GERMANIA: Astrid Zei, Forme e limiti del controllo parlamentare nella lotta europea al terrorismo

Il 17 novembre 2015, all’indomani degli attentati terroristici di Parigi, il Ministro della Difesa francese Le Drian, nell’ambito del Consiglio per la Difesa dell’Unione Europea, ha invocato la “clausola per la difesa comune” iscritta nell’art. 42, co. 7 del Trattato sull’Unione europea, sollecitando gli Stati membri a “prestargli aiuto e assistenza con tutti i mezzi in loro possesso” nella lotta al terrorismo. Il ricorso a questa base giuridica da parte del governo francese, anziché a quella offerta dall’art. 222 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea – che però avrebbe richiesto una deliberazione all’unanimità dei Capi di Stato e di Governo – ovvero all’art. 5 del Trattato sul Nord Atlantico, è stato da subito oggetto di dibattito in Europa.

L’art. 42, co. 7 TUE impegna gli Stati membri, e non l’Unione europea, a collaborare con il Paese che sia oggetto di una “aggressione armata” nel suo territorio, sulla base di “accordi bilaterali”, “in conformità con l’art. 51 della Carta delle Nazioni Unite”.
Considerando anche la mancanza di precedenti atti a circoscrivere sia la nozione di “aggressione armata” disciplinata dal TUE, sia il novero delle misure che potrebbero essere adottate dagli Stati, lo stesso Parlamento europeo ha sottolineato che la delibera del Consiglio per la Difesa del 17 novembre costituirà un precedente al fine di “definire dispositivi e orientamenti pratici per la futura attivazione della clausola di difesa reciproca” [Risoluzione del Parlamento europeo del 21 gennaio 2016 sulla clausola di difesa reciproca (articolo 42, paragrafo 7, TUE), punti 7-8; cfr. anche la proposta di Risoluzione presentata il 13 gennaio 2016 dal PPE: 2015/3034(RSP), punto 2].

L’art. 222 TFUE è stato espressamente concepito, dopo gli attentati di Madrid del 2004, per assicurare assistenza allo Stato che sia oggetto di un “attacco terroristico”, prefigurando un intervento degli Stati membri e dell’Unione europea sul suo territorio, e a presidio dello stesso.
Ai sensi dell’art. 42, co. 7 TUE, invece, il Ministro della Difesa francese ha già chiesto agli Stati membri di cooperare alle operazioni militari in Siria e in Iraq, ovvero di offrire supplenza ai contingenti francesi impegnati in altre aree. La disposizione non contempla espressamente ed esclusivamente un intervento di natura militare da parte degli altri Stati (l’aggettivo “militare” venne stralciato nell’ambito dei lavori preparatori); inoltre, l’espressione “assistenza e aiuto” consente un certo margine di apprezzamento circa la natura e l’entità dell’intervento che potrà essere concordato su base bilaterale; infine, essa stabilisce espressamente che non verrà pregiudicato “il carattere specifico della politica di sicurezza e di difesa di taluni Stati membri”.
In questa maniera vengono in rilievo, da un lato, i principi costituzionali degli Stati membri riguardo alla loro politica militare, e dall’altro, sul piano procedurale, l’esistenza di riserve parlamentari sulle determinazioni dei Governi nazionali.
In Germania si è aperto difatti immediatamente un dibattito, che ha riguardato non solamente la base giuridica invocata già nella serata del 16 novembre dal Presidente Hollande, ma anche la misura e l’intensità del controllo parlamentare sugli impegni assunti dal Governo federale. […]

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