Giulia Vasino, Recensione a L. Geninatti Satè, Il carattere non necessariamente oppositivo del referendum costituzionale, Torino, Giappichelli, 2018, pp. 104

Ogni qual volta viene in rilievo un’analisi sul referendum costituzionale    sembrano riacquisire attualità le parole di Piero Calamandrei che mise in luce la difficoltà di desumere dal dato positivo le caratteristiche costitutive di molti degli istituti presenti in Costituzione. Alcuni di essi, infatti, in particolare quelli più prossimi a una dimensione politica, data l’esigenza compromissoria che accompagnò la formulazione di molte delle disposizioni costituzionali, si caratterizzerebbero, a dire dell’illustre Costituente, per una fluidità di contenuto. La loro natura sarebbe, dunque, insuscettibile di essere configurata in astratto, ma enucleabile solo a posteriori, attraverso la legislazione ordinaria e, soprattutto, in forza della concreta applicazione.

La riflessione di Luca Geninatti Satè muove, invece, da premesse differenti e si propone di evidenziare come l’ordinamento riservi al referendum costituzionale una funzione univoca e definita, ben presente nella mens et ratio constituentis e pienamente coerente con i gangli della nostra forma di Stato: il referendum assolverebbe allo scopo di “integrare democraticamente istanze diverse in una decisione condivisa” (cit. p. 8) conferendo effettività alla rigidità e, di conseguenza, al principio di democraticità.

Nel sostenere la funzione integrativa del referendum, l’Autore cerca di dimostrare come la tesi ampiamente accolta in dottrina circa il carattere necessariamente oppositivo del referendum risulti, pertanto, non conforme né al dettato normativo né all’architettura costituzionale. A suscitare le sue critiche non è l’ipotesi oppositiva – poiché non è da escludersi che la consultazione referendaria possa concludersi con il respingimento del progetto e che l’intento dei promotori sia quello di ostacolare la riforma – ma la sua necessarietà. Gran parte delle ricostruzioni dottrinarie dell’istituto propendono infatti per la soluzione secondo la quale il referendum si sostanzierebbe in uno strumento di garanzia nei confronti delle minoranze e che l’intervento popolare non possa che essere volto a contrastare la revisione. […]

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