Comunità politica e tecniche della rappresentanza: le premesse per una riforma costituzionale

Comunità politica e tecniche della rappresentanza: le premesse per una riforma costituzionale
di
FULCO LANCHESTER
Sommario:1-Una  premessa  e  tre  interrogativi. 2-Una  risposta  generale  alle  precedenti    domande  .  3-Democratizzazione e State- building. 4-Le   ragioni   del   caso  iraqeno.



1-Una  premessa  e  tre  interrogativi  -Il   mio  intervento    su  Comunità politica e tecniche della rappresentanza: le premesse per una riforma costituzionale  nell’ambito   della  sezione  Prospettive territoriali e loro rappresentazioni a livello nazionale   necessita obbligatoriamente   di  una    premessa .
Questa  riunione     sulla  revisione    della  Costituzione  iraqena   stimola     l’interrogativo   preliminare    se   l’Iraq  abbia  una  Costituzione . Ovviamente      il  problema   non   è  tanto  quello  se  esista  in  quell’ordinamento  una  Costituzione   in  senso  documentale,  elemento     approvato     formalmente    nel 2005  e  sottoposto  a  referendum  popolare  confermativo, né  se   la   Commissione      per  la  revisione  della   stessa  istituita  l’anno  successivo   stia  facendo  o  meno    un  lavoro   legittimo . L’esistenza  di  un   testo  costituzionale ,seppure redatto  ed    approvato  in   situazione  eccezionale,  è  incontrovertibile,  così come  il  lavoro  che   sta   facendo  la  Commissione,nonostante     le  bacchettate  dell’Esecutivo  statunitense  del  luglio scorso . Tuttavia,a  fini  conoscitivi  ed  anche   per  evitare    la    situazione  surreale   di  una  comparazione  con   esempi    di  democrazie  stabilizzate   o  allo stato  nascente   in  contesti   molto   differenti , a  me  sembra   preliminare     invece     stabilire    due    cose  che  si  connettono  con  il  tema  generale  di  questo  convegno  e  , più  in  particolare  ,  con  il   mio  intervento.
Credo  ,infatti, sia  necessario  chiedersi  :
  a-in  primo  luogo ,se    in  Iraq   vi  siano ( e  non siano  semplicemente  presunte) le  condizioni  minime   per  lo  stare  insieme  ,ovvero  se  esista  una  vera   e  propria  comunità  politica    che    possa  dare  vita  ad  una  Costituzione  in  senso   ideale (e  mi  riferisco  al  termine  schmittiano) ,fornendo  senso  alle  disposizioni  di  una   Costituzione  in  senso  documentale;
b-in  secondo  luogo  ,accertato  che  queste     esistano    anche  allo  stato   minimale,   c’è  da  domandarsi   quali  siano   le  strade istituzionali   per  una  politica  di  riconciliazione   o  di  pacificazione,che      renda  possibile   la  implementazione   ed  uno  sviluppo  autonomo del testo  della  Costituzione  formale;
c-in terza  istanza  e  su  un  piano  differente  ,  rimane  da   comprendere        per  quali  ragioni  il  supporto  esogeno , che   sta  alla  base  del    processo    costituzionale ,  non       abbia   avuto  successo ,riflettendo  sull’applicazione  della   sequenza   che  ha  fatto   precedere   il  momento   dell’instaurazione  della   forma  di  Stato    democratica  a  quello   della  ricostruzione  dello  Stato  e  dell’amministrazione.


La  risposta –  anche  sintetica  –  a  questi    interrogativi   preliminari    potrebbe  impedire  alla  discussione     di  assumere   il   carattere  surreale  di   un’esercitazione  astratta ,  mentre   le  vittime   civili   e militari  si  accumulano  per   le  strade     . La  rappresentanza  politica   e    le  tecniche  della  rappresentanza       presuppongono   ,infatti,  necessariamente   l’esistenza  di  condizioni    minime     dello  stare  assieme  e  si  connettono   con   la  natura  dei  soggetti    coinvolti  nel  processo  di   costruzione  istituzionale   ,  che   viene  condizionato    fortemente   dagli  interessi  geopolitici  delle    unità  in  osservazione    .
