SEMINARIO “Le corti e il voto”.Roberto Borrello, Due problemi contrapposti: ammissibilità e “zona franca”

Il tema è estremamente suggestivo. Dopo che il Professor Besostri ne ha ricostruito le articolazioni giudiziarie –io avevo trovato e letto la recentissima sentenza del Tar del 22 maggio 2013, con la declaratoria del difetto di giurisdizione – è possibile affermare come effettivamente questa ricerca del giudice – giustamente si diceva: “ci sarà ben un giudice a Berlino!” – alla fine ha trovato un porto di approdo, ma non definitivo, nella Corte di Cassazione.

Sull’ambito dell’ammissibilità della questione prospettata, i problemi sono tanti e vedremo con estremo interesse gli sviluppi futuri. Certamente la ricerca del giudice, a cui sopra si accennava, porta ad effettuare una riflessione di carattere generale, che ci pone in evidenza come, ancora una volta – ci sono stati tanti casi nella storia italiana – la magistratura, in tutte le sue espressioni, viene vista come la sede istituzionale di una riserva di legalità. Il giudice è visto, cioè, come colui che è in grado di supplire a lacune, mancanze e difetti del tessuto normativo. In questo caso la lacuna è macroscopica. È una lacuna di rilievo costituzionale: il problema dell’accesso alla Corte in via diretta. Tale accesso è stato tante volte auspicato, ma purtroppo mai attuato, nonostante ci siano stati dibattiti, anche risalenti, sulla possibilità di cambiare il sistema di accesso alla Corte, inserendo anche quello in via diretta. Riguardo al ruolo di supplenza del giudice, vedremo se questa volta porterà ad un qualche risultato concreto.

Certamente era inevitabile che le cose andassero in questo modo. Avendo sia il Tar, che la stessa Corte europea CEDU, chiuso la porta, quella del giudice civile era l’unica strada ancora percorribile. Nella Sentenza Saccomanno del 2013 della Corte di Strasburgo, se non sbaglio, la Corte europea, non solo ha esaminato negativamente il profilo della mancanza di una via giudiziaria nel settore delle elezioni generali, ma è entrata anche nel merito, cioè sul premio di maggioranza e sulle liste bloccate, dichiarando come ci sia una discrezionalità del legislatore nazionale tale da impedire, nei limiti in cui la Corte può valutare le legislazioni interne e gli atti lesivi dei diritti, ogni intervento. Ciò non toglie che, ovviamente, il controllo di costituzionalità del giudice nazionale, sulla base dei parametri nazionali, sia impregiudicato su questo piano.

Per non rubare tempo agli altri interventi volevo fare subito qualche riflessione proprio sull’aspetto messo in evidenza dalla stessa Anzon sin dall’inizio. Cioè il problema della rilevanza della questione. Questione che si interconnette anche a quello della fictio litis o lis ficta, cioè al problema della coincidenza tra giudizio di merito a quo, e giudizio incidentale, rispetto al petitum proposto dalle parti. Da questo punto di vista la riflessione, può essere compiuta partendo dal concetto stesso di accesso in via incidentale; quindi dall’esistenza di un giudizio concreto, presupponente una situazione giuridica soggettiva lesa, e dalla richiesta, ad un organo, qualificato come giudice, del suo ripristino.

Allora la prima domanda è: in quale occasione la Legge elettorale può dare luogo a controversie oggetto di intervento giurisdizionale?

Ora da questo punto di vista sappiamo, come anche ci insegna Fulco Lanchester, che il concetto di legislazione elettorale, comprende: la formula elettorale, e cioè il meccanismo di trasformazione di voti in seggi; le cause di ineleggibilità ed incompatibilità, ed aggiungiamo anche di incandidabilità; il procedimento elettorale, compressivo di presentazione dei contrassegni e di presentazione delle liste; nonché, volendo, anche la famosa legislazione elettorale di contorno, la quale rappresenta un’area circostante a quella dei diritti politici ma non coincidente con la stessa – nel senso che essa rappresenta una legislazione intesa a facilitare ed a rendere più efficiente e razionale, quindi più equo, l’esercizio dei diritti politici, ad esempio attraverso la legislazione sulla comunicazione politica, o sul suo finanziamento, etc. – Quindi il problema è proprio questo. […]

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Questa voce è stata pubblicata in: Nomos, Saggi e contrassegnata con Adele Anzon Demmig, Adler v. Board of Education, Alessandro Gigliotti, Antonio Ferracciù, art. 1 legge n. 1 del 1948, art. 263 comma 4 del TUE, art. 3 del protocollo aggiuntivo CEDU, Augusto Cerri, Avv. Aldo Bozzi, Corte cass. ordinanza n. 12060/2013, Costantino Mortati, d. P. R. n. 361 del 1957, Diritto politico, DPR 225/2012, Franco Gallo, Fulco Lanchester, Gaetano Azzariti, Gianfranco Pasquino, Giovanni Sartori, judicial review of legislation, Legge 270/2005, legge n. 87 del 1953, Lissabon-Urteil, Luigi Palma, Maastricht-Urteil, Massimo Siclari, Mattarellum, NAACP v. Alabama, Nomos 1/2013, Non ci sono “zone franche” nello Stato di diritto costituzionale, ord. n. 175/2003, ord. n. 457 del 1999, ordinanza n. 284/2008, Oreste Massari, Paolo Carnevale, Ricorso R.G.N. 18249/2012, Roberto Borrello, Saggi, Seminario Le Corti e il voto, Sent. del 18 aprile 2011, sent. n. 38/2009, Sent. n. 406 del 1989, Sentenza n. 161 del 1995, sentenza n. 43/1961, sentenza n. 6/1963; sentenza n. 60/1063; sentenza n. 429/1995; sentenza n. 107/1996, Sentenza Saccomanno, Sentt.16/2008, Sperrklausell, tutela dei diritti fondamentali, United Public Workers v. Mitchell, Verfassunggerichtshof, Verfassungsgerichtbarkeit, Vittorio Emanuele Orlando, XVII legislatura. Contrassegna il Permalink.