Fulco Lanchester, Tecnici e democrazia

La questione del rapporto tra tecnici e politici e tra tecnici e democrazia non è certo nuova. Si tratta di un argomento che, nel tempo e nei suoi aspetti più generali, si può far risalire alla sofocrazia di Platone alla Nuova Atlantide di Bacone, per non parlare – nell’ambito delle società industriali- di Saint Simon, di Comte fino ad arrivare alle posizioni di Thorstein Veblen e del “movimento tecnocratico” statunitense. La crisi economica recente l’ha riportato alla nostra attenzione in una dimensione globale, perché applicato alla situazione dell’Unione europea, dove la governance tecnoburocratica ha messo da parte il government, fondato sulla legittimazione diretta del consenso popolare.

Il cosiddetto regime tecnocratico ha molte sfaccettature e le variegate radici di cui si è accennato, ma è opportuno avvertire che una linea presente nell’Europa continentale e non sufficientemente considerata è rappresentata dallo Stato amministrativo, che si connette con le scienze camerali ed è connessa all’ideologia dello Stato amministrativo in cui si tende a sterilizzare la rappresentanza degli interessi della società civile e politica rappresentati da partiti e gruppi di pressione con l’azione, apparentemente asettica, degli apparati burocratici.

A scanso di equivoci, dal punto di vista concettuale dico subito che il sostantivo maschile tecnico individua una “persona che ha particolare competenza in un’arte, o scienza, o disciplina, o attività, soprattutto nelle sue applicazioni pratiche”. In senso generico il tecnico è, dunque, uno specialista; in senso specifico, applicato al fenomeno “minoritario”, il tecnico è, invece, una persona che nella sua specializzazione primeggia per preparazione e successo e quindi, paretianamente, fa parte dell’élite sociale e della classe dirigente di un ordinamento. In questa dimensione anche il politico, inteso come persona che prende parte attiva al governo e all’amministrazione della cosa pubblica, deve essere considerato un tecnico, poiché la politicità, come attività in cui si distribuiscono autoritativamente i valori, è un Beruf (professione o vocazione) che, nella divisione del lavoro moderno, richiede una specializzazione specifica nel perimetro della ricerca del consenso e della soluzione di problemi politici.

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