Una  simile  premessa    non   intende   escludere    l’importanza   degli  interventi  istituzionali   ,  ma  li contestualizza  opportunamente   , cosicché – nel  caso  di  specie-  non    è  detto  che   le eventuali   soluzioni    si    debbano  limitare  all’intervento  esterno   (o  alla  persistenza  dello  stesso)   di  tipo  repressivo  e/o di   supporto  alle  parti  in  lotta  . Le   soluzioni   istituzionali  della  crisi  iraqena,nell’ambito  di  una   opportuna  politica  di  riconciliazione,esistono     – oltre   alle  ipotesi   federali  di  diritto   pubblico  interno – quelle  confederali   di  diritto   pubblico  internazionale    o  altre  ancora  più  drastiche  di  indipendenza  delle   parti  ,  che  non  stanno  però – per  ora –  nella  disponibilità  dei  singoli  soggetti  interni  .       


2.Una  risposta  generale  alle  precedenti    domande  . 
Rispondo  in  maniera    succinta   alle  domande  pregiudiziali.
2.1-Il  rapporto   società  istituzioni – Prima  di  tutto  ,alla base dell'analisi costituzionalistica si pone il rapporto società-istituzioni, che necessariamente fa riferimento alla contrapposizione tra società civile e istituzioni, tipica della letteratura europea. Risulta evidente che la natura della società civile può essere la più differente in relazione a fratture (cleavages) di vario tipo: etnico-linguistico, religioso, di classe, di ceto,ma  anche       le  istituzioni  politiche      possono  funzionare  in  maniera  differente    in   situazioni  socio-culturali   diverse   .La   mancanza  di  omogeneità  minima  e  sostanziale      della  società  civile  impedisce     la  costituzione  di  una  comunità  politica  unitaria  .In    questa  prospettiva    un  regime    autocratico  dispotico  o   uno  totalitario  hanno  la  possibilità  di  congelare  attraverso  il  terrore      le  tensioni  tra  gruppi  di  tipo  etnico  e  religioso  differente   ,mentre   in   un  ordinamento  democratico     questo  non    è  possibile  e  solo  interessi  esterni   possono   tenere  assieme    chi  assieme  non  vuole    rimanere. D’altro  canto    i  limiti  della  disomogeneità  e    delle  garanzie   che   vengono  richieste  dai  gruppi  minoritari    possono  essere    misurate      attraverso   le  regole  di  espressione  delle   volontà dei  singoli  e  dei  gruppi   all’interno  dei  procedimenti  di  espressione  della  volontà.
L’esistenza  di  maggioranze differenziate    fino  ad  arrivare    a  quelle    qualificate  ed  al  veto    evidenziano   colori  differenti    di  una  realtà  che   passa  dal  consenso   fino  al  blocco  e  –  volte-  porta  alla  rottura   pacifica  ed  altre    a   quella  armata.
2.2-Costituzione   in  senso  formale  e  in  senso  sostanziale- La questione relativa al rapporto tra società e istituzioni si riflette — ovviamente — sulle categorie utilizzate dai costituzionalisti, che normalmente fanno riferimento ai concetti di istituzione, di costituzione, di Stato, di forma di Stato e di forma di governo.In un simile contesto, com'è noto, il sostantivo costituzione possiede una pluralità di significati, che si situano su piani differenziati. In senso molto generale per costituzione si può intendere il corpo di dottrine e di comportamenti che costituiscono il principio fondamentale di organizzazione di un ordinamento, mentre — nell'ambito delle organizzazioni politiche — la costituzione può definire uno specifico documento scritto; in altri un complesso di documenti normativi e di comportamenti.
