´ufficio elettorale regionale in ordine all´ammissione delle liste di candidati sono comunicate, nella stessa giornata, ai delegati.
6. Contro le decisioni di eliminazione di liste o di candidati, i delegati possono ricorrere all´ufficio centrale nazionale previsto dall´articolo 12 del testo unico delle leggi recanti norme per l´elezione della Camera dei deputati, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361.
7. Per le modalita´ ed i termini per la presentazione dei ricorsi nonche´ per le decisioni degli stessi e per le conseguenti comunicazioni ai ricorrenti ed agli uffici elettorali regionali si osservano le norme di cui all´articolo 23 del predetto testo unico.

Art. 11
(Legge 6 febbraio 1948, n. 29, art. 13, terzo e quarto comma; legge 23 aprile 1976, n. 136, art. 2, lettera f); legge 21 marzo 1990, n. 53, art. 13, comma 2; legge 13 marzo 1980, n. 70, art. 7, secondo comma; legge 4 febbraio 1992, n. 70, art. 2).
1. L´ufficio elettorale regionale, appena scaduto il termine stabilito per la presentazione dei ricorsi o, nel caso in cui sia stato presentato ricorso, appena ricevuta la comunicazione della decisione dell´Ufficio centrale nazionale, compie le seguenti operazioni: a) stabilisce mediante sorteggio, da effettuare alla presenza dei delegati di lista, il numero d´ordine da assegnare alle coalizioni e alle liste non collegate e ai relativi contrassegni di lista, nonche´, per ciascuna coalizione, l´ordine dei contrassegni delle liste della coalizione. I contrassegni di ciascuna lista sono riportati sulle schede di votazione e sui manifesti secondo l´ordine
progressivo risultato dal suddetto sorteggio; b) comunica ai delegati le definitive decisioni adottate; c) procede, per mezzo delle prefetture – uffici territoriali del Governo: 1) alla stampa delle schede di votazione, recanti i contrassegni delle liste, i quali devono essere riprodotti sulle schede medesime con i colori depositati presso il Ministero dell´interno ai sensi dell´articolo 8; 2) alla stampa del manifesto con le liste dei candidati, con i relativi contrassegni e numero d´ordine, e all´invio del manifesto ai sindaci dei comuni della circoscrizione, i quali ne curano l´affissione nell´albo pretorio e in altri luoghi pubblici entro il quindicesimo giorno antecedente quello della votazione.
3. Le schede sono di carta consistente, sono fornite a cura del Ministero dell´interno, hanno le caratteristiche essenziali del modello descritto nelle tabelle A e B allegate al presente testo unico e riproducono in fac-simile i contrassegni di tutte le liste regolarmente presentate nella circoscrizione. Sulle schede i contrassegni delle liste collegate appartenenti alla stessa coalizione sono riprodotti di seguito, in linea orizzontale, uno accanto all´altro, su un´unica riga. L´ordine delle coalizioni e delle singole liste non collegate, nonche´ l´ordine dei contrassegni delle liste di ciascuna coalizione sono stabiliti con sorteggio secondo le disposizioni di cui al comma 1, lettera a). I contrassegni devono essere riprodotti sulle schede con il diametro di centimetri tre.
4. Le schede devono pervenire agli uffici elettorali debitamente piegate.
4-bis. La scheda elettorale per l´elezione uninominale nel collegio della Valle d´Aosta deve recare doppie diciture in lingua italiana ed in lingua francese.

Art. 12
(Art. 2, lettera g), della legge 23 aprile 1976, n. 136)
1. La designazione dei rappresentanti delle liste di candidati presso gli uffici elettorali regionali e´ effettuata dai delegati con le modalita´ e nei termini previsti dall´articolo 25 del testo unico delle leggi recanti norme per l´elezione della Camera dei deputati, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361.
2. I rappresentanti presso gli uffici elettorali regionali devono essere iscritti nelle liste elettorali di un comune della regione.

Titolo IV
DELLA VOTAZIONE

Art. 13
(Legge 6 febbraio 1948, n. 29, art. 15, primo e secondo comma; legge 11 agosto 1991, n. 271, articoli 7, comma 1, ed 8, comma 1; legge 23 gennaio 1992, n. 33, art. 3, commi 1 e 2).
1. All´elezione dei senatori partecipano gli elettori che hanno compiuto il venticinquesimo anno di eta´.
2. Il presidente, gli scrutatori e il segretario del seggio, nonche´ i militari delle Forze armate e gli appartenenti a Corpi organizzati militarmente per il servizio dello Stato, alle Forze di polizia ed al Corpo nazionale dei vigili del fuoco, sono ammessi a votare, rispettivamente, nella sezione presso la quale esercitano le loro funzioni o nel comune in cui si trovano per causa di servizio.
3. I rappresentanti delle liste dei candidati nelle elezioni del Senato della Repubblica votano nella sezione presso la quale esercitano il loro ufficio, purche´ siano elettori della circoscrizione regionale.
4. I rappresentanti delle liste dei candidati alle elezioni della Camera dei deputati votano per l´elezione del Senato della Repubblica nella sezione presso la quale esercitano le loro funzioni, purche´ siano elettori della circoscrizione regionale.

Art. 14
1. Il voto si esprime tracciando, con la matita, sulla scheda un solo segno, comunque apposto, sul rettangolo contenente il contrassegno della lista prescelta.

Titolo V
DELLE OPERAZIONI DELL´UFFICIO ELETTORALE CIRCOSCRIZIONALE

Art. 15
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 21 DICEMBRE 2005, N. 270))

Art. 16
1. L´ufficio elettorale regionale, compiute le operazioni di cui all´articolo 76 del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361: a) determina la cifra elettorale circoscrizionale di ogni lista. Tale cifra e´ data dalla somma dei voti conseguiti dalla lista stessa nelle singole sezioni elettorali della circoscrizione. Determina inoltre la cifra elettorale circoscrizionale di ciascuna coalizione di liste, data dalla somma delle cifre elettorali circoscrizionali di tutte le liste che la compongono; b) individua quindi: 1) le coalizioni di liste che abbiano conseguito sul piano regionale almeno il 20 per cento dei voti validi espressi e che contengano almeno una lista collegata che abbia conseguito sul piano regionale almeno il 3 per cento dei voti validi espressi; 2) le singole liste non collegate che abbiano conseguito sul piano regionale almeno l´8 per cento dei voti validi espressi nonche´
le liste che, pur appartenendo a coalizioni che non hanno superato la percentuale di cui al numero 1), abbiano conseguito sul piano regionale almeno l´8 per cento dei voti validi espressi.

Titolo VI
DELLE OPERAZIONI DELL´UFFICIO ELETTORALE REGIONALE

Art. 17.
1. L´ufficio elettorale regionale procede ad una prima attribuzione provvisoria dei seggi tra le coalizioni di liste e le liste di cui all´articolo 16, comma 1, lettera b), in base alla cifra elettorale circoscrizionale di ciascuna di esse. A tale fine divide il totale delle cifre elettorali circoscrizionali di ciascuna coalizione di liste o singola lista di cui all´articolo 16, comma 1,
lettera b), per il numero dei seggi da attribuire nella regione, ottenendo cosi´ il quoziente elettorale circoscrizionale. Nell´effettuare tale divisione non tiene conto dell´eventuale parte
frazionaria del quoziente. Divide poi la cifra elettorale circoscrizionale di ciascuna coalizione di liste o singola lista per il quoziente elettorale circoscrizionale. La parte intera del quoziente cosi´ ottenuto rappresenta il numero dei seggi da assegnare a ciascuna coalizione di liste o singola lista. I seggi che rimangono ancora da attribuire sono rispettivamente assegnati alle coalizioni di liste o singole liste per le quali queste ultime divisioni hanno dato i maggiori resti e, in caso di parita´ di resti, a quelle che abbiano conseguito la maggiore cifra elettorale circoscrizionale; a parita´ di quest´ultima si procede a sorteggio.
2. L´ufficio elettorale regionale verifica quindi se la coalizione di liste o la singola lista che ha ottenuto il maggior numero di voti validi espressi nell´ambito della circoscrizione abbia conseguito almeno il 55 per cento dei seggi assegnati alla regione, con arrotondamento all´unita´ superiore.
3. Nel caso in cui la verifica di cui al comma 2 abbia dato esito positivo, l´ufficio elettorale regionale individua, nell´ambito di ciascuna coalizione di liste collegate di cui all´articolo 16, comma 1, lettera b), numero 1), le liste che abbiano conseguito sul piano circoscrizionale almeno il 3 per cento dei voti validi espressi. Procede quindi, per ciascuna coalizione di liste, al riparto, tra le liste ammesse, dei seggi determinati ai sensi del comma 1. A tale fine, per ciascuna coalizione di liste, divide la somma delle cifre elettorali circoscrizionali delle liste ammesse al riparto per il numero di seggi gia´ individuato ai sensi del comma 1, ottenendo cosi´ il relativo quoziente elettorale di coalizione. Nell´effettuare tale divisione non tiene conto dell´eventuale parte frazionaria del quoziente. Divide poi la cifra elettorale circoscrizionale di ciascuna lista ammessa al riparto per il quoziente elettorale di coalizione. La parte intera del quoziente cosi´ ottenuta rappresenta il numero dei seggi da assegnare a ciascuna lista. I seggi che rimangono ancora da attribuire sono rispettivamente assegnati alle liste per le quali queste ultime divisioni hanno dato i maggiori resti e, in caso di parita´ di resti, alle liste che abbiano conseguito la maggiore cifra elettorale circoscrizionale; a parita´ di quest´ultima si procede a sorteggio. A ciascuna lista di cui all´articolo 16, comma 1, lettera b), numero 2), sono attribuiti i seggi gia´ determinati ai sensi del comma 1.
4. Nel caso in cui la verifica di cui al comma 2 abbia dato esito negativo, l´ufficio elettorale regionale assegna alla coalizione di liste o alla singola lista che abbia ottenuto il maggior numero di voti un numero di seggi ulteriore necessario per raggiungere il 55 per cento dei seggi assegnati alla regione, con arrotondamento all´unita´ superiore.
5. I restanti seggi sono ripartiti tra le altre coalizioni di liste o singole liste. A tale fine, l´ufficio elettorale regionale divide il totale delle cifre elettorali di tali coalizioni di liste o singole liste per il numero dei seggi restanti. Nell´effettuare tale divisione non tiene conto dell´eventuale parte frazionaria del quoziente cosi´ ottenuto. Divide poi la cifra elettorale di ciascuna coalizione di liste o singola lista per tale quoziente. La parte intera del risultato cosi´ ottenuto rappresenta il numero dei seggi da assegnare a ciascuna coalizione di liste o lista singola. I seggi che rimangono ancora da attribuire sono rispettivamente assegnati alle coalizioni di liste e alle singole liste per le quali queste ultime divisioni abbiano dato i maggiori resti e, in caso di parita´ di resti, a quelle che abbiano conseguito la maggiore cifra
elettorale circoscrizionale.
6. Per ciascuna coalizione l´ufficio procede al riparto dei seggi ad essa spettanti ai sensi dei commi 4 e 5. A tale fine, per ciascuna coalizione di liste, divide il totale delle cifre elettorali
circoscrizionali delle liste ammesse al riparto ai sensi dell´articolo 16, comma 1, lettera b), numero 1), per il numero dei seggi ad essa spettanti. Nell´effettuare tale divisione non tiene
conto dell´eventuale parte frazionaria del quoziente cosi´ ottenuto. Divide poi la cifra elettorale circoscrizionale di ciascuna lista per quest´ultimo quoziente. La parte intera del risultato cosi´ ottenuto rappresenta il numero dei seggi da attribuire a ciascuna lista. I seggi che rimangono ancora da attribuire sono rispettivamente assegnati alla lista per la quale queste ultime divisioni abbiano dato i maggiori resti e, in caso di parita´ di resti, a quelle che
abbiano conseguito la maggiore cifra elettorale circoscrizionale.
7. Il presidente dell´ufficio elettorale regionale proclama eletti, nei limiti dei seggi ai quali ciascuna lista ha diritto, i candidati
compresi nella lista medesima, secondo l´ordine di presentazione.
8. Qualora una lista abbia esaurito il numero dei candidati presentati nella circoscrizione regionale e non sia quindi possibile attribuire tutti i seggi ad essa spettanti, l´ufficio elettorale
regionale assegna i seggi alla lista facente parte della medesima coalizione della lista deficitaria che abbia la maggiore parte decimale del quoziente non utilizzata, procedendo secondo un ordine decrescente. Qualora due o piu´ liste abbiano una uguale parte decimale del quoziente, si procede mediante sorteggio.

Art. 17-bis

1. Per l´attribuzione dei seggi spettanti alla regione Molise l´ufficio elettorale regionale procede ai sensi dell´articolo 17, commi 1 e 3. Non si applicano le disposizioni di cui all´articolo 17, commi 2, 4, 5 e 6.

Art. 18
(Legge 6 febbraio 1948, n. 29, art. 20)

01. Dell´avvenuta proclamazione il presidente dell´ufficio elettorale regionale invia attestato al senatore proclamato e da´ immediata notizia alla segreteria del Senato, nonche´ alla prefettura o alle prefetture-uffici territoriali del Governo della regione, perche´ a mezzo dei sindaci sia portata a conoscenza degli elettori.
1. Di tutte le operazioni dell´ufficio elettorale regionale viene redatto, in duplice esemplare, apposito verbale; un esemplare e´ inviato subito alla segreteria del Senato, che ne rilascia ricevuta; l´altro e´ depositato nella cancelleria della corte d´appello o del tribunale sede dell´ufficio elettorale regionale, con facolta´ agli elettori della regione di prenderne visione nei successivi quindici giorni.

Art. 19
1. Il seggio che rimanga vacante per qualsiasi causa, anche sopravvenuta, eattribuito, nell´ambito della medesima circoscrizione, al candidato che nella lista segue immediatamente l´ultimo degli eletti nell´ordine progressivo di lista.
2. Qualora la lista abbia esaurito il numero dei candidati presentati in una circoscrizione e non sia quindi possibile attribuirle il seggio rimasto vacante, questo e´ attribuito, nell´ambito della stessa circoscrizione, ai sensi dell´articolo 17, comma 8.

Titolo VII
DISPOSIZIONI SPECIALI PER LE REGIONI VALLE D´AOSTA E TRENTINO-ALTO ADIGE

Art. 20
1. L´elezione uninominale nel collegio della Valle d´Aosta e nei collegi uninominali della regione Trentino-Alto Adige e´ regolata dalle disposizioni dei precedenti articoli, in quanto applicabili, e dalle norme seguenti: a) nella regione Valle d´Aosta la candidatura deve essere proposta con dichiarazione sottoscritta da non meno di 300 e da non piu´ di 600 elettori del collegio. In caso di scioglimento del Senato della Repubblica che ne anticipi la scadenza di oltre centoventi giorni, il numero delle sottoscrizioni della candidatura e´ ridotto
della meta´. La dichiarazione di candidatura e´ effettuata, insieme al deposito del relativo contrassegno, presso la cancelleria del tribunale di Aosta; b) nella regione Trentino-Alto Adige la dichiarazione di presentazione del gruppo di candidati deve essere sottoscritta da
almeno 1.750 e da non piu´ di 2.500 elettori iscritti nelle liste elettorali dei comuni compresi nella regione. Ciascun gruppo deve comprendere un numero di candidati non inferiore a tre e non superiore al numero dei collegi della regione. In caso di scioglimento del Senato della Repubblica che ne anticipi la scadenza di oltre centoventi giorni, il numero delle sottoscrizioni della candidatura e´ ridotto della meta´. Per le candidature individuali la dichiarazione di presentazione deve essere sottoscritta da almeno 1.000 e da non piu´ di 1.500 elettori iscritti nelle liste elettorali del collegio. La presentazione dei gruppi di candidati e delle candidature individuali e´ effettuata, insieme al deposito del relativo contrassegno, presso la cancelleria della corte d´appello di Trento; c) i modelli di scheda per l´elezione nei collegi uninominali delle due regioni sono quelli previsti dalle tabelle F e G allegate alla legge 13 marzo 1980, n. 70, e successive modificazioni; d) il tribunale di Aosta, costituito in ufficio elettorale regionale ai sensi dell´articolo 7, esercita le sue funzioni con l´intervento di tre magistrati.

Art. 20-bis
1. A pena di nullita´ dell´elezione, nessun candidato puo´ accettare la candidatura in piu´ di un collegio uninominale.

Art. 21
1. L´ufficio elettorale regionale procede, con l´assistenza del cancelliere, alle seguenti operazioni: a) effettua lo spoglio delle schede eventualmente inviate dalle sezioni; b) somma i voti ottenuti da ciascun candidato nelle singole sezioni, come risultano dai verbali.
2. Il presidente dell´ufficio elettorale regionale, in conformita´ ai risultati accertati, proclama eletto per ciascun collegio il candidato che ha ottenuto il maggior numero di voti validi. In caso di parita´ di voti, e´ proclamato eletto il candidato piu´ anziano di eta´.

