Le contestazioni studentesche del «biennio caldo» ’67-‘68 e il coevo lento ma inesorabile “affossamento” del ddl n. 2314 presentato dal ministro Luigi Gui, di fatto, hanno rappresentato due avvenimenti destinati ad aprire una nuova stagione per l’Università italiana. Innanzitutto i movimenti giovanili sessantottini, facendo precipitare gli eventi ed esplodere molte delle contraddizioni della società e del sistema dell’istruzione superiore della Penisola, hanno tracciato sicuramente una linea di demarcazione fondamentale nella storia dell’Università che, dopo quella fase spartiacque, ha mutato sensibilmente la propria fisionomia, discostandosi di netto da quell’impostazione tradizionale, chiusa ed elitaria che l’aveva caratterizzata per tutto il primo secolo post unitario. In secondo luogo, il ddl Gui, letto alla luce di un rigido e sterile schematismo, che interessava sia le componenti politiche che quelle accademiche, dopo un estenuante dibattito parlamentare protrattosi per ben tre anni, era stato messo da parte, con la piena complicità della lobby dei baroni universitari, sia a causa dei veti incrociati sferrati dalle varie componenti politiche e universitarie, in diversa misura insoddisfatte dal disegno riformatore portato all’approvazione del Parlamento, sia per l’incalzare della contestazione studentesca che ben presto avrebbe assunto posizioni radicali e anti-sistema, dettate principalmente da una profonda sfiducia sia nei confronti del corpo docente che dei partiti.
Luigiaurelio Pomante, Il d.d.l. 612 e i provvedimenti urgenti del 1969-1970
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