Le Corti e il voto. “Paolo Carnevale – La corte vince, ma non sempre convince. Riflessioni intorno ad alcuni profili della ‘storica’ sentenza n.1 del 2014 della corte costituzionale”

Storica, senza precedenti, fors’anche epocale (per come si può usare questo termine in un’epoca come la nostra). Sono tutte qualificazioni che possono ben attagliarsi alla decisione della Corte costituzionale di annullare, per la prima volta nella nostra esperienza repubblicana, una normativa disciplinante le elezioni politiche per la Camera ed il Senato nella parte riguardante il nucleo duro rappresentato dalla formula elettorale (o come si dice la materia elettorale in senso stretto).

È quanto accaduto, come ognun sa, con la sentenza n. 1 del 2014 con cui viene dichiarata l’incostituzionalità  degli artt. 83, comma 1, n. 5, e comma 2, del d.P.R. 30 marzo 1957 n. 361 (Approvazione del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati) e 17, commi 2 e 4, del decreto legislativo 20 dicembre 1993, n. 533 (Testo unico delle leggi recanti norme per l’elezione del Senato della Repubblica), in tema di premio di maggioranza; nonché degli artt. 4, comma 2, e 59 del d.P.R. n. 361 del 1957 e 14, comma 1, del d.lgs. n. 533 del 1993, in tema di liste bloccate, frutto delle modifiche apportate dalla “famigerata” legge n. 270 del 2005.

Sennonché, il carattere assolutamente inedito della sfida posta al nostro giudice delle leggi dalla ordinanza n. 12060 del 2012 della Corte di Cassazione e la complessità e novità dei problemi costituzionali proposti avrebbero – a mio avviso – richiesto una motivazione più robusta di quella di cui risulta provvista la sentenza in parola, la quale presenta, accanto ad argomentazioni assai interessanti e decisamente apprezzabili – soprattutto nella parte a più chiara valenza prospettica e di indirizzo – tratti di opacità, da un verso, e disinvoltura, dall’altro, su alcune delle questioni essenziali sul tappeto.

È ad alcuna di queste (per dir così) ombre che è dedicato questo rapido intervento, che si concentrerà specificamente sui profili dell’accesso delle questioni di legittimità costituzionale al giudizio della Corte costituzionale e degli effetti da riconoscersi alla declaratoria di incostituzionalità della legge n. 270. […]

Primo aspetto cui portare l’attenzione – come detto – è quello, tutto interno alla dinamica propria del sistema di controllo di costituzionalità delle leggi – e, in quanto tale, tributario dell’interesse soprattutto dei chierici e, assai meno, dell’opinione pubblica e del dibattito politico – relativo all’ammissibilità delle questioni sollevate dal giudice rimettente sotto il profilo del nesso di incidentalità esistente fra giudizio a quo, da cui si origina l’incidente di costituzionalità, e giudizio ad quem dinanzi alla Corte costituzionale, ove quell’incidente deve trovare definizione.

Il problema riguardava, com’è ormai abbastanza noto, la presenza di una effettiva dualità fra i due giudizi, la quale deve essere valutata alla stregua dell’esistenza di una reale distinzione fra i petita correlativi, che suppone una diversità di latitudine degli stessi in grado di escludere che la soluzione del dilemma di costituzionalità assorba sostanzialmente (e si sovrapponga completamente al) la questione agitata dinanzi al giudice a quo e che, quindi, all’esito dell’eventuale dichiarazione di incostituzionalità della norma legislativa impugnata non risulti un autonomo spazio di decisione in capo al giudice remittente, al fine di prestare la tutela richiesta.

Tutto questo per evitare che l’aggiramento del meccanismo dell’incidentalità si risolva nell’autorizzare una sorta di accesso diretto alla Corte costituzionale per deferire una legge accusata di non conformità a Costituzione, che tuttavia il nostro sistema di giustizia costituzionale riserva soltanto allo Stato e alle Regioni (e Province autonome di Trento e Bolzano) per dirimere prevalentemente conflitti di competenza legislativa. […]

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Di seguito si riporta il sommario del saggio: 1. Piccola premessa 2. Ammissibilità delle quaestiones e nesso di incidentalità fra giudizio a quo e giudizio ad quem 2.1. (Segue) le ombre non fugate 2.2. (Segue) le buone ragioni addotte 3. La neutralizzazione degli effetti della pronuncia di incostituzionalità 3.1. (Segue) con riguardo alle leggi già approvate dai Parlamenti eletti sulla base della legge dichiarata incostituzionale 4. Una rapida considerazione di chiusura

Questa voce è stata pubblicata in: Nomos, Saggi e contrassegnata con Alessandro Gigliotti, ammissibilità della questione di legittimità costituzionale, Augusto Cerri, Dossier: Corte Costituzionale Sentenza n. 1/2014, Felice C. Besostri, Fulco Lanchester, Gabriele Maestri, Gaetano Azzariti, Gianni Caso, Gianni Ferrara, Italicum, legislazioni elettorali regionali, Marco Benvenuti, Oreste Massari, Paolo Carnevale, Piero Alberto Capotosti, Porcellum, Raffaele Bifulco, Riccardo Chieppa, Riforma elettorale, Roberto Borrello, Seminario Le Corti e il voto, sent. n. 1/2014 della Corte Costituzionale, Stefano Ceccanti, zone d'ombra, zone franche. Contrassegna il Permalink.