Art. 21-bis
1. Per l´assegnazione dei seggi spettanti alla regione Trentino- Alto Adige non assegnati nei collegi uninominali, l´ufficio elettorale regionale procede alla determinazione della cifra elettorale di ciascun gruppo di candidati e della cifra individuale dei singoli candidati di ciascun gruppo non risultati eletti ai sensi dell´articolo 21.
2. La cifra elettorale dei gruppi di candidati e´ data dalla somma dei voti ottenuti dai candidati presenti nei collegi uninominali della regione con il medesimo contrassegno, sottratti i voti dei candidati gia´ proclamati eletti ai sensi dell´articolo 21. La cifra individuale dei singoli candidati viene determinata moltiplicando per cento il numero dei voti validi ottenuti da ciascun candidato non risultato eletto ai sensi dell´articolo 21, e dividendo il prodotto per il totale dei voti validi espressi nel collegio.
3. Per l´assegnazione dei seggi, l´ufficio elettorale regionale divide la cifra elettorale di ciascun gruppo successivamente per uno, due, … sino alla concorrenza del numero dei senatori da eleggere, scegliendo quindi, fra i quozienti cosi´ ottenuti, i piu´ alti in numero eguale ai senatori da eleggere, disponendoli in una graduatoria decrescente. I seggi sono assegnati ai gruppi in corrispondenza ai quozienti compresi in questa graduatoria. A parita´
di quoziente il seggio e´ attribuito al gruppo che ha ottenuto la minore cifra elettorale. Se ad un gruppo spettano piu´ seggi di quanti sono i suoi candidati, i seggi esuberanti sono distribuiti secondo l´ordine della graduatoria di quoziente.
4. L´ufficio elettorale regionale proclama quindi eletti, in corrispondenza ai seggi attribuiti ad ogni gruppo, i candidati del gruppo medesimo che abbiano ottenuto la piu´ alta cifra individuale, esclusi i candidati eletti ai sensi dell´articolo 21.

Art. 21-ter
1. Quando, per qualsiasi causa, resti vacante il seggio di senatore nel collegio uninominale della Valle d´Aosta o in uno dei collegi uninominali del Trentino-Alto Adige, il presidente del Senato della Repubblica ne da´ immediata comunicazione al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro dell´interno perchesi proceda ad elezione suppletiva nel collegio interessato.
2. I comizi sono convocati con decreto del Presidente della Repubblica, su deliberazione del Consiglio dei ministri, purche´ intercorra almeno un anno fra la data della vacanza e la scadenza normale della legislatura.
3. Le elezioni suppletive sono indette entro novanta giorni dalla data della vacanza dichiarata dalla Giunta delle elezioni.
4. Qualora il termine di novanta giorni di cui al comma 3 cada in un periodo compreso tra il 1° agosto e il 15 settembre, il Governo e´ autorizzato a prorogare tale termine di non oltre quarantacinque giorni; qualora il termine suddetto cada in un periodo compreso tra il 15 dicembre e il 15 gennaio, il Governo puo´ disporre la proroga per non oltre trenta giorni.
5. Il senatore eletto con elezione suppletiva cessa dal mandato con la scadenza costituzionale o l´anticipato scioglimento del Senato della Repubblica.
6. Nel caso in cui si proceda ad elezioni suppletive, le cause di ineleggibilita´ previste dall´articolo 7 del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, e successive modificazioni, non hanno effetto se le funzioni esercitate siano cessate entro i sette giorni successivi alla data di pubblicazione del decreto di indizione delle elezioni.
7. Quando, per qualsiasi causa, resti vacante un seggio di senatore attribuito con calcolo proporzionale nella circoscrizione regionale del Trentino-Alto Adige, l´ufficio elettorale regionale proclama eletto il candidato del medesimo gruppo con la piu´ alta cifra individuale.

Titolo VIII
DISPOSIZIONI FINALI
(Omissis)

Tabella A
(Omissis)

Tabella B
(Omissis)

C. Alcune recenti pronunce della Corte costituzionale sul tema della reviviscenza

C.1-Corte costituzionale, sentenza 10 febbraio 1997, n. 40 (redattore Mirabelli)

Punto n. 3 del Considerato in diritto:
«Il presente referendum, tuttavia, non si propone un intento meramente eliminativo ma, attraverso una abrogazione parziale, mira di per sé all´instaurazione di un sistema diverso, in sostituzione di quello attualmente vigente.
Ma, quale sia tale sistema resta obiettivamente e insuperabilmente incerto, mancando l´alternatività – condizione di chiarezza del quesito – tra la disciplina vigente, di cui si chiede l´abrogazione, e quella che ne residuerebbe.
Che tale sistema possa consistere nel ripristino dell´insegnante unico, quale mezzo per impedire la lamentata frammentazione dell´insegnamento e, quindi, la rottura del rapporto pedagogico e lo scadimento dell´attività didattica, è dubbio. La normativa che, nel decreto legislativo n. 297 del 1994, eventualmente risultasse dall´abrogazione delle parti sottoposte a referendum non giustifica tale conclusione, mancando regole o principi che possano subentrare alle norme abrogate, i quali abbiano come contenuto, appunto, il ripristino del sistema a insegnante unico.
Di ciò, del resto, si mostrano consapevoli gli stessi promotori del referendum i quali, dopo aver sostenuto nella loro prima memoria (di cui è menzione nella narrativa in fatto) la reviviscenza di tale sistema come effetto dell´eventuale abrogazione, nella seconda memoria correggono visibilmente la ratio dell´iniziativa referendaria. Lasciando cadere evidentemente l´idea che all´abrogazione delle norme sottoposte a referendum possa seguire automaticamente la instaurazione di un sistema alternativo all´attuale e ipotizzando, invece, un vuoto di previsione normativa circa i criteri di organizzazione dell´insegnamento e di utilizzazione degli insegnanti nella scuola elementare, in tale secondo momento si avanza una diversa ratio referendaria. Essa consisterebbe nell´eliminazione non del modulo, ma dell´obbligo di adottare il modulo stesso quale unica, necessaria e uniforme formula organizzativa di impiego dei docenti nella scuola elementare. Il vuoto, in altre parole, dovrebbe essere riempito dall´autonomia degli organi dell´amministrazione scolastica, abilitati dal silenzio della legge ad adottare una qualunque tra le possibili decisioni organizzative, nell´ambito delle disponibilità di personale docente. Una qualunque decisione – occorre aggiungere – compresa quella del modulo, la cui istituzione da conseguenza di un obbligo legale diverrebbe conseguenza di atti di autonomia delle singole istituzioni scolastiche».


C.2-Corte costituzionale, sentenza 7 febbraio 2000, n. 31 (redattore Guizzi)

Punto n. 3 del Considerato in diritto:
«Per effetto delle abrogazioni disposte dall’art. 47 del decreto legislativo n. 286 del 1998, le norme di cui sopra sono le uniche che, attualmente, regolano la materia, sì che – nell’ipotesi di abrogazione referendaria – verrebbe meno, da un lato, la disciplina circa l’ingresso e il soggiorno degli stranieri e, dall’altro, si determinerebbe una lacuna per quanto concerne le sanzioni penali a carico di coloro che sfruttano il fenomeno dell’immigrazione clandestina».


C.3-Corte costituzionale, sentenza 26 gennaio 2011, n. 24 (redattore Gallo)

Punto n. 4.2.2. del Considerato in diritto:
«Nel caso in esame, all’abrogazione dell’art. 23-bis, da un lato, non conseguirebbe alcuna reviviscenza delle norme abrogate da tale articolo (reviviscenza, del resto, costantemente esclusa in simili ipotesi sia dalla giurisprudenza di questa Corte − sentenze n. 31 del 2000 e n. 40 del 1997 –, sia da quella della Corte di cassazione e del Consiglio di Stato); dall’altro, conseguirebbe l’applicazione immediata nell’ordinamento italiano della normativa comunitaria (come si è visto, meno restrittiva rispetto a quella oggetto di referendum) relativa alle regole concorrenziali minime in tema di gara ad evidenza pubblica per l’affidamento della gestione di servizi pubblici di rilevanza economica. Ne deriva l’ammissibilità del quesito per l’insussistenza di impedimenti di natura comunitaria».



D. Bibliografia essenziale

1. CAPOTOSTI, Reviviscenza di norme abrogate e dichiarazione di illegittimità consequenziale, in Giurisprudenza costituzionale, 1974.


2. CELOTTO, Reviviscenza degli atti normativi, in Enciclopedia giuridica, vol. XVII, Treccani, Roma, 1998.


3. COCOZZA, Potere abrogativo referendario e potere abrogativo del Parlamento, in Politica del diritto, 1981.


4. CRISAFULLI, Incostituzionalità o abrogazione?, in Giurisprudenza costituzionale, 1957.


5. CRISAFULLI, Atto normativo, in Enciclopedia del diritto, vol. IV, Giuffré, Milano, 1959.


6. DONATI, Abrogazione della legge, in Scritti di diritto pubblico, II, Cedam, Padova, 1966.


7. ESPOSITO, Illegittimità costituzionale e abrogazione, in Giurisprudenza costituzionale, 1958.


8. FRANCO, Considerazioni sulla dichiarazione di incostituzionalità di disposizioni espressamente abrogatici, in Giurisprudenza costituzionale, 1974.


9. FRANCO, Illegittimità costituzionale e abrogazione. La reviviscenza di norme abrogate, Giappichelli, Torino, 1988.


10. GIORGIS, Uno spunto in tema di tutela costituzionale dei diritti sociali e reviviscenza delle norme illegittimamente abrogate, in Giurisprudenza italiana, 1992.


11. GUARINO, Abrogazione e disapplicazione delle leggi illegittime, in Jus, 1951.


12. GUGLIELMI, Dichiarazione di illegittimità costituzionale e reviviscenza delle leggi abrogate, in Annali dell’Istituto di diritto pubblico della Facoltà di Economia e Commercio dell’Università di Roma, Roma, 1970.


13. MODUGNO, Abrogazione, in Enciclopedia giuridica, vol. I, Treccani, Roma, 1998.


14. MODUGNO, Osservazioni sulla reviviscenza di disposizioni legislative sostituite da Testo unico dichiarato incostituzionale, in Giurisprudenza costituzionale, 1966.


15. MODUGNO, Problemi e pseudo-problemi relativi alla c.d. reviviscenza di disposizioni abrogate da legge dichiarata incostituzionale, Giuffré, Milano, 1966.


16.MORTATI, Ancora su incostituzionalità e abrogazione, in Giurisprudenza costituzionale, 1959.


17. PUGLIATTI, Abrogazione, in Enciclopedia del diritto, vol. I, Giuffré, Milano, 1968.


18. SERRA, Leggi dichiarate incostituzionali e reviviscenza di disposizioni abrogate, in Studi senesi, 1969.


19. SORRENTINO, L’abrogazione nel quadro dell’unità dell’ordinamento giuridico, in Rivista trimestrale di diritto pubblico, 1972.

E. Due contributi recenti in materia di reviviscenza e referendum abrogativo

E.1- Valeria G.F. Marcenò, Il concetto di abrogazione parziale. Raffronto tra l´abrogazione legislativa e l´abrogazione referendaria
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Indice.

I. Il concetto di abrogazione
1.1 Analisi dell’effetto abrogativo: tipologie
1.2 (segue) unitarietà del concetto e modus operandi
1.3 (segue) il fondamento giuridico
II. Abrogazione legislativa e abrogazione referendaria
2.1 Ruolo del referendum nell’ordinamento costituzionale (cenni)
2.2 Necessità di un giudizio complessivo di identità
2.3 Oggetto del referendum: norma, disposizione o altro?
2.4 Inconciliabilità del fondamento giuridico
2.5 Effetti normativi di risulta: scelta consapevole o “vuoto” legislativo?
2.6 Abrogazione della disposizione abrogatrice: il problema della reviviscenza di disposizioni abrogate
2.7 Il fenomeno della “abrogazione bloccante”
III. Il referendum “manipolativo” nella elaborazione giurisprudenziale della Corte Costituzionale
3.1 La sentenza Paladin (sent. 16/78): abrogazione di “frammenti” di legge. Volontaria specificazione o disattenzione?
3.2 Ancora incertezze: frammenti o disattenzione?
3.3 L’abrogazione di frammenti di legge diviene doverosa (sent. 47/91)
3.4 Il c.d. limite “gerarchico” del referendum abrogativo. Leggi in materia elettorale: leggi costituzionalmente necessarie
3.5 Effetti incostituzionali di un referendum parziale
3.6 Conferme della normatività del referendum abrogativo
3.7 L’ultima tornata referendaria: la costante incongruenza della Corte

I. Il concetto di abrogazione.
La prospettiva del lavoro non permette di dilungarsi eccessivamente sull´evoluzione storica del concetto di abrogazione, dovendosi concentrare maggiormente, per escludere o meno l´equiparabilità tra potere legislativo ordinario e referendum popolare, sulla nozione dell´effetto abrogativo.
E´ sufficiente ricordare che il fenomeno abrogativo, nel suo significato originario, presentava due caratteristiche: a) la tendenziale persistenza della legge, una volta posta; b) la necessità di una cosciente, espressa e specifica manifestazione di volontà contraria per ottenerne la rimozione. Era possibile quindi isolare due aspetti: uno relativo al fatto espresso ed esplicito del ritiro della legge, l´altro esprimente una sorta di negazione-contrarietà tra due elementi disposti in successione cronologica, ma entrambi di per sé persistenti. Mentre il primo aspetto è, in definitiva, preminente e caratteristico nel significato originario del termine, il secondo diventa preminente nella concezione moderna di abrogazione, incentrata sul rilievo dato alla contraddittorietà, o meglio, alla incompatibilità tra legge antecedente e legge successiva. Non si parla più di una semplice rimozione, di un ritiro della legge antecedente in conseguenza dell´emanazione di una nuova disposizione normativa contrastante con la prima. L´abrogazione non deve essere considerata semplicemente ciò che sembra: “essa appare come sottrazione dal sistema giuridico delle norme abrogate; ma, a ben vedere, consiste piuttosto nella addizione a tale sistema di norme abrogatrici”. La riportata affermazione risulterà più chiara una volta delineato l´effetto abrogativo e i connessi modi attraverso i quali esso si realizza.

1.1. Analisi dell´effetto abrogativo: tipologie
Secondo un´interpretazione ormai consolidatasi dell´art. 15 disp.prel.cod.civ., questa disposizione prevede due generi e tre specie di atti abrogativi (cui una quarta specie tende ad affiancarsi nella prassi legislativa).
(1) L´atto abrogativo può essere espresso, ossia eseguito mediante l´emanazione di una disposizione abrogatrice.
Questa può dirsi (1.1.) ´nominata´ allorché la disposizione abrogatrice identifica con precisione il suo oggetto: “E´ abrogato l´articolo x della legge y”; (1.2.) ´innominata´, allorché la disposizione abrogatrice ha un oggetto indeterminato: “Sono abrogate tutte le norme incompatibili con la presente legge”. E´ quest´ultima la specie di atto abrogativo non prevista dall´art. 15 disp.prel.cod.civ., ma affermatasi nella prassi legislativa.
(2) L´atto abrogativo è definito invece tacito quando l´effetto abrogativo discende non dall´emanazione di disposizioni specificatamente abrogatrici, bensì da disposizioni di altra natura. Si parla allora di (2.1.) abrogazione per ´incompatibilità´ (in senso stretto, aggiungeremmo noi, alla luce di quanto verrà specificato infra), allorché viene emanata una disposizione che, per una determinata fattispecie, detta una disciplina che sia incompatibile con la disciplina dettata, per quella stessa fattispecie, da una disposizione cronologicamente antecedente. Talché la disposizione antecedente viene considerata abrogata anche in mancanza di un atto abrogativo espresso in tal senso.
Si può parlare ancora di (2.2.) abrogazione “per nuova disciplina” allorché viene emanata una serie di disposizioni che, per un determinato insieme di fattispecie tra loro connesse (“una intera materia”), dettano una disciplina nuova (non necessariamente incompatibile) rispetto a quella dettata da una o più disposizioni cronologicamente antecedenti. Anche in tale ipotesi le disposizioni antecedenti vengono considerate abrogate pur in assenza di un atto abrogativo espresso in tal senso.
Abbiamo ritenuto di dover adottare l´impostazione di Guastini in quanto permette di ottenere prima facie una chiara visione delle tipologie di abrogazione presenti nel nostro ordinamento giuridico, siano queste espressamente previste (art. 15 disp.prel.cod.civ.; art. 75 Cost.), o semplicemente radicatesi nella prassi legislativa (quali l´abrogazione esplicita innominata).
Risulta comunque ovvio che tali figure altro non sono che l´esplicazione di uno stesso fenomeno e istituto giuridico, uno ed unico essendo l´effetto che da esse si genera, riconducibili tutte allo stesso comune denominatore della incompatibilità (in senso ampio). In riferimento al genere dell´abrogazione espressa (punti 1.1. e 1.2.), si rileva incompatibilità tra “la precedente pronuncia e quella successiva, il cui contenuto è la negazione (comando) dell´atto precedente”, nessun problema sollevando a tal punto dell´analisi il carattere innominato dell´abrogazione.
Si parla invece di incompatibilità tra prodotto normativo della legge vecchia e prodotto della legge nuova nella abrogazione tacita al punto 2.1., e di incompatibilità tra l´intento dell´ordinamento di rinnovare tutta la disciplina di una materia, facendo tabula rasa di ogni precedente disposizione, e il perdurare di norme sulla materia la cui normazione è rinnovata, nella abrogazione per regolazione dell´intera materia in punto 2.2. In sostanza, come correttamente rileva Crisafulli, “in entrambe le ipotesi (abrogazione espressa e abrogazione tacita), l´effetto abrogativo presuppone incompatibilità tra norme anteriori e norme successive: solo che, nella abrogazione espressa, tale incompatibilità è autoritativamente accertata dallo stesso legislatore, e deve quindi presumersi juris et de jure; mentre, nell´abrogazione tacita, l´accertamento dell´incompatibilità è rimesso all´interprete, ed in ultima analisi al giudice, cui spetta dichiarare caso per caso l´abrogazione e precisarne i limiti.

