Giuliaserena Stegher, Recensione a M. Rubechi, Il diritto di voto. Profili costituzionali e prospettive evolutive, Torino, G. Giappichelli Editore, 2016, pp. 209

Il voto, inteso nella sua duplice accezione di diritto e dovere, ha ricevuto una rinnovata attenzione da parte della dottrina, in particolar modo all’indomani della celebre sentenza n.1/2014, con la quale la Corte costituzionale italiana ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della legge elettorale n. 270 del 2005 (il cd. Porcellum). La normativa è stata censurata sia per la mancata previsione di una soglia minima di voti per l’accesso al premio di maggioranza per le liste/coalizioni, sia per l’introduzione delle liste bloccate che svuotano di contenuto uno dei principi fondamentali che devono essere garantiti, ovverosia il principio di libertà del voto sancito nel primo comma dell’art. 48 della Costituzione.

Il volume di Massimo Rubechi, come dichiarato dallo stesso autore nelle pagine introduttive, non si pone l’obiettivo di mettere in discussione consolidata dottrina, quanto piuttosto di operare una sistematizzazione della tematica, avvalendosi di discipline di diversa natura (storica, politologica, etc.) tali da integrare l’impostazione giuridico formale, al fine di fornire una visione d’insieme quanto più prossima alla completezza.

Con il primo capitolo, dal titolo fortemente esplicativo, l’autore risale alle origini del voto, fornendo al lettore una chiara e puntuale ricostruzione storica e teorica. Sottolineando l’estrema importanza del nesso sussistente tra voto e sovranità sin dagli albori dello Stato assoluto (allorquando il concetto di cittadinanza non era ancora considerato centrale), l’autore si sofferma sulla transizione e sul passaggio allo Stato liberale – nella eterogeneità delle esperienze comparate – unanimemente riconosciuta come culla del modello rappresentativo. L’avvento dello Stato democratico-pluralista del periodo successivo segna una tappa fondamentale nell’evoluzione del riconoscimento dei diritti di partecipazione politica e pone le basi per lo sviluppo non solo per i moderni Parlamenti, ma anche delle “teorie sul voto e la sua configurazione come diritto, inteso nel senso di modalità attraverso cui una pluralità di soggetti sceglie i propri rappresentanti in seno alle istituzioni, per l’appunto, rappresentative”. (cit. pag. 11).

Attraverso un’analisi sulla natura giuridica del voto, Rubechi riprende il dibattito dottrinale, risalendo sino alle teorie rousseauiane, hobbesiane e quelle di matrice lockiana, da considerarsi come pietre angolari per le elaborazioni giuspositivistiche successive, mirate alla ricerca di un equilibrio tra democrazia diretta e democrazia rappresentativa. Tale tensione si è verificata anche nel caso italiano che – eccezion fatta per il ventennio fascista – ha visto un progressivo allargamento del diritto di elettorato attivo, culminato con il raggiungimento del suffragio universale nel 1945 con l’entrata in vigore del d.lgs.lgt. n. 23/1945 (con il quale è stato esteso il voto anche alle donne), che ha traghettato l’ordinamento verso la piena democraticità. […]

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