Per queste note rileva in via principale la contrapposizione tra due differenti interpretazioni della costituzione in senso assoluto evidenziate da Carl Schmitt . Nel senso assoluto (effettivo) costituzione significa: la concreta condizione generale dell'unità politica e dell'ordinamento sociale di uno Stato. La costituzione sarebbe, in sostanza, l'anima, la vita concreta e l'esistenza individuale dell'ordinamento giuridico statuale. Nel senso assoluto (ideale) la costituzione rappresenterebbe un sistema di norme tra loro interconnesse, che richiama la concezione normativista di Hans Kelsen .
Per comprendere il reale assetto di un ordinamento è, dunque, impossibile fare esclusivo riferimento alla costituzione in senso formale, che — d'altro canto — come sostiene Peter Häberle non ha solo un carattere normativo ma è « fondamentalmente espressione dell'autorappresentazione culturale di un popolo » (P.Haeberle). Risulta necessario ricorrere alle teorie sostanzialistiche che tengano conto del reale disporsi delle norme, dei valori e delle regole gioco esistenti all'interno dello stesso al momento della loro promulgazione, verificando l'evoluzione nel tempo dei fattori dianzi citati.



3-Democratizzazione e State- building.
Nell’ambito  di  una  concezione  sostanzialistica    della  costituzione,la tesi che sosterrò è che il processo di ristrutturazione istituzionale di un ordinamento è condizionato dalla situazione geopolitica in  cui esso si situa ed  ha maggiori possibilita  di successo sul lato dell’instaurazione e dello sviluppo democratico quanto più una società è omogenea e quanto più l’eventuale innovatore esterno é a  sua  volta  unitario  nella  prospettazione  e  nell’applicazione  dell’intervento. In questa specifica prospettiva il (ri)stabilimento di libere  istituzioni  rappresentative  in  un  ordinamento  sconfitto e/o liberato   può essere frutto di una azione endogena, più o meno contrattata, proveniente  sia  dall’alto  che  dal  basso.  Oppure  provenire  da  una azione  esogena  dall’alto  di  tipo  monopolistico  o  di  tipo  plurali- stico.
Il  recente  caso  iraqeno      possiede  per  alcuni  aspetti  singolari  analogie   e  rilevanti  differenze   con  quello   dei tre ordinamenti dell’Asse(Germania,Italia  e  Giappone),anche se  l’Italia — a causa del- l’armistizio e della successiva cobelligeranza — ha  avuto un per- corso ricostruttivo piu simile a quello francese il cui status di vincitore e da attribuire in gran parte alla tenacia di De Gaulle, mentre la Germania nella parte occidentale e  tornata alla democrazia sulla base di una azione guidata di tipo pluralistico, con egemonia statunitense. Il Giappone, infine, sulla base di una specificità  storica e geopolitica e stato trasformato in maniera esogena e sostanzialmente monopolistica.
Il  tema  della  ricostruzione  istituzionale  possiede tuttavia una singolare attualità se lo si inserisce nell’ambito del dibattito contemporaneo sulla democratizzazione  degli  ordinamenti  autoritari  che  si  e  avuto  dagli  anni Settanta in poi e del problema del rapporto tra civili e militari nel momento della (ri)fondazione del sistema.
Lo stato geopolitico, il ruolo delle potenze vincitrici che si definiscano  o  siano  considerate  occupanti  o  liberatrici,  il  rapporto con i soggetti interni e la situazione della società civile ed il livello di strutturazione dell’apparato burocratico costituiscono un coacervo  tematico  che  deve  essere  approfondito  sopratutto  sul  lato Usa, poiché negli ultimi 65 anni questa e l’unica potenza che e rimasta coerente nell’azione costituzionale guidata.
