Laura Pelucchini, Recensione a R. Cristin (a cura di), Sergio Raúl Castaño. Il potere costituente tra mito e realtà Milano, Giuffré, 2019, pp. 144

L’epoca moderna pare proporre sfide ed interrogativi nuovi agli studiosi del “potere costituente” tanto da arrivare ad una vera e propria messa in discussione della natura stessa di tale concetto. Applicazioni prima impensate di suddetta facoltà – si pensi all’avanzamento dell’idea dell’adozione di una Costituzione europea – ovvero lo stato di salute cagionevole delle Costituzioni del Novecento impongono quasi un ripensamento dei confini ideologici di tale potere così da renderlo maggiormente aderente ai tempi correnti. L’opera di Sergio Raúl Castaño – aperta da una prefazione di Pietro Giuseppe Grasso sull’insegnamento dei giuristi italiani in materia – si propone proprio di analizzare la nozione di potere costituente in relazione ai suoi tre elementi costitutivi rappresentati dal potere politico, dalla costituzione e dalla sovranità popolare.

Nel primo capitolo, l’Autore conduce infatti il lettore verso la comprensione della natura del potere politico, posto che il potere costituente altro non è che un modo di essere particolare e specifico, una delle tante forme di manifestazione del più ampio concetto di potere politico (p. 3). Questo stesso è stato declinato dalle diverse correnti di pensiero in modo differente e vario, così che la sua essenza ontologica non appare pacifica. Partendo dall’assunto per cui si tratti di un metodo di organizzazione della coercizione, da un lato si hanno le ricostruzioni cosiddette “individualiste” per cui il potere politico funge da arbitro tra gli interessi particolari (p. 5) dei soggetti che interagiscono all’interno di un medesimo contesto sociale. La comunità va dunque a perdere il significato suo autonomo, riducendosi in null’altro che una mera somma di corpi e volontà singolari la cui tenuta si fonda su un reciproco rispetto e una coordinazione degli interessi di ciascun individuo. Dall’altro, invece, a parere delle formulazioni aristoteliche classiche, il potere politico risponde innanzitutto alla necessità di perseguire un fine condiviso, individuato nel bene comune politico (p. 6). Dall’interesse egoistico si passa qui alla cooperazione volontaria in vista del raggiungimento di un obbiettivo collettivo per cui il compito assegnato al potere politico è proprio quello di fissare regole valide e obbligatorie per tutti i consociati. Da ciò deriva la prelazione del potere politico sulla realtà, intesa quale comunità politica e sociale. A parere di Bodin e Weber, infatti, tale potere diviene il fondamento e il parametro di definizione dell’ordine sociale. Non è mancato chi è arrivato a parlare in proposito di “necessità della potestà”, come Francisco Suárez, secondo il quale la potestà è inerente ed insita nella natura stessa della società civile (p. 9). […]

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