1.2. (Segue): unitarietà del concetto e modus operandi
Ricondotte le varie forme abrogative ad un´unica fattispecie, appunto quella della incompatibilità, si pone necessaria l´analisi dell´effetto abrogativo, la cui sola comprensione permette di individuarne anche il fondamento.
Secondo la ricostruzione realizzata da Sorrentino, l´abrogazione di una legge ad opera di una legge successiva “non ne estingue le norme, ma ne delimita cronologicamente l´efficacia”. L´abrogazione consegue l´effetto di delimitare temporalmente (quindi senza annullare) la sfera di applicabilità delle norme cui si riferisce. Il fenomeno abrogativo non comporta una rottura nell´unità dell´ordinamento giuridico, quanto piuttosto una sorta di “ripartizione” dell´ambito di applicabilità tra le due discipline: per i fatti maturatisi anteriormente all´entrata in vigore della legge abrogante, sono da applicare le norme della legge abrogata; per i fatti maturatisi successivamente, invece, sono da applicare le norme della legge abrogante. L´effetto abrogativo, in sostanza, consiste nella “definitiva inapplicabilità della norma abrogata ai fatti futuri che si verificheranno a partire dal momento in cui è possibile fissare l´effetto stesso”. Ne discende la coesistenza di disposizioni solo apparentemente incompatibili, giacché, pur avendo diverso ed opposto contenuto, si riferiscono a fattispecie che, per essere maturate in tempi diversi, devono essere ritenute diverse.
Il concetto di effetto abrogativo così sinteticamente delineato permette di comprendere l´affermazione precedentemente riportata di Guastini, secondo cui “la norma abrogata non è sottratta (dal sistema giuridico), ma soltanto modificata, mediante la addizione (al sistema giuridico) della norma abrogatrice”. Non è possibile parlare di eliminazione dall´ordinamento giuridico della disposizione abrogata, o di completa cessazione di efficacia della stessa. La disposizione antecedente, seppur oggetto di abrogazione, continua ad essere parte del sistema giuridico, pur se la sua applicabilità è temporalmente circoscritta; ad essa si aggiunge una nuova disposizione, quella abrogante, idonea ad essere utilizzata solo pro futuro.
Chiarita l´unitarietà semantica del fenomeno, si pone indispensabile al proseguimento della trattazione l´analisi del modo di operare dell´effetto abrogativo nelle delineate forme di abrogazione.
Continuando ad usufruire della linearità e lucidità nell´esposizione di Guastini:
(1) l´abrogazione nominata si attua mediante l´emanazione di una disposizione espressamente abrogatrice, la quale identifichi con precisione il suo oggetto. Ne discende che detto tipo di abrogazione opera sulle disposizioni, quelle disposizioni che sono appunto nominate nella disposizione abrogatrice. “L´abrogazione nominata, insomma, circoscrive nel tempo la possibilità di usare (…) certe disposizioni legislative, indipendentemente dal loro significato (indipendentemente dalle diverse interpretazioni che esse possono ricevere)”. Ovviamente il divieto di applicare le disposizioni abrogate a casi che non siano sorti antecedentemente all´abrogazione comporta l´inapplicabilità delle norme che da tali disposizioni possono essere ricavate.
(2) L´abrogazione espressa innominata, proprio perché non identifica il suo oggetto, non si riferisce a puntuali disposizioni legislative, ma soltanto a norme. Ne deriva il divieto per gli interpreti di “ricavare, dalle disposizioni previgenti, norme che siano in contrasto con quelle altre norme che essi stessi ricaveranno dalle disposizioni contenute nella nuova legge”. Come correttamente rileva Guastini, “le formule di stile dell´abrogazione innominata non sono che ridondanti iterazioni del disposto dell´art. 15 disp.prel.cod.civ.: hanno solo l´apparenza dell´abrogazione espressa, ma producono i medesimi risultati dell´abrogazione tacita”.
(3) L´abrogazione tacita, per incompatibilità o per regolazione dell´intera materia, opera sulle norme, queste ultime, e non le disposizioni che le contengono, essendo oggetto di interpretazione.
Da quanto sinora detto può affermarsi che il principio lex posterior derogat priori, ossia il principio della preferenza della legge successiva, opera quale normale strumento di risoluzione delle antinomie presenti nel sistema. E´ interessante notare come tale principio sia però suscettibile di due usi differenti in sede di applicazione, a seconda che sia riferito alle disposizioni o, invece, alle norme. Se riferito alle disposizioni, infatti, la sua applicazione comporta l´abrogazione della disposizione antecedente, la quale quindi, comunque interpretata, non potrà essere suscettibile di uso alcuno. Se il principio è riferito alle norme, invece, la sua applicazione comporta che sia considerata abrogata una norma antecedente, ma non necessariamente la disposizione che la contiene. Ne consegue che la disposizione de qua possa ancora trovare applicazione, “purché non sia interpretata in modo contrastante con la norma successiva”. In tal modo è escluso non l´uso della disposizione, ma solo l´applicabilità della norma in essa contenuta.
Il riferimento alla diversa operatività dell´effetto abrogativo in relazione alle disposizioni e alle norme permette di evidenziare l´indispensabile contributo in tale ambito dell´interprete. Se l´autore dell´abrogazione è sempre il legislatore, diversamente deve dirsi per l´interprete-giudice, l´entità del cui intervento varia in merito al riconoscimento e alla determinazione dell´effetto abrogativo.
Nell´abrogazione espressa il contributo dell´interprete è decisamente ridimensionato: seppur anch´essa riconducibile al più ampio genus dell´incompatibilità (in quanto realizza un´ipotesi di contrasto tra la disciplina posta dalla legge abrogata e quella che l´interprete dovrà ricavare dalle altre disposizioni vigenti), nell´abrogazione espressa il detto “contrasto è espressamente dichiarato dal legislatore, onde, una volta interpreta la disposizione abrogante, l´interprete non ha più la necessità di interpretare la disposizione abrogata”. L´interpretazione di quest´ultima manterrà comunque la sua necessarietà al fine di ricostruire, attraverso il contrasto con la vecchia, la nuova disciplina della fattispecie. Differente e maggiormente pregnante è, invece, il contributo dell´interprete nell´ipotesi di abrogazione tacita.
Prima di procedere in tale direzione si pone doverosa una breve premessa, volta a rievocare la posizione di Sorrentino in merito alla abrogazione tacita. Secondo l´A., tale forma abrogativa non può più essere ricondotta ad un´implicita volontà del legislatore (animus abrogandi), “ma dovrà essere ricondotta alla circostanza che l´ordinamento al rilevato contrasto da parte dell´interprete tra due disposizioni giuridiche ricollega l´effetto abrogativo della norma cronologicamente precedente”. Ed è tale indifferenza dell´ordinamento rispetto all´esistenza o meno di un animus abrogandi da parte del legislatore che ha consentito all´A. di affiancare all´abrogazione tacita l´abrogazione espressa, considerando addirittura la prima come il normale modello di abrogazione. Se infatti per abrogazione deve intendersi l´effetto di delimitare cronologicamente l´ambito di applicazione delle norme abrogate, prescindendo completamente dall´intentio del legislatore, ovvia è la considerazione di Sorrentino: la vera e propria abrogazione è quella tacita, vuoi laddove la nuova disciplina si sostituisce in toto alla vecchia (abrogazione per nuova disciplina della materia), vuoi laddove singole nuove regole si sostituiscono a regole precedenti (abrogazione per incompatibilità, in senso stretto). La necessarietà di prevedere e regolare l´intenzione meramente abrogativa del legislatore induce ad ammettere poi l´abrogazione espressa, le disposizioni oggetto della quale, delimitate nella loro applicabilità, vengono sostituite da norme diverse, ricavate dall´interprete.
Ritornando adesso al contributo offerto dall´interprete, chiara risulta l´ampiezza del suo operare nell´ipotesi di abrogazione tacita, non essendo la semplice e diretta comparazione delle due norme sufficiente a stabilire l´incompatibilità, poichè esse, “comparate singolarmente, appaiono pienamente compatibili, ma ove si salga ai principi cui si subordinano, risultano in realtà incompatibili”, o anche in un primo momento dichiarate contrastanti, poi, in un momento successivo, a causa della continua evoluzione dell´ordinamento giuridico, risultano essere non più contrastanti. Tali ipotesi ovviamente non potranno realizzarsi nel caso di abrogazione espressa, sia per la maggiore insensibilità alle reazioni sistematiche delle disposizioni meramente abrogative, suscettibili per loro natura di esprimere una sola norma, sia perché oggetto di questa forma di abrogazione sono, come si è detto, le disposizioni e non le norme, di modo che “le disposizioni esplicitamente abrogate non formano oggetto d´interpretazione al fine della determinazione dell´ampiezza dell´effetto abrogativo”.
Sulla base del diverso modo di operare dell´interprete, Guastini introduce la contrapposizione tra abrogazione legislativa e abrogazione giurisprudenziale. La prima si compie emanando una norma abrogatrice esplicita, la seconda, al contrario, ricavando dal sistema giuridico una disposizione abrogatrice che in realtà il legislatore non ha mai emanato. Detto contrasto evidenzia ulteriormente la distinzione tra l´abrogazione espressa e l´abrogazione tacita. L´abrogazione espressa nominata (non quella innominata che, per le ragioni espresse, è più idoneamente riconducibile all´abrogazione tacita, almeno sotto il profilo qui analizzato) è un atto normativo compiuto direttamente dal legislatore. L´abrogazione tacita è un atto normativo compiuto dall´interprete, sulla base di una “delega legislativa”, e da questi imputata ad una presunta volontà del legislatore stesso.
Riassumendo quanto si è sin qui detto, l´abrogazione, a prescindere dalle diverse forme che può assumere, prevede quale suo necessario presupposto il contrasto tra due discipline che si susseguono nel tempo, e non la volontà espressa o tacita del legislatore di dar luogo ad abrogazione. Solo nel momento della interpretazione, quindi, potrà stabilirsi l´esistenza e l´ampiezza dell´effetto abrogativo. Non si dimentichi poi che il contrasto nasce laddove la fonte successiva sia idonea a disciplinare l´oggetto regolato dalla fonte soggetta ad abrogazione. Tali due elementi permettono di concludere positivamente sull´effetto normativo dell´atto abrogativo, argomento sul quale si tornerà più approfonditamente nei paragrafi successivi.

1.3. (Segue): il fondamento giuridico
Configurato l´effetto abrogativo come la delimitazione cronologica dell´efficacia (e quindi dell´applicabilità) di due disposizioni o norme contrastanti, si deve procedere con il tentativo di individuarne il fondamento.
Una volta accolta la ricordata definizione, non si può non concludere per la inaccettabilità dell´impostazione secondo cui l´abrogazione opererebbe quale forma di invalidazione o eliminazione delle norme abrogate. Accogliere la tesi della delimitazione temporale dell´ambito di applicabilità delle norme soggette ad abrogazione, comporta necessariamente il rigetto (in quanto incompatibile) della posizione di chi ritenga verificarsi, con l´emanazione di una norma abrogatrice, l´eliminazione o la cessazione di efficacia della norma abrogata. Quest´ultima non può definirsi inesistente, né invalida; essa, infatti, continua ad appartenere al sistema giuridico, mantiene una propria efficacia, pur se “relativa”, nel senso che trova applicazione a controversie sorte anteriormente all´abrogazione stessa. Decisa in tal senso è la posizione di Crisafulli, secondo cui “la cessazione del vigore delle norme in seguito ad abrogazione è certamente definitiva, ma non per questo chiamarla “estinzione” può valere più che come descrizione approssimativa del fenomeno. E´ fuori dubbio, infatti, che le norme abrogate seguitano ad essere applicabili a situazioni e rapporti sorti durante il tempo in cui erano vigenti (…). Ed anche nei casi di abrogazione retroattiva (che, comunque, sono eccezionali), gli effetti in precedenza prodotti dalle norme abrogate rimangono fermi”. Continua tuttavia a sostenere l´ipotesi della eliminazione dell´efficacia di una norma abrogata Pugliatti, il quale ribadisce che si parla “propriamente di abrogazione con riferimento all´effetto che un atto legislativo produce rispetto ad un atto legislativo preesistente, ponendo fine alla sua efficacia” (il corsivo è nostro).
Pur non potendosi condividere, per le ragioni esposte, tale impostazione, merita di essere accolta parte della sua teoria, ripresa anche da Crisafulli e da Sorrentino, precisamente quella che riconduce l´abrogazione alla potestà normativa e alla sua inesauribilità.
Il concetto di abrogazione descritto dall´A. presenta tre diversi elementi:
a. l´esistenza di un potere giuridico permanente e potenzialmente inesauribile;
b. l´esercizio concreto e individuato di tale potere, da cui deriva un determinato atto giuridico;
c. il rinnovato esercizio, sempre concreto e individuato, del potere medesimo, da cui deriva un ulteriore atto, “idoneo a far cessare (ex nunc) l´efficacia giuridica del precedente” (idoneo, diremmo noi, a delimitarne cronologicamente l´efficacia). “Il risultato della relazione tra b e c, sul presupposto di a, è precisamente ciò che si designa col termine di abrogazione”.
Il meccanismo della abrogazione si spiega, quindi, sulla base della natura dell´atto legislativo e della sua forza giuridica: ogni atto legislativo è “emanazione e concreta realizzazione della potestà legislativa, o esplicazione specifica della correlativa funzione”, ed in quanto tale ha la capacità di costituire, modificare, integrare l´ordinamento legislativo. “E´ proprio della potestà legislativa il possedere tale forza; ed è proprio degli atti, nei quali la potestà si estrinseca (…), di essere idonei a innovare nell´ordine legislativo preesistente”.
L´impostazione di Pugliatti, pur se riconosciuta valida al punto da fungere da premessa alla propria analisi, viene ridimensionata da Sorrentino. Seppur risulta indiscutibile la natura dell´abrogazione quale espressione del potere (inesauribile) normativo, l´A. ribadisce che l´effetto abrogativo “si produce solo se e in quanto si sia realizzata sul piano normativo una situazione di contrasto tra due discipline successive nel tempo e che tale situazione può determinarsi solo tra norme che, in quanto tali, vanno valutate nella loro oggettività nel quadro dell´unità sistematica dell´ordinamento”. In altri termini: l´effetto abrogativo, pur se si risolve integralmente nell´effetto normativo dell´atto legislativo (ossia nella sua innovatività), non può prescindere, per il suo concreto realizzarsi, dal criterio della incompatibilità, rilevata questa esclusivamente attraverso l´opera dell´interprete.
Contraria (e quindi inaccettabile) risulta a questo punto anche la teoria di chi configurerebbe l´abrogazione come l´avveramento di una “condizione risolutiva implicita nella norma abrogata”. L´impostazione in analisi, se da un lato conferma la natura dell´effetto abrogativo, dall´altro propone una spiegazione del fenomeno medesimo ben costruita, ma in definitiva del tutto inconciliabile con il fenomeno stesso.
Il fenomeno abrogativo non comporta l´inesistenza della legge abrogata, quanto la limitazione o restringimento dell´ambito di efficacia della stessa (o meglio, delle norme in essa contenute). Sino a questo punto nulla di nuovo (e di diverso) è sostenuto rispetto alla teoria da noi accolta di Sorrentino. Se la premessa è comune, tuttavia, opposta è la conclusione. Spiega Modugno che “tale limitazione temporale dell´efficacia è destinata ad aumentare, mano a mano che i rapporti ancora regolabili dalla legge abrogata siano da questa effettivamente regolati o, per altro motivo, si esauriscano”. L´ambito di efficacia della legge abrogata tende a restringersi, e mai ad espandersi. “L´efficacia residua della legge abrogata sembra ripetere il suo fondamento da una validità risolutivamente condizionata che vede, progressivamente, compiersi i momenti costituenti l´avverarsi definitivo della condizione. (…) L´efficacia della legge abrogata (non è) semplicemente delimitata o sospesa, ma destinata, a condizioni (risolutive) rigorosamente predeterminate (i fatti che ricadono sotto la sua disciplina) per la validità che ne è a fondamento, a cessare del tutto”. Ne deriva un duplice ruolo svolto dalla legge abrogata: da un lato, essa “giuoca quale mero fatto condizionante la validità dell´altra” (ossia, della legge abrogatrice); dall´altro, essa condiziona “la cessazione – ritardata nel tempo (…) – della sua stessa efficacia”. Il fondamento del fenomeno abrogativo, quindi, non va cercato nella legge successiva (abrogativa), quanto nella stessa legge abrogata: ogni atto legislativo nasce condizionato, nel senso che il suo ambito di efficacia è destinato a comprimersi, è implicita nell´atto stesso la riduzione delle condizioni della sua operatività, fino al suo definitivo esaurirsi. “Ogni atto normativo può disporre, in principio, della propria permanenza in vigore e della propria efficacia, condizionandole alle circostanze più diverse, nella possibilità cioè di dettare le condizioni per la modifica del proprio contenuto dispositivo”; e si tratta, conclude l´A., di una caratteristica dell´ordinamento giuridico che “va ritrovato in teoria generale a livello delle norme sulla normazione necessarie in qualsiasi ordinamento giuridico, indipendentemente da eventuali espresse norme positive (come l´art. 15 disp.prel.cod.civ.)”.
La dettagliata esposizione della teoria della condizione risolutiva favorisce la conclusione circa la sua inaccettabilità. Affermare che ogni atto legislativo sia implicitamente condizionato e, quindi, destinato ad esaurire l´ambito della sua applicabilità, presuppone necessariamente la prevalenza della fonte successiva su quella anteriore. Se pur si sostiene che la legge successiva (abrogante) diventi efficace ripetendo la validità della legge anteriore (abroganda) e che quindi il fondamento del fenomeno abrogativo sia riposto nella seconda (e non viceversa), non si può non vedere come la condizione cui è subordinato ogni atto legislativo (in particolare l´ambito della sua efficacia) altro non sia che l´emanazione di un nuovo atto normativo, contrastante con il precedente.
La teoria cui noi aderiamo, invece, partendo dal presupposto della inesauribilità del potere normativo e della naturale propensione di ogni norma alla sua modificabilità, riconduce l´effetto abrogativo non alla mera prevalenza della legge successiva, quanto alla concomitante presenza (rilevata dall´operato dell´interprete) del contrasto tra due norme cronologicamente susseguenti l´una all´altra e dell´idoneità della seconda a disciplinare l´oggetto regolato dalla prima.