In questa prospettiva per Niall Ferguson, che prima aveva analizzato anche la vicenda britannica, gli Usa si sarebbero mossi — nei circa due secoli che ci separano dalla dichiarazione Monroe — sulla base di una ideologia incrementale dell’imperialismo antimperialista . In particolare Ferguson — da un lato — ha fatto suo il giudizio di Moritz Julius Bonn, amico e mentore di Carl Schmitt nell’Università  di  Monaco,  per cui  gli  Usa  ‘‘erano stati  la  culla  del moderno  anti-imperialismo  e,  nello  stesso  tempo  i  fondatori  di  un grande impero’’ ; dall’altro ha affermato che l’opera sistematica di avvio alla ricostruzione costituzionale degli ordinamenti sconfitti nasce proprio nei confronti di due delle tre potenze dell’Asse e poi di altri ordinamenti. Questo preciso sviluppo viene confermato dalla recente opera di James Dobbins et al. per la Rand Corporation , che evidenzia un preciso indirizzo di esportazione della democrazia e delle istituzioni statuali, che in ambito contemporaneo sono state pubblicizzate dallo State building di Francis Fukuyama .
L’opera di Dobbins ci dice — limitando anche lui l’intervento alla  Germania  ed  al  Giappone  —  che  ‘‘il  successo  di  queste  imprese  dimostra  che  la  democrazia  era  trasferibile,  che  le  societa possono, sulla base di specifiche circostanze, essere incoraggiate a trasformare  se  stesse,  e  che  queste  maggiori  trasformazioni  possono  durare’’ .  E  evidentemente  una  visione  un  po’  ingenua quella operata nel proseguo dell’opera di comparare i casi di ordinamenti  ‘‘avanzati’’  come  quelli  tedesco  e  giapponese  con  situazioni  limite  come  quelle  somala,  haitiana,  kossovara  o  afghana, cosı come — ma questo viene riconosciuto apertamente — le problematiche post-guerra fredda sono ben differenti da quelle scaturite dal secondo conflitto mondiale.
E  quindi  piu  apprezzabile  ed  utile  ai  miei  fini  la  distinzione operata  da  Fukuyama  che  in  realta  divide  gli  interventi  esogeni, da  un  lato,  in  azioni  volte  alla  costruzione  dello  Stato,  con  l’esportazione  di  un  apparato  burocratico  efficiente;  dall’altro,  in azioni volte al cambiamento della base di legittimità . Nel primo caso si tratta di un trasferimento di mera capacità  amministrativa; nel secondo di cambiamento  di base di legittimità  dall’autoritarismo  alla  democrazia.  Ciò  che  avvenne  in  Germania  ed  in  Giappone fu, dunque, sopratutto democratizzazione, perche la struttura burocratica non mancava di certo in quegli ordinamenti. Le scelte relative alla forma di Stato e di governo furono quindi applicate in maniera efficiente da un ceto politico opportunamente selezionato e da personale burocratico adeguato.
In  questa  specifica  prospettiva  e  risultata  —  dunque  —  più difficile  una  simile  manovra  in  ordinamenti dove  il  controllo  del vincitore e stato inferiore e non monopolistico. La natura dei vincitori e quella dei vinti e le circostanze in cui si sono sviluppati i loro rapporti hanno evidenziato dunque tutta la loro incisività nell’ambito  della  vicenda  della  stessa  cosiddetta  seconda  ondata  di democratizzazione (8),  mentre  nella  situazione  attuale  l’esportazione  della  democrazia  rischia  di  assumere  aspetti  piu  complessi con una mera enunciazione retorica di principi.
D’altro  canto  la  stessa  teoria  contemporanea  dello  State  — building  può — appunto — limitarsi ad introdurre la citata mera capacità  amministrativa. Ne consegue un ‘‘realismo’’ democratico, che rischia di apparire addirittura come la recessione dello stesso principio con l’adozione di teorie dello sviluppo, per cui le istituzioni democratiche sono esportabili sono in ordinamenti con precise caratteristiche ed in ogni caso attraverso l’utilizzazione sempre più intensa della delega. E questa la ricetta Faared Zakaria , che in realtà sembra una regressione nell’ambito di quella che Crouch chiama  post-democrazia o  Dahrendorf  ‘‘dopo  la  democrazia” .
