Valentina Tonti, Recensione a L. Carlassare, “Nel segno della Costituzione. La nostra carta per il futuro”, Milano, Feltrinelli, 2012, pp. 245.

Il volume si apre con una citazione di Giuseppe Compagnoni, che alla fine del Settecento incitava allo studio della Costituzione: “L’ignoranza è l’appannaggio del popolo schiavo: la scienza del libero. Ma la scienza del popolo libero è quella dei suoi Diritti, della sua Costituzione, del suo Governo, delle Funzioni de’ suoi Magistrati, delle sue relazioni cogli altri popoli”.  Un’ affermazione quanto mai attuale, in particolare in Italia, dove lo studio della Costituzione è stato troppe volte trascurato. Obiettivo dell’autrice è dimostrare che essa contiene ancora risposte adeguate alle drammatiche sfide del presente.

Lorenza Carlassare  parte  dall’essenza del costituzionalismo, ovvero la limitare la sovranità e garantire alle persone sfere libere invalicabili dall’autorità; e infatti la storia del costituzionalismo mette al centro l’uomo fin dall’inizio (si pensi all’ habeas corpus nella Magna Charta). Anche nella nostra costituente fu il valore della persona la base dell’accordo tra le forze, così diverse, che la componevano. Fare dell’uomo la premessa e l’obiettivo del sistema costituzionale porta lontano, in una direzione duplice: da un lato, al ritorno dello Stato di diritto e dei suoi principi distrutti dal fascismo, per garantire diritti e libertà; dall’altro conduce alla novità dei diritti sociali.

Il secondo capitolo del volume è dedicato ad altri tre principi cardine del nostro sistema costituzionale: l’eguaglianza, la democrazia, il lavoro. Particolarmente attuale è la discussione sul significato della parola “democrazia”, cui la nostra costituzione dà una risposta forte e chiara all’articolo 1 affermando che “la sovranità appartiene al popolo”. Con tale formula si chiarisce la permanenza della sovranità nel popolo e la continuità del suo esercizio. In tal senso lo Stato e la democrazia parlamentare sono strumento del popolo sovrano. Alla parola democrazia Carlassare associa “cultura” (art. 9 della costituzione), che è condizione di fatto per l’accesso alla partecipazione democratica e anche strumento di resistenza contro la distruzione della democrazia. Strettissimo è poi il collegamento tra democrazia e lavoro, che l’articolo 1, unendo uno all’altro, subito rivela. L’autrice ripercorre poi tutte le parti della Costituzione in cui ricorre il tema del lavoro, stigmatizzando coloro che negli anni hanno proposto la modifica anche di queste norme, su cui si basa il nostro sistema costituzionale.

Poi il discorso passa alle “libertà”, il cui fondamento viene individuato dall’autrice nella libertà di coscienza, che  pur non essendo menzionata espressamente dalla nostra costituzione si ricava da diverse disposizioni costituzionali. La libertà coscienza è in primo luogo libertà religiosa, e il pluralismo religioso di cui all’articolo 8 della Costituzione va di pari passo con la laicità dello Stato. La laicità è tuttavia di un principio aperto a letture non sempre coincidenti, come dimostra la questione del ricorso da parte del Governo italiano alla sentenza della Cedu sul tema dell’esposizione del crocefisso. Tornando alla libertà di coscienza, l’autrice si occupa dell’importanza della formazione della coscienza stessa tramite l’informazione e la scuola. La coscienza viene in rilievo anche nella sfera pubblica, in primo luogo nell’articolo 54 che impone fedeltà, disciplina e onore nell’esercizio delle pubbliche funzioni. Tema anche questo quanto mai di attualità. Ma la coscienza è anche un dovere dei cittadini: di qui l’obbligo di contribuire alle spese pubbliche (art. 53).

Il quarto capitolo affronta il tema della “Costituzione imprigionata”  con espedienti quali l’attuazione ritardata o l’inattuazione.  Tra i casi affrontati quelli del Csm e dell’ indipendenza della magistratura, la tardiva istituzione della Corte costituzionale e i suoi riflessi sui diritti, l’inattuazione delle norme costituzionali sul lavoro, il travisamento dell’ articolo 11 che ha giustificato perfino la “guerra preventiva”, e infine l’inattuazione più grave, ovvero i diritti sociali, con relative ricadute sulla democrazia e sull’eguaglianza. Vengono poi esaminate le “ferite” inferte alla costituzione, sia tramite l’approvazione di atti legislativi in contrasto con essa (tra questi anche alcune riforme costituzionali poi respinte dal popolo, che l’autrice considera distorsive dello stesso principio della sovranità popolare), sia tramite prassi ripetute. […]

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