II. Abrogazione legislativa e abrogazione referendaria
Quanto discusso nel capitolo precedente ci permette ora di procedere oltre, addentrandoci più specificatamente nel cuore della problematica trattata.
L´enucleazione di una definizione di abrogazione (premessa questa necessaria e imprescindibile) induce ad affrontare una questione alquanto discussa in dottrina.
Una volta ammessa la piena accoglibilità del concetto elaborato da Sorrentino (secondo cui, è opportuno ribadire, il fenomeno abrogativo comporta quale effetto la delimitazione temporale della disposizione abrogata, e non la sua eliminazione), è necessario verificare se tale nozione sia applicabile in toto anche all´ipotesi di abrogazione per referendum; ossia, se si possa concordare con quella parte della dottrina che riconosce la piena equiparabilità tra la abrogazione legislativa e la abrogazione referendaria.
La risoluzione della esposta questione implica in primo luogo una chiarificazione della natura del referendum e delle diverse posizioni dottrinali in proposito, sulla base della tipologia funzionale adottata, ed in relazione ad essa, verrà poi verificata la riconducibilità degli effetti propri della abrogazione legislativa al referendum abrogativo. Dall´esito positivo o negativo di detta analisi “comparata” dipenderà la risposta al quesito.

2.1. Ruolo del referendum nell´ordinamento costituzionale (cenni)
In dottrina a lungo dominante è stata la posizione di chi considerava il referendum quale atto legislativo, dotato di forza di legge ordinaria.
La comprensione di tale affermazione richiede un rapido richiamo ai concetti di democrazia rappresentativa e di democrazia diretta. Entrambe le formule altro non sono che l´espressione del concetto di sovranità popolare ex art. 1 della Costituzione: sia attraverso le forme di democrazia diretta (di cui il referendum costituisce la voce più incidente), sia attraverso i propri rappresentanti in Parlamento, il popolo è sovrano. Conseguentemente, al referendum deve riconoscersi il medesimo carattere normativo-legislativo che si considera proprio della legge adottata in Parlamento: il referendum “deve essere considerato atto legislativo. Se esso, infatti, non proviene dagli organi del potere legislativo, proviene dal popolo, che quegli organi politicamente rappresentano”.
La diretta (e d´altronde innegabile) incidenza del referendum abrogativo sul tessuto legislativo giustifica la tendenza a configurarlo e utilizzarlo quale strumento di normazione, derivandone quindi la sua collocazione nel sistema delle fonti di produzione normativa al livello della legge ordinaria. Se si ritiene, in armonia con quanto sostenuto da Sorrentino, che “anche la disposizione meramente abrogativa ha carattere normativo, in quanto conduce a dare (quanto meno indirettamente) una diversa valutazione giuridica a certe fattispecie, ne deriva che il referendum abrogativo è anch´esso esercizio di un potere normativo anche se estremamente limitato nel suo oggetto”, onde si è giunti a parlare relativamente ad esso di “atto di legislazione unidirezionale”. E ciò è ancor più palese se si considera che “non solo le forze politiche hanno da sempre sollecitato la volontà popolare finalizzandola in senso propositivo, ad un´alternativa di scelta semplificata in positivo (tra A e B), ma spesso o i quesiti sono stati “manipolati” onde ottenere la normativa voluta, (…) ovvero essi, nell´impossibilità di formulare le domande reali, sono stati usati in veste di oggetti pretestuosi, formalmente obbligati nel loro essere “normativi”, ma spesso ben poco o punto afferenti per contenuto alle sostanziali questioni “politiche” effettivamente sottoposte, invece, alla decisione popolare”.
La menzionata definizione di funzione legislativa unidirezionale, seppur non negata, rivelerebbe secondo Cocozza, al contrario, la differenza sussistente tra il referendum e la normazione che promana dal Parlamento. Il referendum partecipa innegabilmente alla funzione legislativa, ed è senz´altro forma di esercizio di quest´ultima; ma ciò non comporta l´automatica equiparazione tra funzione legislativa delle Camere e quella popolare. Si tratta, dunque, di “una funzione (legislativa) che si estrinseca in modo particolare, che è sottoposta a dei limiti (prima fra tutti, l´inidoneità a configurare una normativa di risulta) in virtù dei quali si può anche parlare di competenza del referendum (all´abrogazione)”, ma tali, prosegue l´A., da “indicare, nello stesso tempo, l´impossibilità di classificare il referendum abrogativo in rapporto ad una scala gerarchica delle fonti”.
Di tutt´altra opinione è Chiola, il quale capovolge completamente quanto fino ad ora sostenuto, attribuendo al mezzo referendario non un carattere para-legislativo, quanto piuttosto la valenza di “proposta politica”. Le notevoli differenze evidenziate dall´A. tra l´abrogazione legislativa e quella referendaria, ed in particolar modo il mancato riconoscimento a quest´ultima della capacità innovativa, sembrano svolgere il ruolo di premesse ad una qualificazione del referendum abrogativo “quale strumento del controllo politico popolare sull´operato del Parlamento. In questo diverso scenario, l´abrogazione referendaria costituirebbe, infatti, soltanto una misura sanzionatoria per il comportamento tenuto dal Parlamento in relazione alla disciplina per una determinata materia, misura che, pur incidendo sulla legge, non esproprierebbe l´organo rappresentativo della funzione legislativa che gli è propria, ma costituirebbe soltanto un mezzo per costringerlo ad adattare scelte diverse”. Conforterebbe poi la qualificazione di strumento di controllo popolare l´art. 38 della l.352/70, il quale dispone, nell´eventualità che la consultazione referendaria risulti contraria all´abrogazione, il blocco per cinque anni di ogni iniziativa referendaria sulla stessa legge o disposizione. Il menzionato divieto, ritiene l´A., “andrebbe letto come riconoscimento del risultato politico della consultazione referendaria, favorevole, all´apparato”. In chiave di controllo politico, dunque, si potrebbe sostenere che, “fuori dagli schemi della successione delle leggi, l´abrogazione conseguente a decisioni popolari acquista una valenza spiccatamente sanzionatoria nei confronti dell´organo rappresentativo, valenza che è del tutto estranea all´abrogazione legislativa, legata, invece, a considerazioni di opportunità mutata”.
Sono, quelle riportate, argomentazioni che necessitano di ben più analitiche osservazioni e valutazioni. Ci è sembrato tuttavia interessante fornire un quadro, pur se sintetico (e probabilmente non del tutto esaustivo), delle diverse possibili configurazioni che sono state offerte (e che riscuotono attualmente numerosi sostenitori) dalla dottrina. La molteplicità e varietà (per non dire incompatibilità) dei tentativi di ricostruzione funzionale del referendum permettono di cogliere ictu oculi la complessità del lavoro che segue e la non univocità delle risoluzioni alle domande posteci. Si cercherà, per quanto possibile, di evidenziare i problemi connessi all´abrogazione referendaria, tentando una soluzione dei medesimi.

2.2. Necessità di un giudizio complessivo di identità
L´utilizzazione della medesima definizione di effetto abrogativo, considerata indiscutibilmente valida e comune ad entrambe le forme di abrogazione, sembra appiattire ogni tentativo di differenziazione tra la legge meramente abrogatrice e il referendum abrogativo. Ricondotto il referendum nella più ampia species di abrogazione espressa, risulta essere superflua ogni ulteriore analisi del fenomeno, in special modo laddove detta analisi si proponga quale fine la non equiparabilità tra legislazione ordinaria e legislazione referendaria. Dalla somiglianza di effetti tra tale forma di abrogazione e quella posta da una disposizione legislativa si fanno discendere (forse troppo frettolosamente) la natura normativa del referendum e il ruolo svolto dall´attività interpretativa nella risoluzione della situazione che ne consegue.
Riteniamo tuttavia di doverci discostare da tale impostazione, benché essa sia stata autorevolmente posta. L´equiparazione tra i due fenomeni non può basarsi unicamente sull´esistenza di un effetto comune, esigendosi al contrario un “giudizio complessivo di identità”: solamente appurando la effettiva applicabilità alla fattispecie referendaria degli effetti scaturenti dalla abrogazione legislativa, sarà possibile valutare definitivamente l´esistenza (o la negazione) di un parallelismo tra i due fenomeni.
Procediamo dunque in tal senso.

2.3. Oggetto del referendum: norma, disposizione o altro?
Il referendum abrogativo è ricondotto dalla maggior parte della dottrina alla categoria della abrogazione espressa. Richiamando sinteticamente quanto già detto nel secondo capitolo, l´abrogazione espressa nominata, identificando chiaramente il suo oggetto, opera sulle disposizioni: la legge abrogatrice indica con precisione le disposizioni la cui efficacia si intende circoscrivere temporalmente. Se si concorda per l´assimilazione del referendum a siffatta specie di abrogazione, inevitabilmente si deve concludere che anch´esso abbia quale oggetto solo ed esclusivamente le disposizioni (e non le norme). Ed in effetti tale requisito sembrerebbe essere soddisfatto, laddove si richiami l´art. 27 della l. 352/70, il quale dispone che nella proposta referendaria devono essere indicati “(…) la legge o l´atto avente valore di legge dei quali si propone l´abrogazione (…)” e, nell´ipotesi di referendum parziale, gli articoli o parte degli articoli della legge o dell´atto legislativo.
La Corte costituzionale (sent. n. 68 del 1978) ha tuttavia precisato che, pur identificato l´oggetto del referendum abrogativo nelle leggi, negli atti legislativi e nelle loro disposizioni, “gli atti e i disposti legislativi indicati in ciascuna richiesta non sono altro che il mezzo per individuare una data normativa, sulle sorti della quale gli elettori vengono in effetti chiamati a pronunciarsi”. La sostanza del quesito referendario – e quindi l´oggetto del referendum – è rappresentato, dunque, dal significato complessivo, dal “senso” della normativa, più che dai singoli atti e disposizioni enunciati: “Il tema del quesito sottoposto agli elettori non è tanto formato (…) dalla serie delle singole disposizioni da abrogare, quanto dal comune principio che se ne ricava” (Corte cost., sent. n. 16 del 1978).
Prescindendo per il momento dall´ulteriore questione di quello che ci piace definire “il fenomeno della abrogazione bloccante”, è ovvio a questo punto che quanto appariva inizialmente logico concludere, non possa più adesso essere tale. L´individuazione dell´oggetto del referendum nei principi informatori della legge o nei contenuti normativi essenziali della disposizione piuttosto che nella legge o disposizione medesima, permette di valutare un primo elemento di distinzione tra l´abrogazione legislativa e l´abrogazione referendaria. Obiettivo della richiesta referendaria sarebbe non l´atto legislativo (o parte di esso) come nell´ipotesi di abrogazione espressa, quanto “la ratio legis dello stesso, (…) quanto un giudizio popolare sul fine perseguito dal legislatore”.
La precisazione della Corte costituzionale contenuta nella sent. 68/78 pone al nostro lavoro una domanda di dubbia risoluzione (almeno per il momento): come si concilia il fenomeno referendario ex art. 75 Cost. con la struttura di Guastini relativa al concetto di abrogazione e con quella di Sorrentino concernente l´effetto abrogativo, entrambe da noi riprese e poste quali premesse del nostro lavoro? Una volta ammessa la ratio legis quale effettivo oggetto della proposta referendaria, fino a che punto potrà ancora parlarsi di referendum quale forma di abrogazione assimilabile a quella legislativa? O non sarà forse più opportuno evidenziarne la netta differenziazione? Sono questi interrogativi cui potrà darsi una risposta più organica solo conclusa la comparazione tra referendum abrogativo e abrogazione legislativa.