Tuttavia sulla base di una opportuna analisi storica Ferguson ci dice qualcosa di piu sopratutto sul lato di uno dei vincitori, poi superpotenza  bipolare  ed  oggi  dominatrice  unipolare,  ma  senza egemonia.  Egli  evidenzia,  infatti,  in  modo  opportuno  come  l’e- sportazione della democrazia — anche se i profili istituzionali pos- sono essere adeguati ai singoli contesti di applicazione — costitui- sca una ricetta ideologica di lunga data  per gli  Usa, e con solide radici nell’esperienza ottocentesca del conflitto contro il Messico e poi della guerra contro la Spagna, per arrivare, con il 900, al caso Filippine, dove significativamente aveva operato in contrasto con William Howard Taft il padre di Douglas MacArthur Arthur.


4-Le   ragioni   del   caso  iraqeno .
Vediamo  quale   è  la  situazione  iraqena  ,lasciando  sullo  sfondo   la  situazione   dell’area   mediorientale  ed  il  giudizio  sulla  dinamica   della   stessa  nell’ultimo  trentennio.  In  questa  prospettiva   mi  basta  dire  che  sono  d’accordo  con  l’analisi  effettuata  dalla   Chatham  House   alcuni  mesi  fa .
Riassumo  la  situazione    per  punti.
• Si  tratta    di  una  società  civile  frammentata    per  ragioni   etnico-religiose   e  con  la  persistenza  di  una  struttura  di  tipo  tribale.
• Le  tensioni     all’interno  della  società  civile  erano  state  apparentemente  congelate    dalla dittatura  sadammista .Al  crollo  del  regime     ha   corrisposto    la  emarginazione  sunnita   ,la  radicalizzazione  sciita   e  l’indipendentismo  curdo  ,  con  il  riapparire  di  tutte  le  contraddizioni  di  un  processo  di  formazione  dello  Stato  nazionale  non  completato.
• L’intervento  esogeno   degli  Usa    non   è  riuscito   ,nonostante  fosse     sostanzialmente      monopolista   a  gestire   la  pacificazione   e  la    ricostruzione  istituzionale .
• La  destrutturazione    dello  Stato    apparato      è  stata    improvvidamente    effettuata  attraverso  una  indiscriminata     dismissione  dei  quadri    dell’amministrazione  civile  e  militare  collegata  con   il  partito  Baha’at.
• Ciò  ha  provocato   -assieme  al  fondamentalismo  shiita  –  l’insorgere     di  una  guerra  civile   sovrapposta  ad   una  guerra  di  resistenza    nazional –  tribale.
• La  vicenda    costituzionale      è  stata    tormentata   e  caratterizzata, prima,   da  un     governo  provvisorio, diretta  espressione    dell’occupante  Usa,poi  da   formazioni      espressione     delle   parti   presenti    nell’arena.
o La  C.P.A. (Coalition   Provisional   Authority ),    insediatasi      il  21  aprile  2003,   ha  visto    la  sostituzione  inopinata   del  presidente  James  Garner, sostituito     da  Paul  Bremer     nel   maggio  2003  proprio   per  dissapori  sulla    epurazione .
o Lo  Iraqi Interim Government ,creato a  fine  giugno  del  2004 come    governo  provvisorio ,ha   poi   ceduto   il   passo   all’ Iraqi Transitional Government,istallato   a  seguito   della  elezione   dell’Iraqi   National  Assembly  della   fine  gennaio  2005,che  ha    approvato   la  vigente  costituzione.
o La  nuova  Assemblea  nazionale    ,eletta   nel  dicembre  2005,ha  avuto  vita  travagliata  ,  cosicchè  il   nuovo   Governo- a  scapito  del  testo  costituzionale, ha  dovuto  aspettare    il  raggiungimento  di  un difficile  accordo    tra    le  parti,che  ha  visto  anche   la  partecipazione   di una  delle  formazioni  sunnite.
o Le  vicende  che  hanno  portato  alla  formazione    del  governo  Maliki    nel  maggio    2006  evidenziano   le  difficoltà  sostanziali  di  un   ordinamento  in  cui  il  contesto   e  i  soggetti    sono  di  tipo  liminare  per  un  normale  ordinamento  e  per   l’applicazione  di  regole  costituzionali .


