Le Corti e il voto. “Oreste Massari – Italicum, errare humanum est perseverare autem diabolicum”

Nel precedente Seminario “Le Corti e il voto” sull’ordinanza di remissione della Corte di Cassazione del Porcellum del 12 giugno 2013 molti dei partecipanti avevano  evidenziato la possibile illegittimità costituzionale  del Porcellum. Personalmente avevo argomentato che se la Corte avesse dovuto seguire la via dell’affermazione della razionalità/ragionevolezza (come poi è stato), il ricorso sarebbe dovuto essere accolto e dichiarato ammissibile e il Porcellum dichiarato in molti suoi punti centrali incostituzionale (cfr. Oreste Massari, Fiat ratio, pereat Porcellum, ora in “Nomos”, n. 1, 2013).

Sul punto delle liste bloccate avevo scritto:

«Altra questione è quella della lista bloccata. In questa sono presenti diversi gradi d’irrazionalità, e quindi potenzialmente d’incostituzionalità. L’elettore ha diritto di votare il proprio rappresentante, comunque di essere consapevole della scelta. È l’antico dilemma tra il voto alla persona e il voto alla lista che si ripresenta… Il punto … irrinunciabile è che l’elettore debba vedere i nomi dei candidati sulla scheda. Questo avviene tanto nei collegi uninominali, nei sistemi che adottano il voto di preferenza, nei sistemi a lista bloccata ma con pochi candidati presenti e visibili sulla scheda.»

Sul premio di maggioranza:

«Ma veniamo all’irrazionalità maggiore, quella del premio di maggioranza. Qui non c’è una sola irrazionalità, ma una vera e propria caterva d’irrazionalità. La prima irrazionalità viene a porsi rispetto allo scopo della governabilità. Com’è possibile assicurare la governabilità con ben 18 premi di maggioranza? Non esiste, infatti, un solo premio di maggioranza, ma ben 18: 1 alla Camera, e 17 al Senato. Inoltre i cittadini della Valle d’Aosta né alla Camera né al Senato partecipano con il loro voto all’attribuzione di questo premio e quindi un loro diritto è menomato. 18 premi sono una lotteria! Al Senato diciassette premi regionali sono  in grado di elidersi a vicenda…

Questa è la prima grande irrazionalità, la seconda irrazionalità, e che se anche si fosse assegnato al Senato un premio nazionale e non su base regionale, questo avrebbe comportato comunque delle irrazionalità, perché due premi non possono comunque coesistere. L’idea della governabilità affidata a un premio in presenza di un bicameralismo è irrazionale essa stessa. O si ha il premio senza bicameralismo, o il bicameralismo senza premi…

Altra palese contraddizione – palese e abnorme – è la disproporzionalità, teoricamente enorme, che può esserci, e che abbiamo visto presentarsi in queste elezioni, tra voti e seggi. Teoricamente e astrattamente si può ottenere alla Camera un premio del 55% dei seggi con il 30%, il 20% e così via in una simulazione poi non tanto irrealistica, vista la liquefazione del sistema dei partiti attuale…

Questa irrazionalità è legata all’assenza di soglie per ottenere il premio.»

Insomma, ci voleva poco – purché non si fosse abbagliati dall’ideologia del bipolarismo per decreto (con il premio) all’italiana – per anticipare la sentenza del 4 dicembre 2013. Sentenza che, lungi dall’essere una “decisione improvvida” (Roberto D’Alimonte su “Il Sole 24ore” del 22-2-2014), ripara e vendica il vulnus apportato con pervicacia ai principi di ragionevolezza e di democrazia. Viva dunque la giustizia e la ragione e abbasso il Porcellum e la sua filosofia, filosofia purtroppo condivisa da un vasto schieramento politico e intellettuale trasversale.

Ma di fronte alla pur chiarissima sentenza, questo stesso schieramento, con Renzi e Berlusconi come capifila e con il contorno di tecnici e/o intellettuali o cortigiani o accecati, sembra procedere come se nulla fosse e con altrettanta pervicacia nell’irragionevolezza. La proposta presentata, frutto dell’accordo Renzi-Berlusconi, ossia l’Italicum, non è altro che una riverniciatura del vecchio e incostituzionale Porcellum. Ha ragione da vendere Fulco Lanchester quando parla di “vecchi binari”, anche se gli orari sembrano aggiornati.

Sgombriamo però, il campo da questioni o assodate o secondarie o false. Che l’iniziativa di Renzi sulla riforma elettorale costituisca “una svolta di sistema” (Repubblica del 21 gennaio 2014) è indiscusso. Che Renzi abbia fatto un accordo con il leader dell’unica opposizione disponibile, Berlusconi, non è un crimine, ma una necessità, data l’indisponibilità del M5S e l’esiguità della maggioranza. Che Renzi presenti la sua proposta (composta, oltre che dalla legge elettorale, anche dall’eliminazione del Senato e dalla riforma del Titolo V della Costituzione) con “un prendere o lasciare in blocco” può essere discutibile ma comprensibile. Si ha sempre la libertà di “lasciare” (e i gruppi parlamentari, compresi quelli del PD, possono sempre esercitare questa libertà). […]

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Questa voce è stata pubblicata in: Nomos, Saggi e contrassegnata con Alessandro Gigliotti, ammissibilità della questione di legittimità costituzionale, Augusto Cerri, Dossier: Corte Costituzionale Sentenza n. 1/2014, Felice C. Besostri, Fulco Lanchester, Gabriele Maestri, Gaetano Azzariti, Gianni Caso, Gianni Ferrara, Italicum, legislazioni elettorali regionali, Marco Benvenuti, Oreste Massari, Paolo Carnevale, Piero Alberto Capotosti, Porcellum, Raffaele Bifulco, Riccardo Chieppa, Riforma elettorale, Roberto Borrello, Seminario Le Corti e il voto, sent. n. 1/2014 della Corte Costituzionale, Stefano Ceccanti, zone d'ombra, zone franche. Contrassegna il Permalink.