2.4. Inconciliabilità del fondamento giuridico
L´effetto abrogativo (incompatibilità tra due disposizioni che si succedono nel tempo e delimitazione cronologica dei rispettivi ambiti di efficacia) trova, secondo parte della dottrina, il suo fondamento giuridico nella “inesauribilità” del potere legislativo. Ogni forma di abrogazione è considerata espressione della volontà del legislatore. Persino l´intervento meramente legislativo riveste detto ruolo, in quanto costituisce una delle possibili manifestazioni del pieno potere normativo del legislatore, ove per “pienezza” del potere normativo deve intendersi la capacità di intervenire legislativamente nel sistema costituzionale sia nell´aspetto negativo che in quello positivo.
Dubbi sono stati sollevati in merito alla qualificazione attribuita al referendum abrogativo di esercizio di un potere normativo autonomo (dal potere legislativo) conferito dalla Costituzione al corpo elettorale. Quest´ultimo, infatti, a differenza degli altri organi legislativi ordinari, sembrerebbe presentarsi del tutto sprovvisto di un potere normativo di carattere positivo, esaurendosi al contrario nel solo aspetto negativo. Senonché, risolve Sorrentino, “se si ritiene che anche la disposizione meramente abrogativa ha carattere normativo, in quanto conduce a dare (quanto meno indirettamente) una diversa valutazione giuridica a certe fattispecie, ne deriva che il referendum abrogativo è pur esso esercizio di un potere normativo anche se estremamente limitato nel suo oggetto”. Il carattere normativo della disposizione meramente abrogativa discende dal fatto che essa, nel momento in cui circoscrive nel tempo la disposizione abroganda rendendola non più applicabile alle situazioni che verranno a verificarsi successivamente all´avvenuta abrogazione, permette in ogni caso all´interprete di ricavare, attraverso gli ordinari canoni ermeneutici, una disciplina diversa, pur non essendo stata quest´ultima espressamente introdotta dal legislatore. In sostanza, anche la disposizione meramente abrogativa innova nell´ordinamento giuridico: essa non può considerarsi espressione del solo carattere negativo del potere legislativo, quanto anche di quello positivo (se pur in modo indiretto). Da qui la normatività dell´abrogazione espressa nominata.
Se si procede riconducendo, sulla base di requisiti formali, il referendum abrogativo alla species della abrogazione espressa, si dovrebbe necessariamente concordare con la posizione di Sorrentino, secondo cui ovvia è la identità sostanziale dei due fenomeni: “(…) anche il referendum, il cui oggetto si configura come una disposizione meramente abrogativa, (è) esercizio di un potere normativo, anche se limitato al solo aspetto negativo”. Concorda quindi l´A. con la definizione offerta da Sandulli, secondo cui è corretto parlare di referendum come “atto di legislazione unidirezionale”. Tali considerazioni conducono (apparentemente) ad un´unica conclusione possibile in ordine agli effetti del referendum: che cioè “l´approvazione da parte del corpo elettorale (…) di una proposta referendaria limita, come del resto avviene in caso di abrogazione espressa, a partire dalla sua entrata in vigore, la sfera cronologica di applicabilità di tutte le norme estraibili dalle disposizioni, per le quali il referendum sia stato effettuato”.
Tralasciamo il riferimento alle norme, di cui si è già discusso, e affrontiamo (finalmente) in modo diretto la questione dell´aspetto ontologico del referendum abrogativo, in altri termini del suo carattere “normativo”. Il ragionamento sillogistico di Sorrentino apparentemente non solleva alcuna perplessità: riconosciuta la portata normativo-innovativa della abrogazione espressa e ricondotto il referendum abrogativo alla menzionata fattispecie abrogatrice, non si può non concludere in favore della normatività di quello.
Eppure quanto esposto non ci convince; o per lo meno, dubbi ci spingono a non chiudere qui la nostra analisi.
Seppur consideriamo possibile concordare con il riconoscimento all´intervento meramente legislativo di una portata totalmente paralizzante della precedente disposizione, la quale risulta privata di ogni ulteriore capacità normativa, non riteniamo di poter affermare lo stesso per l´intervento popolare. Infatti, mentre è ormai consolidato considerare la disposizione meramente abrogativa quale “una delle possibili manifestazioni del pieno potere normativo del legislatore”, tale significato non può attribuirsi all´intervento popolare, in quanto il popolo è costretto ad esprimersi con il mezzo referendario in termini esclusivamente “negativi”.
Di inesauribilità può parlarsi quindi solo relativamente al potere legislativo ordinario, rientrando nel pieno potere del legislatore la facoltà di intervenire e, conseguentemente, di innovare nell´ordinamento giuridico tramite l´introduzione di una nuova disposizione o di una nuova disciplina della intera materia (abrogazione tacita), oppure tramite una disposizione meramente abrogativa (abrogazione espressa). Il potere del legislatore è esercitato positivamente (ossia ponendo delle regole in luogo di altre) nella prima ipotesi, negativamente (con la semplice delimitazione cronologica di quelle medesime regole) nella seconda; in entrambi i casi, l´intervento del legislatore comporta l´esercizio della medesima competenza ed innova nel sistema costituzionale in egual misura. La volontà sottesa di circoscrivere l´ambito di applicabilità della disposizione abrogata è indubbia nell´una e nell´altra ipotesi.
Totalmente diverso è il discorso relativo al referendum abrogativo. L´approvazione della proposta referendaria non sottintende, infatti, necessariamente, la volontà di abolire ogni disciplina della materia, ma anche (e perlopiù) una valutazione sulla opportunità di una determinata soluzione offerta dal legislatore. L´esito positivo può implicare la richiesta di “una disciplina diversa della fattispecie; (…) tendere alla semplice eliminazione di una certa disciplina; (…) incidere in maniera diversa sull´indirizzo politico,(…), e ciò può verificarsi soprattutto con il mantenere in vita normative generate in contesti storico-politici che sono in antitesi con quelli in cui il legislatore si trova ad operare, (oppure con il valutare) sulla conformità della disciplina in concreto apprestata con le esigenze popolari”.
Escluso il principio della inesauribilità quale fondamento giuridico (anche) del referendum abrogativo, sembrerebbe palesarsi la sua connotazione di “strumento di controllo politico”, sebbene tale espressione non permetta di esaurire tutte le diverse funzioni cui il referendum può adempiere.

2.5. Effetti normativi di risulta: scelta consapevole o “vuoto” legislativo?
Si è detto che la legge meramente abrogativa, in quanto una delle possibili espressioni dell´intervento legislativo, sottende sempre la volontà dello stesso di innovare nell´ordinamento giuridico. Ne deriva quale logica conseguenza che attraverso quella il legislatore abbia inteso effettuare una “scelta” determinata, e quindi abbia “voluto” gli effetti normativi scaturenti dalla pura abrogazione della legge precedente.
Nel referendum, invece, le possibilità espressive del corpo elettorale sono circoscritte ad un´unica alternativa. Il responso popolare (come abbiamo già sottolineato nel precedente paragrafo) non consente di enucleare una volontà popolare unica ed univoca in merito a quanto oggetto della proposta referendaria, qualunque sia stato il suo esito, e ciò a causa della “obiettiva impossibilità d´identificare nello stesso l´eventuale esistenza di finalità propositive”. L´abrogazione referendaria, quindi, a differenza di quella legislativa, non abbraccia le c.d. “norme di risulta”, nel senso che non è possibile sostenere che con il voto referendario il popolo abbia “voluto”, oltre all´abrogazione, anche gli effetti normativi di risulta. Questi ultimi, d´altronde, sono del tutto estranei al quesito . Se da un lato il “vuoto” creato dall´abrogazione legislativa appare assimilabile a quello derivante dall´esito positivo del quesito referendario, dall´altro tale similitudine viene immediatamente meno nel momento in cui si consideri semplicemente la diversità delle conseguenze da quelle derivanti: infatti, solo per il legislatore la mera abrogazione costituisce una delle possibili soluzioni disponibili, riuscendo conseguentemente ad assumere un preciso significato normativo; quest´ultimo, invece, non può farsi discendere dall´abrogazione referendaria, essendo gli incerti confini da essa derivanti rimessi alla futura elaborazione giurisprudenziale o al futuro intervento del legislatore.
Continuando ad adottare il ragionamento di Chiola, quindi, se si riconosce soltanto alla legge meramente abrogativa la “volontarietà” degli effetti normativi di risulta, può sostenersi allora che la volontaria delimitazione cronologica della capacità normativa della fonte comporta non solo la creazione di una lacuna, quanto anche la preclusione di “ogni riempimento in via analogica, in quanto il fine perseguito dal legislatore nell´adottare un provvedimento di mera abrogazione (e non altri) è stato proprio quello di creare il vuoto, oppure, al contrario, che l´impiego del mezzo meramente abrogativo sottintenda la volontà implicita di effettuare un rinvio alla norma che disciplina i meccanismi di chiusura dell´ordinamento”.
In merito al secondo fenomeno, ossia quello della reviviscenza di norme precedentemente abrogate, torneremo successivamente. Ci preme per il momento sottolineare che, se la legge meramente abrogatrice non comporta la produzione di altra norma di livello legislativo, determina però l´indifferenza giuridica per la materia precedente “legificata”. E´ questo il fenomeno che Chiola definisce come “effetto delegificante”, nel senso che la materia precedentemente oggetto di una disciplina legislativa, nel momento in cui quest´ultima viene abrogata da legge successiva meramente abrogatrice (e non dalle altre forme di abrogazione tacita, per le quali il fenomeno non avrebbe modo di porsi), risulta essere privata di ogni ulteriore interesse da parte del legislatore, il quale ha inteso, così operando, semplicemente adottare la soluzione del “vuoto legislativo”. Ma l´effetto “delegificante” non può essere riconosciuto al referendum, proprio perché tale effetto deve scaturire da una scelta voluta e non può costituire una conseguenza del tutto casuale, determinata dall´assenza di norme di risulta, così come avverrebbe nei confronti dei detentori del potere referendario in quanto privi di un´effettiva capacità di scelta in ordine alle conseguenze della consultazione popolare.
Non si tralasci poi l´intervento “riparatore” del legislatore, espressamente previsto nell´art. 37 della l. 352/70, elemento considerato di per sé sufficiente a visualizzare le differenze tra abrogazione referendaria e abrogazione legislativa. La possibilità, disposta unicamente per il referendum, di posticipare (seppur per un periodo non superiore a 60 giorni dalla data di pubblicazione) l´entrata in vigore della abrogazione referendaria, rende incontestabile la non-definitività dell´effetto abrogativo: nulla osterebbe ad un intervento positivo del legislatore in questo periodo di sospensione, comportandone una parziale inefficacia dell´esito referendario. Ribadiamo: parziale, e non totale, considerando illegittimo l´intervento legislativo successivo che non tenga conto comunque dell´esito referendario.

2.6. Abrogazione della disposizione abrogatrice: il problema della reviviscenza di disposizioni abrogate.
Intimamente connesso con la creazione del vuoto legislativo, conseguenza fisiologica dell´esito positivo di una proposta referendaria, è il problema della reviviscenza di disposizioni anteriori abrogate da disposizioni ora abrogate.
Prima di procedere in tal senso, tuttavia si pone necessario verificare se una certa connessione tra abrogazione legislativa e reviviscenza di leggi abrogate sia effettivamente riscontrabile, questione sulla quale i dubbi non sono mancati.
Secondo la concezione tradizionale, a lungo dominante ma da noi disattesa, per la quale l´abrogazione consisterebbe nella cessazione dell´efficacia di un atto ad opera di un atto successivo, la possibilità di una reviviscenza della legge abrogata è esclusa dall´impostazione stessa: ciò che ha cessato di esistere non può evidentemente tornare in vita.
Si tratta però di verificare se il problema, dal punto di vista della concezione di abrogazione da noi adottata, sia suscettibile di una diversa soluzione. La totale assenza nel nostro ordinamento di una disposizione in proposito è stata a lungo considerata argomentazione sufficiente per avvallare l´opinione, ormai consolidata sia in dottrina che in giurisprudenza, della non reviviscenza delle norme abrogate.
Tentativi in senso contrario sono stati però oggetto di analisi da parte di Sorrentino, il quale ha individuato tre ipotesi in cui, concordemente con l´impostazione di abrogazione da noi adottata, sembrerebbe potersi ammettere una certa reviviscenza delle norme abrogate:
A) la prima ipotesi è quella dell´abrogazione espressa di disposizione espressamente abrogativa. In questi casi, salvo che all´abrogazione si accompagni l´emanazione di una nuova e diversa disciplina, lo scopo precipuo che il legislatore intende conseguire altro non può essere che quello di richiamare in vita la disposizione precedentemente abrogata (e la dottrina è quasi all´unanimità concorde su questo punto).
La dottrina tradizionale spiega il fenomeno attraverso un meccanismo alquanto complesso. Si ritiene che la legge abrogatrice di una precedente norma abrogatrice contenga “una norma che, da un lato, ha funzione abrogativa, dall´altro assume, per relationem, il contenuto normativo della norma legale precedentemente abrogata”. Pur ritenendo Sorrentino che il fenomeno possa essere spiegato diversamente, ossia semplicemente ritenendo sussistente in questa ipotesi una deroga al principio generalmente accolto, in base al quale la reviviscenza non è ammessa, il risultato non muta. Risulta evidente la duplice configurazione di una disposizione legislativa meramente abrogatrice (ovviamente laddove non sia retroattiva): per un verso essa interviene delimitando temporalmente l´efficacia della disposizione ora abrogata; per altro verso, e contestualmente, essa detta una disciplina applicabile pro futuro, quella appunto in precedenza abrogata. La reviviscenza della disposizione precedentemente abrogata risulterebbe essere un effetto voluto, pur se implicitamente, dal legislatore.
B) altra ipotesi è quella dell´evoluzione dell´ordinamento che porta ad un “mutamento nel significato della disposizione abrogante o della disposizione abrogata o di entrambe, tale da eliminare il contrasto tra le due”. L´effetto abrogativo in questa ipotesi è palesemente a livello delle norme, lasciando invece intatte le disposizioni; pertanto, non può stupire “la possibilità che, prodottosi l´effetto abrogativo relativamente ad alcune norme, esso venga escluso in riferimento a diverse norme, pur se tratte dalla medesima disposizione”. Notevole è la distinzione rispetto all´ipotesi precedente: mentre nel primo caso saranno soggetti alla disciplina ricondotta in vita solo i fatti successivi all´entrata in vigore di quella ripristinatoria, nel secondo “la reviviscenza avviene, per così dire, quasi inavvertitamente, onde l´interprete assumerà a criterio di valutazione di fatti anche anteriori alla reviviscenza norme tratte da disposizioni una volta abrogate”.
C) infine, un´altra ipotesi di reviviscenza di disposizioni abrogate è quella che si realizza quando viene meno, per abrogazione espressa, una disposizione implicitamente abrogatrice di precedenti disposizioni. La situazione si presenta molto simile a quella descritta sub B), con l´unica differenza che l´evoluzione dell´ordinamento che provoca la reviviscenza avviene “nell´un caso a livello delle singole norme (mutamento di significato di disposizioni prima contrastanti), nell´altro coinvolge tutte le norme estraibili dalla disposizione espressamente abrogata”. Da cui deriva che la reviviscenza in questa terza ipotesi si produrrà, analogamente all´ipotesi sub A), al momento dell´entrata in vigore della disposizione espressamente abrogativa.
Le ipotesi delineate permettono quindi di ammettere, seppur entro àmbiti ben delineati e delimitati, la riconducibilità del fenomeno della reviviscenza all´effetto abrogativo.
Non pochi dubbi sussistono sull´estensione di tale fenomeno all´abrogazione da referendum. Se pur è possibile concordare con la moderna dottrina che il fenomeno dell´abrogazione è stato costruito in funzione dell´unità dell´ordinamento giuridico dal momento che esso assicura il ricambio normativo, garantendo al contempo la completezza e l´organicità dell´ordinamento, non è possibile pervenire (almeno non senza sollevare perplessità) ad una medesima conclusione nell´ipotesi di abrogazione per referendum. Quest´ultima, infatti, può determinare (e determina, come stiamo mettendo in evidenza in queste pagine) effetti diversi e “può proporsi in antitesi con la suddetta unità dell´ordinamento giuridico, dal momento che si può pervenire all´abrogazione di discipline che non consentono l´individuazione di una normativa sostitutiva e che richiedono l´intervento necessario dell´organo legislativo per la creazione di regole diverse”.
Quest´ultima riportata affermazione merita più approfonditi chiarimenti; è necessario quindi retrocedere per un attimo.
La domanda che ci eravamo posti può essere così sintetizzata: è possibile attribuire il fenomeno della reviviscenza di norme abrogate anche all´effetto abrogativo per referendum? Sebbene il problema sia di facile individuazione, lo stesso non può essere detto per ciò che concerne la risposta, non esistendo un´unica ed univoca risoluzione, ma mutando questa a secondo dell´impostazione (e del concetto di abrogazione) accolta.
Qualora, infatti, venisse adottata la posizione dottrinale che incarna il suo più incisivo sostenitore in Pugliatti, a prescindere dalla complessità del ragionamento cui ricorre l´A. per spiegare la “presenza di un atto legislativo a doppia faccia” (analisi che fuorvierebbe l´intento del nostro lavoro), non dovrebbe affatto stupire la conclusione, essendo la menzionata teoria intrinsecamente connessa ad una enfatizzata equiparabilità dell´abrogazione referendaria a quella legislativa. Riconosciuto ad una legge abrogatrice l´effetto di richiamare in vita le disposizioni abrogate, ed assimilato il referendum alla species di abrogazione espressa, fuori di ogni dubbio è l´attribuzione del fenomeno della reviviscenza anche al referendum.
Sarebbe sufficiente divergere da tali affermazioni semplicemente richiamando le conclusioni cui siamo via via pervenuti: il referendum non è riconducibile (almeno senza sollevare notevoli dubbi) alla fattispecie di abrogazione espressa; se quest´ultima può (rectius, deve) essere considerata una delle molteplici manifestazioni della volontà del legislatore, ciò non può (rectius, deve) essere detto per il referendum, al contrario manifestazione della volontà popolare; e se la prima può manifestarsi sia positivamente che negativamente, la seconda invece ha carattere esclusivamente negativo; la prima crea una lacuna, che può essere colmata interpretativamente, mentre la seconda crea un vuoto, destinato ad attendere un successivo intervento legislativo; concludendo, la prima può comportare, quale manifestazione della volontà legislativa di colmare una lacuna, la reviviscenza della norma abrogata, tale fenomeno è decisamente precluso all´abrogazione referendaria.
Pur ritenendo quindi alquanto ovvia la nostra conclusione in proposito, riteniamo possibile fornire ulteriori prove a sostegno della nostra posizione.
Cerchiamo di adattare le tentate ipotesi di reviviscenza di Sorrentino all´ipotesi di abrogazione per referendum.
L´ipotesi sub A) può considerarsi già esclusa sulla base di quanto detto a proposito della non-accoglibilità dell´impostazione di Pugliatti. L´abrogazione espressa ha ad oggetto disposizioni e (salvo che sia seguita da una nuova e diversa disciplina) comporta la reviviscenza di disposizioni precedentemente abrogate, in quanto “l´assenza della disciplina (…) crea una presunzione sulla volontà di ripristinare la precedente normazione”; il referendum, al contrario, non permette di “individuare alcuna altra volontà (…) se non quell(a), appunto, di voler eliminare una certa disciplina dal mondo giuridico”.
Proseguendo con l´ipotesi sub B), apparentemente sembrerebbe potersi assimilare ad essa l´abrogazione referendaria. L´evoluzione dell´ordinamento giuridico determina un mutamento del significato delle disposizioni, tale per cui il contrasto in precedenza esistente tra le stesse viene meno; l´effetto abrogativo opera a livello delle norme, lasciando intatte le disposizioni. E´ pur vero che la Corte costituzionale ha identificato l´oggetto del quesito referendario nei principi, nella “matrice razionalmente unitaria”, in definitiva nelle norme, piuttosto che nelle leggi o disposizioni. Tuttavia, ciò non è sufficiente per giustificare l´assimilazione del procedimento referendario all´abrogazione legislativa sub B). L´esito positivo di un quesito referendario palesa senza dubbio l´opinione popolare in merito al principio sotteso alla disposizione oggetto di referendum. Ma ciò non significa che la volontà popolare, così manifestatasi, intenda ripristinare il principio implicito nella disposizione abrogata dalla disposizione ora a sua volta abrogata. Come abbiamo già messo più volte in evidenza, il voto favorevole ad una proposta referendaria implica (e deve implicare) esclusivamente l´intenzione di delimitare cronologicamente l´ambito di applicazione della disposizione oggetto di referendum (operando così in linea con il concetto di abrogazione), lasciando al legislatore il compito di intervenire positivamente (ovviamente nel rispetto di quanto espresso dalla volontà popolare).
Analoghe argomentazioni favoriscono l´esclusione anche della fattispecie sub C). La reviviscenza di disposizioni implicitamente abrogate da una disposizione ora espressamente abrogata è giustificabile laddove l´abrogazione espressa non sia accompagnata dalla emanazione di nuove norme relative alla materia da quella disciplinata: l´interprete, infatti, essendogli preclusa la considerazione delle disposizioni espressamente abrogate e non indicando la disposizione abrogante altra fonte per la disciplina di quella materia, deve riferirsi necessariamente alla vecchia disciplina, che viene in tal modo “richiamata in vita”. Ma ciò non è riscontrabile nel caso di abrogazione per referendum di una disposizione implicitamente abrogatrice di precedenti disposizioni: l´esito positivo del quesito referendario si limita a circoscrivere temporalmente l´efficacia della disposizione che ne è stata oggetto. Nulla può fare l´interprete, se non attendere il successivo (auspicabilmente, tempestivo) intervento del legislatore. Non è infatti possibile attribuire alla manifestazione della volontà popolare un significato ad essa estraneo; non è possibile, almeno giuridicamente parlando, ricostruire l´esistenza di una celata intenzione popolare volta a richiamare in vita disposizioni abrogate. Se pur si voglia infatti configurare il referendum quale esercizio di un potere normativo, non si può prescindere dalla considerazione che si tratterebbe in ogni caso di potere normativo limitato al solo aspetto negativo, non essendogli attribuito un potere normativo pieno .
Il rifiuto da noi opposto alla tesi della reviviscenza delle norme abrogate da una legge successivamente abrogata dal referendum trova ancora riscontro nell´affermata trasferibilità del quesito referendario alla legge “successiva” non innovativa (art. 39 l. 352/70) giacché, ammettendo la reviviscenza, si vanificherebbe l´eventuale giudizio popolare favorevole all´abrogazione della legge successiva meramente ripetitiva. Quest´ultima affermazione, però, non può per il momento essere spiegata oltre, necessitando essa la comprensione del fenomeno del “trasferimento” del referendum, oggetto del successivo paragrafo.

