Paola Piciacchia, Un fenomeno in crescente espansione: il dialogo politico dei parlamenti nazionali nell’UE

Nell’affrontare l’argomento del dialogo politico tra Parlamenti Nazionali e Unione Europea appare opportuno partire direttamente da un’affermazione che, lungi dall’essere assiomatica, può riuscire a rendere la misura dell’importanza che tale “procedura” – avviata un anno prima della firma del Trattato di Lisbona, per rafforzare le basi democratiche dell’Unione – assume oggi e dell’importanza che essa è destinata ad assumere negli anni a venire.

Il dialogo politico – le cui radici vanno, secondo alcuni, addirittura rintracciate nel 2001 – rappresenta, infatti, a parere di chi scrive, lo snodo, e al tempo stesso, la sintesi di tutti i meccanismi di partecipazione dei Parlamenti Nazionali alla fase ascendente e più in generale alle politiche dell’Unione europea, quasi la cartina di tornasole dell’efficacia stessa di questi meccanismi. La premessa necessaria a questa ipotesi, che naturalmente si cercherà di verificare nel corso delle pagine che seguono, è che essa vada intesa non tanto nel senso del riconoscimento, in termini assoluti, dell’efficacia attuale di tale meccanismo di partecipazione dei Parlamenti Nazionali, quanto piuttosto nel senso del riconoscimento della “necessità” di implementazione crescente di questo meccanismo, nell’ottica di un “reale” e sempre più efficace coinvolgimento dei Parlamenti nazionali nel processo di integrazione europea. É proprio, infatti, dalla capacità induttiva del dialogo politico che si misura e, soprattutto, è destinata a misurarsi l’efficacia di tutti gli altri strumenti di partecipazione dei Parlamenti Nazionali, ivi compreso quello relativo al controllo sul principio di sussidiarietà (EWM).

Merita a tal punto precisare che l’idea di avviare il “dialogo politico”, facendolo diventare, in qualche modo, una procedura, nacque, in origine, dall’esigenza, emersa in seno alla Commissione stessa, già prima della firma e poi dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, di rapportarsi con i Parlamenti Nazionali in forma cooperativa e non competiva o antagonistica proprio nel momento in cui il meccanismo dell’Early warning, sia pure in fase sperimentale, faceva la sua comparsa.

La Commissione, con l’intento di indurre i Parlamenti Nazionali ad agire entro una logica collaborativa e non ostruzionistica, decise di affiancare al meccanismo dell’EWM – sul quale si tornerà più avanti – un’altra procedura denominata inizialmente “procedura Barroso”  e, successivamente, “dialogo politico”. Il dialogo politico con i Parlamenti Nazionali fu, dunque, avviato dalla Commissione nel 2006 con lo scopo dichiarato di accrescere la loro partecipazione agli Affari Europei e rafforzare la dimensione parlamentare e democratica dell’UE, nell’ottica di una progressiva parlamentarizzazione del processo decisionale europeo, secondo quelle che saranno le prospettive del Trattato di Lisbona. […]

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Di seguito si riporta il sommario del saggio: 1. Le origini e l’evoluzione del dialogo politico tra Parlamenti Nazionali e Unione Europea  2. Dialogo politico vs EWM 3. La prassi e le prospettive del dialogo politico: la circolarità del processo di controllo svolto dai Parlamenti Nazionali 4. Conclusioni.

 

Questa voce è stata pubblicata in: Nomos, Saggi e contrassegnata con Convegno Parlamenti nazionali e Unione europea nella governance multilivello. In memoria di Antonio Zorzi Giustiniani (1949-2015), dialogo politico, EWM, Nomos 1/2016, Paola Piciacchia, PRIN, Saggi, Trattato di Lisbona. Contrassegna il Permalink.