Simone Ferraro, Recensione a I. Birocchi e L. Loschiavo (a cura di), I giuristi e il fascino del regime (1918-1925), Roma, RomaTrE-Press, 2015, pp. 424

L’opera oggetto di questa recensione vive in un apparente paradosso: sebbene sia stata pubblicata attraverso mezzi come la rete internet , strumento in grado di promettere una diffusione virtualmente illimitata, ad oggi, rimane paradossalmente invisibile agli “occhi”, solitamente vigili, dei Cataloghi bibliografici nazionali ed internazionali. Ma […] lo stimolo alla scrittura di queste righe nasce da una duplice constatazione: della centralità, nello studio del diritto costituzionale, della libera dialettica delle idee; della condizione per la quale «lo Stato democratico non solo consenta la critica delle istituzioni vigenti, ma da questa tragga alimento per assicurare l’adeguamento delle stesse ai mutamenti intervenuti nella coscienza nazionale» (C. Esposito, La libertà di manifestazione del pensiero nell’ordinamento italiano, Milano, Giuffrè, 1958, pp. 18 ss.). […]

Prima di iniziare la disamina del testo, una constatazione in grado di trovare dei precedenti in autorevoli e risalenti trattazioni. Come già evidenziato da Renzo De Felice ne Le interpretazioni del fascismo (Roma-Bari, Laterza, 1976), o, da Giorgio Amendola durante l’intervista rilasciata a in quegli anni a Pietro Melograni, e, che verrà raccolta nel volume Intervista sull’antifascismo (Roma-Bari, Laterza, 1976), in Italia l’interesse intorno alla storia del periodo fascista non si è mai sviluppato casualmente: esso, è da sempre derivato dalla contestuale emersione di una coscienza generale circa la gravità della crisi, che, in quel determinato momento, il paese si è trovato a dover attraversare.

A loro volta, le crisi italiane deriverebbero da limiti strutturali, rilevabili non solo dalla storiografia, che impedirebbero ai ciclici periodi di espansione di continuare in forma ordinata i loro benefici effetti, non facendoli divenire delle vere fasi di sviluppo.
Dal porne in questo modo i termini, la richiamata questione di lungo periodo vedrebbe, quindi, come suo elemento dirimente l’inclusione, quale elemento permanente di azioni politiche ragionevoli, di un forte spirito autocritico; coscienza autocritica sempre più necessaria in un tempo come quello presente, dove, attualissima appare la celebre affermazione di Marc Boch per la quale «Gli uomini somigliano più ai loro tempi che ai loro padri». […]

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