2.7. Il fenomeno della “abrogazione bloccante”
In base all´art. 39 della l. 352/70, il referendum abrogativo non ha più luogo se, prima del suo concreto svolgimento, “la legge o l´atto con forza di legge o le singole disposizioni di essi, cui il referendum si riferisce, siano stati abrogati”.
Le sollevate perplessità in merito a cosa dovesse propriamente intendersi per “abrogazione” sono state risolte in modo definitivo dalla Corte costituzionale, la quale ha ritenuto che l´art. 39 “non distingue (…) tra le diverse ipotesi di abrogazione previste dall´art. 15 delle disposizioni sulla legge in generale” (ord. n. 44 del 1978).
Ne discende che, conseguendo l´effetto abrogativo non solo ad un atto di mera rimozione di una disposizione precedente (abrogazione espressa), ma anche ad una disciplina incompatibile (abrogazione tacita) e persino ad una nuova disciplina, anche se non incompatibile o non diversa, della materia regolata dalla disposizione precedente (abrogazione per nuova disciplina della materia), in qualunque forma intervenga l´abrogazione delle disposizioni sottoposte a referendum, questo deve essere interrotto.
Ammesso l´effetto bloccante delle operazioni referendarie per qualunque fattispecie abrogativa, la Corte, tuttavia, ha ritenuto opportuno circoscrivere la “cessazione della materia del contendere” alla sola ipotesi di modifica dei principi informatori della disciplina e, rispettivamente, dei contenuti normativi essenziali, a seconda che la richiesta referendaria riguardi un´intera legge oppure specifiche disposizioni.
Abbiamo già chiarito come questa sentenza abbia necessariamente modificato (e ampliato) l´oggetto di intervento dell´abrogazione per referendum. Quanto ci preme adesso prendere in considerazione, quindi, è l´incidenza che il fenomeno della abrogazione bloccante (e dell´eventuale “trasferimento” del referendum) abbia in relazione alla domanda sempre sottesa al nostro lavoro, ossia al (presunto) parallelismo fra abrogazione legislativa e abrogazione referendaria.
Il criterio “essenzialistico” introdotto dalla menzionata sentenza costituzionale comporta che solo laddove i principi della legge o disposizione del quesito referendario siano modificati dal successivo intervento legislativo, il procedimento debba “logicamente” considerarsi interrotto. Nell´ipotesi in cui, al contrario, la successiva disciplina non presenti alcun carattere innovativo, ma riproponga semplicemente quanto era oggetto della abroganda, il referendum si effettua sulle nuove disposizioni, realizzandosi una “sorta di traslazione della richiesta dalla vecchia alla nuova legge sopravvenuta”. Il trasferimento dalla vecchia alla nuova disciplina non innovativa permette di isolare “l´effetto abrogativo della nuova legge, che afferma realizzarsi integralmente, tanto da impedire che l´oggetto del referendum possa riguardare le disposizioni già abrogate”. In linea perfetta con il principio implicito nell´art. 39, secondo cui non possono essere oggetto di una proposta referendaria leggi o disposizioni già abrogate, laddove il legislatore sia intervenuto, in pendenza del procedimento referendario, disponendo una disciplina “sostanzialmente” identica a quella oggetto del quesito, la nuova disciplina esplica integralmente il suo effetto abrogativo, appunto delimitando l´ambito di applicazione della precedente, ma il referendum assume automaticamente quale oggetto la nuova disciplina. Il procedimento referendario non subisce quindi alcuna interruzione.
Il descritto fenomeno del trasferimento vede quale sua logica (e inevitabile) conseguenza la caducazione di due principi che parte della dottrina ha inteso spesso inconfutabili: l´applicabilità della reviviscenza della disposizione precedentemente abrogata anche all´abrogazione per referendum, e l´equiparabilità di quest´ultimo alla abrogazione legislativa.
In merito al primo aspetto si è già detto abbastanza. Il trasferimento, tuttavia, offre un´ulteriore argomentazione a sostegno del nostro rifiuto opposto alla tesi della reviviscenza. Qualora, infatti, si fosse ammessa la reviviscenza, ne sarebbe conseguita obbligatoriamente la vanificazione dell´eventuale giudizio popolare favorevole all´abrogazione della legge successiva non innovativa. Riconoscere all´esito favorevole del referendum l´ (ultra)effetto della reviviscenza della disposizione precedentemente abrogata, vorrebbe dire neutralizzare lo strumento del trasferimento, introdotto dalla Corte costituzionale proprio per limitare tentativi (del legislatore) lesivi del diritto popolare riconosciuto nell´art. 75 Cost..
Per quanto concerne poi il parallelismo tra potere abrogativo legislativo e potere abrogativo referendario, il fenomeno della “abrogazione bloccante” si configura quale ottima argomentazione per escluderlo. E ciò sotto tre aspetti:
1. porre ad oggetto del quesito referendario la nuova disciplina non innovativa significa sottrarre il referendum alla regola della lex posterior, collocandolo quindi fuori della successione delle leggi nel tempo;
2. permettere al legislatore di intervenire in pendenza di un procedimento referendario attraverso l´emanazione di una disciplina tale da incidere (e quindi modificare) i principi informatori della disciplina precedente, significa porre il referendum su di un piano di gerarchia delle fonti non del tutto coincidente con quello della legge.
3. garantire l´effetto abrogativo del referendum significa escludere che il legislatore “successivo” (ossia, attraverso un intervento legislativo appunto successivo) possa vanificare l´esito del referendum, possa in sostanza dettare una disciplina retroattiva che cancelli ogni sua conseguenza (limite della irrevocabilità dell´effetto abrogativo del referendum).
Ci sembra interessante, conclusivamente, menzionare l´opinione di Chiola, secondo il quale la soluzione adottata dalla Corte determinerebbe “il contemporaneo sacrificio delle prerogative del Parlamento e di quella del popolo. (…) Escludendo il trasferimento del referendum sulle leggi sopravvenute soltanto se vengano modificati i principi ispiratori della normativa già sottoposta a giudizio popolare, si condiziona infatti la libertà di scelta del Parlamento, il quale, pur di sottrarsi al giudizio popolare, potrebbe essere indotto a modificare sostanzialmente la disciplina. Correlativamente il popolo, a seguito della modifica in itinere, si vede preclusa la possibilità di esprimere il proprio giudizio sul comportamento dell´organo rappresentativo, anche se in ipotesi, fosse contrario al mutamento da questo apportato alla precedente disciplina”. Poiché soltanto se il Parlamento non modifica sostanzialmente la legge oggetto del quesito referendario, la consultazione popolare può aver luogo, è comprensibile la conclusione di Chiola che qualifica l´intervento popolare come “alternativo a quello legislativo”. Il referendum svolgerebbe quindi una funzione di stimolo del tutto “neutra” nei confronti del Parlamento, essendo il fine raggiunto attraverso una modifica della legge, di qualunque segno sia . La Corte non ha quindi inteso tenere in considerazione la valenza politica, “il fine intrinseco” della richiesta referendaria, considerando sufficiente per l´interruzione delle operazioni referendarie un intervento di modifica sostanziale della legge abroganda, comunque configurato, purché di segno opposto al prevalente orientamento dei richiedenti.
La (corretta) indifferenza verso il fine propositivo ai fini della abrogazione bloccante permette di ridimensionare, e compensare, l´affermazione della stessa Corte in ordine all´introduzione del criterio della omogeneità quale criterio di inammissibilità della proposta referendaria, secondo la quale la mancanza di una manifesta alternativa conseguente all´eventuale abrogazione “impedisce che il voto dei cittadini si renda con quella consapevolezza nella scelta, che è irrinunciabile requisito di un atto libero e sovrano di legiferazione popolare negativa” (sent. 16/78). Ci sembra opportuna la critica mossa da chi scorge nella argomentazione sinteticamente riportata della Corte una contraddizione di fondo. Essa, infatti, configurando quale criterio di inammissibilità del referendum la omessa evidenziazione o, comunque, la non chiara individuazione, accanto alla volontà di abrogare, degli scopi positivi cui è rivolta l´iniziativa referendaria, finisce per snaturare la funzione tipica che l´ordinamento giuridico riconosce al referendum abrogativo, la delimitazione temporale di una legge o disposizione. La Corte, in effetti, sembra “commettere l´errore di trasformare (…) il fine propositivo in requisito essenziale e, diremmo, qualificante, riducendo, al contrario, a semplice elemento concorrente (ma da sé solo insufficiente a giustificare la legittimità del diretto intervento degli elettori) la voluntas abrogandi, che è, invece, il vero aspetto caratterizzante ed irrinunciabile dell´istituto stesso”. Pur non negandosi la possibilità che il referendum possa (e voglia) perseguire e raggiungere altri scopi differenti, non sembra possibile, quindi, individuare nella iniziativa referendaria altro interesse giuridicamente rilevante che non sia quello rivolto alla abrogazione della legge o atto oggetto del quesito. E la successiva sentenza n. 68/78 con cui la Corte ha sostanzialmente “riscritto” l´art. 39 sembra aderire a siffatta ricostruzione: ritenendo la stessa Corte che le operazioni referendarie debbano bloccarsi nel momento in cui il legislatore interviene con una nuova normativa che modifichi sostanzialmente i principi ispiratori della precedente, si vuole liberare completamente l´effetto abrogativo da referendum da ogni configurazione politica.
Il continuo raffronto tra abrogazione legislativa e abrogazione referendaria, e in particolare la comparazione degli effetti scaturenti da ciascuna delle menzionate forme abrogative, ci permette, alquanto agevolmente, di dare una soluzione alla domanda postaci inizialmente. E´ ragionevole continuare ad insistere, valutate le numerose e non irrilevanti differenze, per un parallelismo tra abrogazione legislativa e referendum? La risposta ci sembra non poter che essere negativa.
Rimane d´altronde ancora incerta la conclusione in merito al carattere normativo del referendum. La non adattabilità del fondamento giuridico proprio della abrogazione al referendum ci ha indotto a negare la normatività dell´abrogazione referendaria. Inoltre, supportano in modo consistente detto rifiuto l´assenza di una normativa di risulta e l´estraneità del fenomeno della reviviscenza all´effetto abrogativo referendario. Obiettivo unico certo e immediato della proposta definitiva è (e non può essere altro che) la delimitazione temporale della legge o disposizione oggetto del quesito referendario.

III. Il referendum “manipolativo” nella elaborazione giurisprudenziale della Corte costituzionale
Le problematiche affrontate nei precedenti capitoli hanno evidenziato, senza ombra di dubbio, la complessità dell´istituto del referendum abrogativo. Sebbene si sia cercato, infatti, di ricostruire con una certa logicità e chiarezza possibili soluzioni ad alcuni dei punti oscuri dello strumento referendario, si è consapevoli della limitatezza del lavoro, nonché della incapacità (non solo soggettiva, comunque) di garantire una univocità delle risposte ai quesiti postisi. La trattazione permette comunque di evidenziare proprio la possibilità di affrontare e risolvere temi giuridici in modo non solo differente, ma spesso divergente od addirittura incompatibile, in relazione alla impostazione logico-giuridica da cui si intende partire.
Tali consapevolezze, comunque, non ci impediscono di affrontare un ulteriore aspetto del referendum, anch´esso alquanto spinoso e certamente non esente dalle difficoltà menzionate. Si tratta del c.d. referendum manipolativo.
Le questioni che si pongono in merito a quello che è stato persino definito il referendum propositivo, sono di due ordini: da un lato, si presenta la difficoltà di conciliare un siffatto referendum con la (da noi sostenuta) negazione di un carattere normativo-innovativo dello stesso; dall´altro, si insinua il dubbio circa la ammissibilità di una tale tipologia di proposta referendaria, la cui introduzione ed elaborazione si presentano come delle “forzature” della legge.
Se la nostra risposta in merito al primo punto è di facile intuizione, necessita al contrario di approfondimenti e spiegazioni la questione circa i procedimenti e le argomentazioni che hanno permesso, spesso sollecitato, l´accettazione incontrastata del referendum manipolativo. Procediamo quindi in tal senso.

