RUSSIA: Ilmira Galimova, La Duma introduce nuove restrizioni alla rete

Nel primo quadrimestre del 2019 due sono stati i temi principali dell’agenda politica russa. Il primo, solo apparentemente di carattere estero, ha riguardato le elezioni presidenziali in Ucraina, Paese antagonista della Russia negli ultimi cinque anni. Se a livello internazionale gli Stati Uniti si sono riconfermati nel ruolo del presunto “rivale ontologico” della Russia, in un’area geografica più circoscritta, cioè nello spazio post-sovietico, è stata proprio l’Ucraina a trasformarsi  nel suo ‘alter ego’.

Infatti, dall’inizio del conflitto fra gli Stati, segnalato dalla crisi di Crimea e dalle proteste pro-russe scoppiate nelle regioni sud-orientali dell’Ucraina, è stato chiaro che questo confronto non si riduce alla questione geopolitica, ma si sviluppa anche sul piano ideologico, come confronto fra due sistemi politico-istituzionali. Dagli anni novanta le ex repubbliche sovietiche hanno seguito traiettorie diverse: il modello di governo ucraino, più incline al classico schema semipresidenziale,  si è differenziato da quello più presidenzialista russo. Nei primi decenni del 2000, mentre in Russia l’assetto istituzionale diventava sempre più accentrato e la vita politica veniva monopolizzata da un unico attore, un simile sviluppo in Ucraina è stato precluso a causa dell’esistenza di vari clan oligarchici e diversi centri di potere. In particolare, in contrasto con le dinamiche della competizione politica nella Federazione russa, nessuno dei Presidenti ucraini uscenti (ad eccezione di Kučma) è stato rieletto per il secondo mandato. Le differenze fra i due Paesi sono di nuovo riemerse in seguito ai risultati della campagna presidenziale in Ucraina, che si è conclusa il 21 aprile con la vittoria del giovane candidato Zelenskij privo di esperienza politica. Zelenskij è così diventato un simbolo non solo dell’ondata anti-establishment, ma anche di una nuova generazione di politici e, più in generale, del ricambio delle élites nello spazio post-sovietico (si pensi all’elezione in Armenia lo scorso anno di Pashinyan, politico d’opposizione o alle recenti dimissioni di Nazarbaev, leader del Kazakistan dal 1991). […]

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