Andrea Gratteri e Giovanni Andrea Sacco, Senza distinzione. Per il superamento della parola razza

La pubblicazione del volume No Razza – Si Cittadinanza curato da Manuela Monti e Carlo Alberto Redi nell’autunno del 2017 ha avviato un intenso dibattito sulla opportunità di modificare, o meno, il testo della Costituzione che, all’art. 3, contiene la parola razza2. Gianfranco Biondi e Olga Rickards avevano per primi sollecitato la revisione dell’art. 3 della Costituzione nell’ottobre del 2014 con un appello alle più alte cariche dello Stato3 prendendo le mosse, in termini assai generali, da due presupposti piuttosto chiari: le razze umane non esistono; la parola razza esiste nel linguaggio normativo. L’idea di contestare l’uso di questo vocabolo non è nuova e si deve misurare con una (più) efficace attuazione del principio di eguaglianza, sia sotto la forma del divieto di discriminazioni, sia del contrasto ad ogni forma di razzismo. In Francia, il tema è stato a lungo dibattuto: a partire dal 2003 ha fatto ingresso anche nelle aule parlamentari (e non soltanto in sede scientifica) con l’obiettivo di modificare, oltre che la legislazione ordinaria, anche lo stesso primo articolo della Costituzione del 1958. La proposta del 2013 di François Hollande non ha raggiunto il traguardo ma ha indicato un tragitto che, se pur con qualche deviazione o rallentamento, ha dimostrato, proprio di recente, di non contemplare inversioni di marcia. Nella seduta del 27 giugno 2018, la Commission des lois constitutionnelles, de la législation et de l’administration générale de la République dell’Assemblea Nazionale4 ha votato all’unanimità (e in seguito a un sobrio dibattito durato soltanto un paio d’ore) un emendamento che espunge la parola “race” dalla Costituzione5.

In quella sede il concetto (prima ancora che il lemma) è stato definito da vari parlamentari della più diversa appartenenza politica “choquante et dangereuse”, “horrible”, “mal comprise et infondée”, “ne reposant sur aucun fondement scientifique”, “un anacronisme” “qu’il ne correspond à rien”, tanto per citare solo alcune delle (più nette ma anche condivise) prese di posizione. In Italia l’iniziativa promossa da Redi e Monti ha visto il coinvolgimento di molti studiosi (biologi, antropologi, filosofi e anche giuristi, e noi fra questi6) ed ha riaperto e alimentato il confronto. L’infelice dichiarazione sulla “razza bianca” di Attilio Fontana del gennaio 20187 ha fatto da cassa di risonanza al tema e – fra gli altri – ha sollecitato l’intervento della senatrice a vita Liliana Segre, favorevole ad eliminare il termine razza dalla Costituzione8. Autorevoli giuristi, d’altro canto, si sono schierati in difesa del significato monitorio, quasi pedagogico, della parola razza nel testo della Costituzione. Paolo Grossi, nelle ultime settimane del suo mandato di Presidente della Corte costituzionale, intervistato da Repubblica, ha con chiarezza espresso il suo punto di vista: “la razza non esiste, ma esistono i razzismi. E finché resta viva questa perversione, la parola razza deve rimanere nella Carta [… I padri costituenti […]

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SOMMARIO: 1. Introduzione. – 2. Fallacia scientifica della razza. – 3. Dall’affermazione al rifiuto della razza. – 4. L’abrogazione delle leggi razziali. – 5. La parola maledetta e la postuma persecuzione verbale nei lavori dell’Assemblea costituente. – 6. Le diverse accezioni della parola “razza” nelle Costituzioni storiche. – 7. Dalla “suppression du mot race” alla “pretetendue race” e ritorno. Il caso francese. – 8. L’emblematica vicenda della elaborazione della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo. – 9. L’evoluzione delle fonti internazionali ed europee. – 10. La legislazione ordinaria. Ma la parola “razza” serve? – 11. Conclusione: è sufficiente una protezione dell’eguaglianza “senza distinzione”?

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