Giuliaserena Stegher, Recensione a E. Bindi- M. Perini, Il Capo dello Stato: notaio o sovrano?, Torino, G. Giappichelli, 2016, pp. 187

Il volume oggetto di questa disamina è il frutto di un confronto tra gli autori Elena Bindi e Mario Perini, nato con l’obiettivo precipuo di indagare sull’organo attivo e di controllo della forma di governo parlamentare italiana qual è il Capo dello Stato, a partire dal sistema monarchico per giungere alle fasi acute di crisi sistemica che hanno richiesto un suo intervento diretto. Fondamentale e necessario, pur in un ordinamento differente, appare il richiamo agli albori sabaudi, al fine di comprendere tout court ruolo e poteri attribuiti al Presidente della Repubblica.

Nel primo capitolo, infatti, si procede ad analizzare in maniera concisa la figura e le attribuzioni del Capo dello Stato sin dalla promulgazione della Carta ottriata dello Statuto albertino,  nel fermento della dinamica delle forme di stato (monarchia assoluta – monarchia costituzionale) e di governo della penisola italiana. E’ in tali momenti che questi costituisce, seppur idealmente,  l’elemento unificante dell’assetto costituzionale.

Importante passaggio, nella sua aspirazione chiarificatrice, è quello in cui sono riprese ed argomentate entrambe le dottrine principali dell’organo garante dell’assetto istituzionale: sovrano delineato sulla base del modello inglese e corona con funzioni di mera garanzia.

Il colpo di stato del 28 ottobre 1922, che porterà all’instaurazione del regime autoritario fascista, viene letto sempre in considerazione delle funzioni del Capo dello Stato, non tanto come figura priva di poteri intercettati dal governo parlamentare, quanto piuttosto in qualità di garante del funzionamento istituzionale che inizialmente rimane un passo indietro, ma è sempre pronto ad esercitare i suoi poteri in maniera effettiva.

E’ solo in un secondo momento, ossia con il rafforzamento del regime, che il Re diviene un “osservatore dei meccanismi istituzionali”. Appare doveroso precisare che, se da un lato, nell’arco del regime fascista alcune limitazioni indeboliscono ruolo e funzioni del Sovrano, dall’altro talune previsioni normative rafforzano alcuni aspetti della Corona, prima tra tutti l’inviolabilità del Sovrano derivante dalla eclissi del Parlamento e del rapporto fiduciario di questa istituzione con il Governo (legge n. 2263). Ciò si manifesta in maniera preponderante con gli accadimenti del 1943, ossia con la revoca a Mussolini (cui ne segue l’arresto) e la nomina del Generale Badoglio a Capo del Governo. Nondimeno, lo stesso Capo dello Stato abbandona il ruolo meramente notarile degli anni precedenti e si riappropria di poteri effettivi.

Con la fine del regime emerge una tensione, a primo impatto, contraddittoria: se da una parte si manifesta un filo di continuità nel passaggio dalla Monarchia alla Repubblica per quanto riguarda alcune norme, previsioni costituzionali e convenzioni costituzionali, dall’altra vengono meno altri aspetti qualificanti del ventennio. […]

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