Sergio Lariccia, Un passo indietro sul fronte dei diritti di libertà e di eguaglianza in materia religiosa [?]

I problemi che esamina la corte costituzionale nella sentenza n. 52 del 2016 sono numerosi e tutti di grande importanza; tuttavia in questo mio scritto mi propongo di esaminarne soltanto alcuni, con specifico riferimento alla mia lunga esperienza di studio sul tema delle garanzie di libertà e di eguaglianza dei gruppi religiosi in Italia e sulle conseguenze negative derivanti dall’azione di pubblici poteri, troppo spesso incapaci di trovare idonee soluzioni per soddisfare le giuste esigenze dei cittadini e dei gruppi sociali in tema di libertà di religione e verso la religione. Esattamente cinquant’anni fa ho avuto occasione di dedicare la mia attenzione a un tema al quale mi ero appassionato, con un interesse che è rimasto costante nei decenni successivi: Gruppi sociali ed eguaglianza giuridica è il titolo di una mia nota a sentenza (Lariccia, 1966), il cui contenuto, circa dieci anni dopo, è stato condiviso da Barbera, 1975, p. 119, che accoglie la tesi, da me sostenuta, che ammette diversità di trattamento tra associazioni (e fondazioni), purché questa «non ridondi in disparità di trattamento sociale per le persone che ad esse si ricollegano»; sulle conclusioni sostenute in quella nota della metà degli anni sessanta impostai la mia prima monografia l’anno successivo (Lariccia, 1967) e ritornai in tante occasioni di quelle che di recente ho definito esperienze di Battaglie di libertà (2011).

Le questioni affrontate nella sentenza apriranno certamente un ampio dibattito fra gli studiosi più attenti alla considerazione dei temi riguardanti i diritti di libertà e di uguaglianza dei singoli e dei gruppi in materia religiosa; già nei primi giorni dopo la pubblicazione della sentenza sono stati pubblicati scritti di grande interesse, che commentano alcuni dei punti salienti della sentenza (tra i primi che sono intervenuti al dibattito in questi giorni ricordo i contributi di Dickmann, Pin, Poggi, Porena, Ruggeri, alla cui lettura rinvio per l’esame dei tanti argomenti non considerati in questo scritto).

Il titolo di questo mio commento si conclude con un punto interrogativo, che ho introdotto, sia pure tra parentesi, proprio quando ho terminato la stesura del lavoro. I molti studi dedicati ai temi della laicità mi hanno convinto che il dubbio è virtù laica per eccellenza, e che solo il principe vive di certezze, come ha scritto di recente, sul primo numero del quotidiano Il dubbio, un amico che stimo, Corrado Ocone (2016, p. 8), che giustamente ricorda un famoso saggio nel quale Norberto Bobbio, nel 1951, nel periodo della guerra fredda, osservava: «Il compito degli uomini di cultura è più che mai oggi quello di seminare dei dubbi, non già di raccogliere certezze. Di certezze – rivestite della fastosità del mito o edificate con la pietra dura del dogma – sono piene, rigurgitanti, le cronache della pseudo cultura degli improvvisatori, dei dilettanti, dei propagandisti interessati. Cultura significa misura, ponderatezza, circospezione [ … ], non pronunciarsi e non decidere mai a guisa di oracolo dal quale dipenda, in modo irrevocabile, una scelta perentoria e definitiva» (Bobbio, 1951, p. 725).

Delle sagge ed equilibrate parole di Bobbio e del suo metodo di “uomo di cultura” mi aveva parlato Arturo Carlo Jemolo, in una delle sue lezioni universitarie di Diritto ecclesiastico dell’anno accademico 1954-55, e quelle parole ho più volte ricordato nel lungo periodo della mia vita universitaria (Lariccia, 2015).

La sentenza costituzionale n. 52 del 2016 si è pronunciata su un ricorso per conflitto di attribuzione fra poteri dello Stato proposto dal Presidente del Consiglio dei Ministri contro la corte di cassazione, sezioni unite civili, in relazione alla sentenza 28 giugno 2013, n. 16305. Il ricorso si proponeva l’obiettivo (pienamente conseguito con la sentenza qui commentata) di ottenere una declaratoria da parte della Corte Costituzionale circa il fatto che non spetta alla Corte di Cassazione affermare la sindacabilità, ad opera dei giudici comuni, del rifiuto del Consiglio dei Ministri di avviare le trattative finalizzate alla conclusione dell’intesa di cui all’art. 8, 3°comma, Cost. […]

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Di seguito si riporta il sommario del saggio: 1. Premessa 2. La corte ritiene ammissibile l’intervento, nel giudizio costituzionale, dell’associazione privata degli atei e degli agnostici razionalisti. Funzione e importanza dei gruppi sociali organizzati per l’affermazione dei diritti verso e contro le religioni 3. L’UAAR può essere considerata una confessione religiosa? 4. Non è ammesso un controllo giurisdizionale sulle decisioni del consiglio dei ministri riguardanti l’avvio delle trattative per la stipulazione di eventuali intese tra una confessione religiosa e lo Stato. Ma “ci sarà pure un giudice a Berlino!” 5. Potere politico, potere amministrativo e potere giurisdizionale in tema di diritti dei gruppi religiosi in Italia 6. Ragioni della politica e ragioni del diritto: una scelta metodologica. Dubbi, nella fattispecie,  sul ruolo del parlamento come organo di garanzia che esercita il controllo sul governo 7. 2 aprile 1966: il ricordo di una giornata particolare di cinquant’anni fa 8. Bibliografia.

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