STATI UNITI: Giulia Aravantinou Leonidi, La Corte Suprema e la separazione dei poteri negli Stati Uniti. Considerazioni a margine della Sentenza National Labor Relations Board, Petioner v. Noel Canning, et. al.

La struttura istituzionale statunitense è basata sul principio della separazione e del pluralismo dei poteri. In qualità di capo del potere esecutivo il Presidente è anche capo dell’amministrazione federale e, pertanto, procede alla nomina dei funzionari federali e dei giudici della Corte Suprema.

Il potere di nomina dei funzionari dell’amministrazione, conferito dalla Costituzione del 1787 al Presidente degli Stati Uniti, conosce la partecipazione degli organi del potere legislativo. Tale partecipazione si realizza nel momento in cui al Senato è affidato il compito di approvare le nomine. La nomina si configura, dunque, come un atto di competenza del Presidente, previo parere e assenso del Senato. Il potere di presentare la candidatura al Senato e quello di nominare il candidato rientrano nell’ambito di quei poteri politici esercitati discrezionalmente dal Presidente ai quali i padri fondatori hanno contrapposto i poteri del Congresso.

L’approvazione delle nomine presidenziali da parte del Senato costituisce una peculiarità del sistema istituzionale statunitense basato sul principio dei checks and balances.

Sebbene la Costituzione preveda espressamente l’ “advice and consent” del Senato sulle nomine di funzionari, all’art. II §2 prevede anche la recess appointment clause in base alla quale “ Il Presidente avrà il potere di assegnare le cariche che si rendessero vacanti nell’intervallo tra una sessione e l’altra del Senato, mediante nomine provvisorie che avranno validità fino alla fine della sessione successiva”. Tale clausola introduce un’eccezione che altera il tradizionale ruolo riconosciuto dalla Costituzione al Senato di bilanciamento nei confronti del potere esecutivo.

La sentenza National Labor Relations Board, Petioner v. Noel Canning, et al., licenziata dalla Corte il 26 giugno 2014, riguarda l’interpretazione di tale clausola costituzionale e la determinazione dei poteri presidenziali rispetto al potere legislativo, in particolare del Senato, in seguito all’accoglimento di una tesi interpretativa piuttosto che di un’altra.

La vicenda da cui origina il caso riguarda le nomine effettuate dal Presidente di tre membri del National Labor Relations Board nell’intervallo delle sessioni pro forma del Senato tra il 3 gennaio e il 6 gennaio 2013. Il ricorrente, Noel Canning, un distributore della Pepsi-Cola, ha chiesto alla Corte del circuito del District of Columbia di annullare un ordine del National Labor Relations Board, dichiarando che il Board non era nella condizione di poter contare su un quorum poiché tre dei cinque membri del consiglio erano stati invalidamente nominati. Le nomine dei tre membri in questione erano pendenti dinanzi al Senato, quando il 17 dicembre 2011 è stata approvata all’unanimità una risoluzione che ha previsto una serie di “pro-forma session [s],” con “no business. . . transacted” tutti i martedì e venerdì. Invocando la recess appointments clause − che conferisce al presidente il potere di “assegnare le cariche che si rendessero vacanti nell’intervallo tra una sessione e l’altra del Senato” (Art. II, § 2, cl. 3)- il presidente Obama ha nominato i tre membri in questione nell’intervallo tra le sessioni pro forma del 3 e del 6 gennaio. Inizialmente, Noel Canning ha sostenuto l’invalidità delle nomine sulla base dell’insufficienza dell’aggiornamento di 3 giorni tra le due sessioni a giustificare il ricorso alla recess appointments clause. La Corte d’appello del District of Columbia ha accolto la tesi del ricorrente dichiarando che le nomine dei tre membri non ricadono nel campo di applicazione della clausola costituzionale richiamata.

La Corte d’appello del IX Circuito di Washington D.C. ha pertanto invalidato tali nomine, ritenendo che la recess appointments clause consente l’esercizio del potere di nomina soltanto durante gli aggiornamenti tra sessioni dell’Aula e solo per quegli incarichi che dovessero rendersi vacanti nel corso di tali aggiornamenti. Nella sentenza in commento la Corte Suprema ha confermato la decisione della Corte d’appello ma con un margine piuttosto ristretto. Il ragionamento del Collegio, articolato nell’ opinion di maggioranza redatta dal giudice Breyer (condivisa dai giudici Kennedy, Ginsburg, Sotomayor e Kagan) concorda con la tesi accolta dai giudici del IX circuito in base alla quale il Presidente non aveva l’autorità di nominare i tre membri del National Labor Relations Board nel corso di un aggiornamento tra due sessioni pro-forma di soli tre giorni. […]

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