POLONIA: Jan Sawicki, Il Governo Tusk verso la metà della seconda Legislatura

Si conferma negli ultimi mesi del 2013 la linea di tendenza già in precedenza evidenziata, nel senso di un logoramento del Governo presieduto da Donald Tusk, confermato alle elezioni del 2011 dopo la precedente vittoria del 2007 (si tratta, lo si ricorda, del primo esecutivo e della prima coalizione che ha vinto due elezioni politiche di seguito in Polonia dopo la transizione alla democrazia nel 1989). Un primo elemento di questo affaticamento può essere dato senz’altro dalla stanchezza che in qualunque paese l’opinione pubblica democratica può esprimere nei confronti di chi ha il potere. A questo va aggiunto che per la prima volta nel 2013 l’economia polacca – che è stata l’unica dell’intera Europa a 27 (ora a 28), senza distinzioni tra est e ovest (o tra nord e sud), ad attraversare indenne la crisi globale in seguito acuitasi nell’eurozona ma anche in alcuni paesi di nuova adesione, senza conoscere neanche un anno di formale recessione – ha subito un rallentamento della sua dinamica finora ininterrotta di crescita anche piuttosto sostenuta.

Se è vero che l’opinione pubblica rimane in maggioranza nettamente a favore della scelta perfezionatasi fin dall’adesione del 2004 di integrarsi con l’Europa comunitaria, e che anzi questo orientamento è andato crescendo con gli anni come anche le scelte elettorali hanno costantemente confermato ad ogni livello e ad ogni consultazione dal 2007 in poi, è altrettanto vero che la crisi economico-finanziaria dell’eurozona, con l’emergere degli squilibri tra paesi forti e deboli, con la recessione imposta dall’austerity, a sua volta resa necessaria dalla crisi dei debiti sovrani, hanno posto una battuta d’arresto alla prospettiva di adesione della Polonia alla stessa area dell’euro. I polacchi sono diventati ora contrari all’euro, mettendo in difficoltà, da questo punto di vista, la classe dirigente del paese che su questo obiettivo ha a lungo puntato, e fornendo argomenti soprattutto all’opposizione nazional-conservatrice, che dell’avversione all’euro ha fatto un cavallo di battaglia. Per altro verso, però, vi è consapevolezza del fatto che aderire all’euro ha una valenza non solo economico-monetaria, ma possiede un significato politico da non trascurarsi nel momento in cui, con gli eventi dell’Ucraina, in Polonia si prende atto dei rigurgiti imperialisti provenienti dalla Federazione russa, successore diretto dell’Unione sovietica.

Le difficoltà dell’esecutivo presieduto da Donald Tusk si rispecchiano nella paralisi che caratterizza il principale partito di coalizione, la Piattaforma civica, divisa tra una corrente liberal-progressista e una conservatrice. Questa paralisi impedisce al partito di prendere una posizione chiara su questioni inerenti alle libertà civili, rispetto alle quali continuano ad arenarsi in Parlamento diverse iniziative. Peraltro lo stesso partito dominante sulla scena politica negli ultimi anni evidenzia alcune contraddizioni con le stesse premesse di liberalismo, per lo meno economico, che furono alla base della sua fondazione nel 2001. Dopo aver introdotto nel 2012 una riforma del sistema previdenziale con un graduale ma drastico innalzamento dell’età pensionabile – per fronteggiare il crescente indebitamento del settore statale, come altrove – la seconda metà del 2013 vede l’imposizione di un nuovo intervento in materia, assai più discutibile, evidenziato nelle cronache che seguono, consistente in una parziale nazionalizzazione di fatto del sistema di fondi-pensione privati avviato sul finire degli anni 90. Le crescenti difficoltà dell’esecutivo emergono anche a partire dal referendum locale svoltosi in ottobre a Varsavia, in cui la rimozione del sindaco Hanna Gronkiewicz-Waltz – tra i principali esponenti della Piattaforma politica anche a livello nazionale – fallisce solo grazie a un’esigua affluenza alle urne, peraltro pianificata in parte a fini di sabotaggio della consultazione ad opera del partito dominante a livello locale e nazionale, mentre la quasi totalità dei votanti (94%) si pronuncia per il recall del sindaco. Un ‛successo’ veramente imbarazzante. […]

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