3.1. La sentenza Paladin (sent.16/78): abrogazione di “frammenti” di legge. Volontaria specificazione o disattenzione?
La Corte costituzionale, una volta conferitale la cognizione dell´ammissibilità del referendum, si è sempre proposta di espletare detto compito nei limiti delle proprie attribuzioni e nel rispetto della natura e delle caratteristiche essenziali e necessarie dell´istituto referendario. La consapevolezza della importanza del proprio ruolo e allo stesso tempo la determinazione a non abusare dello stesso, hanno spinto la Corte a precisare le ipotesi di inammissibilità del referendum, così da garantire la tutela di “valori di ordine costituzionale, riferibili alle strutture od ai temi delle richieste referendarie”.
Storica in tal senso è stata la sentenza n.16 del 1978, con la quale la Corte ha assunto il compito (decisamente delicato) di “considerare e di determinare – in via preventiva e generale – i fondamenti, gli scopi, i criteri del giudizio riguardante l´ammissibilità delle richieste referendarie: al fine di tracciare un quadro unitario di riferimento, entro il quale si possano coerentemente effettuare le singole valutazioni che la Corte stessa deve in questa sede svolgere”. Premeva quindi alla Corte, a causa della novità e vastità dei problemi sorti in conseguenza della attuazione dell´art. 75 Cost. (l.352/70), precisare i suoi ambiti e “stabilire, in via preliminare, se non s´impon(essero) altre ragioni, costituzionalmente rilevanti, in nome delle quali si rend(esse) indispensabile precludere il ricorso al corpo elettorale, ad integrazione delle ipotesi che la Costituzione (aveva) previsto in maniera puntuale ed espressa”. Vengono allora individuati quattro diversi complessi di ragioni di inammissibilità:
1. “sono inammissibili le richieste così formulate, che ciascun quesito da sottoporre al corpo elettorale contenga una tale pluralità di domande eterogenee, carenti di una matrice razionalmente unitaria, da non poter venire ricondotto alla logica dell´art. 75 Cost.(…)”;
2. “sono inammissibili le richieste che non riguardino atti legislativi dello Stato aventi forza di leggi ordinarie, ma tendano ad abrogare – del tutto o in parte – la Costituzione, le leggi di revisione costituzionale, le altre leggi costituzionali considerate dall´art. 138 Cost., come pure gli atti dotati di una forza passiva peculiare (e dunque insuscettibili di essere validamente abrogati da leggi ordinarie successive)”;
3. “vanno del pari preclusi i referendum aventi per oggetto disposizioni legislative ordinarie a contenuto costituzionalmente vincolato, il cui nucleo normativo non possa venire alterato o privato di efficacia, senza che ne risultino lesi i corrispondenti specifici disposti della Costituzione stessa (o di altre leggi costituzionali)”;
4. “valgono infine le cause d´inammissibilità testualmente descritte nell´art. 75 cpv., che diversamente dalle altre sono state esplicitate dalla Costituzione.(…) Ma, anche in tal campo, resta inteso che l´interpretazione letterale deve essere integrata – ove occorra – da un´interpretazione logico-sistematica, per cui vanno sottratte al referendum le disposizioni produttive di effetti collegati in modo così stretto all´àmbito di operatività delle leggi espressamente indicate dall´art. 75 che la preclusione debba ritenersi sottintesa”..
Riteniamo superfluo sottolineare la portata innovativa di questa sentenza: ogni altra parola in tal senso sarebbe del tutto inutile, essendo la sua importanza di tutta evidenza. Giustificabili sono ancora gli innumerevoli articoli che la dottrina ha prodotto sui menzionati criteri di ammissibilità delle richieste referendarie, sulla correttezza della loro elaborazione, sul loro continuo ampliamento nelle successive sentenze costituzionali, sul dominante ruolo che la Corte è venuta di conseguenza assumendo nel procedimento referendario. E risulta altrettanto comprensibile che tali criteri abbiano offuscato un particolare, passato del tutto inosservato alla dottrina, il quale ha però attratto la nostra attenzione, tenuto conto degli enormi effetti che ne sono conseguiti.
Criticando la lacunosità della l.352/70, che non si occupa di chiarire “in nessun modo con quali criteri, da parte di quali organi, in quali momenti, né con quali effetti dovrebbe esercitarsi il controllo sull´omogeneità delle richieste”, la Corte introduce nascostamente un elemento particolare. Riconosce infatti che l´art. 27 comma 1 della legge attuativa, “pur prescrivendo l´indicazione dei termini del quesito che si intende sottoporre alla votazione popolare, si limita in sostanza a prevedere che la formula “volete che sia abrogata” sia completata richiamando gli estremi della legge in discussione, citando il numero dell´articolo o degli articoli specificamente interessati, nonché trascrivendo i soli testi dei commi o dei frammenti eventualmente messi in gioco (ma non gli integrali disposti degli articoli stessi).” (il corsivo è nostro).
Ecco il termine che a noi interessa: frammenti. Se da un lato la Corte denuncia (giustamente) l´assenza di importanti fattori nello svolgimento del procedimento referendario e nella determinazione della competenza ad essa stessa attribuita, dall´altro ribadisce la possibilità di proporre l´abrogazione referendaria parziale di leggi o atti aventi valore di legge, in armonia con il disposto dell´art. 75 Cost., ma si incarica di modificare l´oggetto di tale abrogazione parziale. Mentre l´art. 27 l. 352/70 parla di “disposizioni di legge delle quali sia proposta l´abrogazione”, da indicare nel quesito referendario, la sentenza de qua si riferisce invece a “frammenti eventualmente messi in gioco”.
Evidente è a questo punto il “pericolo” insito nell´utilizzo di tale termine: cosa deve intendersi per “frammento?; è da considerare quale mero sinonimo di disposizione, o acquista una sua propria valenza?; è qualcosa di più o di meno di una disposizione?.
Si tenga poi presente che nella medesima sentenza la Corte, oltre ad introdurre l´ambiguo termine, afferma che “il tema del quesito sottoposto agli elettori non è tanto formato – (…) – dalla serie delle singole disposizioni da abrogare, quanto dal comune principio che se ne ricava” (il corsivo è nostro), quel principio che “(…) pur nella varietà dei loro contenuti, (…) conferisce alla materia disciplinata un connotato di sostanziale unitarietà”. Il termine “disposizione” è quindi completamente soppiantato.
Nessuna critica è stata mai mossa nei confronti dell´utilizzo del discusso termine; forse, ingenuamente, non ci si è resi conto della serie di effetti cui si è dato avvio con un simile silenzio dottrinale.

3.2. Ancora incertezze:frammenti o disposizioni?
La lettura di successive sentenze costituzionali relative all´ammissibilità del referendum indurrebbe a considerare il riferimento ai “frammenti” di legge semplicemente una imprecisione lessicale, o forse, con tono più ossequioso, il frutto di uno slancio di creatività lessicale, privo di alcun intrinseco significato sul piano giuridico. L´abrogazione parziale riprendeva ad avere ad oggetto disposizioni di leggi o di atti aventi forza di legge. Tuttavia il ritorno sulla via maestra era solo apparente.
Chiamata a giudicare dell´ammissibilità di tre richieste referendarie, aventi ad oggetto l´abrogazione parziale della medesima fonte legislativa (l. 194/78, relativa all´interruzione volontaria di abrogazione), la Corte lamentava la oscurità e la incomprensibilità di tutte le richieste presentate, imputando però tale difficoltà di lettura non ai promotori dei referendum, quanto “all´art. 27 della l.352/70, quale esso è stato costantemente inteso ed applicato: per cui si è ritenuto che i “termini del quesito” si riducono – nel caso di “abrogazione parziale” – alla sola indicazione numerica degli articoli sottoposti al voto popolare, mentre l´integrale trascrizione del “testo letterale” concerne unicamente le più specifiche “disposizioni di legge” da abrogare, comunque, contenute in singoli commi degli articoli stessi”.
Nonostante il richiamo all´art.27 della l. 352/70, la sentenza non offre spunti per considerare conclusa la questione. La Corte sembra infatti denunciare un principio (il riferimento appunto alle “disposizioni”), ma dare concreta applicazione ad un altro. Nel valutare l´ammissibilità della richiesta “minimale”, ad esempio, la Corte decide in senso favorevole, risolvendosi questa “(…) in un quesito sufficientemente omogeneo (…), anche nella parte in cui propone che si abroghino le parole (…)” (il corsivo è nostro).
Omettiamo di riportare i singoli termini, non rilevando ai fini della problematica trattata la questione del caso specifico. Ciò che lascia sconcertati è comunque la evidente incongruità dell´elaborato: da un lato, la Corte sembra abbandonare la deviazione accidentalmente percorsa; dall´altro, tuttavia, legittima il quesito referendario anche relativamente a singole parole.
Alimenta ulteriormente le nostre incertezze la sentenza n. 35 del 1985, ove la Corte afferma (osiamo dire) con leggerezza che il sindacato di ammissibilità della Corte costituzionale opera sulla “ricostruzione delle norme formanti l´oggetto del quesito referendario”. Quindi, non si parla più di disposizione né di frammenti, ma di una individuazione dell´oggetto del quesito referendario attraverso una rielaborazione delle norme indicate e di quelle mancanti. Sebbene riteniamo non opportuno entrare nel merito del caso specifico, si tenga comunque conto della posizione assunta dalla Corte in difesa dell´Ufficio centrale per il referendum, nel momento in cui questo ha ritenuto necessario integrare il quesito medesimo.Rigettando l´eccezione sollevata dall´Avvocatura di Stato, appellatasi alla sent. 16/78, con cui la Corte aveva escluso la scissione delle richieste referendarie, pur dove esse risultassero così disomogenee da esigere distinte consultazioni del corpo elettorale, la Corte ha operato una netta distinzione: “altro, infatti, è la scissione delle richieste, altro la rettifica delle richieste stesse, mirante a far coincidere forma e sostanza del quesito, secondo l´effettiva ed inequivoca volontà dei promotori del referendum”.
Una definitiva comprensione di ciò che debba considerarsi l´oggetto della abrogazione parziale sembra quindi essere ancora lontana, dominando al contrario la confusione e il dubbio.

3.3. L´abrogazione di frammenti di legge diviene “doverosa” (sent. 47/91)
Se fino alla precedente sentenza n. 35/85 potessero ancora presentarsi alcune perplessità relative alla assenza di una posizione chiara e definitiva da parte della Corte in merito all´oggetto della proposta referendaria, tali incertezze (più o meno consapevolmente) svaniscono con la sent. 47 del 1991.
La Corte costituzionale, chiamata a decidere della ammissibilità di quesiti referendari in materia elettorale, non solo parla di frammenti di legge (e ci sia lecito dire, con una certa disinvoltura), ma addirittura considera doveroso tale modus proponendi.
La citata sentenza permette di evidenziare (limitatamente a quanto concerne l´argomento del nostro lavoro) due interessanti ambiti di analisi: in primo luogo, si pone la questione inerente all´assoggettabilità della materia elettorale al fenomeno dell´abrogazione parziale, e consequenzialmente, della distinzione tra leggi costituzionalmente obbligatorie e leggi a contenuto costituzionalmente obbligatorio; in secondo luogo, quella relativa alla possibilità di concepire, ed ammettere, una fattispecie referendaria “propositiva”, laddove l´esito positivo di un proposto quesito referendario dia adito alla ricostruzione di una normativa di risulta.. L´analisi dei menzionati aspetti renderà palese lo stretto legame tra i due ambiti, nonché il rapporto tra questi e il concetto di “frammento” di legge.

3.4. Il c.d. limite “gerarchico” del referendum abrogativo. Leggi in materia elettorale: leggi costituzionalmente necessarie.
Con la sentenza n. 47/91 la Corte costituzionale affronta con una risoluta determinatezza la questione della sottoponibilità delle leggi elettorali al referendum abrogativo, o meglio, della suscettibilità di queste, a causa della loro natura, ad essere annoverate tra le leggi oggetto di abrogazione referendaria. La risposta della Corte è sul punto inequivocabilmente positiva. Rigetta infatti la stessa tutte le ragioni addotte a sostegno dell´inammissibilità:
1. ritiene irrilevante l´emendamento aggiuntivo presentato dall´On.Rossi (nella seduta del 16 ottobre 1947), e poi omesso nel testo finale della Carta costituzionale, dal quale risultavano rientrare nel novero delle materie elencate nel secondo comma dell´art. 75 Cost. anche le leggi elettorali: “(…) qualsiasi ricostruzione delle vicende subite dall´emendamento volto ad includere le leggi elettorali tra quelle espressamente sottratte dalla Costituzione alla possibilità di abrogazione per via referendaria, come pure qualsiasi supposizione circa le sorti di tale emendamento o qualsiasi discussione in ordine alla portata dei poteri del Comitato di redazione, non consente, a parte l´innegabile interesse storico-istituzionale, di condividere la prima ragione di inammissibilità prospettata”;
2. valuta altrettanto inidonea allo scopo l´argomentazione diretta a ricavare l´implicita esclusione dall´ambito referendario delle leggi elettorali per via di interpretazione sistematica, attraverso il raffronto del dettato dell´art. 75 secondo comma, con quello dell´art. 72 quarto comma della Costituzione. Il tentativo di considerare l´eccezione menzionata nell´art 72 implicita nell´art. 75 sul principio della eadem ratio (entrambi gli articoli sarebbero preordinati alla tutela di determinate materie meritevoli di protezione), non convince la Corte, secondo la quale “(…) ben diversa è la portata delle due norme, riguardando la prima l´iter di formazione della legge, in vista di una più ampia partecipazione al dibattito parlamentare, e la seconda la non sottoponibilità alla particolare vicenda abrogativa legata al referendum”;
3. l´inammissibilità non può, infine, neanche farsi discendere automaticamente dalla sentenza n. 29/87, la quale non può assolutamente essere considerata un precedente giurisprudenziale vincolante le decisioni della Corte in materia, quanto piuttosto “un caso del tutto particolare, e tale da non consentire generalizzazioni. (…) Un´interpretazione di tale sentenza nel senso che essa precluderebbe ogni iniziativa referendaria avente per oggetto una legge elettorale, andrebbe al di là degli effettivi contenuti e significati della sentenza stessa”.
Il discorso sulla possibilità di sottoporre a referendum parziale leggi elettorali ci permette di affrontare quello relativo alla distinzione tra leggi costituzionalmente obbligatorie e leggi a contenuto costituzionalmente vincolato.
La netta distinzione tra le menzionate tipologie di legge risale alla sent. 16/78, ove la Corte enuncia pionieristicamente i criteri discretivi tra le due categorie. Ritiene, infatti, non essere sostenibile “che siano sottratte al referendum abrogativo tutte le leggi ordinarie comunque costitutive od attuative di istituti, organi, procedure, principi stabiliti o previsti dalla Costituzione”. A ritenere il contrario, prosegue la stessa, ne discenderebbe, oltre ad una eccessiva limitazione dell´istituto, anche un “equivoco di fondo (…), che quelle leggi, e non altre, con i loro attuali contenuti normativi, siano indispensabili per concretare le corrispondenti previsioni costituzionali. Così invece non è, dal momento che quegli atti legislativi – fatta soltanto eccezione per le disposizioni a contenuto costituzionalmente vincolato – non realizzano che una fra le tante soluzioni astrattamente possibili per attuare la Costituzione”.
Sinteticamente si può quindi dire (utilizzando le parole della Corte costituzionale) che: sono definite leggi a contenuto costituzionalmente vincolato quelle leggi il cui nucleo normativo, “non potendo venir alterato o privato di efficacia, senza che ne risultino lesi i corrispondenti specifici disposti della Costituzione stessa (o di altre leggi costituzionali), è sottratto ad ogni intervento abrogativo, totale o parziale, espresso o tacito, del legislatore ordinario, e non può di conseguenza essere oggetto di consultazione referendaria a fini abrogativi” (sentt. 24/81, 27/87) ; sono invece da definire leggi costituzionalmente vincolate quelle attuative di un principio costituzionale, ma tali da rappresentare una delle possibili esplicazioni dello stesso, la scelta della quale sarebbe di mera competenza discrezionale del legislatore. Tale posizione giustifica l´orientamento giurisprudenziale della Corte che ammette espressamente l´abrogazione parziale delle leggi costituzionalmente obbligatorie, tali da lasciare comunque sussistere, in caso di esito positivo della consultazione, una disciplina idonea a salvaguardare, anche in caso di inerzia del legislatore, la costante operatività dell´organo costituzionale in esame..

