Laura Pelucchini, Recensione a C. Margiotta, Europa: diritto della crisi e crisi del diritto. Austerità, diritti, cittadinanza, Bologna, Il Mulino, 2018, pp. 223

Chance, welfare e cittadinanza sono termini che più volte si intrecciano nella raccolta di scritti – curata da Costanza Margiotta – dal titolo “Europa: diritto della crisi e crisi del diritto. Austerità. Diritti, cittadinanza”. Sin dalle prime righe dell’introduzione, l’Autrice chiarisce come il paradigma della cittadinanza europea vada ricostruito operando contemporaneamente su tre fronti differenti: la protezione dei diritti fondamentali, lo sviluppo della democrazia e il rule of law (p.9).  Tale status appare però oggi in trasformazione, non per effetto di novelle istanze costituzionali, quanto per le restrizioni imposte dalla recessione economico-finanziaria degli ultimi anni. L’intento specifico del volume è difatti quello di fornire un’interpretazione della crisi del sistema UE dal punto di vista costituzionale, arrivando a domandarsi se non ci si trovi di fronte a una vera e propria crisi esistenziale dell’Europa.

Rileva l’A. come da un’iniziale fase di fiduciosa integrazione basata sul riconoscimento ampio dei diritti civili e sociali – primi fra tutti quelli di libertà di movimento e di residenza nonché quello di non discriminazione – si stia lentamente scivolando verso un’idea di cittadinanza europea determinata dal prevalere delle circostanze personali (p.10) ove a farla da padrone sono le differenze censitarie e di reddito nonché il sentimento di appartenenza nazionale. Se, in parte, la causa di tale regressione è da ricercarsi nelle misure di austerity imposte dalla Troika, la conseguenza più evidente pare invece individuarsi nella perdita di fiducia e di legittimità delle istituzioni europee da parte del demos continentale. Sempre più spesso, infatti, i processi decisionali partecipativi di organismi quali il Parlamento vengono soppiantati da politiche esecutive rispondenti alle sole logiche del mercato e della stabilità finanziaria, per cui il godimento effettivo dei diritti sociali precedentemente riconosciuti e garantiti risulta essere sacrificato in nome dei vincoli di spesa pubblica relativa al welfare. […]

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