Simone Benvenuti, Recensione a D. Lamparella, Il dialogo tra le giurisdizioni superiori italiane e la Corte di giustizia europea, Napoli, Edizioni scientifiche italiane, 2014, pp. 104

La breve monografia che qui si recensisce tratta di un tema che ha attirato negli ultimi anni grande attenzione sia in Italia che all’estero, quello del dialogo tra giurisdizioni nazionali ed europee.  […]  Si tratta di un lavoro snello che non si pone l’obbiettivo né ha la pretesa di fornire un inquadramento teorico generale, quanto piuttosto di presentare lo stato attuale del dialogo tra le supreme giurisdizioni italiane e la Corte di giustizia.

L’ottica da cui si muove è propriamente giuridica, essendo l’ambito del dialogo ricondotto esclusivamente allo strumento classico del rinvio pregiudiziale ex articolo 267 TFUE. Non si guarda, dunque, ad altre forme e tecniche di dialogo più o meno formale cui la dottrina più recente pure ha rivolto la propria attenzione. Ciò non toglie che il tema oggetto del volume sia tuttora di rilevanza fondamentale per comprendere le dinamiche di interazione tra le giurisdizioni in ambito europeo – e ciò soprattutto con riguardo alle giurisdizioni superiori che nella loro veste di organi di ultima istanza hanno l’obbligo di riferire le questioni di diritto europeo alla Corte. Nella prospettiva dell’integrazione tra sistemi giuridici nel contesto europeo, risulta difatti evidente che la maniera in cui le giurisdizioni supreme dei singoli Stati membri fanno uso delle opportunità offerte dall’articolo 267 permette di comprendere come e in qual misura esse intendono la propria funzione di giudici europei oltreché nazionali: nella consapevolezza che la capacità di realizzare una sintesi efficace tra queste due identità consente di parlare in termini di sistema integrato (e non frammentato e conflittuale) di ordinamenti giuridici.

L’introduzione dell’a. (pp. 5-9) tradisce certamente la propensione per una concezione unitaria e non flessibile di tale sistema europeo integrato di ordinamenti giuridici, laddove si parla di “comunità di diritto” – termine coniato in altri tempi dal Presidente della Commissione Hallstein – intesa nel senso che «né gli Stati membri, né le [loro] istituzioni sono sottratti al controllo della conformità dei loro atti alla carta costituzionale di base, costituita, oltre che dai Trattati comunitari, dalla CEDU e dalla Carta di Nizza»; o della competenza fondamentale dei giudici di Lussemburgo «che consente di garantire l’uniforme interpretazione del diritto europeo»; o della analisi del rinvio pregiudiziale da una prospettiva per così dire prevalentemente europea, considerandolo l’a. «un prezioso indicatore […] della maggiore o minore «sensibilità comunitaria» dei giudici nazionali». […]

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