Carlo Chimenti. Mercato del lavoro e forma di Governo

Anche se se non è più in alto mare, come sembrava qualche tempo fa, la vicenda concernente la riforma del mercato del lavoro – avviata dal Governo Monti e al centro della quale sta la sorte dell’art.18 dello Statuto del lavoratori riguardante il licenziamento dei dipendenti da parte degli imprenditori non si è ancora conclusa con l’approvazione parlamentare del relativo disegno di legge. La questione nasce nel 1970, con l’approvazione dello Statuto suddetto nel quale – al termine “dell’ autunno caldo” del 1969 – viene introdotto fra l’altro il diritto al reintegro nel posto di lavoro per il lavoratore licenziato senza giusta causa (nelle imprese con oltre 15 dipendenti). Norma a cui viene ben presto imputato il “nanismo” delle aziende italiane, cioè la colpa di non farle crescere oltre i 15 dipendenti, nonché di ostacolare gli investimenti dall’estero; e fra i critici di essa c’è anche il CNEL che – in un documento del 1985 – rileva come l’istituto della reintegrazione non
trovi riscontro in nessun altro ordinamento occidentale (almeno nei termini generali assunti da noi). Poi, nel 2001 e nel 2010 il Governo Berlusconi tenta ripetutamente di riformare l’art.18, ma viene “stoppato” una prima volta nel 2002 da una manifestazione “oceanica” di protesta della CGIL a Roma; ed una seconda volta nel 2011, dopo un richiamo del Capo dello Stato, da un’intesa fra Confindustria e Sindacati che concordano di non utilizzare il ridimensionamento dell’articolo in questione, frattanto varato dalla Camera. Sennonché, uscito di scena il Governo Berlusconi, gli subentra il Governo “tecnico” di Monti, che ha fra le sue priorità programmatiche – dietro raccomandazioni dell’UE – la riforma in senso “neoliberale” del mercato del lavoro. Ed ha inizio così la vicenda in corso, che sta per concludersi – a quanto pare – segnando un sostanziale svuotamento dell’art.18- cioè con forti limitazioni al diritto di reintegro – e dunque con una sconfitta per la CGIL fra i Sindacati, e di buona parte del PD fra i partiti. Di questa vicenda mi accingo a parlarvi, confessando subito di avere in proposito non tanto un’idea precisa, quanto alcune sensazioni assieme a qualche perplessità.

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