Gianluigi Fioriglio, La legislazione di mera formula. Considerazioni a partire da alcune intuizioni di Giovanni Tarello

Soprattutto negli ultimi decenni è stato da più parti messo in evidenza il cambiamento relativo alla produzione legislativa, sempre più soggetta ad errori, difetti formali o sostanziali, contraddizioni e mancanza di chiarezza. Sembra che il legislatore abbia perso la capacità di realizzare una legislazione comprensibile e non contraddittoria, con un linguaggio univoco, per cui le leggi appaiono sempre più afflitte, in misura più o meno ampia, da difetti e problemi di vario tipo. Basti pensare alle disposizioni, incostituzionali o meno, che realizzano abrogazioni implicite o innominate, o ai testi normativi afflitti da errori, anche grammaticali, che, in primis, condizionano negativamente la loro comprensibilità. Tutto questo incide, chiaramente, sulla loro applicabilità e quindi sul tema dell’interpretazione. Prima di poter applicare una legge o, comunque, di poterla rispettare, è necessario comprenderla, cosa che in molti casi non è pienamente possibile per l’ambiguità di cui troppo spesso soffre. In tutti questi casi, l’interpretazione ha un ruolo fondamentale e può richiedere abilità e cognizioni proporzionali alla complessità del caso concreto e delle norme all’uopo rilevanti, il che assume una dimensione ancor più delicata in quegli ordinamenti facenti parte di Stati federali o organizzazioni sovranazionali come l’Unione europea, sia per il crescente numero delle norme, sia per le difficoltà conseguenti alla loro potenziale interazione, indipendentemente dalle relative gerarchie normative.

Sulla inflazione legislativa molto si è discusso e se ne sono attribuite le cause sia all’intensificazione delle relazioni internazionali, sia allo sviluppo delle autonomie che comporta una moltiplicazione dei centri di produzione normativa, oltre, chiaramente, alle situazioni innovative derivanti dal processo tecnologico, per cui si può dire che “nessun uomo sa precisamente quali norme in quest’ora siano attualmente in vigore, nessun legislatore, nessuna autorità e nessun giudice, nessuno del popolo” , e ciò rende più difficile non solo l’opera dell’interprete , ma altresì quella del legislatore in tutte le fasi che caratterizzano il procedimento, qualora l’intento perseguito sia effettivamente quello di regolamentare. Difatti, anche se l’atteggiamento psicologico del legislatore potrebbe essere considerato ininfluente ai fini dell’applicazione delle norme , è pur vero che in alcune ipotesi l’ambiguità potrebbe essere non voluta ed essere frutto di obiettive difficoltà nello svolgimento di un’attività delicatissima: la redazione dei testi normativi. Molto si è discusso, quindi, sulle regole di redazione delle leggi, ma è anche vero che una simile discussione a niente vale se non è accompagnata da più penetranti interventi sugli aspetti sostanziali, di natura politico-istituzionale, concernenti i modi di produzione legislativa, vale a dire la ridefinizione dei rapporti governo-parlamento in materia di produzione legislativa, la riorganizzazione delle procedure parlamentari, ecc.. […]

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Di seguito si riporta il sommario del saggio: 1. Premessa 2. Le leggi “vuote”, la divisione dei poteri e la certezza del diritto 3. Cenni su teoria, ideologia e metagiurisprudenza 4. Diritto, norme e interpretazione 5. La legislazione di mera formula e l’attualità del pensiero di Giovanni Tarello

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