Antonio D’Atena, La Scuola costituzionalistica romana: lettera

Qui di seguito viene pubblicato il messaggio che Antonio D’Atena ha indirizzato, attraverso il preside della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università “La Sapienza” Paolo Ridola, ai partecipanti al Convegno organizzato per il decimo anniversario dalla scomparsa di Sergio Panunzio junior ( 27 marzo 2015).

Ho chiesto a D’Atena, presidente dell’Aic, di poter pubblicare su “Nomos-leattualitanel diritto.it” il suo scritto, perché lo stesso si collega in maniera molto stretta al Convegno “La Sapienza del giovane Leopoldo Elia,1948-1962”, pubblicato l’anno scorso sia in forma parziale sulla nostra rivista sia nei quaderni di Nomos, editi da Giuffrè, cui lo stesso D’Atena aveva partecipato con un saggio sul ruolo di Vezio Crisafulli a “La Sapienza”.

L’interesse per questo contributo non è, infatti, soltanto quello di poter rendere omaggio alla figura di Sergio Panunzio junior, ma anche di approfondire i risultati scaturiti dal Convegno dell’anno scorso, che aveva come scopo evidenziare il passaggio di testimone tra due generazioni di giuspubblicisti de “La Sapienza”: quella che aveva caratterizzato gli anni Venti e Trenta nella temperie del passaggio tra ordinamento liberale-oligarchico e Stato di massa (liberale democratico e, poi, autoritario a tendenza totalitaria); e la successiva, che si era formata proprio negli anni Trenta nel nostro Ateneo e vi era ritornata durante gli anni Cinquanta-Sessanta. Il primo gruppo è, ovviamente, rappresentato da Orlando, Anzillotti, Rossi, Mosca, Romano, Zanobini, Jemolo, Del Vecchio, Perassi, ma anche da Panunzio senior, Chimienti, Costamagna; mentre il secondo comprende, invece, i giovani costituzionalisti degli anni Trenta, formatisi nei due Istituti di diritto pubblico allora esistenti (quello di Scienze politiche e – poi- quello di Giurisprudenza), ovvero Mortati, Crisafulli, Giannini, Esposito, ma anche Chiarelli, Lavagna e Biscaretti, la cui azione è stata decisiva per il profilo della giuspubblicistica del secondo dopoguerra, per l’interpretazione giurisprudenziale e per la stessa formazione della generazione successiva.

Nel corso del Convegno Elia dell’anno scorso Sabino Cassese, che – come Giuliano Amato- era arrivato dall’Ateneo pisano nei primi anni Sessanta – ha con forza negato che a “La Sapienza” esistesse un adeguato clima culturale ed ha evidenziato il ruolo isolato e rivoluzionario esercitato da Massimo S. Giannini. Oggi D’Atena sostiene che la scuola costituzionalistica romana sarebbe nata negli anni Sessanta sulla base principalmente del contributo di Vezio Crisafulli e di Aldo M. Sandulli, con l’apporto più sfumato, prima, di Carlo Esposito e poi di Leopoldo Elia.

Si tratta di una interessante ricostruzione, che si connette con una visione esperienziale ed amicale, ma che si profila anche come specifica ideologia di gruppo, su cui sarà necessario discutere e confrontarsi per approfondire la dinamica della giuspubblicistica italiana e romana. La mia impressione è, infatti, che sia opportuno connettere le singole ricostruzioni con il flusso complessivo della scuola giuspubblicistica italiana, caratterizzata da dibattiti ed interconnessioni che sin dalla seconda metà dell’Ottocento costituiscono un sistema di interrelazioni strettamente collegate con lo sviluppo della storia costituzionale e della Costituzione italiana ed europea. In questo quadro, caratterizzato negli ultimi cinquanta anni dai complessi fenomeni di globalizzazione e di integrazione, si inserisce anche la dinamica delle Università e la loro trasformazione tra gli anni Sessanta e Settanta in istituzioni di massa. L’analisi e la valutazione attenta di ciò che è avvenuto, con profonde conseguenze sulla natura, la quantità e la qualità del personale docente dell’istruzione superiore, rientra nel programma culturale e scientifico che “Nomos-le attualità nel diritto” intende continuare a portare avanti nei prossimi numeri.

F. L.

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