Carlo Chimenti, Voto segreto e voto palese

Come ricorderete, nelle settimane passate al Senato è scorso il sangue (si fa per dire, grazie a Dio) a proposito delle votazioni relative al ddl Cirinnà riguardante le “unioni civili”. Il dibattito è stato molto vivace – diciamo così – ma naturalmente l’interesse per l’oggetto delle votazioni (i rapporti giuridici fra omosessuali) ha oscurato quello per le modalità del voto, sebbene l’alternativa fra voto palese e voto segreto, che più volte si è presentata nel dibattito, implicasse questioni di principio molto rilevanti; sulle quali può essere utile soffermare a freddo l’attenzione.

Per cominciare, conviene notare che i Regolamenti di Camera e Senato disciplinano diversamente la materia, dopo che in Assemblea costituente nella quale prevaleva lo scrutinio segreto – questo non venne costituzionalizzato, e fu demandata ai Regolamenti delle nuove Assemblee la disciplina della materia. Cosicché, tanto a Montecitorio quanto a Palazzo Madama, i Regolamenti preferirono conformarsi alle norme dell’Assemblea costituente, facendo prevalere il voto segreto. In seguito, con le modifiche regolamentari del 1988, si ebbe una svolta, anche in considerazione del fenomeno, favorito dal voto segreto, dei “franchi tiratori” (parlamentari che votano diversamente dalle indicazioni del partito). Per cui lo scrutinio segreto venne circoscritto, e la regola generale diventò il voto palese, sia in Aula che in Commissione; anche se non senza deroghe, peraltro largamente simili nelle due Camere. In effetti, regola comune oggi è, in entrambe, la votazione palese (artt. 49 RC e 113 RS, ai quali vanno aggiunti i casi di appello nominale obbligatorio, come il voto di fiducia); ma poi la situazione si differenzia, seppure non di molto. Alla Camera, sono effettuate a scrutinio segreto le votazioni riguardanti persone, nonché – quando ne faccia richiesta il prescritto numero di deputati – quelle che incidono sui diritti di liberà sanciti in Costituzione (artt. 6, da 13 a 22, da 24 a 27), sui diritti di famiglia (artt. 29, 30 e 31 II c), sui diritti della persona umana (art. 32 II c); ed inoltre, sulle modifiche del Regolamento, sull’istituzione di Commissioni d’inchiesta, sulle leggi ordinarie relative agli organi costituzionali e agli organi delle regioni, sulle leggi elettorali. Anche al Senato la regola generale è il voto palese, ma la segretezza è obbligatoria per le votazioni “comunque” riguardanti persone; inoltre lo scrutinio segreto può essere richiesto dal prescritto numero di senatori per le deliberazioni riguardanti i medesimi diritti costituzionali indicati dal RC, nonché sulle modifiche del RS. In entrambe le Assemblee la decisione nei casi dubbi spetta al PDA sentita, se lo ritiene necessario, la GDR. In definitiva, alla Camera c’è più voto segreto che al Senato (istituzione di Commissioni d’inchiesta, leggi ordinarie sugli organi costituzionali e sugli organi regionali, leggi elettorali); al Senato c’è più scrutinio palese che alla Camera (sebbene il voto segreto possa esservi utilizzato anche in tema di tutela economica della famiglia – art.31, I c. Cost. –  non citato nell’art. 49 RC). […]

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