 


5-Il  testo  costituzionale   e la    sua  revisione-  Già  in  occasione  del  referendum    per  l’approvazione  della  Costituzione   si     è  dimostrato  come   la  stessa  sia    un  documento  incompleto     per  quanto  riguarda  decisioni  di   tipo  strategico   e   il  fatto  che  siano  stati  aggiunti  articoli  in  progress (in  particolare  il  142 sulla  procedura  di   revisione  che  mette  da  parte    la  procedura   di  cui  all’art.  126   )  ne   è  una  dimostrazione,così  come  la  debolezza  sostanziale  del  referendum  confermativo .L’art.  142     attribuisce     ad  un   Comitato  del  Consiglio   dei  rappresentanti ,che    è  stato  nominato    nel  settembre     dell’anno  scorso   ,     il  compito  di   proporre emendamenti,alcuni  dei  quali  sono  stati  avanzati  nel  maggio  scorso.
L’ordinamento    è  caratterizzato   da  una  forma  di  Stato     teoricamente  democratica   ,  ma  senza  reali  garanzie  del  vivere  civile.Il  tipo  di  Stato  non   risulta  ancora     definito   e   in  realtà    ondeggia   tra    federazione   e  confederazione.Il  sistema  elettorale    nazionale   è  di  tipo  speculare  ,  basato  su  formula    proporzionalista. La  forma  di  governo   è  parlamentare  ed     il  sistema    dei  partiti     è   frammentato  e  centrifugo.
 
In  una  situazione  di  tal  fatta  la  discussione    il  Comitato  non   poteva  fare  molto    e   lo  ha   sostanzialmente  dichiarato  nel  documento  del  23  maggio  u.s. .  Al  centro  della  discussione,   che    supera  il  Comitato  e  la  stessa  Camera  rappresentativa,  si   pone  il  problema  della  stessa  forma  di   Stato  ed  in  particolare  il  tema  del  rapporto  centro  periferia    ,strettamente  connesso  con  il tema   della  legge  sul  petrolio .  Non   è  un  caso    che  la  stessa  amministrazione   Bush   nel   luglio  scorso  abbia     messo  in  evidenza   l’importanza  strategica  dell’argomento     nei  punti    fermi per  il  ritiro  delle  truppe  statunitensi   .   In  realtà  il  documento    pare  contraddittorio    perché  da  un  lato  considera    soddisfacente      la  formazione  di  regioni  semiautonome  e   ,  ma  nello  stesso  tempo  sottolinea  come    per  quanto      riguarda  la  legge  del  petrolio   i  sunniti  siano  restii  ad  accettare  un  compromesso  che   li  vedrebbe  in  sostanza   perdenti .  
La  questione     è  complessa    è  si  connette  sia   con  la  formazione   di territori    regionali  al  nord    ed  al  sud  ( con  l’ipotesi  di  due  aree  sciite).  Il  timore  sunnita  che     le  royalties   petrolifere   non  vengano  redistribuite  ,  con  la  loro    conseguente  emarginazione ,   è  una  realtà che   la    proposta di  revisione    degli artt.  111  e  112   della  Cost.  da  parte  della  Commissione     non  riesce     a   contrastare.  Gli  artt.  114  e  115    della  Cost.  lasciano  per  di   più   la  possibilità  di  interpretazioni  che  vanno  dalla  federazione  alla  confederazione.  La  proposta  di   legge  sul  Consiglio  federale   investe  il  procedimento   legislativo  ed  il ruolo  delle  due   Camere,alzando  la  maggioranza     per  il  superamento    del  dissenso   della  Camera  federale  ai  due  terzi.  Una  simile  eventualità  è  esemplare  delle  difficoltà   della  coesistenza   fra  le  parti  ed   evidenzia   i possibili   pericoli  di  blocco .  Tuttavia   mi  chiedo  dal  punto  di  vista  costituzionalistico  come  in  un  sistema  bicamerale  il  Consiglio  federale   (e  mi  riferisco  all’art.15)  possa    sottoporsi    all’approvazione   del  proprio  budget   annuale    all’altra  Camera.
