Valentina Tonti, Recensione a A. Manzella, I regolamenti parlamentari a quarant’anni dal 1971, Bologna, il Mulino, 2012, pp. 251

Il volume curato da Andrea Manzella arriva a più di quarant’anni dalla “grande riforma” dei regolamenti parlamentari del 1971, e raccoglie saggi scritti da testimoni di allora ed esperti di oggi.

Nella prima parte vengono narrate le origini dei nuovi regolamenti adottati dalle due Camere. Manzella ricorda che a quei tempi i nuovi regolamenti furono interpretati da alcuni come uno scivolamento verso un regime assembleare, da altri al contrario come una strumento di potere oligarchico esercitato dai gruppi maggiori; per Manzella al contrario essi rappresentarono “un’operazione di cultura istituzionale” che trasformò il Parlamento in un’istituzione aperta e centrale nel sistema istituzionale. Bisogna infatti inquadrare il tema dei regolamenti parlamentari in un’ottica istituzionale complessiva, come fa Carlo Chimenti affrontando il tema del legame tra regolamenti parlamentari e forma di Governo. Come è noto, ai tempi della riforma regolamentare del 1971 il nostro regime parlamentare era collocato tra quelli a multipartitismo estremo, sostenuto da un sistema elettorale proporzionale. Nella stretta connessione esistente nel diritto parlamentare tra “giuridicità” e “politicità” va inquadrato il collegamento tra la conventio ad excludendum, che poneva fuori comunisti e destre post-fasciste dal Governo, cui faceva da contraltare la conventio ad includendum esistente in parlamento, dove le sinistre erano massicciamente presenti e spesso decisive in commissione. Tuttavia dal 1971 i regolamenti parlamentari hanno subito poche revisioni incisive, rivelandosi, di legislatura in legislatura, sempre meno adeguati a supportare una forma di governo che – a prescindere dalle classificazioni – è assai diversa da quella para o semi consociativa sviluppatasi tra la fine degli anni sessanta ed i primi anni Novanta. Il fatto è, come osserva Chimenti, che esiste una contraddizione di fondo tra l’aspirazione, condivisa trasversalmente, ad una maggiore efficienza del sistema di governo tramite il potenziamento dei poteri dell’esecutivo, e la preoccupazione, anch’essa diffusa, di salvaguardare se non di accrescere il consenso dei cittadini preservando i poteri del Parlamento. Paolo Armaroli ripercorre la storia dei regolamenti parlamentari dal 18448, rilevando come essi abbiano di volta in volta o codificato l’esistente o anticipato gli eventi futuri, con ripercussioni sulla stessa forma di Governo.

Nella seconda parte del volume vi è l’esame delle novelle introdotte nei regolamenti negli anni successivi con uno sguardo anche ai riflessi della riforma del 1971 sulle amministrazioni parlamentari. Melina Decaro sottolinea come le strutture parlamentari si siano adeguate con successo al passaggio ad un sistema di governo multilivello (Unione europea, regioni, autorità indipendenti), e come si siano indirizzate sempre di più verso l’analisi delle politiche pubbliche. Il Segretario generale del Senato Elisabetta Serafin legge l’evoluzione del Regolamento del Senato come prodotto dell’esperienza. Come è noto, infatti, il diritto non è identificabile con la sola norma scritta; in tale contesto si inseriscono i “precedenti”, che arricchiscono i regolamenti di una poderosa raccolta di prassi in costante divenire, andando a formare il diritto parlamentare. A tal proposito è interessante notare che mentre le modifiche ai regolamenti del 1971 afferenti l’attività legislativa sono state redatte innovando le disposizioni scritte, quelle relative all’attività di indagine, controllo, inchiesta e indirizzo e quelle riguardanti la composizione degli organismi interni (a più alto impatto costituzionale) sono avvenute in via di prassi (basti pensare alla mozione di sfiducia individuale al singolo ministro o alla “informativa urgente del Governo”).

Il segretario generale della Camera Ugo Zampetti analizza i riflessi delle riforme del 1971 su quel ramo del Parlamento, sottolineando che gli istituti parlamentari, nel loro continuo processo di adeguamento, hanno finito per rappresentare il fattore più dinamico nel funzionamento della nuova forma di governo che si è delineata, dopo la riforma elettorale in senso maggioritario, a partire dalla XII legislatura. […]

Scaricare il testo completo in formato PDF

Questa voce è stata pubblicata in: Nomos, Rassegne critiche, recensioni, schede e contrassegnata con "Grande riforma" del 1971, Carlo Chimenti, diritto costituzionale, diritto parlamentare, Elisabetta Serafin, Manzella, Melina Decaro, Nomos 2/2013, Paolo Armaroli, potenziamento dei poteri dell’esecutivo, Recensioni, regolamenti parlamentari, sfiducia individuale al singolo ministro, Ugo Zampetti, Valentina Tonti, XII legislatura, “informativa urgente del Governo”. Contrassegna il Permalink.