Alessandro Megaro, La tutela della salute nei luoghi di lavoro: profili costituzionali e prospettive

La tutela della salute sul luogo di lavoro manifesta la sua criticità dal momento che la prestazione lavorativa può costituire un momento di sensibile esposizione al rischio, così come di alta espressione della personalità individuale.

Sembra superfluo ricordare la particolare attenzione dedicata alla posizione del lavoratore e più in generale al lavoro dalla Costituzione italiana anche e soprattutto in ragione della forte carica personalistica ad essa sottesa.

L’idea della pericolosità del lavoro è stata per lungo tempo affrontata in termini  riparatori ed assistenziali, per poi approdare, mediante l’apporto fornito dalla Costituzione prima e dalla giurisprudenza costituzionale poi, ad una impostazione sensibilmente differente.

La disciplina codicistica, in particolare quella espressa nell’art. 2087, anteriore all’entrata in vigore della Costituzione, ha fortemente risentito delle allora nuove disposizioni costituzionali: il riferimento non è mirato esclusivamente alle prime disposizioni collocate nel dettato, ovvero all’art. 35 Cost., indirizzato alla tutela del lavoro in tutte le sue forme, quanto piuttosto al principio di ordine generale espresso dall’art. 32 Cost., secondo il quale la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo ed interesse della collettività, costituendo al contempo un punto di raccordo tra la più critica sfera di azione dell’individuo, quella del lavoro, ed un bene, individuale e di eminente rilevanza sociale, come quello della salute.

L’idea che sembra emergere è quella di una necessaria tutela, non già in virtù dell’eventuale debolezza imputabile al lavoratore nell’ambito del rapporto di lavoro, quanto piuttosto in funzione del suo essere persona e, come tale, destinatario di una tutela che getta le sue radici nella significativa carica personalistica che pervade l’intero dettato costituzionale. […]

Il diritto alla salute del lavoratore è d’altro canto destinato a scontrarsi, in qualità di limite intrinseco, con l’organizzazione dell’attività produttiva, o meglio con la libertà di iniziativa economica, rispetto alla quale non sembra essere, al netto dell’esperienza costituzionale e giurisprudenziale, cedevole.

Per lungo tempo, storicamente, a fronte di una presunta inconciliabilità dei due interessi, si era ritenuto che il sacrificio della salute fosse un male quasi inevitabile, in quanto connesso ad esigenze di carattere produttivo: ne era risultata, anche in virtù della rassegnata convinzione dell’immutabilità dell’organizzazione del lavoro, una significativa attrazione della normativa generale nell’orbita dell’art. 38 Cost., piuttosto congeniale allo sviluppo dell’ideologia della fatalità dell’infortunio, il cui rischio finiva per essere imputato alla sfera giuridica del lavoratore a fronte di una tendenziale irresponsabilità dell’impresa secondo uno schema privatistico.

Dal momento che, però, l’iniziativa economica privata non può essere svolta «in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana», l’eventualità di un conflitto sembra avere una soluzione piuttosto scontata: in contrapposizione ad un diritto assoluto, quella alla salute, se ne colloca uno che al suo interno presenta un limite fondato sostanzialmente sul presupposto logico del primo.

Sulla base dell’art. 41, 2° comma, e nell’ambito delle comprensive affermazioni dell’art. 32 si ha  «concorso di interessi generali allo svolgimento delle attività lavorative con una coercibilità della collaborazione creditoria disposta per la tutela del lavoratore, ma non in vista dei suoi interessi patrimoniali, bensì in relazione alla esigenza che l’imprenditore somministri ambienti, macchine e sostanze che garantiscano al massimo l’integrità fisica ed anche morale dei suoi dipendenti». […]

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Di seguito si riporta il sommario del saggio: 1. Premessa 2. Il limite intrinseco all’art. 41 Cost.: la sicurezza ed il rapporto con l’art. 32 Cost. 3. Il piano di sostegno della legislazione ordinaria: l’art. 2087 c.c., il dovere di sicurezza e «l’arte del possibile» secondo la Corte Costituzionale 4. L’art. 9 dello Statuto dei Lavoratori ed il Testo Unico sulla Sicurezza sui luoghi di lavoro: l’interesse collettivo alla salute e la c.d. sicurezza partecipata 5. Diritto alla salute e tutela dei livelli occupazionali: il caso Ilva e l’attrazione contenutistica operata dall’art. 4 Cost. 6. Conclusioni

Questa voce è stata pubblicata in: Nomos, Saggi e contrassegnata con Alessandro Megaro, art. 2087 c.c., art. 32 Cost, art. 35 Cost., art. 4 Cost., art. 41 Cost, art. 9 dello Statuto dei Lavoratori, caso Ilva, diritto alla salute del lavoratore, diritto costituzionale, lavoro, libertà di iniziativa economica, Nomos 3/2013, organizzazione dell’attività produttiva, Riflessioni sulla costituzione economica in Italia, Roberto Nania, Testo Unico sulla Sicurezza sui luoghi di lavoro, tutela del lavoro in tutte le sue forme, tutela salute. Contrassegna il Permalink.