3.5. Effetti incostituzionali di un referendum parziale
L´elaborazione delle due differenti categorie di legge permette di avanzare ulteriormente nel percorso da noi intrapreso.
E´ di immediata comprensione la posizione della Corte in merito alla inammissibilità delle proposte referendarie vertenti su leggi a contenuto costituzionalmente vincolato: l´abrogazione dell´oggetto della consultazione popolare significherebbe una diretta ed immediata violazione della Costituzione (o di altre leggi costituzionali); l´esito favorevole comporterebbe la delimitazione dell´efficacia della legge abroganda, il cui contenuto normativo potrebbe continuare a spiegare i propri effetti limitatamente agli eventi verificatisi prima dell´esaurirsi del procedimento referendario; l´assenza, quindi, di una nuova normativa volta appunto alla disciplina di accadimenti futuri determinerebbe un vuoto legislativo e una inattuazione della Costituzione stessa.
L´abrogazione referendaria di leggi costituzionalmente obbligatorie, invece, non è del tutto esclusa: è ammessa l´abrogazione parziale, e nei limiti in cui questa permetta una certa operatività dell´organo costituzionale interessato. Specifica a proposito la Corte , che ciò non significa riconoscere al referendum abrogativo un risultato propositivo: nel rispetto della fondamentale esigenza che sia garantita agli elettori l´espressione di un voto consapevole, il quesito referendario deve “incorporare l´evidenza del fine intrinseco all´atto abrogativo” (sent. n. 29/87), cioè la puntuale ratio che lo ispira, nel senso che dalle norme proposte per l´abrogazione sia possibile trarre con evidenza una “matrice razionalmente unitaria” (sentt. n. 16/78 e n. 25/81), “un criterio ispiratore fondamentalmente comune” o “un comune principio, la cui eliminazione o permanenza v(enga) fatta dipendere dalla risposta del corpo elettorale” (sentt. n. 22, n. 26, n. 28 del 1981; n. 63, n. 64, n. 65 del 1990) e, qualora si tratti dell´abrogazione di una legge costituzionalmente obbligatoria (quale una legge elettorale relativa alla composizione e funzionamento di un organo costituzionale o di rilevanza costituzionale), “una parallela lineare evidenza delle conseguenze abrogative, anch´essa indispensabile perché la proposta di cancellazione non esponga un tale organo alla eventualità, anche soltanto teorica, di paralisi di funzionamento” (sentt. n. 29/87 e n. 47/91) (il corsivo è nostro).
In siffatte situazioni l´oggetto del quesito referendario si presenta doverosamente frammentato, essendo sanzionate con l´inammissibilità quelle proposte che tendessero ad un´abrogazione totale di leggi costituzionalmente obbligatorie. E altrettanto doverosa sembra allora essere anche l´analisi della cosiddetta normativa di risulta: il mantenimento di una certa funzionalità dell´organo oggetto del quesito o, al contrario, la paralisi della sua operatività dipenderanno ovviamente da una puntuale verifica degli effetti discendenti sulla normativa in oggetto in caso di esito favorevole all´abrogazione.
Nella analisi delle leggi a contenuto costituzionalmente vincolato, la Corte sembra quindi prescindere del tutto dal valutare la legittimità di una eventuale normativa di risulta: l´abrogazione di tali leggi determinerebbe semplicemente un vuoto legislativo, come è caratteristica propria del referendum abrogativo, è proprio detta fisiologica conseguenza a comportare la lesione di disposti costituzionali. Nella valutazione dell´assoggettabilità a proposta referendaria di leggi costituzionalmente obbligatorie, invece, la Corte decide dell´ammissibilità della abrogazione parziale proprio in base alla normativa di risulta: il quesito referendario deve rispondere ai criteri di univocità e di chiarezza, deve essere tale per cui, ad abrogazione avvenuta, permanga una relativa disciplina di quanto oggetto della consultazione referendaria.
La distinzione tra leggi costituzionalmente obbligatorie e leggi a contenuto costituzionalmente vincolato, l´esclusione dell´abrogazione (legislativa e referendaria) per le prime, l´ammissibilità della sola abrogazione parziale per le seconde , la doverosità di porre ad oggetto della proposta referendaria frammenti di legge: alla luce di tali aspetti, non possiamo ancora definirci convinti della natura meramente ablativo-negativa del referendum abrogativo. O meglio: il referendum abrogativo si presenta (indiscutibilmente) come un istituto di democrazia diretta volto ad un risultato meramente ablativo; tuttavia, la sua evoluzione, con indubbio supporto della giurisprudenza costituzionale, ha permesso gli venisse attribuita una nuova configurazione. La Corte insiste nel negare l´esistenza del referendum propositivo, “(…) non previsto, perché volutamente escluso dalla Carta costituzionale”; le argomentazioni da essa addotte per la dichiarazione della ammissibilità di proposte referendarie sottendono, tuttavia, l´insinuarsi del carattere innovativo del referendum. Ritenere infatti che l´elettorato, chiamato ad esprimere la propria volontà in merito al quesito, debba essere posto nella condizione di esercitare il proprio voto nella piena libertà, che “l´assenza di una manifesta e chiara alternativa nel quesito referendario impedirebbe che il voto dei cittadini sia reso con la necessaria consapevolezza” (sent. 35/93), che il quesito deve essere formulato in modo tale da proporre, in sostanza, una alternativa “secca”, che escluda alla radice ogni fonte di disorientamento: tutto ciò non può significare che una certa normatività del referendum abrogativo.

3.6. Conferme della normatività del referendum abrogativo
Il carattere innovativo del referendum, l´importanza della normativa residuante al suo esito positivo non possono essere più negati. La stessa Corte sembra legittimarli. Chiamata a pronunciarsi sulla ammissibilità della richiesta di abrogazione parziale della l. 29/48, recante “Norme per la elezione del Senato della Repubblica” (sent. 32/93), essa ribadisce infatti la propria giurisprudenza.
Affinché leggi elettorali relative ad organi costituzionali o di rilevanza costituzionale possano essere assoggettati a referendum popolare, deve preliminarmente riscontrarsi la presenza di “una duplice condizione, che i quesiti siano omogenei e riconducibili a una matrice razionalmente unitaria, e ne risulti una coerente normativa residua, immediatamente applicabile, in guisa da garantire, pur nell´eventualità di inerzia legislativa, la costante operatività dell´organo. Quando siano rispettate tali condizioni, è di per sé irrilevante il modo di formulazione del quesito, che può anche includere singole parole o singole frasi della legge prive di autonomo significato normativo (…)” (il corsivo è nostro).
Non si nasconde tuttavia la Corte “che la normativa di risulta possa dar luogo ad inconvenienti (…). Ma questi aspetti non incidono sull´operatività del sistema elettorale, né paralizzano la funzionalità dell´organo, e pertanto non mettono in causa l´ammissibilità della richiesta di referendum. Nei limiti del divieto di formale o sostanziale ripristino della normativa abrogata dalla volontà popolare (sent.468/90), il legislatore potrà correggere, modificare o integrare la disciplina residua”.
La successiva sent.5/95 (richiesta di abrogazione parziale di leggi recanti “Norme per l´elezione della legge della Camera dei Deputati”), richiamate nello specifico le condizioni necessarie affinché una legge elettorale possa essere oggetto di consultazione popolare, espresse nella precedente sent. 32/93, aggiunge che possono allora essere “incluse anche porzioni del testo legislativo (frasi o parole) brevissime e prive di autonomo significato normativo, qualora ciò sia imposto dall´imprescindibile esigenza di chiarezza, univocità ed omogeneità del quesito medesimo, a sua volta dettata dalla necessità di garantire agli elettori l´espressione di un voto consapevole.” (il corsivo è nostro).

3.7. L´ultima tornata referendaria: la costante incongruenza della Corte
La posizione della Corte costituzionale sulla effettiva natura del referendum abrogativo sembra non incontrare ancora un punto definitivo, chiaro e soprattutto univoco. Le stesse sentenze sulle recenti proposte referendarie non mostrano alcuna idoneità in tal senso.
Sarebbe inutile, per quanto concerne ciò che a noi interessa, procedere con una valutazione analitica di ciascuna proposta referendaria sindacata dalla Corte nel febbraio 1997.
Riteniamo invece sufficiente a palesare l´ennesima incertezza nella giurisprudenza costituzionale (per non dire, confusione) il confronto tra due sentenze, la sent n. 19 e la sent. n. 36.
La prima, avente ad oggetto la richiesta referendaria di abolizione dei limiti statali alle attività promozionali delle regioni all´estero nelle materie di loro spettanza, sembrerebbe consolidare l´orientamento favorevole ad una certa normatività del referendum. La Corte, infatti, dichiara inammissibile il quesito in quanto “l´ipotesi, avanzata dalle Regioni promotrici, che lo Stato debba far valere solo successivamente e in via repressiva la contrarietà dell´attività regionale ai propri indirizzi di politica internazionale equivarrebbe a vanificare il principio costituzionale di leale cooperazione (…). Poiché la ratio ispiratrice del quesito non è la sostituzione di un modello di coordinamento con altro diverso ed equivalente dal punto di vista della concretizzazione del principio di leale cooperazione, bensì l´eliminazione in radice di ogni forma di coordinamento fra Stato e Regioni in materia di attività promozionali all´estero, si deve concludere che la richiesta referendaria, per il tramite dell´abrogazione delle parole (…), è tesa a colpire inammissibilmente il principio costituzionale di leale cooperazione che trova il suo diretto fondamento nell´art. 5 della Costituzione”.
Dalla argomentazione conclusiva riportata è possibile dedurre importanti aspetti:
1. innanzitutto, l´atteggiamento di radicata accettazione da parte della Corte nei confronti di quesiti referendari aventi ad oggetto singole parole: la Corte sembra non stupirsi della formulazione del quesito, non considerando la presenza di (quelli che ormai possiamo definire) “frammenti di legge” una delle ragioni di inammissibilità della richiesta;
2. in secondo luogo, sebbene la Corte non si preoccupi di definirla, siamo palesemente dinanzi ad una legge costituzionalmente necessaria: l´inammissibilità della richiesta discende non dall´aver posto ad oggetto dell´abrogazione referendaria una legge costituzionalmente obbligatoria, quanto dal fatto che la formulazione del quesito fa derivare dall´(eventuale) esito positivo della consultazione popolare l´assenza di ogni qualunque normativa di risulta, tale da comportare tale lacuna legislativa una diretta violazione della Costituzione (nello specifico dell´art. 5 Cost.);
3. in terzo luogo, risulta consolidata l´ammissibilità dell´abrogazione parziale di leggi costituzionalmente necessarie, nei limiti in cui garantisca il funzionamento (e non determini la paralisi) del principio costituzionale oggetto del quesito.
In sintesi, riteniamo di poter attribuire alla sentenza de qua il tentativo, sebbene non ancora esplicito, di radicalizzare (o comunque di non negare) il carattere “propositivo” del referendum.
Su di un piano diametralmente opposto si pone invece la sent. n. 36/97, relativa alla l.223/90 (recante “Disciplina del sistema radiotelevisivo pubblico e privato). Sebbene il quesito non rientri in alcuna delle categorie di leggi espressamente sottratte al referendum dell´art. 75 secondo comma Cost., sebbene il quesito presenti i richiesti requisiti di chiarezza e non contraddittorietà, la Corte ritiene che “il fine oggettivato nella domanda referendaria appa(ia) perseguito in modo inammissibile, in quanto contrario alla logica dell´istituto, giacché si adotta non una proposta referendaria puramente ablativa, bensì innovativa e sostitutiva di norme”.
L´esito positivo della consultazione popolare determinerebbe, “attraverso l´ipotizzata saldatura tra due frammenti lessicali appartenenti a due norme completamente diverse, un effetto di riduzione quantitativa dell´attuale contenuto dispositivo, ma non (produrrebbe) certo, come invece richiesto dalla disciplina sul referendum abrogativo, un effetto di ablazione puro e semplice: non si verificherebbe, quindi, il proprium del referendum abrogativo, che è essenziale per l´istituto. (…) In definitiva, l´abrogazione parziale chiesta con il quesito referendario si risolve sostanzialmente in una proposta all´elettore, attraverso l´operazione di ritaglio sulle parole e il conseguente stravolgimento dell´originaria ratio e struttura della disposizione, di introdurre una nuova statuizione, non ricavabile ex se dall´ordinamento, ma anzi del tutto estranea al contesto normativo. (…) L´individuazione allora, nella struttura del quesito, accanto al profilo di soppressione di mere locuzioni verbali, peraltro inespressive di qualsiasi significato normativo, del profilo di sostituzione della norma abroganda con altra assolutamente diversa, non derivante direttamente dall´estensione di preesistenti norme o dal ricorso a forme autointegrative, ma costruita attraverso la saldatura di frammenti lessicali eterogenei, pone in luce il carattere propositivo del quesito stesso. Ma se così è, si fuoriesce dallo schema tipo dell´abrogazione parziale, proprio perché non si propone tanto al corpo elettorale una sottrazione di contenuto normativo, ma si propone piuttosto una nuova norma direttamente costruita”.
Abbiamo preferito riportare quasi integralmente le argomentazioni addotte dalla Corte costituzionale , consapevoli di come esse stesse sarebbero state di per sé sufficienti a sottolineare l´incongruità rispetto alla sent. n. 19/97.
Se nella prima si considerava ormai indiscusso l´utilizzo dei frammenti di legge, questi ultimi sollevano la contrarietà della Corte nella sent. n. 36/97, non considerandosi accettabile la formulazione di un quesito referendario che avesse ad oggetto “locuzioni (…) prive di qualsiasi significato normativo”. Se nella sent. n. 19/97 la Corte dichiara l´inammissibilità in quanto ispirato il quesito referendario alla eliminazione e non alla sostituzione, nella sent. n. 36/91, l´interruzione del procedimento referendario è giustificato dall´avere la proposta referendaria un fine propositivo, e non meramente eliminativo.
E´ pur vero che il sindacato di ammissibilità nella sent. n. 19/97 (e a differenza della sent. n. 36/97) verte su una disciplina normativa riconducibile alle leggi costituzionalmente necessarie. Ma attribuire un significato particolarmente rilevante a detta precisazione comporterebbe la configurazione di una (necessaria) distinzione, tuttavia di dubbia fondatezza: il referendum abrogativo mantiene la sua caratterizzazione di strumento eminentemente eliminativo-ablativo; tuttavia, in presenza di leggi costituzionalmente necessarie (e solo di esse) esso acquista obbligatoriamente una portata propositiva, l´assenza del quale aspetto produrrebbe un´inevitabile dichiarazione di inammissibilità. Seppur stimolante, non ci sentiamo di approfondire ulteriormente l´ipotesi suggerita. Essa, oltre a fuorviarci eccessivamente dal nostro lavoro, solleverebbe una moltitudine di interrogativi, che la lacunosità, la incoerenza delle sentenze della Corte costituzionale non permetterebbero di risolvere.
L´incoerenza che abbiamo visto connotare le sentenze costituzionali in materia referendaria ci impedisce di formulare una conclusione definitiva ed univoca circa la natura del referendum abrogativo.
Le pronunce della Corte costituzionale, “tormentata” sul punto, con la loro incertezza ed incongruenza, hanno fortemente contribuito alla distorsione dell´istituto referendario. Due sono gli aspetti, evidenziati nei precedenti paragrafi, che denotano indiscutibilmente un´apertura verso una nuova struttura del referendum o comunque l´abbandono della sua tradizionale configurazione. Il primo è quello secondo cui la Corte, sviluppando il requisito della “omogeneità”, a tutela della libertà di voto che sarebbe compromessa dalla proposizione in un unico quesito di più domande diverse, ritiene che a tal fine deve risultare palese il risultato che i promotori si propongono di raggiungere. Pretendendo dai promotori la univocità in ordine agli scopi dell´abrogazione, la Corte “ha avallato ed anzi ha indotto o addirittura reso necessaria la formulazione di quesiti complessi ed elaborati, e ha incentivato la tendenza a fare dei quesiti referendari uno strumento di proposta legislativa positiva”.
Il secondo aspetto è quello con cui la Corte, di fronte a quesiti referendari relativi a leggi che disciplinavano la formazione di organi costituzionali, ha affermato che l´ammissibilità è condizionata al fatto che la proposta abrogazione lasci in vita una normativa “autosufficiente”. Dunque, non solo il quesito deve rendere esplicito a che cosa esso tende, “ma deve proprio tendere a dar vita, come normativa di risulta, ad una legge in grado di essere applicata”. A questo punto, come correttamente rileva Onida, “la strada dei referendum manipolativi non solo si è aperta, ma si è spalancata, e addirittura è diventata talvolta un percorso obbligato”.
Interessante ci sembra poi la critica mossa dall´A. alla strada intrapresa dalla Corte, la quale non sembra ancora in grado (come d´altronde mostrano le ultime sentenze) di operare una svolta radicale. Se il quesito assume carattere sostanzialmente propositivo, si può insinuare l´idea che dopo l´esito del referendum, se abrogativo, il Parlamento, ove intervenga, sia a sua volta vincolato, per rispettare la volontà degli elettori, a conservare il risultato della consultazione: “non solo nel senso che non possa (come è ovvio) ripristinare né formalmente né sostanzialmente la disciplina che è stata oggetto di abrogazione, ma nel senso che non possa nemmeno sostituire a quella abrogata una disciplina diversa sia da questa, sia dalla normativa di risulta residuata dall´abrogazione. Se infatti si parte dalla premessa che il referendum non ha prodotto solo un´abrogazione, cioè un vuoto, ma ha prodotto una legge nuova, si può concludere che dunque è quella legge che il Parlamento deve rispettare. (…) La libertà del Parlamento di intervenire sulla materia oggetto di referendum, salvo il limite di non poter ripristinare la disciplina abrogata, verrebbe ad essere negata (…)”. E logica conseguenza sarebbe poi che in caso di esito negativo, invece, “avendo gli elettori respinto i quesiti abrogativi, il Parlamento non potrebbe più modificare sostanzialmente le disposizioni oggetto dei medesimi: quasi che risultassero cristallizzate dall´esito del referendum”.
L´evoluzione dell´istituto referendario, come palesemente emerge dal nostro lavoro, trova un forte stimolo nella creatività delle sentenze della Corte costituzionale. Alla luce di quanto emerge da queste pagine, infatti, è difficile continuare a dichiararsi saldamente ancorati alla nozione tradizionale del referendum abrogativo, che identifica la sua essenzialità nella natura esclusivamente ablativa. Le frequenti tornate referendarie invitano continuamente la Corte a decidere della ammissibilità di numerosi quesiti referendari, dandole modo, da un lato, di perfezionare la sua giurisprudenza nel merito (con il corretto intento di circoscrivere la propria competenza), dall´altro, di creare una nuova figura dell´abrogazione referendaria, connotata di una certa normatività. Sebbene la Corte continui a negare il carattere propositivo del referendum, le sue stesse argomentazioni celano orientamenti diversi e incoerenti.
Non possiamo comunque celare il nostro dissenso verso l´incongruenza manifestata in materia dalla Corte costituzionale.

E.2-Enzo Palumbo, La via referendaria per tornare alla legge Mattarella
(v. http://www.forumcostituzionale.it/site/content/view/3/3/#p)


      Questa voce è stata pubblicata in: Parlalex, REFERENDUM ABROGATIVO E REVIVISCENZA il 08/08/2020 Contrassegna il Permalink.