Per  quanto  riguarda il  problema     del  sistema  di  elezione  del  Consiglio  federale          nei  primi  articoli  della  proposta  avanza  dalla  Commissione           non  si  parla   se  non  per    ribadirne  il  carattere    diretto  da  parte   del  Corpo  elettorale   e  la  quota  per  ogni  governatorato    di  4  membri  (Baghdad  ne  ha  8)  che    porta    il  collegio  ad  una  somma  di   76  membri . Respinto    quindi  il  modello  Bundesrat  la  questione    della  rappresentatività  del  Consiglio  federale   si  sposta      nell’ambito    della  composizione  delle    regioni ,punto  dolente  e  non  risolto   della  contesa  .   Le   dimensioni  del    collegio   e   il  tipo  di  meccanismo  adottato    dalle  singole  unità  per  selezionare  i     membri   dello  stesso   sono  troppo  incerte  per    poter  fornire  un    giudizio    ponderato.
D’altro  canto  la  legge  sulle  regioni  ,approvata  nell’ottobre   del  2006,  fornisce  la  possibilità  di  creare  regioni  da  due  o più  governatorati   o  da  due   o più  regioni .  Una  simile  previsione    apre  in  realtà  scenari   che    possono  portare  verso   il  federalismo,la  confederazione   e   l’indipendenza.
Ma  ovviamente    la  questione  si  collega  con  il  vero   punto   centrale  della  costituzione  materiale   iraqena:  la  questione  del  petrolio .  Il    progetto  redatto    dal   Comitato    Oil   and   Energy   del  council  of  Ministers   nel  febbraio  di  quest’anno  cerca  di  risolvere  i  problemi  lasciati  volutamente  aperti  dal  testo  costituzionale.  Nel  preambolo    allo  stesso  progetto  si   dichiara       ufficialmente    che   “ gli  introiti    del   petrolio  e  del    gas  rappresentano      la  base    più  importante    per    la  ricostruzione  e  lo  sviluppo      del  paese    e  dell’economia  iraqena… tenendo   conto   gli  obiettivi  della    Costituzione   ,inclusi  l’unità   della  Repubblica ,la  natura  esauribile   del  petrolio    e   il  mantenimento    dell’ambiente”.    E’  evidente    che    l’art.  1  del  progetto  non   risolve   la  questione  quando     afferma   che  “petrolio  e  gas  sono  proprietà di tutto  il  popolo  dell’Iraq   in  tutte  le  regioni  ed  i  governatorati “   .  La  ripartizione  delle  risorse  ricavate  dal  petrolio    è  essenziale  per  individuare  la  possibilità  dello  stare   assieme    in  Iraq  ed  il    proposto   Federal   Oil  and  gas   Council   rischia di  divenire   più  importante  del  Consiglio  federale.
Un  simile    coacervo  tematico      evidenzia  come     sia  difficile  la  soluzione   dei    problemi  istituzionali   iraqeni,anche    in  considerazione  della    situazione  geopolitica  dell’area.
E’  evidente  che  molto   è  attribuito   alla  volontà  di  conciliazione  dei  soggetti   :le  istituzioni   costituiscono  solo   uno  degli  elementi    di   selezione  delle  opportunità    ed  aiutano  a  risolvere      problemi,anche  se  a  volte  possono  complicarli. 

      Questa voce è stata pubblicata in: Parlalex, SCRITTI RECENTI il 08/08/2020 Contrassegna il Permalink.