Raffaele Marzo, “Singolarità” e “individualità” dell’atto di obbedienza: a proposito di un recente saggio di Natalino Irti

La lettura del recente manoscritto di Natalino Irti – all’origine dall’interrogativo sul perché obbedire, quindi sulle connesse generali visioni del diritto – è interessante per la notevole capacità di penetrare i luoghi delle umane fragilità, là dove si annidano timori e speranze, “codici” di accesso dell’uomo di ogni tempo, nonché per le plurime suggestioni teoriche sollecitanti la scientificità dell’argomento, ultima tutela ai propilei dell’issato edificio dottrinale. Per un verso, infatti, la riflessione appaga l’intimo sentire dell’A. desideroso di redigere «pagine stravaganti» motivate dal contingente emergenziale momento pandemico; nondimeno egli propone costrutti concettuali – quasi idealizzando l’hic et nunc dell’oggetto di analisi – armonicamente annotati su un complesso organico di confutazioni alla «settaria antitesi tra obbedienza e libertà» che, previo abbandono della concezione naturalistica, non sono più contrapposte ma si implicano e richiamano vicendevolmente.

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SOMMARIO: 1. Pròlogo. – 2. «Teoria del diritto» e «teoria del linguaggio». – 3. L’obbedienza e la norma (presupposta). 4. Fenomenologia dell’obbedienza. – 5. Concludendo (… quasi in forma di apologo).

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