SPAGNA: Laura Frosina, Integrazione e secessione. La complessa evoluzione dei rapporti tra Unione Europea, Spagna e Catalogna

Nel quadrimestre in cui la Spagna ha evidenziato una netta ripresa dell’economia e ha celebrato i suoi trenta anni di integrazione nell’Unione europea, la minaccia della “desconexion” della Catalogna, declinazione catalana della secessione, è divenuta sempre più reale. Lo dicono diversi sondaggi elettorali che, a distanza di poche settimane dalla celebrazione delle elezioni catalane del 27 settembre, pronosticano una vittoria delle liste indipendentiste che potrebbero ottenere la maggioranza assoluta dei seggi nel Parlamento della Catalogna. Secondo i dati riportati negli ultimi sondaggi dal Centro di Investigaciones sociologicas, la coalizione Junts pel si, costituitasi appositamente per queste elezioni e formata da Convergéncia Democràtica de Catalunya (CdC), Esquerra Republicana de Catalunya (Erc) e alcune associazioni indipendentiste, potrebbe ottenere, insieme alla Candidatura di unità popolare (CUP), candidatura indipendentista di estrema sinistra, la maggioranza assoluta dei seggi con oltre il 40% dei voti. Questa maggioranza sarà sufficiente – secondo il Presidente della Generalità Artur Mas- per portare avanti il piano indipendentista, c.d. hoja de ruta, e dichiarare l’indipendenza della Catalogna, al più tardi, entro il 2017. Uno scenario pieno di incognite che si aprirebbe per la Spagna, da un lato, obbligata a gestire una fase di massima tensione politico-istituzionale per non compromettere irreparabilmente i suoi rapporti con una delle Comunità autonome più fiorenti del suo territorio, e per la Catalogna stessa, dall’altro, destinata a subire delle ripercussioni politico-istituzionali, economiche, e internazionali di portata sicuramente dirompente ma ancora profondamente incerte.

In questi mesi non hanno frenato le ambizioni indipendentiste di Artur Mas né le pressioni interne al suo partito, che hanno portato alla dissoluzione di CiU; né la persistente opposizione del Governo di Mariano Rajoy; né la ipotesi paventata di una crisi finanziaria nella Comunità autonoma; né tantomeno la prospettiva concreta di uscita dall’euro e dalla Unione europea. Ricordiamo -infatti- che la determinazione di Mas a proseguire il piano indipendentista ha provocato la rottura definitiva della federazione di CiU. Ha spinto, inoltre, il Governo di Mariano Rajoy a presentare un progetto di revisione della legge organica del Tribunale costituzionale, ampiamente criticato e contrastato dalle altre forze politiche, per consentire a tale organo di multare e sospendere i funzionari e i governanti che non rispettino le sue sentenze. Anche l’Unione europea, dinanzi all’avanzamento del progetto indipendentista catalano, ha ribadito formalmente la sua posizione, dichiarando -per il tramite di un portavoce della Commissione- che una ipotetica Catalogna indipendente resterà automaticamente fuori dall’Unione europea perché si convertirà in un paese terzo, a cui non si applicheranno i Trattati, che dovrà sollecitare il suo ingresso nella Unione (c.d. dottrina Juncker). Questa dichiarazione è giunta in un momento di particolare sintonia con l’Unione europea proprio in quanto la Spagna -dopo anni di crisi- ha iniziato un percorso di ripresa economica convertendosi nello Stato della zona euro con il maggiore tasso di crescita nel 2015. Risultato, questo, che sembra potersi imputare alle politiche economico-finanziarie messe in atto negli ultimi anni dal Governo Rajoy sotto la guida delle istituzioni europee, e che rappresenta un aspetto positivo tanto per la Spagna quanto per l’avanzamento del processo di integrazione economica e monetaria europea.  […]

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